Tempo necessario

Gentili medici, da molti anni sono in psicoterapia e sembra che non vuole finire o non vOGLIO IO.Potrebbe essere questo il vero ostacolo? IO NON VOGLIO CHE FINISCA? Questa mia situazione mentale cronica puo'influenzare la terapia in modo da renderla inefficace?ostacolando il lavoro del dottore ,diventando piu' forte di lui posso non guarire mai per paura di rimanere solo? Non c'e' una tecnica capace di annullare questa mia decisione dettata dalla paura? Quale male si oppone con tanta forza?Come puo' la mia volonta' inconscia essere piu' forte della ragione di un bravo dottore? Possibile che per paura di guardare i miei scheletri nell'armadio prolungo la terapia vietandomi di vivere in modo soddisfacente? DEVO ritenermi ULTIMO responsabile dei miei guai nati nell'infanzia traumatizzata da un pedofilo e nell'adolescenza da un prete prima di impazzire e diventare violentatore. grazie mille
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente "sospeso",

come si decide quando l'uovo è perfettamente "à la coque"?

Quanto tempo serve a scoprire che il passato è passato, e solo il presente oggi è qui?

Quando si è pronti ad accettare le proprie cicatrici, ed a guardare con serenità alla rabbia?

E quando a perdonarsi?
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Utente
Utente
Dr.Gianluca Cali mi ha risposto con altre domande un po' come fa il "mio terapeuta" usando le stesse parole.Sospeso mi fa pensare sospeso da terra come se fossi impiccato.Il passato e' passato sono d'accordo pero' funziona nel presente.I miei problemi sessuali passati mi creano una vera impotenza presente bastera' il VIAGRA se c'e' paura e sfiducia nelle donne senza necessario desiderio? Non saprei dire quando sono pronto,non sono pronto per una relazione affettiva con una donna pero' lei non se ne va via.non so come si perdona se stessi da questa presunta violenza sessuale mostruosa non so se mi capisce . Mostruosa vuol dire incestuosa nel peggior modo possibile.MOSTRUOSA vuol dire la paura che mi rimane oggi 30-40-anni dopo di ritornare di nuovo cattivo e violento come nel passato .devo trasformare questo inferno in tranquillita' ma non ci riesco mai mai mai mai. Grazie per l'attenzione,troppa comprensione mi farebbe male queste cose devo cercarle nella vita reale.GRAZIE MILLE
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Gentile utente, due punti credo siano da chiarire. Il primo è che la psicoterapia non dev'essere per forza una lotta fra volontà contrapposte. A volte è anche questo, ma la contrapposizione d'intenti non può essere la tonalità principale di un percorso psicoterapeutico.

Il secondo punto è che il suo dubbio su una possibile dipendenza creatasi nei confronti della terapia e del terapeuta è lecito, ma le rispondo dicendole che ogni indirizzo terapeutico vede la cosa in modo diverso, e usa la relazione terapeutica in modo diverso. In alcuni tipi di psicoterapia ci si sente più legati emotivamente, in altri meno. Lei che tipo di terapia sta facendo?

Cordiali saluti

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
Gentli medici, la terapia e'quella analitica mi e' sembrata quella che rispecchia il mio modo di pensare.Purtroppo il tempo necessario per capire e'troppo lungo quasi e' un fallimento "senza fine senza fini" L'unica certezza appunto e' LA DIPENDENZA .L'ostacolo principale credo sia la fiducia in relazione alla mia ANAFFETTIVITA' creatasi progressivamente durante tutta la mia vita 0ra ho 51 anni.NESSUN MEDICO PSICOTERAPEUTA PUO' DARMI QUESTA FIDUCIA ,PUO' CAPIRE CHE TRAUMA HO AVUTO PERO'RIMANE SEMPRE ESTRANEO AFFETTIVAMENTE. Ci vorrebbe una persona normale che capisse cosa vuol dire abuso sessuale e che fosse coinvolta emotivamente forte come un terapeuta senza essere pagata .CHIEDO TROPPO E NON GUARIRO' MAI .GRAZIE Potrebbe scattare quello che aspetto rispondetemi
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
La terapia analitica ha tempi mediamente più lunghi di altri approcci, e si basa sul rielaborare, sul "capire" e su una relazione molto stretta fra analista e paziente.

Approcci di altro tipo hanno tempi più brevi, sono più attivi e si basano sul fare prima, e sul capire eventualmente dopo. Ogni paziente ha preferenze sue, e se lei si trova bene con una terapia analitica, può continuare a seguirla.

Quello che ci vuole, in problemi come il suo, è un terapeuta che capisce cosa vuol dire abuso sessuale, e che si lasci coinvolgere il tanto che basta per poterla aiutare. Ma dev'essere un terapeuta, formato quindi in modo tale da poter eseguire una terapia. Una persona "normale" non potrebbe farlo, perché non saprebbe cosa fare. Fare terapia non significa chiacchierare di problemi, ma condurre la conversazione in modo preciso, e fare manovre appropriate quando serve.

Tuttavia, anche con i presupposti giusti, non tutti i casi possono essere risolti.

Cordiali saluti
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Utente
Utente
Gentile medico, il mio caso non puo' essere risolto questa e' la verita' oltre gli abusi che per me sono di poco conto c'e' altro di piu' difficile mi sembra di averlo chiarito. la terapia non basta la voglia e' poca,capisco poco quello che mi viene detto non voglio collaborare non mi rimane niente.NON SIETE CAPACI DI FARMI SCATTARE NELLA MENTE QUALCHE PENSIERO COSTRUTTIVO?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Scusi, mi faccia capire un po' una cosa: lei dice che il suo caso non può essere risolto, che la terapia non basta, che la voglia è poca, e conclude facendoci l'appunto che non saremmo capaci di farle scattare nella mente qualche pensiero costruittivo?

Lei che cosa cerca, esattamente?
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Carissimo, mi sembra una situazione molto confusa quella che descrive, dove predominano emozioni negative quali sfiducia, delusione e rabbia.
Una cosa in particolare mi colpisce, il suo delegare agli altri un'impegno che invece dovrebbe trovare lei dentro di sé.

Lei chiede a noi di farle scattare in testa un qualche pensiero costruttivo, ma in realtà ne ha gia uno, cioè quello di non voler chiudere la terapia.
Perchè non vuole chiudere la terapia non è una cosa che possiamo sapere noi, ma lei invece si.
E' forse giunto il momento di confrontarsi anche queste emozioni di paura e solitudine oltre che con la rabbia e la delusione?

Ho fatto delle domande, buttato giu delle suggestioni. Spero che queste in qualche maniera l'aiutino.

Per correttezza è anche giusto dirle che con i terapeuti non ci si sposa, per cui è possibile mettere in discussione una terapia scegliendo anche di cambiare. Ma questa scelta la deve proprio fare lei.
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Utente
Utente
Non posso chiudere la terapia perche non c'e' ordine nella mia mente a partire dall'identita' sessuale.Il mio terapeuta parla di transessualita'non fisicamente ma mentalmente.Nella vita ho sempre vissuto in solitudine per la grande insicurezza non so corteggiare una donna.In questi giorni ho consciuto una donna perche' lei si e' fatta avanti e io non rispondo alle sue richieste di affetto non sono abituato e ho paura che si approfitti della mia fragilita'.A letto mi sono dimostrato impotente.Come si puo' chiudere la terapia? tutti questi problemi derivano dal passato.deve scattare qualcosa di positivo per cancellare questi pensieri .Se io sono confuso perche' non potete aiutarmi? Neanche il dottore che mi conosce puo' farlo ,non siete di grande aiuto,come me,. potrei aiutare una donna pero'aspetto la fine della terapia.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Mi dispisace molto che nessuno qui sia stato in grado di aiutarla. Purtroppo la situazione che sta descrivendo via via nei suoi interventi merita la massima attenzione ed il mezzo a disposizione non consente interventi clinici di alcun genere, solamente informazione.

Se riformulasse le sue domande in modo più chiaro, cercando di non mescolare troppe cose tutte insieme, potrebbe riuscire a trovare fra le molte risposte qualche piccolo spunto che la riguarda e che lei potrebbe utilizzare.

Un Saluto
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Utente
Utente
Grazie per questa ultima risposta,sono contento di queste parole il mio caso ancora poco definito merita la massima attenzione vuol dire che un po ha capito. I miei problemi come gia' ho detto sono anche sessuali in particolare ho un deficit erettivo ,forse solo oggi ho scoperto cosi persistente anche perche' non ho mai avuto tante occasioni.Questa mia impotenza e' legata alla paura e sfiducia nelle donne ecc.........Ci sono le medicine al riguardo ma non funzionano se c'e' poco desiderio.Non so cosa fare,fare sesso con un aiuto farmacologico potrebbe aiutarmi a sbloccare questa situazione e ritrovare anche il desiderio? Devo aspettare la fine della terapia se ci sara'.
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Io ho capito che lei vuole attendere la fine della terapia per mettersi alla prova o per sperimentarsi.
Questo è un meccanismo con il quale molti pazienti si nascondono. Evitano di mettersi alla prova e di conseguenza evitano di vedere come evolvono le cose, per cui in pratica evitano la fine della terapia.

Per quanto riguarda la domanda sul desiderio sessuale attenda la risposta di qualche collega sessuologo

Io le posso dire che la questione del desiderio sessuale mi sembra coerente con la situazione che lei ha esposto. In qualche maniera la paura dell'atto sessuale causata da un certo tipo di storia personale potrebbe inibire il desiderio. Ma questo va visto in dettaglio all'interno di un percorso.
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Utente
Utente
Si e' vero ho sempre pensato che finita la terapia avrei trovato subito una donna,sarei diventato disinvolto,intraprendente ,niente ansia sarebbe finita anche la paura di essere omosessuale,invece in questo momento mi ritrovo con una donna che mi ha cercato lei,e' voluta venre subito in casa mia,si e' concessa subito anche se io mi sono dimostrato sempre impotente non la corteggio ecc.... lei non se ne va mai.Il suo atteggiamento insieme alle mie enormi insicurezze di sempre hanno messo in moto un perenne atroce dubbio sulle sue intenzioni che io non capisco affatto se vuole approfittarsi,se mi vuole bene,se in mente ha un disegno diabolico per rubare la casa,anche se c'e' poco.Per cui la sera la riempio di baci,il giorno non voglio sapere come sta,lei si arrabbia e mi dice come dovrei comportarmi per farla stare bene.Vorrei fare questa domanda al Dr Massimo Giusti che ha capito la mia storia anche se appare banale bisogna considerare il mio difficile passato.Dalle mie esperienze adolescenziali la fiducia nelle donne e'crollata (psicoterapia)per cui il mio conportamento ha sempre evitato qualsiasi contatto ,come fare per capire quando il mio comportamento e' legato a questa "patologia" o al normale buon senso che dice DIFFIDARE? Sarei felice ricevere una risposta utile,questa storia un po' confusa racchiude tutta la mia vita.GRAZIE A TUTTI!
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2008 al 2022
Psicologo, Psicoterapeuta
Io credo che questo sia un'argomento che va trattato esclusivamente all'interno di un percorso terapeutico. In quanto non esiste un decalogo fruibile per tutti ma esiste un modo personale di affrontare le relazioni sentimentali. La mia impressione è che lei si ponga il problema della costruzione di questo decalogo personale perchè probabilmente non c'è solo diffidenza con questa persona, forse è un rapporto caratterizzato da emozioni ambivalenti. Per cui anche sincero affetto, magari persino un pizzico di gratitudine. Senz'altro la paura di fidarsi e affidarsi per non essere ferito ancora.
Posso dirle che man mano che la sua terapia progredirà su questo versante le sue esperienze passate ed attuali troveranno una nuova organizzazione e si formeranno delle sue più chiare modalità relazionali.

Io mi sento di non poterle dire di più, ci tengo però a sottolineare che nei rapporti importanti a volte le proprie ansie e paure prendono il timone della nave e ci guidano. Ma questo non è patologico, è umano. Perchè lei prima di tutto è una persona. Con tutti i problemi che ci sono, certamente, ma una Persona.

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Utente
Utente
Sembra che la mia avventura su internet sia finita,un po' sono deluso mi aspettavo risposte piu incisive,in questo contesto non si puo' chiedere di piu'.Questo argomento va trattato all'interno di un percorso terapeutico,per la mia esperienza questo percorso terapeutico si e' dimostrato utile per sopravvivere alla pazzia mantenendo costantemente un dolore psico-fisico molto pesante.In questo campo della medicina le soluzioni sono spesso limitate.Forse ho sbagliato indirizzo terapeutico, i pazienti sono in balia di centinaia scuole di pensiero ,troppe anche qui c'e' confusione! Negli ultimi interventi mi ha risposto il Dr GIUSTI che ringrazio sentitamente, i miei problemi si sono concentrati sulle mie difficolta' sentimentali attuali che sembrano di poco conto pero' alla base c'e' una precisa patologia che e' inutile parlarne perche' la psicologia aiuta solo i casi semplici.GRAZIE A TUTTI!!
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