Inibitori della secrezione acida gastrica (IPP) e deficit di vitamina B12

alessandro.scuotto
Dr. Alessandro Scuotto Gastroenterologo, Perfezionato in medicine non convenzionali, Dietologo

Uno studio, pubblicato a dicembre 2013 sulla rivista scientifica JAMA, rileva l'associazione tra uso prolungato di farmaci inibitori della secrezione acida gastrica e la presenza di deficit di vitamina B12.

Lo studio è stato condotto su una casisitica di 25956 pazienti con diagnosi di deficit di vit. B12 confrontata, nel periodo 1997-2011, con un gruppo di 184199 pazienti senza deficit vitaminico.

Nel gruppo cob deficit di vit. B12, coloro che avevano utilizzato farmaci antiacidi inibitori di pompa protonica (IPP) per 2 anni o più erano il 12%, mentre nel gruppo senza deficit di vit. B12 i pazienti che avevano utilizzato IPP per 2 anni o più erano il 7,2%.

Una ricerca di qusto tipo non può stabilire una relazione certa causa-effetto tra terapia farmacologica con IPP e deficit vitaminico di vit. B12, tuttavia questa ipotesi è altamente suggestiva ed è possibile sbilanciarsi in virtù di una considerazione logica fisiopatologica: perché l'assorbimento di vitamina B12 sia possibile, è necessario separare la vitamina dalle proteine alimentari, e per questo è necessaria l'azione dell'acido nello stomaco; se la secrezione dell'acido è inibita, anche questa prima tappa dell'assorbimento della vitamina risulta altrettanto inibita.

La ricerca ha una notevole rilevanza per due motivi principali:

1) i farmaci antiacidi IPP sono di larghissimo utilizzo, anche tra i farmaci da banco;

2) il deficit di vitamina B12 può condurre a danni neurologici irreversibili se non adeguatamente trattati.

Lo studio esposto ci porta a formulare alcune considerazioni cliniche:

- il suggerimento per i medici per la prescrizione di IPP prevalentemente per periodi brevi, disincentivando l'autoprescrizione incontrollata;

- per i pazienti che necessitano di terapia a lungo termine, la necessità di valutare periodicamente i livelli ematici di vitamina B12 per poter individuare tempestivamente coloro che necessitano di trattamento.

Data pubblicazione: 14 dicembre 2013

Autore

alessandro.scuotto
Dr. Alessandro Scuotto Gastroenterologo, Perfezionato in medicine non convenzionali, Dietologo

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1983 presso Università Napoli.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Como tesserino n° 5803.

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7 commenti

#1
Dr. Vincenzo Sidoti
Dr. Vincenzo Sidoti

interessante. avevo in passato letto dei reports tra uso cronico di IPP e alterazioni del metabolismo osseo da malassorbimento. Concordo con l'invito a evitare prescrizioni eccessive (quando non servono..) e prolungate nel tempo senza alcun controllo clinico-laboratoristico

#2
Dr. Sergio Di Martino
Dr. Sergio Di Martino

Interessante report.
C'e' sicuramente un uso troppo allegro degli IPP.

#3
Dr. Alessandro Scuotto
Dr. Alessandro Scuotto

Vincenzo e Sergio,
vi ringrazio per i vostri interventi e sono lieto che la vostra opinione corrobori quanto espresso nel blogpost.

L'associazione tra uso di IPP e deficit di B12 era già stata evidenziata, in particolare nella popolazione di pazienti di età avanzata in un lavoro del 2008 (659 pazienti)
http://www.jamda.com/article/S1525-8610(07)00461-6/abstract
e quest'anno - a giugno - è stato pubblicato un editoriale con riferimenti al rischio di deficit di assorbimento di vitamine e sali minerali nella terapia con IPP
http://taw.sagepub.com/content/4/3/125.abstract

La conclusione di questo editoriale è sovrapponibile a quanto già espresso: "Reducing inappropriate prescribing of PPIs can minimize the potential risk of vitamin and mineral deficiencies."

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