Il POKER delle Apnee nel Sonno

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Dr. Edoardo Bernkopf Dentista, Gnatologo, Esperto in medicina del sonno

apnee

L’Odontoiatria del terzo millennio, se da un lato con l’istituzione del Corso di laurea separato ha visto sostanzialmente emarginare il proprio percorso formativo rispetto a quello medico, dall’altro ha in più punti dilatato il proprio ambito di competenza, estendendolo in settori di tradizionale competenza di altre categorie specialistiche: Le malattie respiratorie, e l’Apnea Ostruttiva nel Sonno in particolare, costituiscono forse il più importante di questi settori. Ciò può essere causa di contrasti sia all’interno della Categoria Odontoiatrica che nel rapporto con i colleghi di altre specialità. Il futuro vedrà certamente l’appianarsi di questi contrasti e l’affermarsi di una leale cooperazione multidisciplinare, a tutto vantaggio del progresso scientifico e della qualità dell’assistenza sanitaria, cui tutte le Categorie specialistiche insieme concorrono. E.B. 

 

Nel retro del bar del policlinico, tra le casse di bottiglie vuote e i fusti di birra, c’era un tavolo da poker. Pochissimi ne erano a conoscenza, oltre al gestore, che taceva in cambio di qualche mancia, ma sopratutto di un trattamento di riguardo per amici e parenti che avessero necessitato di un ricovero nei reparti dei medici-giocatori. Il segreto era mantenuto anche dagli stessi giocatori, che non gradivano l’idea di dover dividere con altri la loro passione per il gioco. A ritrovarsi erano quasi sempre gli stessi quattro: l’ORL, la pneumologa, il neurologo e il cardiologo.

La comune passione per il poker era stata una scoperta tardiva. Inizialmente il loro incontro era legato all’ interesse professionale per l’Obstructive Sleep Apnea, la Sindrome dell’Apnea Ostruttiva nel Sonno (OSAS), che li legava e che li vedeva spesso coinvolti nel trattamento di un paziente o nell’analisi di un argomento scientifico di comune interesse. Anche quando ciò accadeva, però, sotto la maschera professionale e interdisciplinare covava l’istinto e l’astuzia del giocatore di poker, inappuntabile nel trattare con cordialità esteriore i compagni di gioco, ma attento soprattutto a far suo il piatto.

Il neurologo era il più distaccato: il poker per lui era una filosofia, una religione. Seguiva schemi e calcoli che nessuno aveva mai capito, né tentato di capire. Si rallegrava e si abbatteva per partite che lo vedevano vincente o in perdita vertiginosa, ma che rispondevano chissà come alle sue complicate teorie.

La pneumologa era la più cordiale, sempre affabile e sorridente. Correva però la voce che molti, pur riconoscendola giocatrice esperta e di valore, non volessero più giocare al suo tavolo. Sembrava che nel giocare avesse la capacità di carpire i pensieri degli altri giocatori, uscendo dal gioco o rilanciando di conseguenza. Dapprincipio le carte le portava lei, ma in qualche caso agli altri giocatori frullò addirittura per la mente il pensiero che fossero truccate, anche se non ebbero mai il coraggio di affrontare apertamente il problema. In realtà le carte erano per la professoressa quasi un feticcio, da cui non si separava mai. Fosse vissuta qualche secolo prima, l’Inquisizione avrebbe certo avuto più motivi per spedirla sul rogo come strega di quanti non ne trovò per Giordano Bruno.

Un giorno, però, senza apparente motivo, il gestore del bar, nel servire i caffè, mise sul tavolo un mazzo di carte nuovo, “a disposizione dei suoi più affezionati clienti”: nessuno seppe mai se quel gesto cordiale fosse stato suggerito, né da chi.

Il cardiologo partecipava a quel tavolo per puro caso. Grande giocatore di bridge, il poker non lo interessava molto: all’inizio lo avevano coinvolto solo perché mancava il quarto, anche se poi la cosa gli era piaciuta. Solitamente la serata per lui finiva in pareggio, anche perché si defilava nei piatti più contesi e pericolosi. In realtà, scrutare divertito gli altri tre giocatori costituiva per lui la vera attrattiva.

Il vero giocatore era l’ ORL. Cinico, attento, gli entrava sempre il gioco giusto al momento giusto, ed era di solito quello che si aggiudicava i piatti più ricchi. A volte, quando aveva vinto troppo, signorilmente faceva finta di non poter più essere presente, e lasciava il posto ad un quinto, l’ultimo adepto, il chirurgo maxillo facciale. I due avevano un modo di giocare simile, quasi fossero complementari, ma il secondo era più freddo e distaccato. Non si buttava su qualunque piatto: spesso lasciava. Aveva però l’aria di aspettare che il suo tempo maturasse, quasi dicendo “giocate, giocate: prima o poi dovrete cadere qui”, intendendo le sue mani che adorava con narcisismo, sia quando sfioravano le carte da gioco che quando maneggiavano bisturi e sega oscillante con impareggiabile maestria.

Una sera l’ORL si sedette al tavolo verde visibilmente scosso: quella mattina un bambino sofferente di OSAS da lui recentemente operato di adenotonsillectomia era rientrato per sottoporsi ad un nuovo intervento, a causa di una recidiva. Non voleva parlarne: aveva sempre sostenuto che la recidiva non esiste se non quando l’intervento é fatto male, da altri, ovviamente. Non potendo sfogarsi con nessuno, il pensiero lo tormentava e gli faceva perdere calma e concentrazione. Quel giorno al tavolo verde perse molto, e, forse per la prima volta, decise di abbandonare per limitare le perdite anziché le vincite. Mentre il neurologo era in trance dalla gioia, senza che nessuno capisse perché (visto che era in perdita anche lui), la pneumologa sembrava dire con lo sguardo “te l’avevo detto che non sempre ti funziona”, intendendo il bisturi o il poker. Come sempre gli subentrò il maxillo facciale, che, pur non dandolo a vedere, era a conoscenza dell’insuccesso professionale del collega (con cui condivideva lo stesso blocco operatorio), e nel giocare con distacco pensava alle parole con cui avrebbe potuto dargli il solito saggio consiglio tecnico: alla fine il caso sarebbe stato di sua competenza. L’ultimo piatto della serata, di gran lunga il più ricco, anche quel giorno fu suo, come sempre.

Un’altra volta il nervosismo giocò dei brutti tiri alla pneumologa: quel giorno due pazienti si erano lamentati di non poter sopportare la CPAP, l’apparecchio a pressione d’aria positiva che viene prescritto per la notte ai pazienti con apnee più gravi, che pure era loro costato caro. La moglie di uno dei due aveva minacciato di andarsene, perché non sopportava l’idea di aver sposato “una specie di lavatrice che andava tutta la notte in camera da letto”. La professoressa tornò di buon umore il giorno dopo, quando l’informatore scientifico della ditta che produceva quelle “lavatrici”(appunto gli apparecchi per CPAP), nel sottolineare la sua grande e disinteressata sensibilità per la ricerca scientifica, le confermò la sponsorizzazione della trasferta al congresso mondiale sull’OSAS di Rio de Janeiro. Quella sera, le entrò addirittura un poker di regine cambiando quattro carte.

Vicende analoghe si ripeterono altre volte, ma fra alti e bassi non turbarono la routine dei cinque giocatori.

Un giorno la pneumologa scese nell’ambulatorio odontoiatrico per farsi controllare una carie che la infastidiva da tempo. Fu così che seppe di avere qualcosa in comune con il dentista: anche lui si occupava di OSAS, e applicava ai pazienti russatori gli Oral Device, quei dispositivi intraorali simili ad apparecchi ortodontici che da qualche tempo la letteratura dice abbiano successo nei casi di apnea ostruttiva. Mentre sedeva sulla poltrona del riunito retroinclinata in Trendelemburg (la carie riguardava un molare superiore), dalla tasca del camice della professoressa scivolò e cadde il vecchio e chiacchierato mazzo di carte che, di tanto in tanto, cercava di reintrodurre sul tavolo verde, ma senza successo. Assi e regine sparsi sul pavimento fecero scoprire ai due colleghi la vera passione comune: il poker. Per voci di corridoio qualcosa il dentista sapeva del tavolo verde nascosto nel retro del bar. Le sue domande furono stringenti, e alla fine la professoressa, in difficoltà nel ruolo di paziente, dovette ammettere: anche quel giorno ci sarebbe stata partita.

 

La fortuna era girata con equilibrio quella sera fra i quattro giocatori, almeno fino a quando, scortato dal gestore che a gesti e con lo sguardo tentava di far capire che con quell’ingresso lui non c’entrava per nulla, nel locale buio sul retro del bar entrò il dentista. Salutò i colleghi, che conosceva di vista, e chiese di poter giocare.

Il neurologo si oppose. Il tavolo era completo e non c’era spazio al di fuori dei giocatori tradizionali: e poi, forse il nuovo arrivato non sapeva nemmeno giocare. Qualcosa, in realtà, in cuor suo gli diceva il contrario: quel dentista avrebbe potuto scompigliare i suoi schemi, e la sola idea lo inquietava.

La pneumologa, con l’abituale affabilità, si fece garante del nuovo arrivato: il dente non la infastidiva più, e gli doveva un briciolo di riconoscenza.

L’ORL provò uno strano contrasto interiore. Da un lato quell’ingresso lo infastidiva: non conosceva che di vista il nuovo arrivato, ma la mattina un paziente che aveva sofferto di Apnee Ostruttive nel Sonno aveva rinunciato al già programmato intervento di uvulopalatoplastica perché diceva di trovarsi molto bene con l’oral device che il dentista gli aveva applicato qualche settimana prima: non russava più. Allo scetticismo dello specialista ORL aveva replicato con allusiva ironia la moglie del paziente, che lo accompagnava, dicendo che era tornata a condividere il letto coniugale dal quale aveva in precedenza sloggiato il marito per il suo insopportabile russare, che del resto aveva creato addirittura problemi condominiali oltre che coniugali e famigliari. Ma da un altro lato, coccolando con lo sguardo i tre assi che aveva in mano, l’ORL preferì ostentare cordialità, e invitò addirittura il mazziere a servire altre cinque carte al nuovo venuto: il piatto si sarebbe arricchito e un pollo da spennare in più non bisognava lasciarselo scappare. Tutti, peraltro, notarono che non aveva nessuna intenzione di lasciare il posto, come abitualmente faceva con il chirurgo maxillo facciale, giunto anche lui poco prima, e che era l’unico a provare totale indifferenza per il nuovo arrivato, sulle cui “macchinette” aveva del resto spesso ironizzato con aiuti e assistenti.

Sul momento il dentista si defilò: disse di non voler rovinare quella smazzata, che era meglio terminasse regolarmente.

Dopo una serie di rilanci vertiginosi, con poker di regine la pneumologa vinse il piatto più ricco della serata sul full d’assi dell’ORL, il cui sguardo per un attimo indugiò sbigottito sulle mani della collega che raccoglieva il mucchio di fiches e le portava soddisfatta al suo lato del tavolo. Quindi gli occhi del chirurgo andarono istintivamente, ma senza farsi notare, a controllare che il mazzo di carte non fosse, anche se del tutto casualmente, tornato quello vecchio; infine squadrarono assai poco amichevolmente il nuovo arrivato, come a chiedersi se non fosse stato lui a portargli quella inusitata sfortuna. Il neurologo, che aveva lasciato al primo rilancio, aveva seguito il gioco con aria confusa, come se gli sviluppi non rientrassero in nessuno dei suoi schemi incomprensibili, e sentì crescere per questo l’inquietudine e il disagio. Il cardiologo, anche lui uscito appena il gioco era salito di tono per salvaguardare la sua situazione di sostanziale pareggio, non poté trattenere la gioia per la novità di quella giocata di proporzioni ed esito inusuali, che fortunatamente non lo aveva toccato.

Venne aggiunta una sedia. Mentre l’ORL mescolava le carte con propositi di rivincita, il dentista fece notare che era necessario cambiare qualcosa: giocando in cinque, al mazzo dovevano essere aggiunti i sei. “Ma questo fa saltare tutti gli schemi fino ad oggi considerati” si lasciò scappare il neurologo. La cosa era per lui sconvolgente, ma nessuno gli badò: in realtà, nessuno aveva mai seguito i suoi schemi al punto di preoccuparsene.

“Il piatto piange” disse più concretamente l’ORL mentre aggiungeva al mazzo che mescolava le nuove quattro carte, alludendo al fatto che il dentista non aveva ancora messo la fiche di ingresso. “Ne rilancio altre due. Tre fiches per giocare” gli rispose questi mettendole sul piatto. “Il rilancio all’ingresso non è nelle abitudini del nostro tavolo” gli fece notare la pneumologa con l’abituale affabilità. ”Certe abitudini e certe regole si devono rivedere quando cambiano le situazioni” fu la cortese ma ferma risposta.

La partita continuò con nuove regole.

E’ ancora in corso, anzi, è appena cominciata.

 

                                              Edoardo Bernkopf edber@studiober.com www.studiober.com

 

 

Ogni riferimento a persone e fatti è da considerarsi puramente casuale.

 

 

.Rassegna bibliografica:

 

1) Schmidt-Nowara W, Lowe A, Wiegand L, Cartwright R, Perez-Guerra F, Menn S: Oral appliances for the treatment of snoring and obstructive sleep apnea: a review. Sleep 1995 Jul;18(6):501-10

“Comparison of the risk and benefit of oral appliance therapy with the other available treatments suggests that oral appliances present a useful alternative to continuous positive airway pressure (CPAP), especially for patients with simple snoring and patients with obstructive sleep apnea who cannot tolerate CPAP therapy”

 

2) Guilleminault C, Stoohs R.: Obstructive sleep apnea syndrome in children. Pediatrician 1990;17(1):46-51

Tonsillectomy and adenoidectomy may be helpful in treating children with small upper airway during sleep. The marked interaction between upper airway adequacy and craniofacial morphology make it critical to evaluate the impact of partial or complete airway occlusion during sleep on facial prognathism. Nasal continuous positive airway pressure is a safe treatment for persistent, partial or complete upper airway occlusion during sleep, but it does not address the mandibular deficiency often seen in symptomatic children. Orthodontic evaluation and treatment may make maxillomandibular surgery unnecessary during the puberal years.

 

3)Villa MP, Bernkopf E *, Pagani J, Broia V*, Montesano M, B Paggi, Ronchetti R  . *Consultant orthodontist: Randomized controlled study of an oral jaw positioning appliance for the treatment of obstructive sleep apnea in children. Am. J. Respir. Crit. Care Med., Volume 165, Number 1, January 2002, 123-127:” In conclusion, treatment of obstructive sleep apnea syndrome with an oral appliance in children with malocclusion is effective and well tolerated”.

 

4) Bernkopf E. Broia V. Bertarini A.M. Polcino P. Ostruzione nasale e ipertrofia adenotonsillare nell’Apnea Ostruttiva nel Sonno: ruolo della malocclusione. Dentista Moderno 2003 XXI-4 Aprile, 85-105

Data pubblicazione: 05 maggio 2016

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