Noi, medici aggrediti

luigilaino
Dr. Luigi Laino Dermatologo
Inizio questo messaggio con NOI :

NOI medici aggrediti, NOI medici malmenati, NOI medici vilipesi. NOI. Il NOI comprende anche un VOI: VOI pazienti incompresi, VOI pazienti vilipesi, VOI pazienti abbandonati.

Quindi sappiate che non è un articolo in difesa dei medici - (sarebbe scontato e pernicioso) ma si dirige nella strenua difesa di NOI TUTTI, medici e soprattuto pazienti, fine ultimo di tutto questo grande carrozzone..che si chiama Sanità, o come preferisco della SALUTE PUBBLICA DEI CITTADINI (ricordando che "cittadini" siamo tutti, pazienti e medici..sembra scontato ma non lo è..)

La storia dell'Ospedale di Roma S. Filippo Neri, non può solo essere la storia di "alcuni medici" che hanno subito violenze fisiche da parenti di un povero ragazzo affetto da una grave patologia, purtroppo deceduto prima di inziare un intervento chirurgico (La cui vicinanza, solidarietà e ricordo va immutata e rispettosamente condotta ad egli e a chi gli ha vouto e gli vuole ancora tanto bene).

La storia di questi medici non è apparentemente una storia di "malasanità" (neologismo che fa tanta notizia, spesso giustamente, spesso a mio avviso in modo speculativo e falso) anche se l'atto dovuto giudiziario ha iscritto i sanitari nel registro degli indagati.

La storia di questi medici è e deve essere la storia di noi tutti, MEDICI E PAZIENTI ASSIEME: essa costituisce un ultimo grido di allarme. Se non lo cogliamo in tempo, non so di quanti altri appelli disporremo in futuro.

che vogliamo fare?

Siamo determinati a metterci "l'un contro l'altro armato", vogliamo tutti rompere definitivamente ogni ulteriore e flebile rapporto interumano fra un medico ed un paziente e passiamo il tutto alle carte, agli avvocati, alla cura della malattia e non del paziente ?

Volete voi pazienti essere curati come delle malattie e non come dei malati?

Vogliamo noi medici curare dentro le trincee fisiche e metaforiche dei consensi informati scritti, della medicina difensiva delle mille prescrizioni, dei centomila esami strumentali inutili, delle lotte fra associazioni legali precostituite contro la generica "malasanita aprioristica" e la difesa del diritto di curare ?

Abbiamo ancora noi medici il diritto di curare i pazienti? liberamente?

Forse, l'identità medico-paziente sta esaurendo le ultime risorse, sta arrivando al capolinea e forse fra poco non serivirà nemmeno più il contatto fra un medico e un paziente.

Forse, a vedere queste cose, potrei avallare di diritto questa folle deriva, ma sono fra quelli che non può credere che sia questa la medicina che ci attende.

Non può essere questa e solo se NOI medici e pazienti comprendiamo che possiamo invertire la rotta e possiamo reincontrarci nella casa comune, nella quale il medico e il paziente SONO sulla stessa barca, potremmo allontanare questi spettri.

Cosa dovremmo sapere per iniziare a migliorare questo rapporto:

1. Il paziente deve comprendere che il DIRITTO ALLA SALUTE non significa GUARIRE PER FORZA, perchè purtroppo non TUTTO si può guarire, non tutte le vite possono essere allungate e non per imperizia, imprudenza, negligenza di uno o più medici, ma perchè è così e perchè questo fa parte della nostra vita.

2. Il medico deve comprendere che il rapporto con il suo fine ultimo - il paziente e la sua salute - deve necessitare non solo delle cure appropriate e all'avanguardia, ma anche, delle spiegazioni appropriate, dei tempi appropriati, e soprattutto della vicinanza umana che da sempre codifica questo insostituibile rapporto

3. il paziente deve sapere che il medico è medico perchè cerca in tutti i modi di fare il bene del paziente

4. il medico deve sapere che il paziente va da lui perchè ha piena fiducia non solo nel suo operato ma nella sua PIENA COMPRENSIONE

Forse, se tutti insieme ci ragioniamo un poco su, comprenderemo che se c'è un medico e perchè c'è qualcuno che vuole difendere la nostra salute e null'altro; e se c'è un paziente, vuol dire che c'è qualcuno che ha bisogno della comprensione e della vicinanza di un'altra persona, prima che di un professionista abile nella tecnica della scienza medica.
Data pubblicazione: 10 dicembre 2010

3 commenti

#1
Dr. Lucio Piscitelli
Dr. Lucio Piscitelli

Caro Luigi,
mi complimento con l'iniziativa di mettere sul tappeto un argomento così importante e così sentito da tutti noi.
Da quando ho iniziato la mia carriera di Chirurgo troppe cose sono cambiate.
Il mio entusiasmo, la mia determinazione, la mia volontà di fare bene il mio lavoro e di mettere tutto l'impegno possibile nel tentativo di salvare una vita, troppo spesso, mentre mi preparo ad entrare in sala operatoria, si scontrano con il timore di non poter raggiungere il risultato, di essere giudicato in maniera errata, di essere aggredito, di essere inquisito per "omicidio colposo" (!!!).
Credo che questo non giovi prima di tutto ai pazienti.

Inserisco qui un link per una articolo che molti già conoscono, ma che credo possa dare un contributo "tangibile" a questa discussione.
http://luciopiscitelli.beepworld.it/unsemplice.htm

#2
Dr. Alberto Calvieri
Dr. Alberto Calvieri

cari colleghi
ho letto con molta attenzione ed una punta di avvilimento cio' che è stato esposto da entrambe trovandomi pienamente d'accordo con loro. La mia impressione, da medico del territorio e pertanto apparentemente "al coperto" da certi pericoli (ma non da altri..) è che quel rapporto medico-paziente, fatto di solidarietà,altruismo,amore per il prossimo, sacrificio e consapevolezza del pericolo, che ha costituito probabilmente il primum movens della nostra (antica da parte mia)scelta universitaria sia in via di estinzione irreversibile. Per tanti anni, da strutturato ospedaliero, avevo un rapporto sincero con gli ammalati e sopratutto i loro familiari: avevo l'impressione che la loro fiducia era incondizionata e la cosa mi spronava sempre più e mi rendeva ancora più consapevole della necessità di fare sempre di più e per bene tutto il mio lavoro avendo sempre come unico ed indiscutibile interesse la salute dell'ammalato. Ho l'impressione che ora invece, l'atteggiamento del medico sia più bilanciato tra quella necessità e quell'altra, oramai irrinunciabile, di non commettere errori per evitare problemi a se stesso. E non è certamente biasimabile tale filosofia, non censurabile nè criticabile. Se fossi ancora in ospedale mi comporteri esattamente così senza necessariamente tralasciare l'onestà intellettuale che mi contraddistingue. Non voglio certamente sottrarmi alle mie responsabilità me nemmeno scambiarle con il dilagante preconcetto del menefreghismo , negligenza, imperizia che oramai tutti "gli assistiti" hanno imparato ad usare e reclamare nei confronti del medico se le cose non vanno come dicono "loro" e gli esperti della televisione. Il bellissimo articolo del collega Piscetelli, che non avevo mai letto, mi ha decisamente impressionato ma non tanto per la complessità degli atti e della esecuzione tecnica (complimenti davvero) ma per quel senso assoluto di umanità, di altruismo, di serietà, di attenzione e, perchè no, di affetto per il paziente (uno sconosciuto!!) che stanno tutte alla base del nostro essere medico. Ma questo "la gente" non lo sa e se lo sa se ne frega abbondantemente ricercando in noi solo sapienza assoluta, espressione miracolosa nella diagnosi, rapidità nel "guarire", precisione millimetrica negli atti!! In pratica dei veri Robot della medicina privi di sentimenti umani ma assolutamente precisi e sempre perfettamente tarati ed in sintonia alla scienza in evoluzione. E mi piange veramente il cuore leggere le parole del collega Lucio da cui traspare evidente che tutto il sentimento sincero che pervadeva e guidava il suo mirabile intervento chirurgico sta lasciando il posto ad una probabile maggiore attenzione, costi quel che costi, agli aspetti difensivi che comunque non inficino la sua professionalità ma probabilmente ne raffreddano l'entusiasmo. Evidentemente la società ci vuole cosi: freddi, anonimi, robotici e spogliati proprio di quella umanità che ci rimproverano assente(!!!). Certamente i pazienti hanno anche le loro ragioni, giustissime e sacrosante come asserisce il collega Laino, ma una cosa sola vorrei dire loro: un medico non deve necessariamente solo guarire (anche miracolosamente se necessario!)il suo paziente ma lo deve saper curare con tutta l'onestà e sapienza di cui dispone; . Ma questo non basta: ci vuole spesso di più: la disponibilità a lasciare per sempre i sentimenti umani
Scusate la prolissità
un saluto

#3
Dr. Luigi Laino
Dr. Luigi Laino

Grazie a Lucio ed Alberto per le bellissime e spontanee aggiunte, che sottolineano come in fondo i medici abbiano per estrazione e dedizione, ma anche, per vissuto diretto un'idea realistica ma speranzosa del proprio rapporto con i pazienti.

Sarebbe utile vedere altre aggiunte di colleghi e di pazienti su questo tema

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