Nato da eterologa: bisogna dirglielo?

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

E’ questo un argomento particolare e non ancora ben approfondito e chiarito, legato alle tecniche di riproduzione assistita.

Lo affronta un articolo, ora pubblicato su Human Reproduction, condotto dal Weill Cornell Medical College di New York City.

I ricercatori hanno spedito 459 inviti a famiglie con figli nati con tecniche di fecondazione assistita, in particolare da ovodonazione, per la partecipazione ad un seminario focalizzato sul come comunicarlo a questi bimbi.

Che l’argomento sia ancora difficile e controverso lo dimostra il fatto che solo quarantasei famiglie, cioè solo il 12% di coloro che erano stati invitati a partecipare, sono poi realmente intervenuti.

L’aspetto più interessante di questa nuova indagine, rispetto alla precedenti su tale argomento, è che qui si è indagato quello che è realmente accaduto alla rivelazione e non le semplici intenzioni di rivelare al bimbo la tecnica di procreazione medicalmente assistita (PMA) utilizzata.

 

             

 

Il limite maggiore di questa indagine è sicuramente il numero dei partecipanti ma comunque essendo una prima valutazione questa può essere considerata d’importanza non secondaria.

Andando ad analizzare i dati nei dettagli dobbiamo dire che, delle quarantasei famiglie indagate, solo venti aveva già rivelato la tecnica di PMA ai propri figli, l’età media alla rivelazione era di cinque anni e mezzo con un range che andava dal primo anno ai tredici anni.

I ricercatori hanno evidenziato che i bimbi che erano stati informati entro gli otto anni dimostravano un più basso livello di conflitto con i propri genitori proprio riguardo al processo di rivelazione e le famiglie dimostravano alti gradi di soddisfazione per aver comunicato precocemente il modo in cui erano stati concepiti i propri figli.

Un’altra osservazione importante, che emerge da questa indagine preliminare, è che più i genitori si sentivano in ansia è più questi posticipavano il momento della rivelazione.

Delle ventisei famiglie che dovevano ancora comunicare ai figli la tecnica di PMA utilizzata, solo diciotto prevedevano di farlo; in questo gruppo di bambini l’età media era di undici anni.

Da questa ricerca è emerso che le motivazioni decisive, che avevano spinto i genitori a comunicare ai figli l’ovodonazione, erano il diritto, da parte dei bimbi, di sapere e il desiderio, da parte delle famiglie, di non avere scheletri nell’armadio, essere onesti e aperti; mentre per le famiglie, che non avevano ancora parlato, le motivazioni principali erano quelle di non aver ancora individuato il momento giusto per informare i propri figli e il non sapere con certezza come impostare correttamente il discorso, in sostanza cosa raccontare.

 

                

 

Quello di informare correttamente i bimbi, nati con le varie tecniche di riproduzione assistita, è un tema molto importante e sempre più sentito dai genitori, anche alle nostre latitudini culturali, ed è per questo che il nostro gruppo, già nel 2011, aveva pubblicato, approfittando dei bellissimi disegni della brava Brunella Baldi, un libro indirizzato proprio ai genitori e intitolato “Cicogne, Cavoli, Provette”, editore Principi & Principi, per dare loro uno strumento utile e semplice per spiegare ai propri bimbi che si può essere concepiti in tanti e vari modi e che a volte può essere necessario un aiuto dalla medicina ma quello che importa è sapere di essere stati tanto desiderati e, alla fine di tante difficoltà, di essere nati ed essere tanto amati.

 

Fonte:

http://humrep.oxfordjournals.org/content/early/2016/06/09/humrep.dew125.short

Brunella Baldi. Cicogne Cavoli Provette. Prìncipi & Prìncipi editore 2011. http://www.mondadoristore.it/C-C-P-Cicogne-cavoli-Brunella-Baldi/eai978889682731/

Altre informazioni:

https://www.medicitalia.it/minforma/ginecologia-e-ostetricia/1026-l-inseminazione-intrauterina.html

https://www.medicitalia.it/minforma/ginecologia-e-ostetricia/215-la-fecondazione-in-vitro-e-la-icsi-come-si-svolgono-e-cosa-avviene-in-laboratorio.html.

 

Data pubblicazione: 25 giugno 2016 Ultimo aggiornamento: 29 giugno 2016

Autore

giovanniberetta
Dr. Giovanni Beretta Andrologo, Urologo, Patologo della riproduzione, Sessuologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1977 presso Università di Milano.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Firenze tesserino n° 12069.

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6 commenti

#1
Dr.ssa Valeria Randone
Dr.ssa Valeria Randone

Ciao Giovanni,
Argomento davvero interessante ed anche particolarmente scottante..anche perché abbiamo pochi studi (italiani) di follow up a riguardo, soprattutto perché l'eterologa in Italia è davvero neonata.
Molti psicologi che studiano la fecondazione assistita, hanno paragonato il concepimento mediante pma al il "vissuto del bambino adottato", ed anche i futuri genitori che seguo per l'eterologa riportano gli stessi dubbi.
Il mancato "legame genetico" tra genitore e figlio potrebbe inoltre, essere un elemento che minaccia fortemente la relazione tra genitori e figli, soprattutto in adolescenza, fase della vita già turbolente di suo.
La dimensione di segretezza che ammanta e regolamenta la donazione dei gameti, potrebbe inoltre, danneggiare le future relazioni familiari e far sì che i bambini concepiti con donazione di gameti si possano sentire "confusi" riguardo la loro identità per questi motivi un lavoro psicologico propedeutico con i genitori diventa indispensabile.

Sul dirlo o meno c'è anche un altro aspetto "concreto" e meno psicologico: il possibile, futuro incontro tra il bambino in questione ed un suo possibile fratello o sorella, anche se con il cinquanta per cento dei gameti in comune.
Di questo aspetto le coppie che seguo sono davvero terrorizzate..

Allego, approfittando della tua ospitalità, questo canale sul l'infertilità redatto unitamente al dr.Giammusso.
https://www.medicitalia.it/salute/andrologia/151-infertilita-maschile.html
Un caro saluto.
Valeria.

#2
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Cara Valeria,
le tue riflessioni possono essere interessanti spunti culturali e scientifici su cui meditare e lavorare.
Un caro saluto.

#3
Specialista deceduto
Dr. Giorgio Cavallini

A naso non credo che queste ricerche a carattere psico-sociale possano essere estrapolabili da una cultura fortemente pragmatica statunitense ad una di carattere più emotivo come quella latina. L' argomento va sicuramente affrontato. Ma personalmente, per la mia limitata esperienza di coppie che scelgono la fecondazione assistita eterologa, valuterei in primis come i genitori che hanno scelto l' eterologa vivono la propria genitorialità. Non escluderei che quelli che la hanno vissuta in maniera sentimentalemente più consapevole e matura e meno egocentrica siano poi quei genitori, c he avendo sentimenti di affetto realmente incondizionati per la per la prole rispondono ai questionari e sviluppino meno conflittuyalità coi figli.

#4
Dr. Giovanni Beretta
Dr. Giovanni Beretta

Hai ragione. Credo che la cultura anglosassone sia improntata maggiormente in toni "bianco e nero", la cultura latina conosce la "sfera dei grigi". Penso non ci sia il comportamento giusto assoluto valido in tutte le situazioni, ma che ogni coppia si debba confrontare con la propria etica e la propria cultura , ma anche con il clima culturale che la circonda .

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