Rachide cervicale è malmesso

Ho 37 anni. Il mio rachide cervicale è malmesso. Lo so dal 2008 e da allora convivo con il problema evitando sforzi.
Poi un mese fa ecco che comunque uno sforzo lo ho dovuto fare (sono padre di due bimbe) ed è sorto dolore intenso al braccio destro, al tricipite, all'avambraccio, oltre a formicolio all'indice della mano destra.
Il dolore non è diminuito anche a seguito di terapia farmacologica, la notte ho difficoltà a dormire.
Ho eseguito quindi RMN che mostra come le mie protrusioni più accentuate siano a sinistra e che a destra siano limitate al solo livello C6-C7.
Il neurochirurgo consultato non ha quindi dubbi sull'origine del problema e propone l'intervento di discectomia con cage.
Francamente speravo mi venisse proposta una protesi discale poiché sul web ho letto che l'artrodesi di un livello può generare ernie su altri livelli, ma su questo il neurochirurgo (di un'eccellenza ospedaliera in ambito neurochirurgico) mi ha liquidato affermando che di protesi ne hanno messe ma che non le propongono più in quanto danno solo problemi.
La possibilità che mi venga messa una protesi che poi necessità di interventi correttivi o sostituitivi di certo non alletta, ma la irreversibilità dell'artrodesi forse mi spaventa anche di più. Quanto limiterà i miei movimenti? Che possibilità ci sono che non avvenga correttamente?
Perdipiù leggo che la protesi si propone a soggetti in giovane età.
E se dovessi intervenire poi anche su altri livelli? Diverrei di fatto incapace di ruotare il collo? Che prospettive devo avere?
Poi vorrei un'opinione: il mio dito della mano destra non ha mai smesso di formicolare, talvolta più, talvolta meno, talvolta coinvolgendo il palmo della mano. Che speranze ci sono che a seguito dell'intervento recuperi mano e braccio?
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.6k 398 77
Egr. signore,
andiamo in pò per ordine di problematiche.

1) non visitadoLa e non visionando le immagibi RM non posso esprimere una indicazione chirurgica, ma se il collega ha proposto l'intervento, evidentemete sarà così.
2) i sintomi che riferisce (dolore e parestesie) possono essere affrontate con terapia medica (non prolungata), salvo emergano dalla visita segni e sintomi che la sconsiglino.
3) Rimuovendo il disco senza applicare una cage o una protesi il rischio di immobilità del rachide cervicale è più alto.
4) Perché la protesi dovrebbe essere soggetta a revisoni chirurgiche? Chi Le ha prospettato una cosa simile?
5) Nel corso degli anni si è visto che innestare una cage o una protesi non presenta sostanziale differenza.
6) Quel che bisogna affrontate è la patologia attuale, non quella che si verificherà (se si verificherà) in futuro.

Se la sintomatologia attuale pone indicazione all'intervento, esso va fatto perché il non farlo potrebbe creare problemi più importanti e gravi.
In sintesi per prescrivere la opportuna terapia è necessaria una diagnosi esatta.

Disppnibile per eventuali ulteriori chiarimenti, invio cordiali saluti


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Utente
Utente
Gentilissimo,
come scrivevo, un approccio conservativo con farmaci é stato tentato, dapprima con Bentelan e Muscoril, poi con Ibifen e Tachipirina sempre accompagnati da Neurassial. Poiché il dolore e la parestesia sono rimasti invariati si é iniziato a parlare di intervento con cage. Questa eccellenza del mio territorio non contempla ad oggi le protesi discali non avendo avuto risultati soddisfacenti. Ora, io non ho approfondito ulteriormente i motivi e non vorrei avere inteso male sul rischio di dovervi rimettere mano, pertanto su questo sorvolerei, anche in relazione al fatto che lei mi dice che tra cage e protesi poco cambia. Ma perché allora leggo sul web che protesi si preferiscono su soggetti giovani? Ci sarà poi una differenza? E la mobilità del collo é la medesima?
Riguardo alle mie paure per il futuro immaginavo che la medicina operasse scelte anche a lungo termine, esaminando i rischi di insorgenza di nuove patologie. D'altro canto il termine sindrome del segmento adiacente non l'ho inventato io ora.
E del dtrax può dirmi qualcosa?
Grazie
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.6k 398 77
Egr. signore,
in soggetti giovani si preferiva utilizzare la protesi per la assenza di fenomeni artrosici, ma attualmente abbiamo visto che non vi sono significative differenze con le cages di nuova generazione.
La mobilità del collo non ne risente.
La sindrome del segmento adiacente (sindrome giunzionale) può manifestarsi ,ma non è scontata.
La medicina non opera scelte a lungo termine, ma può stabilire una prognosi per la guarigione di una determinata patologia.

Spesso bisogna accettare il rischio di complicanze per evitare rischi più gravi, spesso più probabili che non le complicanze stesse.

Per quanto riguarda il dispositivo D-Trax, esso non è che un distrattore che viene applicato per via percutanea posteriore nella rima della faccetta articolare della vertebra, bilateralmente.

Tale procedura non è sostituitiva di altre metodiche, ma viene attualmente usata in casi di stenosi (restringimento) del forame in cui passa la radice nervosa per il plesso brachiale.
In ogni caso i candidati a tale procedura vanno accuratamente selezionati.

Cordiali saluti


Spesso è necessario utilizzare innesti ossei, il che non esclude la sindrome giunzionale.
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Utente
Utente
Sempre gentile e tempestivo,
oggi nel mio vagare sul web (giacché sono a letto disteso nella speranza che una nuova settimana di Algix faccia effetto) mi sono imbattuto poi nella PLDD. Mi é parso un buon tentativo da considerare prima della discectomia tradizionale ma non é molto trattata né si capisce quali siano i centri che la trattano. Mi pare interessante perché sembrano poche le controindicazioni e non é precluso successivamente l'intervento. Lei che ne pensa? Dal 2008 ho sperato che avrei procrastinato l'intervento al giorno in cui la chirurgia avrebbe avuto pronto un intervento poco invasivo, ed ora che mi si propone una discectomia con cage vivo nel timore di non fare la cosa migliore per il mio futuro...
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.6k 398 77
Egr. signore,
nessun intervento chirurgico (e anche medico) è privo di rischi.
Alcuni interventi, cosiddetti mini-invasivi, hanno molti limiti che un intervento tradizionale non ha.
Per intervento tradizionale deve intendere comunque un interveno che utilizza una tecnica microchirurgica con l'uso di microscopio e che utilizza una incisione di pochi cm. più lunga di quella soiltamente usata per i mini-invasivi.

Per quanto riguarda la tecnica PLDD (Percutaneous Laser Disc Decompression), anch'essa ha precise indicazioni e non è applicabile in tutte le patologie discali.

Sull'ultimo Suo timore non posso né rassicurarLa né sconsigliarLa nell'eventuale scelta che deciderà di fare perchè non conosco direttamente né le Sue condizioni cliniche né il tipo di ernia eventualmente da operare.
La miniinvasità delle tecniche che vantano enormi vantaggi e che allettano i navigatori del Web, come Le dicevo, non sono una alternativa ad altre tecniche e non sono anch'esse prive di rischi e di insuccessi.

Anch'io in qualche caso, molto selezionato, utilizzo alcune di queste metodiche, ma certo non le ho sostituite a quelle che danno maggior sicurezza nel controllo del sanguinamento, nella possibilità di controllare direttamente l'anatomia delle strutture che si devono attraversare ed operare.

Infine, la cosa migliore è quella di evitare di rischiare aggravamenti non facendosi operare ( se c'è l'indicazione clinica) o nel farsi operare in modo non indicato.

Un'altra cosa migliore è quella di trovare un medico in cui si sente di porre la Sua fiducia. So che non è sempre facile, ma ci provi.

Vista l'ora, buona notte

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Utente
Utente
Di natura sono molto diffidente. Oggi mi tocca esserlo con la medicina. Non sarei qui altrimenti.
Come vorrei essere semplicemente uno di quelli che come ricevono l'indicazione chirurgica si affidano e pensano ad altro in tutta tranquillità...
E forse avrei potuto essere uno di quelli se non sapessi che oltre alla individuata C6-C7 ho anche ernia più voluminosa in C4-C5 oggi apparentemente asintomatica.
La mia grande paura é quella di innescare con l'intervento una reazione a catena. Posso credere al fatto che un intervento in C6-C7 limiterebbe in modo trascurabile la normale mobilità del collo (senza considerare che forse già ora la mia mobilità non é quella normale che io penso di avere), ma mi riesce difficile pensare che una doppia o tripla artrodesi non pregiudicherà per sempre il mio stile di vita.
Gentile Dottore, lei mi dice che tra protesi e cage di ultima generazione poco cambia ma come é possibile, in riferimento alla sindrome giunzionale, se una consente l'articolazione e l'altra no? Cos'hanno di speciale le cage di ultima generazione? O intende forse dire che sono le protesi a consentire un'articolazione talmente minima da essere quasi come cage?
I miei timori riguardo all'intervento si sono rafforzati a seguito di recente visita fisiatrica in cui mi é stato nuovamente esposto il rischio di questa maledetta sindrome giunzionale ed in cui si prescrive RPG e mantenimento con Yoga
In C4-C5 ho ernia paramediana sinistra, in C6-C7 protrusione discale pre intraforaminale destra.
Sintomi solo a destra: dolore al tricipite e all'epicondilo, saltuari formicoli a tutto il braccio, sensibilità ridotta dell'indice della mano destra da oltre un mese a questa parte.
Di sicuro questa non é vita ma la speranza è sempre quella che questa protrusione evolva naturalmente.
Ora però inizio a chiedermi quando dovrò iniziare a temere danni neurologici permanenti.
Giovedì eseguirò EMG.
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.6k 398 77
Lei teme la sindrome giunzionale che è una eventualità, non una certezza, mentre non teme i danni neurologici cui potrebbe andare incontro non operandosi, ammesso che l'indicazione all'intervento sia giusta.
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Utente
Utente
Io esamino la mia vita in prospettiva perché la devo vivere tutta. Se la medicina non intende farlo ne prendo tristemente atto e continuo ad informarmi. La veda sotto un altro aspetto: é più reversibile un'artrodesi o l'effetto che ha oggi questa maledetta protrusione? Mentre della prima vi é certezza per la seconda c'è speranza. Se il dolore scomparisse (ora é in lenta regressione) e rimanesse soltanto la scarsa sensibilità del dito indice, siamo sicuri che varrebbe la pena di subire un'artrodesi? Forse la risposta sarebbe ancora "si" se non esistessero una certa propensione all'artrosi e la POSSIBILITÀ di sindrome giunzionale data la presenza di altre numerose discopatie. Ma esistono, e il bilancio che io faccio dice "ancora no". Poi non esiste alcuna garanzia che a seguito dell'intervento ritorni la sensibilità al dito indice, quindi non capisco ancora per quale motivo dovrei non avere dubbi.
Lei è gentile e disponibile, e mi creda, dà un grande appoggio a chi cerca di ponderare bene le proprie scelte, ma capisco che non le si possa chiedere una diagnosi, una indicazione a procedere o un consiglio.
Pertanto la prego, risponda alle mie domande più tecniche che già le ho rivolto, quelle che anche sul web possono avere un valore ed una risposta obiettivi. Ne aggiungo due: a che punto si trova la sperimentazione sulla rigenerazione dei dischi? Cosa pensa della distruzione dell'ernia tramite ultrasuoni?
GRAZIE
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Dr. Giovanni Migliaccio Neurochirurgo 13.6k 398 77
Egr. signore,
io rispondo ai consulti secondo scienza e coscienza e non per adeguarmi a ciò che si può trovare nel Web.
Nel Web si trova di tutto anche la cura del cancro con il bicarbonato o con le medagliette della Madonna infilate in un certo posto (v. Dr.ssa Mereu).

Ogni utente ha la libertà di scegliere sia le cure che di affidarsi a medici o pseudo tali , ma non può certo pretendere di portare un medico sulle proprie convinzioni spesso del tutto errate, soprattutto se non si è competenti in materia.
Ponderare le scelte terapeutiche, in questi casi, non è possibile autonomamente.
Lei ha la libertà di consultare più specialisti e , alla fine, farsi un'idea di quale può essere la soluzione migliore, ma una volta fatto deve abbandonare eventuali false idee formatesi nel Web.

La garanzia di un prodotto o della riparazione di un prodotto la danno la Fiat,la Mercedes, Wolkswagen ecc.
La Medicina non di certo.
Le patologie e l'essere umano sono talmente complesse che non c'è nulla di standardizzato.

Lei mi chiede se la insensibilità a un dito può regredire.
Se la causa è una compressione che può essere rimossa verosimilmente è si, ma è anche vero che se una compressione clinicamente significativa non viene rimossa, questa può perpetrare il danno con conseguenze maggiori.

Un intervento viene fatto per curare, migliorare la sintomatologia, ma è chiaro che bisogna valutare rischi e benefici.
La rigenerazione discale? Lei si riferisce alle cellule staminali? Ancora siamo molto lontani da poter utilizzare tale tecnica con beneficio e con risparmio di tempo e danaro.
Gli ultrasuoni? Ammesso che esista una possibilità del genere, avrà comunque precise indicazioni e non sarà una metodica che può soppiantare le altre.

Spero di esser stato sufficientemente esauriente.

Cordialmente