Disturbo Bipolare - La disciplina del fuoco e della caduta

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Disturbo Bipolare: La disciplina del fuoco e della caduta*

 

Il disturbo bipolare (vedi anche altri interventi su questo blog) è quel disturbo che porta le persone che ne soffrono attraverso fasi di accelerazione euforica o furiosa (in verità più spesso) per poi sbalzarli bruscamente sul versante opposto (inibizione e decelerazione). La malattia è solitamente lamentata come tendenza alla caduta, mentre è corretto riferire il tutto alle fasi di accelerazione (mania), poiché è da questo meccanismo che deriva l’insieme dei sintomi e le modalità con cui affliggono le persone malate. Anche le fasi di caduta, dopo quelle di “incendio”, non sono da considerarsi fasi di semplice perdita di quota, passiva: sono piuttosto dei cambiamenti di rotta, con l’ago magnetico della bussola che punta verso il basso, ma lo fa con una forza trainante. La persona che cade dopo una mania non è in caduta libera, è trascinata verso il fondo dalla sua depressione, quindi la vive non come il venir meno del carburante, ma come l’invasione della mente da parte di un carburante, o fluido, negativo. Così infatti la descrivevano gli antichi la “melan-colia” (bile nera, umore nero). Non un rimanere a secco, ma una infiltrazione ammorbante da parte di una “influenza” attiva che inchioda, tira indietro, appiccica al fondo. Una depressione “accesa” di nero, ed è proprio per questo che chi soffre di depressione bipolare spesso vive degli stati depressivi agitati, accelerati, fortemente angosciosi in cui è preso da una smania distruttiva, autodistruttiva, di fuga, o semplicemente motoria, senza sapere cosa fare e dove andare.

 

“Sigillati i sensi incandescenti, la rabbia fissa dall’alto la serenità del sogno”**

 

Nella vita di chi soffre di disturbo bipolare la malattia insegna, letteralmente, al cervello a riprodurre se stessa, scava un solco, insegna la sua cattiva disciplina: cercare l’eccitamento e disperare della caduta. Non che si possa fare altrimenti quando le fasi sono in atto, ma durante l’andamento di una terapia è utile invece iniziare un percorso psicologico che corregga questa impostazione. Il seme delle fasi eccitate e di quelle depresse è lo stesso, tanto è vero che possono anche essere accomunate dall’eccitamento, e che non di rado in una fase maniacale ci sono elementi di angoscia e di rabbia, così come in quella depressiva ci sono elementi di agitazione e di distruttività. La prima lezione è quindi che non esiste un su e un giù, ma un movimento di accelerazione, di aumento incontrollato dei giri del motore, che rende il sistema instabile, e lo fa oscillare in maniera sempre più irregolare e brusca. La seconda lezione è che la soluzione per uscire dalla depressione non passa dalla mania, così come insegnerebbe il disturbo: la mania è la porta girevole per restare dentro, l’uscita sta nella ripresa della stimolazione controllata, accettandone l’iniziale “rigidità” rispetto all’idea che il cervello ha di felicità, coincidente con la mania in maniera fasulla. La terza lezione è quella che il danno del disturbo bipolare è prevalentemente maniacale, cosicchè è errato pensare al disturbo come ad un insieme di depressioni. Anche la difficoltà nel riprendersi dalle depressioni è proprio relativo all’intensità della mania: quel che il cervello fa fatica a colmare, biologicamente e psicologicamente, non è la distanza tra depressione e “media” normalità, ma tra depressione e mania.

 

“Ciò che resta dei tizzoni ardenti, è una fredda e sofferta irrilevanza”**

 

Questi principi definiscono quella che si potrebbe chiamare una disciplina del disturbo bipolare (del fuoco e della caduta) che corregge la visione del disturbo che non vede se stesso ma solo il significato del ciclo mania-depressione come ascesa e fallimento, e riporta invece al concetto di eccitamento instabile e di patologia “da mania”. La persona depressa dopo la mania tende a focalizzare la sua attenzione contro il nemico del momento, cioè la depressione, e ad aspettare l’avvento di una nuova mania che la salverà dalla depressione. Nella disciplina correttiva invece si mira al recupero di una via d’uscita dal bisogno di mania, attraverso una rieducazione edonica che metta sicuramente al centro della discussione la gratificazione e gli “scopi” che possono trainare fuori dalla depressione, ma attraverso strumenti e modalità non maniacali. Un soggetto orientato sempre verso l’equazione felicità = mania tenderà a cercare stimoli generanti mania (droghe), a vivere di aspettative su realtà concrete anche scarse o inconsistenti, risulterà vulnerabile e suggestionabile da qualsiasi cosa (relazioni, scuole di pensiero) che solleciti le aspettative di “vita nuova”, e sarà spinto da un generico effetto-novità o da una necessità di rottura con le decisioni prese in precedenza. Questo spesso significa non riuscire a raggiungere risultati concreti o consistenti lungo percorsi stabili, e rinunciare a occasioni positive per seguirne altre non ancora definite. Insomma, darsi fuoco per uscire dalla cenere, una tattica che alla lunga non funziona, e aumenta la cenere, secondo l’equazione che più mania = più depressione.

La scelta degli stimoli esterni, la discussione delle aspettative e il mantenimento di punti di ancoraggio tramite le terapie farmacologiche compongono invece un percorso di rilettura del proprio disturbo bipolare che può accompagnare una remissione stabile e con un graduale riadattamento all’ambiente. Al culto del fuoco maniacale si sostituisce una migliore conoscenza della propria capacità di scaldarsi e infiammarsi, con una “rendita” maggiore della propria combustione.

 

 

* Il titolo è quello di un album degli Emperor, ispirato al mito di Prometeo (The discipline of fire an demise).

 

** Paradise Lost (gruppo musicale) dall’album “Icon”

 

 

Data pubblicazione: 16 giugno 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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