L'intervento chirurgico non è un optional

Molti pazienti sia direttamente nello studio del medico sia nei consulti on-line, spesso, nel caso di una patologia che necessita di terapia chirurgica, dicono: dottore, vorrei evitare l'intervento.

Se nei pazienti un tale desiderio è comprensibile, lo è meno quando a suggerirlo loro è la parrucchiera, il collega di lavoro, il droghiere e via dicendo, ma è ancora peggio quando a sconsigliare l’intervento è un medico che poco si occupa di tali patologie, ma che ne presume la competenza.

Sicuramente ci sono condizioni patologiche e cliniche in cui l’intervento non è indicato o quanto meno la decisione a operare può essere rinviata e lasciar trascorrere un ragionevole periodo di attesa al fine di cogliere maggiori elementi clinici più significativi, come l’inefficacia di una terapia medica o di un ciclo di fisiochinesiterapia.

Al fine di non equivocare, è bene precisare subito che le considerazioni che qui vengono espresse non possono essere valide per ogni patologia di molti altri ambiti della Medicina, ma si riferiscono alla “patologia” dell’ernia del disco nei distretti della colonna cervicale, dorsale e lombo-sacrale.

La patologia discale, cui spesso si accompagnano fenomeni degenerativi su base artrosica, è di competenza precipua dei Fisiatri, Ortopedici, Neurochirurghi.

E’ un campo minato dove errori diagnostici e conseguenti errori terapeutici sono, forse, più frequenti che in altre discipline della medicina e della chirurgia.

La patologia discale, se vogliamo, non è una malattia vera e propria, ma sostanzialmente una alterazione “meccanica” le cui cause spesso vanno ricercate lontano nel tempo, per esempio fin nell’adolescenza quando abitudini e atteggiamenti di postura errati non vengono corretti.

Anche le comode abitudini della vita moderna sono in qualche modo responsabili.

Siamo da tempo abituati a usare l’ascensore, i tapis roulant, scale mobili, macchine automatiche, moto e non biciclette, insomma ormai basta schiacciare un bottone per compiere una azione che una volta invece richiedeva impegno e attività fisica.

In queste condizioni diciamo che muscolatura e colonna vertebrale sono in un pressochè perenne comodo riposo, cioè non sono abituate alla fatica o quanto meno a un costante allenamento e sollecitazione.

Succede perciò che al momento di dover eseguire un movimento come sollevare un peso, o spostare un mobile, può comparire all’improvviso quel dolore acuto (il colpo della strega) che può preannunciare un disturbo del disco.

Quando si manifesta un mal di schiena e/o una irradiazione del dolore lungo un arto inferiore o una cervicalgia con irradiazione lungo un arto superiore, il più delle volte provvedimenti come il riposo, una terapia medica ( da non prolungarsi all’infinito) potranno essere efficaci.

Prima di iniziare qualsiasi terapia e prima di prescrivere esami diagnostici alla cieca, il medico deve visitare il paziente e deve essere in grado di formulare la diagnosi.

Solo dopo questo principale momento dell’arte medica, si potranno prescrivere esami mirati per confermare o meno la diagnosi.

Quando la patologia è confermata, si procederà a indicare la soluzione terapeutica.

L’ernia del disco è una condizione insidiosa perché quando quel tessuto che si trova, a mo’ di ammortizzatore tra un corpo vertebrale e l’altro, fuoriesce dalla sua sede, cioè ernia (erniare= venir fuori), esso finisce col posizionarsi, comprimendole, le strutture nervose che “transitano” nel canale vertebrale (midollo e radici nervose in sede cervicale e dorsale, solo radici nervose in sede lombare poiché il midollo termina a livello circa della 1° vertebra lombare).

Le strutture nervose, in estrema sintesi, sono deputate alla “ricezione” di impulsi che derivano dall’esterno (sensibilità, dolore, caldo, freddo e altre) per inviarle alla parte cosciente del cervello e a ricevere dal cervello l’impulso alla trasmissione del movimento, oltre che di mantenere il tono e la nutrizione dei muscoli degli arti.

La loro compressione può quindi creare disturbi della sensibilità (formicolii, scarsa percezione del dolore, del caldo, del freddo ecc.) e riduzione dei movimenti che possono andare da una lieve diminuzione della forza fino, nei casi più gravi, alla paralisi di un arto o di un gruppo muscolare.

Il compito dello specialista della colonna vertebrale è quello di comprendere il rischio di tali lesioni neurologiche e, in funzione di queste, porre l’indicazione chirurgica.

 

Un inquietante caso clinico

Riporto il caso di una paziente che, a seguito di un intenso dolore cervicale con irradiazione all’arto superiore destro, si è vista somministrare, al Pronto Soccorso di un Ospedale di provincia, un banale antidolorifico ed essere dimessa senza alcun altra indagine o prescrizioni.

Dopo qualche giorno la paziente si accorse di non muovere più il braccio, eseguì una RMN cervicale che mostrò una voluminosa ernia espulsa a comprimere la radice nervosa deputata al movimento di quell’arto.

Consultato più di un medico, Le fu detto che <non era da operare> e la signora si rassegnò a quella infausta prognosi.

Dopo circa 4 mesi, senza neanche una valida fisioterapia, l’arto riprese gradualmente a funzionare fino al completo ripristino del movimento.

Alla signora dunque andò bene! Ma questo non ci autorizza a concludere che ogni sintoma deficitario che compare o inizia a comparire in presenza di un’ernia del disco regredirà spontaneamente.

Quell’ernia avrebbe potuto danneggiare definitivamente la radice nervosa lasciando la signora con l’arto per sempre paralizzato.

 

Conclusione

Di fronte quindi a una precisa diagnosi di compressione radicolare e/o mieloradicoare, confortata dall’esame clinico e dai riscontri di esami strumentali idonei, allorchè lo specialista avrà indicato e proposto come atto terapeutico l’intervento, vorrà significare che quella chirurgica è la sola terapia attuabile e che pertanto non sarà possibile scegliere di evitare l’intervento: l’intervento chirurgico non è e non può essere un optional.

Data pubblicazione: 20 novembre 2012

4 commenti

#2
Ex utente
Ex utente

Gentile Dott.MIGLIACCIO, condivido pienamente il suo articolo. Sono stato operato circa tre anni fà al coccige proprio da lei e adesso i dolori sono quasi in fase di risoluzione . Vorrei condividere la mia esperienza con gli utenti che soffrono e non hanno soluzioni. L 'unico rimpianto è non averla conosciuta prima e io che ho una notevole esperienza di coccigodinia mi permetto di dire con assoluta certezza che tale patologia perchè è da definirsi tale interferisce pesantemente anche sulla qualità di vita affettiva e sociale. Per me era quasi andare alla deriva e per tanto tempo ho brancolato nel buio lasciando la vita militare che avevo scelto per me, e avendo le diagnosi piu disparate!! Grazie DOTT. MIGLIACCIO E GRAZIE A QUESTO SITO CHE MI HA DATO LA POSSIBILITà DI CONOSCERLO

#3

Caro signore,
La ringrazio delle parole di stima e sono ovviamente contento che Lei stia migliorando.
Devo comunque dire che il Suo è un caso un pò limite, poiché la guarigione dopo l'intervento di coccigectomia, nella maggioranza dei casi avviene, in media, in 6 mesi, ovvero da un minimo di 30-40 giorni a un anno.
Allego il seguente link dove si possono trovare maggiori dettagli.

https://www.medicitalia.it/minforma/neurochirurgia/683-trattamento-chirurgico-della-coccigodinia.html

Con cordialità
Dr. Giovanni Migliaccio



https://www.medicitalia.it/minforma/neurochirurgia/683-trattamento-chirurgico-della-coccigodinia.html

#4
Ex utente
Ex utente

SI LO Sò, CARO DOTTORE ,MA PARLIAMO DI UNA COCCIGODINIA FORSE SUBENTRATA NELL 'INFANZIA E QUINDI RIENTRANTE NELLA MENTE ANCORA GIOVANE QUASI NELLA NORMALITà. IO SIA PER CADUTE DA PICCOLO CHE PER ATTIVITà CALCISTICA HO PLURITRAUMATIZZATO IL COCCIGE. LA MIA NON ERA UNA BANALE O PRESA IN TEMPO COCCIGODINIA. LE RIPETO LE RIPERCUSSIONI SONO STATE IN OGNI AMBITO DELLA MIA VITA. CORDIALITà