Le nevrosi caratteriali si stanno evolvendo?

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Dr. Alessandro Drago Psicologo, Psicoterapeuta

Le nevrosi caratteriali si stanno evolvendo? Purtroppo sì, il carattere ed i consueti automatismi, fissazioni, illusioni, proiezioni transferali, ecc. si stanno progressivamente evolvendo e, per quanto attiene la salute mentale, il processo evolutivo non corrisponde necessariamente a salute mentale, anzi è la capacità di involuzione che permette alle persone a dis-imparare tutte quelle caratteristiche che si formano difensivamente fin dalla nascita.

Premettendo che non starò a spiegare la differenza tra normalità e nevrosi caratteriale perché tanto chi crede di essere perfettamente normale non leggerà nemmeno le seguenti righe, scopo invece di questo mio breve articolo sarà esclusivamente quello di spiegare il processo di evoluzione delle nostre nevrosi caratteriali in un progressivo processo di psicoticizzazione.

Cosa sta accadendo? Accade una cosa molto umana ovvero che noi siamo fondamentalmente esseri relazionali, abbiamo il bisogno di creare un senso esistenziale nella relazione con il mondo che ci circonda e che costruiamo quotidianamente, plasmando e formando di continuo la nostra vita. Mi interrogo, a prescindere dal nostro passato doloroso e da cui costruiamo la nostra architettura difensiva, dunque Carattere, su una problema onnipresente nelle diverse fasi storiche: “Quanto è grosso lo scarto tra la nostra capacità di contatto e la forma di mondo attraverso cui ci dobbiamo necessariamente rapportare?”.

Mi spiego meglio e lo farò immaginando un collega con cui dialogo di fronte a me su una sedia (scusandomi anticipatamente per la deformazione professionale facendo di continuo sedie vuote):

Collega: “Ok ma noi abbiamo il potere di trasformare sempre quel mondo in qualcosa di buono per noi!”.

Gli rispondo: “Caro/a collega hai ragione ma c'è un problema il sempre”.

Collega: “In che senso?”

Gli rispondo: “Il potere trasformativo attraverso il mondo ci deve essere anche donato”. “Come possiamo noi nevrotici caratteriali entrare in contatto con un mondo che ha la tendenza storico-culturale ad evitare il contatto?

Collega: “Ah ok intendi chiamo qualcuno risponde la segreteria, parlo a qualcuno guarda lo smartphone, mando un curriculum mi risponde un robot, chiamo un call center mi rispondono dallo Zimbabwe, chiami l'ex fidanzato/a ha cambiato numero, hai bisogno di conversare con il gruppo di lavoro lo fai su Whatsapp, parli con uno e ti scambia per un Pokemon, ecc. bè è normale dai!”

Ecco appunto sarà normale per te, ma il punto cardine imprescindibile della salute mentale in qualsivoglia momento storico-culturale è quanto e come una società pone alta o bassa l'asticella della presunta normalità. Partendo da un dato inconfutabile dell'essere umano: abbiamo bisogno fisiologico e costante di entrare in contatto con il mondo per soddisfare bisogni fondamentali.

Dal mio punto di vista il problema è che, costruendo una società del-non-contatto umano, avremmo progressivamente anche un cambiamento radicale della classica e Novecentesca nevrosi caratteriale, motivo per cui anche la Psicoterapia sparirà tra qualche decennio in quanto non la capirà più nessuno. La conseguenza sul piano psichico è una evoluzione della nevrosi, dove prima il nevrotico caratteriale poteva meglio gestire i propri automatismi, fissazioni, illusioni, ecc. con un contatto, magari anche sbagliato ed erroneo, ma pur sempre con il mondo. Adesso il problema è che spesso e volentieri il contatto non riesce in quanto viene negato fisiologicamente dall'esterno attraverso le tecnologie, creando una ulteriore e nuova forma di disagio recante un paradosso: "Seppure nella mia modalità nevrotica non sono entrato in contatto! Ma cosa devo fare?".

Questa ulteriore forma di disagio esistenziale e di frustrazione, tipica della Modernità, potrebbe creare una evoluzione della nevrosi che prevede una progressiva chiusura all'interno dell'individuo e una costruzione del proprio mondo immaginata e non più basata sulla realtà. Il punto è che siamo organismi viventi che per definirsi tali hanno bisogno di soddisfare le proprie necessità a prescindere, fosse pure con il Tamagotchi che reputo una sorta di antesignano di ciò che sta accadendo. Una scatoletta che esprimeva i nostri bisogni essenziali (mangiare, bere, dormire, ecc.).

Cosa succede quindi in questo nuovo senso di frustrazione? Per esempio ho bisogno di un/a partner lo costruisco su Facebook, ho bisogno di un lavoro lo costruisco su LinkedIn, ho bisogno di divertirmi lo costruisco su Youtube, ecc.

Questa nuova ed impellente relazione con un mondo virtuale, non più con un mondo reale, porterà ed aggiungerà un nuovo elemento intrapsichico prima molto meno frequente: la capacità di creare surrogati interni di ciò che dovrebbe essere creato normalmente nella relazione. Questo processo, già visibile ai nostri occhi, potrebbe comportare una progressiva psicoticizzazione dell'individuo, in quanto l'esperienza è solo immaginata al nostro interno senza un reale relazione e senza un oggetto differenziato ma solo continuamente reiterato. Tranne appunto le diverse forme di scatolette che escono di continuo e che cambiano costantemente, in modo tale che non si possa mai arrivare all'esperienza sensoriale: “Ma è solo una scatoletta dai!”.

Questo per dire che non è che psicotici, salvo alcuni casi, si diventi con il gene della psicoticina ma solo attraverso esperienze ripetute, continue e costanti per tutta la vita alla cui base vi è la chiusura con il mondo circostante. Coloro che interagiranno per 30-40-50 anni sempre e solo con delle scatolette si assumeranno tale responsabilità che prevede una serie di problematiche diverse rispetto alle nevrosi caratteriali del '900, tra cui, per esempio, l'esperienza di scompensazione alla semplice domanda: “Come ti senti?”. Provate a chiederlo ad uno psicotico osserverete che cosa accade.

Per inciso e per concludere, non è catastrofismo il mio è solo immaginare una evoluzione della nevrosi caratteriale dettata dallo sviluppo. Il problema semmai è che ci stiamo evolvendo troppo dimenticando che abbiamo bisogno di giocare, toccare, dipingere, ballare, sudare, fare sesso, lavorare, amare, ecc. Non credo ci sia una app da scaricare per fare queste cose, ah ma giusto è solo questione di tempo! Chiedo venia.

Data pubblicazione: 26 luglio 2016

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