Personalità, droga e dipendenza: il pifferaio e lo zoppetto di Hamelin

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Il pifferaio magico è una celebre fiaba per lo più nota nella versione dei fratelli Grimm. Come molte altre fiabe, traccia un affresco dei tipi umani, e forse involontariamente ragiona sui meccanismi che regolano i destini delle persone. La storia è nota ma val la pena riportarla anche per un particolare meno noto. La città di Hamelin è infestata dai topi. Il sindaco, disperato, non sa che fare. Si presenta un misterioso individuo, armato di un flauto, che propone al sindaco di liberare la città dai topi utilizzando la musica del suo strumento, e accordandosi per questo sul compenso. Il sindaco acconsente, ed anzi rilancia sul compenso. Il pifferaio riesce ad attirare tutti i topi della città intorno a sé, come ipnotizzati dalla musica del flauto, e li conduce al fiume dove questi si tuffano e annegano senza opporre resistenza, spinti dalla misteriosa magia. Quando il pifferario si presenta dal sindaco a riscuotere, questi gli nega il compenso e lo tratta con sufficienza, poiché che lui ha ormai riscosso il consenso del popolo e non ha più interesse a onorare il debito. Il pifferaio lo minaccia di una oscura vendetta, ma il sindaco lo caccia in malo modo. Così arriva la vendetta del pifferaio, che con altre note ripete la magia ma stavolta attirando intorno a sé i bambini di Hamelin. Li conduce con sé fino fuori la città, sul dorso della montagna, e quindi li fa scomparire in un'apertura dentro la montagna, da cui non torneranno più, nonostante il pianto delle madri e il pentimento del sindaco truffatore. Hamelin resterà a lungo una città senza bambini. Un solo bambino si salva, e diventa da allora il figlio di tutte le madri di Hamelin: si tratta di un bambino zoppo, che non ce l'ha fatta a seguire i compagni dietro al pifferaio, ed è rimasto chiuso fuori dalla montagna.

L'ambiente è la musica del pifferaio, che cambiando poche note può diventare pieno di occasioni o di rischi. Ci sono musiche che uccidono o topi, e musiche che rapiscono gli uomini. I più non resistono, sono automaticamente rapiti. Anzi, per meglio dire i "normali" non resistono, per resistere ci vuole non un handicap. Lo stesso handicap che impedisce di correre e giocare è quello che salverà lo zoppetto dalla scomparsa dentro la montagna. Un esempio di questa legge è la predisposizione alle dipendenze: chi ne è immune, ha di solito un temperamento deficitario, nel senso di depressivo, o inibito, mentre i temperamenti più comuni, o quelli più vivaci, allegri, esplorativi, sono predisposti ad entrare in contatto con le droghe, a legarvisi e a perderne i il controllo. Questo naturalmente ammesso che la droga, cioè la "musica" sia adatta, perché i fattori sono sempre due: ambiente e individuo. Gli stupefacenti sono in grado di far perdere il controllo a tutti, se usate per un certo tempo, nessuno resiste. Per resistere è necessario che il meccanismo stesso della vivacità, del piacere e dell'isinto siano in qualche modo azzoppati in partenza, e quindi "girino" lentamente. L'individuo a combustione lenta (depressivo) o quello umido (l'ansioso) non prendono fuoco facilmente, e se lo fanno non divampa un incendio. Un altro esempio sono le infezioni a trasmissione sessuale. Le persone con temperamento depressivo sono protette, le persone con temperamento vivace esposte. L'oggetto, che sia droga o virus, colpisce la normalità, e risparmia chi vive poco, o vive trattenendosi. Altra metafora interessante, applicabile sempre ai problemi di droga e dipendenze, è questa: ciò che rapisce i topi rapisce poi anche gli uomini. Gli uomini "regrediscono" sotto l'effetto di quella musica, dello stupefacente, e il loro cervello risponde nella sua parte più arcaica, più animale, più semplice e potente, quella istintiva. La tossicodipendenza in effetti, almeno nei suoi meccanismi oggettivi, si riproduce nel cervello umano come in quello animale. Pensare che la musica del pifferaio sia benefica è un errore: è una musica che ha un costo, va pagata. Se si rifiuta di pagarla, o se non si hanno i soldi, la musica cambierà. Così succede con il debito di libertà e di piacere che chi utilizza alcune droghe finisce per contrarre: lo ripagherà in dipendenza e incapacità di provare un piacere appagante. Il miele e il veleno sono solo due gradazioni di gusto, o due strati del dolce: così, è sbagliato pensare di poter investire nelle droghe evitando di pagare di tasca propria, sia quando si pensi di aumentare il proprio potenziale, sia quando si pensi di tenere a bada un aspetto sgradito della propria personalità o una situazione di dolore. Funziona, come funziona un debito. Il modo sbagliato di drogarsi deriva da quello giusto, non sono due vie separate, sono due stadi.

Non è quindi pensabile di impostare la prevenzione dei problemi come la droga confidando su personalità normali, perché sono comunque a rischio. Non si può scindere il potenziale produttivo da quello distruttivo della vitalità soltanto credendo che siano due vie separate. Non si può pensare che la droga libera, ma drogandosi "nel modo giusto", sia la soluzione che separa la buona droga dalla cattiva droga. L'unico fattore protettivo, in termini di costituzione mentale, dall'uso di droghe e quindi dalle dipendenze, sono la depressione e l'inibizione ansiosa, ovvero cose che gli individui non vogliono, non apprezzano e tentano di rimuovere se possono.

Lo zoppetto di Hamelin è quindi il simbolo di come soltanto un caso, o una diversità non voluta, spesso protegge dai cattivi destini. Dovrebbe far nascere in tutti sia la cautela rispetto a destini di cui non si può sempre avere il controllo in ogni fase, e su cui non domina la forza di volontà ma i geni e l'ambiente, con le sue forze più forti di noi. Dovrebbe far nascere anche l'empatia per chi si ammala di malattie in cui si è "cacciato" per una miscela di curiosità, vivacità e sottovalutazione del rischio, cioè la normalità dell'essere umano esposto ad un ambiente in cui si sono seduzioni e pericoli. Dovrebbe far capire anche che il "nemico" del problema droga non sono i cervelli con i loro geni, non certo le malattie che ormai ci sono e vanno curate, ma se mai i pifferai facilmente accolti, esaltati e sottovalutati nella superficialità dell'entusiasmo per la loro magia.

(Questa, in versione fiabesca, la sintesi delle conoscenze su personalità, temperamento e uso di sostanze (e altri rischi collegati). Per chi volesse approfondire gli articoli sono elencati nelle pubblicazioni nel curriculum su www.psichiatriaedipendenze.it o nella sezione links e materiali).

Data pubblicazione: 21 dicembre 2011

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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