Perché gli errori/traumi dei genitori devono curarli i figli?

Gent. Dott.ri
Sia nella mia situazione e leggo anche di molti consulti di genitori ipercontrollanti e ansiosi.
Il problema è che poi nonostante tutto siamo noi figli a doverne pagare le conseguenze!!!!!!!!

Io mi ritrovo e mi ritroverò a combattere l'ansia, i dolori psicosomatici, l'insonnia, la mania del controllo, della perfezione trasmessomi dia miei genitori(da mia madre sopratutto), che non han superato il trauma di una nascita prematura con il rischio di non sopravvivenza. Tutti questi sintomi mi accompagneranno per tutta la vita, peccato che non dipendano da me, nonostante io stessa agisca nel modo sbagliato.

Leggo spesso di consulti dove invitate i figli a cercare un lavoro e allontanarsi dall'ambiente malsano, ma credete davvero che sia così facile?
Dopo 5 anni chiusa in casa, dove la mia autostima è sotto le scarpe, ho paura del contatto con la gente, dei colloqui, del mondo del lavoro, credete che sia facile combattere?
perché vi limitate a dire "trova un lavoro"per fuggire e scappare, perché non possiamo avere anche noi dei sogni?
naturalmente dopo anni di terapia dove speravo, finalmente di stare meglio(ho passato 2 mesi bellissimi, non mi sentivo così da anni)...ecco che ritorna l'ansia con tutti i sintomi.

perché non possiamo vivere una vita come tutti gli altri! perché ci dobbiamo accontentare del primo lavoro per uscire dall'ambiente in cui siam cresciuti?! perché non possiamo avere anche noi dei sogni?!!!!!!!!!!!

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

riesce a trovare un link in cui uno psicologo su questo sito ha mai scritto: "perché vi limitate a dire "trova un lavoro"per fuggire e scappare, perché non possiamo avere anche noi dei sogni?"


A me non pare che ci limitiamo a dire queste cose, ma credo che una persona non sia neppure marcata per la vita e destinata a stare male se ha genitori ansiosi.

Se poi Lei ha incontrato problemi nella Sua terapia e ce ne vuole parlare e chiedere un secondo parere, siamo qui.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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dopo
Utente
Utente
l'ho rinscontrato qui: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/470278-mamma-iper-presente-ed-iperprotettiva-cosa-fare.html

cito tra virgolette "Si dovrebbe dirLe: finisca presto lo studio e si renda autonoma."

"trovare un lavoro, anche un lavoro al di sotto delle sue qualità, per uscire, guadagnare ed avere una autonomia di movimento e di soldi in tasca, e contatti sociali"

e anche in un altro messaggio, dove c'era una ragazza più o meno nella mia situazione(che non riusciva a studiare ne a lavorare)di trovarsi un lavoretto per essere autonoma.

Quindi porto l'esempio della ragazza del post citato: non avrebbe la possibilità di terminare gli studi con i suoi tempi....e non è giusto!

Io non ho problemi con la terapia, a parte che non posso più permettermela privatamente. non ho soldi(or ala pago aiutando i miei genitori con un lavoretto in casa)e appena cerco un lavoro partono pregiudizi e pensieri intrusivi che mi impediscono anche di mandar CV. Purtroppo stavo aspettando da mesi per un lavoro, ci avevo lavorato con la psicologa, ero riuscita valutare tutti i pro, i contro, le paure,finalmente mi son convinta e riuscivo a gestire l'ansia preparatoria...poi ho scoperto che era un truffa!
i miei mi han comprato una macchina per andare al lavoro, tanti soldi spesi(in questi anni tra l'università, i colloqui a cui non sono andata, la terapia,...capisco che anche loro sono al limite) e ho già fatto un'incidente..

ero persino riuscita a farmi un progetto: lavorare questi mesi per poi contribuire al pagamento dell'università(provare un anno e vedere se fa per me). Sarei anche consapevole che studiando le aspettative mie e dei miei salirebbero alle stelle e che studiando in casa non avrei spazi per me(mio padre è in pensione)...ma anche perché non ho alternative, niente mi piace, niente sembra fatto per me...ho paura di litigare con i colleghi, il capo che mi insulta(è l'idea che mi ha trasmesso mia mamma del mondo del lavoro)anche mandare cv è difficile e affrontare i colloqui. Naturalmente adesso dopo questa truffa i miei son partiti in quarta a dirmi di mandare cv nelle aziende vicino a casa mia(io non voglio fare l'operaia come mia madre e mio padre!)...ho accennato all'università ma son contrari(perché ci avevo già provato e mi sono ritirata dopo 4 mesi, pretendono che se la inizio la devo finire).


sono a pezzi...anche perchè l'ansia è tornata, sono consapevole che non andrà mai via(anche se ho passato 2 mesi tranquilli) e che non potrò viver una vita come tutti.

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dopo
Utente
Utente
e la cosa peggiore che nessuno crede che abbia una psicopatologia....pensano che i miei siano capricci.
che la dermatite, la vestibolite, le recidive di candida non sono psicosomatizzazioni. la stanchezza cronica, le crisi di pianto incontrollate, gli attacchi di panico, la paura, i pensieri ossessivi non sono causati da un disturbo ansioso che non riesco a combattere/controllare! non ce la faccio più a vivere così!
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

chiaramente bisogna contestualizzare ciò che leggiamo e non mi pare che quelle frasi scritte dalle mie Colleghe siano la "soluzione" al problema, così come Lei forse ha capito. Lei dice infatti "...vi limitate a dire "trova un lavoro"per fuggire e scappare...". Non mi pare proprio!

Semmai in quei consulti è stato scritto ben altro e sottolineato che la prima cosa da fare è arginare la mamma, azione che è anche segno di flessibilità (e non di passività o accettazione) in un contesto "difficile".

Poi è anche vero che a volte, se dopo un determinato intervento psicologico/psicoterapico/educativo, la persona che ha fruito direttamente dell'intervento viene rimessa in un ambiente tossico, potremmo IN ALCUNE CIRCOSTANZE avere anche dei peggioramenti. E' questo il caso di interventi fatti su minori che a volte devono essere allontanate da famiglie maltrattanti e non rimessi in ambienti tossici per la loro salute. Ma questo è un altro capitolo.

Lavorare equivale anche all'autonomia e al diventare adulti (i bambini non lavorano, ma fanno altro) e responsabili e nel consulto che Lei cita mi pare evidente un legame particolare tra mamma e figlia. La figlia dovrebbe imparare a non cedere ai ricatti emotivi della mamma, anche senza avere una indipendenza economica. Ma ad un certo punto, da persone adulte, non Le pare che andare a lavorare e NON essere dipendenti sia un segno di salute e che la persona adulta arriva a desiderare di costruire una vita propria indipendente?

Inoltre, come detto dalla Collega nell'altro consulto, lavorare soddisfa anche altri bisogni umani, per esempio quella della socializzazione (come per i bimbi andare all'asilo o a scuola): se ci tappiamo in casa tutti i giorni, non solo non possiamo avere un'autonomia e indipendenza economica, ma non abbiamo modo di interagire con molte persone, fatta eccezione per i (pochi) vicini di casa o eventuali hobby.

Premesso questo, posso chiederLe come pensa di poter risolvere il Suo problema? Posso chiedere che tipo di psicoterapia ha fatto e con quali obiettivi terapeutici?
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dopo
Utente
Utente
terapia sistematico relazionale per "disturbo attaccamento". l'obiettivo è quello di trovare serenità e fare qualcosa che mi dia soddisfazione.

per risolvere il mio problema non lo so, visto che sono stata presa in giro quando la mia autostima era già fvacillante. adesso sono a terra in preda ai sintomi ansiosi.

infatti la mia alternativa per socializzare e fare qualcosa era quello di iscrivermi all'università con qualche risparmio che avrei guadagnato con quella che poi si è rivelata una truffa. adesso non so cosa fare.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Quale era il "disturbo dell'attaccamento"?

Scusi la franchezza, ma di solito gli obiettivi terapeutici sono declinati in modo molto preciso, perché comprenderà che chiunque può dire di voler vivere più serenamente e di voler fare qualcosa che dia soddisfazione.

Ad esempio se una persona non riesce ad avere un lavoro perché ha il timore delle relazioni, un obiettivo sensato, misurabile e raggiungibile, può essere quello di superare la specifica paura e diventare più competente socialmente, indicando nello specifico in che cosa bisogna diventare più competenti.

Quindi in prima battuta è indispensabile mettere a fuoco il problema.
E poi fare tutto ciò che è possibile per risolverlo.

La psicoterapia serve a questo.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Personalmente non credo che accontentarsi del primo lavoro o uomo che capiti per andar via da casa sia la soluzione, ma curare le relazioni - ove sia possibile - anche quelle parentali.

Un genitore è pur sempre un genitore e non va eliminato o allontanato, ma sarebbe utile comprendere quali margini ci sono ancora di recupero, dove avete sbagliato - forse insieme - e rinforzare il paziente in autonomia ed autostima.

Per autonomia non intendo economica, ma psichica, che è ben altra cosa.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66
Gentile utente,
leggo oggi di essere stata chiamata in causa, #2, purtroppo isolando una frase dal contesto. La risposta completa (peraltro la seconda di 2) era cosi:

1. <<Tra noi on line e la Sua psicoterapeuta di persona Le abbiamo dato delle dritte di argine alla sua mamma.
Ma Lei quali difficoltà prova nell'applicarle? Sensi di colpa? di inadeguatezza? o che altro...<<
2. <<Certamente le Sue giornate e la Sua vita non sono facili, con questi problemi!
Si dovrebbe dirLe: finisca presto lo studio e si renda autonoma.
Eppure se tutto ciò venisse verbalizzato, senz'altro scatterebbero controllo e boicottaggio.
E dunque la Sua strada deve proseguire in modo protetto. <<

Mi sembra ben differente dalla Sua - parziale - citazione.

Ma nel frattempo le colleghe hanno messo a fuoco tutto il quadro.







Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#9]
dopo
Utente
Utente
dott.ssa pileci, credo che l'obiettivo sia in concreto come lei lo ha definito...io lo ho sempre detto alla terapeuta che il mio obiettivo è "essere felice".
questa diagnosi di disturbo dell'attaccamento mi è stata data dopo che ho insistito tanto io per avere una diagnosi...so che alla fine è una cosa sommaria...dovrei andare dallo psichiatra per una cosa più accurata.

con la notizia del lavoro saltato sono tornata indietro...la mia autostima è a terra, ho ricominciato a non dormire,la gente non mi capisce(il mio ex, una persona comprensiva, mi ha detto mi svegliarmi che non crede a nessuna mia parola).
i miei son convinti che basti un lavoro per guarire...ma non è così...più passa il tempo e più mi rendo conto che i sintomi non dipendono direttamente da me...

l'ultimo piccolo obiettivo da raggiungere era iniziare quel lavoro per cui ho atteso tanto..alla fine non è dipeso da me...ma ha creato in me l'ennesimo squilibrio...
prima l'incidente...bene, adesso a seguito dell'incidente ho avuto un attacco di panico in macchina.
dovevo portare qualche cv (per lavori che non voglio fare ma avrei raggiunto un traguardo portandoli)e andare a chieder al CPS ma non ce l'ho fatta.

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

la diagnosi può essere posta anche dallo psicologo e non solo dallo psichiatra.
Chiaramente il pz. ha tutto il diritto di chiedere delucidazioni su una diagnosi.
Credo che debba far chiarezza con il curante, su molti aspetti...

Cordiali saluti,
[#11]
dopo
Utente
Utente
secondo lei cosa dovrei chiarire?
parlo spesso dei miei dubbi con il terapeuta.

Diciamo che si non mi è bastata la diagnosi iniziale, dipendenza affettiva...non credo che non volesse darmela, ma io divento ossessiva, cerco su internet sintomi, cure e altre cavolate. cerco sempre una risposta negli altri, non mi fido mai abbastanza. alla fine ho accettato questa "dicitura"ma sapendo bene che comprende tanti aspetti e sfaccettature uniche del mio caso. non me l'ha voluta dare perché come i miei io sono alla ricerca di un sintomo scientifico, di una malattia.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
<<peccato che non dipendano da me, nonostante io stessa agisca nel modo sbagliato>>

Gentile Ragazza,
nel momento in cui si riconosce di agire in modo sbagliato, si ha la possibilità di modificare qualcosa, perché (citando Lichtenberg)
"non posso certo dire se sarà meglio quando sarà diverso,
ma posso dire è necessario che cambi,
se deve migliorare".

A mio avviso, i comportamenti disfunzionali, che creano o alimentano la sua ansia dovrebbero essere individuati per diventare comportamenti-bersaglio da eliminare, stabilendo parallelamente quali dovrebbero essere invece i comportamenti-mèta che li dovrebbero più efficacemente sostituire. Questo, ovviamente, a piccoli passi e non da un giorno all'altro... Tutti questi micro-obiettivi costituiscono il macro-obiettivo finale di vivere felice che, altrimenti, detto così risulta poco determinato e anche un po' vuoto.

Il condizionamento da parte dei genitori dura finché lo si fa durare. Se il passato non si può cambiare, si può però smettere di esserne condizionati, anche perché altrimenti rischia di diventare un alibi per mantenere lo status quo, pur lamentandosene.
Le convinzioni che <<più passa il tempo e più mi rendo conto che i sintomi non dipendono direttamente da me...>> e <<l'ansia è tornata, sono consapevole che non andrà mai via(anche se ho passato 2 mesi tranquilli) e che non potrò viver una vita come tutti.>> sono pericolose perché la portano lontano da una possibilità di star meglio e, anzi, rischiano di diventare profezie che si autoavverano.

Le suggerisco anch'io di riparlare con il suo terapeuta per fare il punto della situazione e decidere insieme come riformulare il vostro percorso.

Cordialità.
[#13]
dopo
Utente
Utente
da riformulare c'è ben poco, visto che non ho più risorse per andarci.

per i miei io combatto ogni giorno, ma fatico davvero a vedere un futuro come tutti...con al libertà che hanno tutti...sono molto arrabbiata.
la psicologa mi ha detto che gli attacchi di panico sono la manifestazione di ciò che non voglio fare, in questo caso accontentarmi del primo lavoro che trovo. ma cosa posso fare in alternativa?
e se anche scoprissi e riuscissi a andare in università, che anni di inferno mi aspettano? con i miei che pretendono che io finisca a tutti i costi con voti alti?
non devo far fronte solo alle mie paure, ma devo anche gestire loro, e non voglio gestirli perché sono più che adulte e hanno l'intelligenza tale da cambiare e capire che stanno letteralmente portando alla morte(arriverà il giorno in cui non vedrò più i miei progressi ma solo buio se continuiamo così) la loro figlia.

io vorrei solo vivere la mia vita come fanno tutti...
[#14]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> io lo ho sempre detto alla terapeuta che il mio obiettivo è "essere felice"
>>>

È troppo poco.

Non dovresti considerare la psicoterapia in modo così passivo, aspettando che le soluzioni ti arrivino da informazioni e rivelazioni calate dall'alto. Qualsiasi felicità non può che derivare dalle cose che facciamo e che ci piacciono. E se ciò che fai non ti piace, cambialo.

>>> cerco su internet sintomi, cure e altre cavolate.
>>>

Sbagliatissimo. Dovrebbero avertelo detto anzitempo in terapia: qualsiasi forma d'ansia rischia di peggiorare e aggravarsi, mettendosi a cercare informazioni e, soprattutto, rassicurazioni. La rassicurazione per l'ansioso è come l'eroina per il drogato: lo rende sempre più dipendente da se stessa.

>>> cerco sempre una risposta negli altri
>>>

Ecco, credo sia proprio questo il nocciolo del problema. Del resto lo hai espresso in vari modi, a partire dal titolo che hai scelto di dare al consulto, via via nelle ulteriori repliche: la passività.

Ti sei creata un punto di vista del luogo in cui ti trovi tale per cui la colpa di ciò che ti è accaduto era di qualcun altro, e perciò anche la soluzione dovrebbe venirti dall'esterno. Tu per prima, senza rendertene conto, ti squalifichi e ti metti fra le file degli impotenti, di coloro che non possono. Solo gli altri potrebbero aiutarti, ma non lo fanno perché sono incapaci, cinici o semplicemente non si rendono conto di danneggiarti.

Quanto prima uscirai dalla posizione vittimista in cui ti trovi, tanto più velocemente inizierai a fare progressi reali e duraturi, non temporanei.

Potremmo raccontarti infiniti aneddoti di persone (anche ragazze) partite da condizioni ben più svantaggiate della tua che però, capendo finalmente che spettava a loro per prime fare qualcosa per emanciparsi, alla fine ci sono riuscite.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#15]
dopo
Utente
Utente
Gent. Dott. Santonocito,

io sto cercando in tutti i modi di uscire dalla mia posizione di passività. Avevo finalmente trovato qualcosa che mi piace (l'università) mettendo anche in conto un possibile fallimento. Ma i miei non contemplano il fallimento, ne tatomeno che a 25 anni torni in università, perché i ragazzi normali iniziano a 18 e concludono, non come ho fatto io ho mollato al primo esame.
Ho categoricamente detto a chi mi da corda nella mia disperata ricerca di rassicurazioni di lasciarmi stare e che non mi controllo.
purtroppo il lavoro è una questione seria: vorrei iniziare a fare qualcosa, ma è come se il mio corpo mi dicesse di fermarmi, tra attacchi di panico e altri sintomi. cosa posso fare a questo punto? ho capito che il mio desiderio è l'università(infatti per i due mesi in cui ci ho pensato sono stata benissimo), ma come posso iscrivermi se non ho soldi?la risposta è lavorando(anche se lavorare e andare in università è quasi impossibile), ma li ricominciano i sintomi dell'ansia.
potrei trovare altre cose che mi bloccano, ma sono troppo posticipate nel tempo e rischiano di bloccarmi ancora di più(es. trovare il mio spazio in casa per studiare).
[#16]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Eh, ma lo vedi che ti freghi da sola?

Dici che vuoi uscire dalla passività, ma a 24 anni non riesci a prescindere del parere dei tuoi.

Dici a chi ti rassicura di lasciarti in pace, ma poi scrivi a noi. E questo non ti pare un tentativo di rassicurazione?

Dici di voler superare l'ansia, ma poi ti spaventi dell'ansia che ti prenderebbe se ricominciassi a lavorare o studiare. Beh, come credi che si superi l'ansia, se non affrontando direttamente ciò che ci spaventa?
[#17]
dopo
Utente
Utente
di sicuro affrontando le mie paure. il problema è che provo tanta rabbia per come sono cresciuta e per gli anni persi. adesso ne voglio uscire ma non ho i mezzi (più che altro economici, perché non so manco come pagare la psicologa)per riuscirci.
mi piacerebbe tanto riprovare(con il beneficio del dubbio)l'università, ma senza i soldi dei miei come faccio a iscrivermi a settembre? loro preferirebbero che lavorassi, e semmai mi concedessero l'università non posso mollarla. dipendo comunque dai miei anche senza volerlo.

non so da come me la mette giù la psicoterapeuta sembra una cosa blanda, che a piccoli passi riuscirò a tenere a bada i miei e l'ansia...sono passati due anni e non mi sembra cambiato granchè, anche se lei sostiene che sono molto migliorata nel frattempo.
[#18]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Non dipendi dai tuoi, dipendi da ciò che senti per loro.

Te ne vuoi emancipare, ma al tempo stesso una parte di te, quella arrabbiata, non riesce a farlo perché spera che un giorno riuscirà a pareggiare i conti e far valere le proprie ragioni.

Finché non rinuncerai al desiderio di rivalsa, ti sarà difficile fare passi avanti. Sei riuscita a riconoscere di avere tanta rabbia dentro e questo è importante. La rabbia ben utilizzata può mobilitare energie ed essere una risorsa.

Ma è importante che smetta di "raccontartela" ripetendo a te stessa che il problema sono i soldi. Il problema non sono i soldi, quello è una conseguenza. Il problema è che tu sei più attaccata ai tuoi di quanto sia disposta ad ammettere.

Perciò non so se mi sento di condividere fino in fondo il parere della tua terapeuta, secondo cui sarebbe solo una "cosa blanda". Poi sai, è vero che il limite fra patologia e normalità può essere molto labile. Può darsi che crescendo e maturando tu cambi e sia quindi più disposta a fare i cambiamenti che in questo momento non riesci a fare.
[#19]
dopo
Utente
Utente
ormai non voglio più pareggiar i conti con nessuno, visto che i coetanei sono lavoratori o laureati e si stanno già accasano(mentre io voglio altro, non voglio passare un'esistenza noiosa come la loro e come ho vissuto sino a ora).
il mio dubbio è che adesso non so cosa fare. settimana prossima inizierò(spero) un corso su quello che so fare perché è il "lavoretto"che ho fatto in questi anni(informatica), giusto per non stare in casa.
ma dopo quello non lo so.
l'università mi affascina tanto, ma ci sono talmente tante cose tra cui scegliere(tranne lavorare in fabbrica, perché i miei me l'han dipinto come qualcosa di brutto), tantissimi lavori che non so manco da che parte guardare.
per ora mi sto limitando a mandare cv per qualche stage, qualche candidatura per fare la promoter(cosa che ho già fatto un paio di volte).
ma non è un progetto...o anche solo un'idea non troppo convinta.
senza poi contare che nel momento in cui scelgo qualcosa gli attacchi d'ansia hanno il sopravvento: ho capito che non posso farci nulla, ma mi destabilizzano . e oltre a questo ci si mettono tutte le persone che mi circondano(e anche che incontro ai colloqui o conoscente): tutti sono insoddisfatti e ciò mi influenza parecchio...mi basta sentire uno che non trova lavoro dopo l'università che mi sale la rabbia...la rabbia che qualsiasi scelta farò sarà sempre quella sbagliata.
[#20]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Di certo c'è che da qui non possiamo aiutarti a fare alcuna scelta.

Oltre ad accogliere il tuo sfogo e la tua rabbia, che è tanta e si sente, non c'è un modo per aiutare le persone a distanza. Ancora non l'hanno inventato, purtroppo.

Tutto quello che potevamo dirti è stato detto. Adesso sta a te trovare il modo di procurarti, nel mondo "reale", l'aiuto di cui hai bisogno.

Sempre se ritieni che possa esistere, ovviamente.
[#21]
dopo
Utente
Utente
i miei erano solo esempi per far capire la mia situazione, so bene che a distanza una consulenza è impossibile, perché bisognerebbe analizzare tanti fattori.
però vorrei chiederle dott. Santonocito se riuscirebbe a spiegarmi da cosa deriva questa affermazione(non è una difesa a ciò che mi è stato detto), è solo per capire da che spunto partire per riflettere e capire cosa non va.
"Sempre se ritieni che possa esistere, ovviamente"

[#22]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Beh, di spunti te ne abbiamo dati diversi. Siamo già alla replica n. 21.

Ma il punto è che siccome il tuo problema è (anche) relazionale, non puoi sperare di risolvertelo da sola. Però non puoi nemmeno sperare di risolverlo per email. E continuando a chattare ancora con te, non faremmo altro che colludere con questa tua aspettativa troppo elevata (che sotto sotto c'è, anche se razionalmente sai bene anche tu che non è possibile).

Perciò non è di spunti che hai bisogno. Hai bisogno di un terapeuta che sappia il fatto suo e che ti aiuti passo passo a recuperare la fiducia.

Hai un così grande bisogno di ritrovare fiducia (in te stessa, negli altri, nel mondo, nei "grandi") che hai scritto a noi sperando forse di ricevere un aiuto concreto attraverso il web. Solo che non è possibile.

Per questo ti dico che devi trovare nel mondo "reale" l'aiuto di cui hai bisogno.