Per quella X in più.... miti e realtà della Sindrome di Klinefelter

lambertocoppola
Prof. Lamberto Coppola Ginecologo, Andrologo, Sessuologo

La Sindrome di Klinefelter, individuata nel 1942, è definita come una “forma di disgenesia gonadica caratterizzata dalla presenza di uno o più cromosomi X soprannumerari”.

Cariotipo 47xxy di uomo affetto da S.K.

La forma classica si verifica circa in un maschio ogni 500 nati, ma non essendoci ancora un registro e esistendo purtroppo molti tabù e reticenze, questo dato potrebbe essere solo “la punta di un iceberg”.

Negli adulti questa sindrome viene sospettata in presenza di testicoli duri, di lunghezza inferiore ai 2 cm, in soggetti che manifestano segni clinici di carenza andrologica di grado variabile.

In altri casi la Sindrome di Klinefelter viene diagnosticata durante l’esame obbiettivo di routine in soggetti azoospermici individuati nel corso di indagini sulla sterilità di coppia.

L’esatto meccanismo responsabile della disfunzione testicolare è dedotto dalle osservazioni condotte sugli animali, in cui la presenza di un cromosoma X in più condanna le cellule germinali ad una aspettativa di vita ridotta. Infatti in numerose specie animali, così come in quella umana, inizialmente è presente una normale dotazione di cellule germinali primordiali nel testicolo fetale dei maschi XXY, ma queste sono poi destinate a perdersi rapidamente durante i primi anni di vita.

Il grado di disfunzione delle cellule di Leyding nella Sindrome di Klinefelter è variabile.

Infatti la concentrazione di testosterone nei pazienti, intesi come gruppo, è circa la metà di quella degli uomini sani, sebbene nel 43% dei casi il livello di ormone maschile risulta essere normale.

La concentrazione di estradiolo invece in genere può essere due volte più alta rispetto ai soggetti normali, con conseguente tendenza alla ginecomastia in un terzo dei casi.

Ciò è il risultato di una aumentata frazione di testosterone convertita ad estradiolo nei tessuti periferici, per cui alcuni pazienti con livelli normali di testosterone possono mostrare bassi livelli di testosterone libero e alti livelli di SHBG (Sex hormone binding globuline).

Le anomalie associate alla Sindrome di Klinefelter possono essere (senza però esserne regola!) problemi d’apprendimento, difficoltà nel linguaggio. deficit d’attenzione (gestibili con l’aiuto di un logopedista), problemi psicosociali (specie per gli adulti, può aiutare un supporto psicologico), osteoporosi, iperglicemia o/e insulinoresistenza (situazioni per le quali sono necessari controlli periodici).

Sono invece patognomonici i testicoli di dimensioni ridotte, sterilità o, nei casi di mosaicismo 46 XY/47XXY ipofertilità.

 

Terapia e monitoraggio

La somministrazione di testosterone esogeno è l’unica terapia efficace negli adulti affetti da ipogonadismo ipergonadotropo di tipo disgenetico (Sindrome di Klinefelter).

Se il soggetto, infatti, dimostra una riduzione delle concentrazioni plasmatiche di testosterone totale e di testosterone libero, l’indicazione terapeutica sostitutiva è necessaria per mantenere i valori di questo ormone tra i 3 e i 12 ng/ml.

Studi farmacologici hanno pienamente caratterizzato i profili dose-risposta nel corso del tempo durante la terapia.

Con maggiori quantità di farmaco si ottengono effetti più duraturi al costo, però, di picchi plasmatici più alti e, poiché in questi soggetti le conseguenze negative di elevate concentrazioni plasmatiche di testosterone sono rare, vengono preferite quantità di ormone esogeno più alte per prolungarne gli effetti.

Gli schemi terapeutici consigliati prevedono l’impiego di Testosterone Depot alla dose media di 250 mg ogni tre settimane oppure, più recentemente il Testosterone in Gel, con ottimi e soprattutto stabili risultati obiettivi e soggettivi per i pazienti. La terapia orale tende invece ad essere abbandonata, a causa degli effetti collaterali attraverso il passaggio del circolo enteroepatico.

Nel caso della somministrazione mensile di testosterone il periodo di latenza tra una dose e l’altra è comunque variabile a seconda della risposta individuale nel singolo soggetto. Essa può essere valutata nelle fasi iniziali di trattamento monitorando i valori di testosterone totale, testosterone libero, diidrotestosterone ed estradiolo ai tempi 0 +12 giorni +21 giorni +28 giorni +35 giorni +42 giorni dalla data di somministrazione di una singola dose di 250 mg di farmaco per via intramuscolare.

Tali valori vengono poi correlati con la sintomatologia soggettiva manifestata dal paziente in osservazione. Infatti valori testosterone plasmatici al di sotto di 2,5 ng/ml durante la terapia possono essere percepiti dal paziente come ridotta resistenza all’attività fisica e ridotta potenza sessuale.

Quanto tempo debba passare nel paziente Klinefelter adulto che necessita di terapia sostitutiva tra un’iniezione e l’altra di Testosterone Depot ce lo dicono quindi non solo i valori ormonali al nadir della curva, ma anche gli stessi pazienti.

Valori plasmatici eccessivamente alti di estradiolo possono essere antagonizzati con l’uso contemporaneo di farmaci antiestrogeni (Citrato di clomifene e/o Tamoxifene).

 

In conclusione, solo qualora il paziente affetto da Sindrome di Klinefelter necessiti di terapia sostitutiva la prima scelta è quella iniettiva con Testosterone depot alla dose di 250 mg ogni due-sei settimane a seconda dei risultati ottenuti col monitoraggio. Ulteriore soluzine terapeutica può essere il Testosterone Gel, da applicare sulla cute addominale o della scapola la mattina alla dose di 50 microgrammi. Il limite di quest’ultima è però il costo e il mancato rimborso del SSN.

Una volta stabiliti i tempi e i modi terapeutici è buona norma ripetere il monitoraggio endocrino almeno un volta l’anno, al fine di modulare e prevenire eventuali imprevisti.

Se il paziente manifesta fenomeni soggettivi di deficit androgenico bisogna senza dubbio anticipare tale monitoraggio.

Nei soggetti di età superiore ai 40 anni è consigliabile il contemporaneo studio ecografico transrettale della prostata e dei markers tumorali ad essa correlati (PSA - antigene specifico prostatico - totale e libero).

E’ anche consigliabile l’associazione di farmaci antiprostatici che riducono la quantità di DHT a livello dell’organo e/o di associazione erboristiche a base di Meliloto, Serenoa Repens, Rusco ed antiossidanti che esplicano soprattutto ottima azione decongestionante naturale.

La terapia sostitutiva, se necessaria, aiuta a mantenere non solo i caratteri sessuali secondari, ma anche a migliorare la massa muscolare, l’energia e l’iniziativa, nonché la libido ed il desiderio sessuale. Durante la supplementazione di androgeni è presente inoltre una migliore capacità di concentrazione nel lavoro e, in qualche caso particolare, minore aggressività. La terapia sostitutiva in questi soggetti, inoltre, ha lo scopo di mantenere i livelli di colesterolo nei limiti, diminuire quindi il rischio di accidenti tromboembolici e migliorare la densità dell’osso.

Il testosterone naturalmente non agisce sulla fertilità, che invece è una prerogativa solo dei soggetti che presentano mosaicismo 46 XY/47XXY ed in cui la percentuale di linee cellulari geneticamente normali è direttamente proporzionale al numero di cellule della spermatogenesi presenti nel testicolo.

Tali soggetti possono sicuramente essere aiutati con le tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA).

 

Data pubblicazione: 03 maggio 2011

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