La frammentazione del DNA spermatico e la capacità fertile: i test e le considerazioni

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La valutazione del grado di capacità fertile di un uomo è una questione importante sia perché è utile nell’inquadrare lo stato di salute complessiva sia e soprattutto perché consente di decidere se e come agire quando tale capacità non sia efficace.

La valutazione prevalentemente, in particolare nelle prime fasi, si basa sullo spermiogramma che determina la concentrazione, la percentuale di spermatozoi con morfologia normale e la percentuale di spermatozoi con motilità progressiva rettilinea. Tuttavia, essendo dal 2010 prevalentemente impiegati i riferimenti del WHO per i limiti inferiori normali, con una discreta frequenza ci si trova difronte a oggettive e importanti difficoltà di concepimento pur con una valutazione di normozoospermia con valori di concentrazione, normalità morfologica e mobilità progressiva rettilinea quantomeno molto contenuti, forse utili per la fecondazione assistita, ma poco indicativi per la fecondazione naturale.

Riportiamo qui la tabella WHO 2010 al fine di diffonderla meglio tra gli Utenti, ricordando che i valori percentuali (centili) sono riferiti alla probabilità di ottenere un concepimento nell’arco di un anno di tempo: per esempio il centile 10 indica che sussiste la probabilità del 10% di ottenere un concepimento in un anno di rapporti regolari.

 

 

Quindi quei soli dati non consentono spesso una utile valutazione della capacità fertile di un uomo.

La ricerca negli anni ha evidenziato un aspetto importante che può essere responsabile della carente capacità fertile: l’integrità del DNA degli spermatozoi.

Gli studi hanno dimostrato che la capacità fertile si riduce tanto più quanto aumenta la condizione di frammentazione del DNA degli spermatozoi.

Infatti è ormai ben consolidato il fatto che il DNA frammentato rende difficile se non impossibile la fecondazione e porta ad un incremento del rischio, quando la fecondazione avvenga, di interruzione della gravidanza o della costituzione di malformazioni e/o disfunzioni congenite nel nascituro, ma è anche bene sottolineare che potrebbe aumentare il rischio di insorgenza di patologie successive quando verranno attivate le informazioni che saranno alterate per effetto della frammentazione stessa.

Tutto ciò dipende dal grado di frammentazione che possiede lo spermatozoo fecondante ed è bene sottolineare che frammentazioni modeste possono essere ben riparate, dai meccanismi portati dall’ovocito, nel corso delle prime divisioni cellulari.

 

La recente riflessione pubblicata su Andrology (Andrology 2017;5:622-630; DOI: 10.1111/andr.12381) ripecorre la strada della ricerca e delle implicazioni cliniche relative alla possibilità di determinare in modo semplice ed efficace la percentuale degli spermatozoi che hanno un DNA frammentato, nonché riesamina le più importanti condizioni che concorrono a far aumentare la frammentazione del DNA spermatico.

 

Diversi sono i test oggi disponibili per determinare la percentuale di spermatozoi con DNA frammentato. Ricordiamo il test TUNEL, il test SCSA, il test COMET, il test DBD-FISH che per esecuzione sono relativamente poco agevoli e non sempre sono di semplice interpretazione quantitativa, il test HALO o SCD che ha invece una più semplice esecuzione e una migliore interpretazione quantitativa (come si vede nella figura, gli spermatozoi con DNA integro formano un alone ben identificabile, quindi è abbastanza semplice determinare la percentuale degli spermatozoi con DNA integro).

Per condivisione comune si ritiene che il limite di spermatozoi con DNA frammentato, determinato con tali tecniche, non debba mai superare il 30% ovvero che almeno il 70% degli spermatozoi debba possedere un DNA integro per consentire una buona probabilità di capacità fertile e di sviluppo sano dell’embrione.

 

 

Sono disponibili anche due tecniche di visualizzazione microscopica ad altissimo ingrandimento (da 7000 a 13000 ingrandimenti) che consentono di identificare gli spermatozoi con la migliore morfologia da impiegare per la ICSI: sono la IMSI, che valuta l’intera morfologia nei dettagli, e la MSOME, che valuta nei dettagli gli organelli motori. Come è semplice intuire richiedono Centri per la ART (centri per la fecondazione assistita) ben attrezzati. 

Agli specifici test per la frammentazione del DNA viene ora associato il test HA (adesione all’acido jaluronico che mima la capacità di adesione all’ovocito, come si vede nella figura) ed è un indice indiretto di integrità del DNA nel senso che gli spermatozoi mobili che aderiscono al HA hanno una altissima percentuale di integrità del DNA.

 

 

Gli Autori della riflessione indicata sottolineano anche le possibili ragioni dell’incremento della frammentazione del DNA spermatico e indicano come gli studi svolti finora mettano in gioco diverse e variabilmente coesistenti condizioni (fumo, farmaci, nutrizione, stress, varicocele, infezioni, età), tutte convergenti nell’incremento dello stato ossidativo che pertanto è sempre utile sia determinato (un ottimo e rapido test si è rivelato essere il s-ORP come già spiegato nei miei Blog del 12/12/2016 e del 12/01/2017). Infine sottolineano il fatto che nonostante il lungo e ampio dibattito scientifico il parametro della frammentazione del DNA spermatico (il test DFI, comunque effettuato) e dell’adesività all’ovocito (il test HA), nonché il grado di stato ossidativo (il test s-ORP) non siano ancora adeguatamente diffusi nella diagnostica dell’infertilità e/o della disfertilità, mentre sarebbero estremamente utili per indirizzare i pazienti al migliore percorso terapeutico. Poiché i test sono disponbili e con costi relativamente contenuti, possiamo solo invitare gli andrologi a riflettere sulla questione e a far proprie le considerazioni svolte.

 

 

Riferimenti:

Andrology 2017;5:622-630; DOI: 10.1111/andr.12381

I miei Blog in medicitalia.it: Blog del 12/12/2016 e Blog del 12/01/2017

 

Data pubblicazione: 03 agosto 2017

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