Guarire: come?

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Dr. Rocco Berloco Medico di medicina generale, Perfezionato in medicine non convenzionali

Cosa significa guarire? In questa domanda c'è il senso di secoli e secoli di ricerca, di millenni di constatazioni e valutazioni empiriche, in questa domanda potremmo dire c'è il senso della vita. Da sempre l'uomo ha bisogno di essere ascoltato, di raccontare le sue sofferenze, i suoi drammi, le sue angosce. Da sempre l'uomo cerca nell'altro, molto prima della nascita della psicanalisi, un alter ego sul quale riversare i propri dolori, i propri dubbi, le proprie emozioni.

...E nel mondo delle emozioni dobbiamo penetrere, in quel mondo delicato dobbiamo cercare risposte, comprendere meccanismi d'azione, interpretare sintomi. Perchè una parte del mio corpo in un preciso momento comincia a produrre anticorpi contro se stesso non riconoscendolo più come "self", come proprio? E perchè se tanti di noi siamo a contatto con la stessa carica infettiva solo alcuni sviluperanno la malattia che si manifesterà in modi diversi in ognuno? 

Per anni ho cercato di comprendere il segreto meraviglioso che c'è dietro la guarigione, ho tentato di cogliere il senso più profondo del termine "guarire", ho iniziato un percorso culturale, sperimentale, di ricerca, che mi ha condotto ai piedi di quella che è la medicina olistica. Sul poco lastricato sentiero che ho intrapreso ho imparato che ognuno se vuole Guarire deve Cambiare. Quindi una Medicina del Cambiamento, una medicina per l'uomo, che parla all'uomo, che tratta dell'uomo. In questo algoritmo l'unico valore che si può esprime è l'uomo, ed è da lì che dobbiamo ripartire. Dobbiamo riprendere a viaggiare nelle nostre emozioni, nel nostro passato, nel senso di inadeguatezza del presente, in quella sottile malinconia ed incertezza per il futuro. Cambiare significa abbattere il totem delle convinzioni, delle certezze, delle risposte stampate nelle linee guida. Un celebre koan racconta di quell' Uomo che si rivolse al Maestro per essere introdotto sulla strada della Conoscenza. Questi prima di cominciare gli volle offrire del thè. Lentamente cominciò a riempire la tazza fino all'orlo, e ancora oltre, ed ancora, fino a che il suo ospite gli chiese stupito perchè versasse il thè fuori dalla tazza. Allora il Maestro: "Tu sei pieno come questa tazza...non può entrare nulla in te se prima non ti svuoterai.."

Quanti di noi oggi hanno realmente il coraggio di "svuotarsi"? Quanti riescono a spogliarsi da tutte quelle convinzioni che sono il leit-motiv della nostra vita. Una vita che ha perso i valori essenziali, non conosce cosa sia la consapevolezza, l'essenza, la vera natura delle cose e lascia che i propri sensi vengano incantati da qualche falsa percezione amaliatrice. Cominciamo, quindi, a ritornare da dove non siamo mai partiti, ovvere dal proprio IO, da quel SE' lontano anni luce da come siamo oggi, così disincantati e schiacciati dalle angosce del passato e le fobie del futuro. FERMIAMOCI. Ascoltiamo la voce del silenzio, facciamo spazio al silenzio e restiamo in ascolto del rumore della nostra anima, dei turbamenti della nostra mente ed andiamo oltre...oltre, verso una quiete meditativa che ci regali la pace. E la pace la troviamo soltanto nel presente, nel qui ed ora, nell' "hic et nunc". La troviamo dove il tempo non esiste, la troviamo dove il passato è passato, irrimediabilmente passato e non può più interferire con i nostri giorni ed il futuro, il futuro non c'è, e forse potrebbe non esserci mai.

In questa realtà l'unica cosa vera, l'unica entità tangibile è il presente, e nel presente dobbiamo trovare la forza per ESSERE. Nella propria consapevolezza verbale, cenestesica, visiva, firmando un atto d'amore verso se stessi. Amandoci semplicemente un po' di più...sfiorando il nostro corpo con la nostra intenzionalità, essere presenti a se stessi, proprio come quella "presenzialità" tanto cara a certi filosofi del passato. Ed allora restare nel qui ed ora significa ascoltare il proprio corpo, ascoltare il rumore dei propri passi per strada, essere consapevoli della propria postura, del proprio respiro, dei mutamenti della gabbia toracica quando l'aria entra ed esce durante la respirazione, in una parola vivere l'istante, cogliere l'attimo amandolo, amandolo come unico, come irripetibile, perchè c'è solo quell'attimo, perchè nulla vive al di fuori di esso, perchè è lui inizio e fine, è lui incipit assoluto di qualunque avvenimento. Ritornare, per esempio, a dare valore alla quotidianità, alle banalità della vità di tutti i giorni, perchè non sono mai banali, sono semplicemente nostre!... Dare un senso ad un sorriso, una stretta di mano, una parola...non perdere nel grande caleidoscopio massificante e destrutturante del tempo nemmeno un atto inspiratorio solamente, perchè mi appartiene, e così com'è, è irripetibile...

...E poi riuscire ad emozionarsi, emozionarsi per nulla, ma per quel nulla che contiene il germe del tutto, il tratto inconfondibile della nascita, della vita: il sole che sorge, un fiore che sboccia, la tranquilla imponenza di una goccia di rugiada, la meraviglia di un campo di grano, i grilli, il mare...Emozionarsi significa abbandonare la nostra stanca e sterile visione delle cose, inseguire gli aquiloni che abbiamo lasciato volare e non cercato più, sapere che nulla mai è uguale a se stesso ed anche la sofferenza fa parte di noi, anche la sofferenza è nostra e ci rende unici, anche un disagio ci fa sentire diversi e solo la sua accettazione, porta con sè il suo superamento. Essere nelle cose... essere le cose, una sorta di nuovo panteismo, dove tutto è uno, e noi siamo tutto, dove inizio e fine sono una sola cosa, perchè semplicemente il tempo non esiste e quindi passato e futuro sono solo un aspetto diverso, un nome differente che possiamo o vogliamo dare al presente. un nuovo panteismo che non può separarci dalle emozioni, che non può dividerci dalle cose, che non può allontanarci dalle emozioni che le cose provocano in noi, per comprendere che poi quelle cose, quelle emozioni, e noi siamo esattamente la stessa cosa, o semplicemente una diversa percezione di noi stessi, in un'ottica più complessa, in un'ottica più globale, in un'ottica che potremmo definire olistica. Ed allora usiamo pure questo aggettivo, senza aver paura di essere travolti dalla moda delle parole, (ci sono termini molto in voga oggi, olismo con tutte le sue accezioni, è uno di questi) usiamolo non solo verbalmente, ma tuffiamoci dentro, sentiamolo sulla pelle, testimoniamolo. Testimoniamolo con il nostro "panteismo", facciamo che EGO e RES siano una cosa sola, si fondano, si rincorrano, si penetrino...

Data pubblicazione: 04 luglio 2011

Autore

roccoberloco
Dr. Rocco Berloco Medico di medicina generale, Perfezionato in medicine non convenzionali

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1996 presso .
Iscritto all'Ordine dei Medici di Bari tesserino n° 11134.

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