Gioco d'azzardo, rischio e danno biologico

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Non pochi avranno notato che, in questi anni di incertezza sugli sviluppi economici e sull'esito dell'indebitamento di intere nazioni, vi sia stata una diffusione del gioco e delle scommesse.
In particolare tre sono i fenomeni legali già diffusi o in diffusione:

a) le lotterie istantanee (cosiddetti gratta e vinci dal nome del primo gioco del genere);
b) le sale da slot-machine;
c) le sale scommesse, già esistenti ma aumentate di numero.

Il fatto che questo tipo di attività siano voci di bilancio pubblico o comunque regolamentate e tassate dallo Stato pone inevitabilmente dei problemi sulla prevenzione degli effetti nocivi, veri e propri effetti tossici "biologici" sul cervello che il gioco d'azzardo notoriamente ha. Certamente una parte delle persone pensa che in quel contesto chi vuole rovinare sia libero di farlo e non debba essere né agevolato né peraltro ostacolato, analogamente ad uno dei pensieri diffusi sull'uso di droghe.

Esiste però uno scrupolo sociale, che è fondato su una nozione biologica e medica: la libertà che caratterizza le prime esposizioni a determinati stimoli (il gioco ad esempio, ma anche le droghe) non è mantenuta in maniera invariata e immodificabile: con meccanismi a cui siamo predisposti in maniera più o meno forte, certi stimoli inducono cambiamenti nel funzionamento cerebrale, che poi tendono a mantenersi e si esprimono con comportamenti automatici di "dipendenza" dallo stimolo. Il gioco è una di quelle cose che può distorcere così il funzionamento del cervello, e farlo in maniera abbastanza duratura da produrre disastri economici sull'individuo e sulla famiglia.

 

La responsabilità dello Stato nel regolamentare il gioco non è solo per verificare la copertura delle vincite e quindi garantire la riscossione delle vincite; non solo quella di verificare il rispetto delle regole del gioco per individuare e prevenire truffe. Esiste un altro aspetto di responsabilità sociale, che è quello di proibire il gioco legale con caratteristiche di nocività.
La proposta è fattibile perché si conoscono almeno tre fattori del gioco che producono perdita di controllo, e nel tempo dipendenza da gioco:

1 - l'intervallo tra l'apertura del gioco e la possibilità di effettuare la puntata. I giochi in cui si punta subito, senza preliminari (e quindi senza elementi di abilità) come ad esempio la slot machine ma anche il gratta-e-vinci sono ad alto rischio, così come la classica roulette. Questo fattore si moltiplica con la possibilità di ripetere immediatamente la puntata dopo l'esito di quella precedente, e quindi nei giochi in cui si ripete la giocata in automatico due o tre volte (comprando più biglietti da grattare, o tirando più volte la slot in una unica giocata).

2 - l'intervallo di tempo tra la puntata e l'esito. I giochi in cui l'esito è istantaneo sono ad alto rischio (ancora le slot machine, i gratta-e-vinci, la roulette).

Questi fattori sono amplificati dal fatto che è il giocatore stesso ad "accettare" la puntata (premendo un pulsante, acquistando con i soldi il biglietto) e a chiamare il risultato (premendo un pulsante). Già la conversione dei soldi in gettoni che poi serviranno a puntare è un elemento intermedio che riduce il rischio associato all'immediatezza: gioco-puntata-esito, perché finiti i gettoni il gioco momentaneamente è interrotto.

3 - La distribuzione delle vincite, ossia l'entità della vincita massima (che fa da esca maggiore), ma anche la presenza di tagli di vincita intermedi, che rendono abbastanza probabile vicinte piccole o medie, secondo un meccanismo per cui queste inducono nuove giocate, e quindi favoriscono il banco nel lungo termine.

 

Poiché questi aspetti sono noti e diffusi in un documento all'attenzione degli stati europei (http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0128:FIN:it:PDF), ne deriva anche il fatto che gli Stati dovrebbero evitare la diffusione di giochi ad alto rischio, anche se legali, affidabili e certificati.

Il soggetto che, libero di investire i suoi soldi nel gioco, rimane però vittima di questi meccanismi biologici, potrebbe essere a ragione ritenuto parte lesa, non tutelata ed esposta a rischi noti per la salute mentale.

Data pubblicazione: 12 gennaio 2012

Autore

matteopacini
Dr. Matteo Pacini Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze

Laureato in Medicina e Chirurgia nel 1999 presso Università di Pisa.
Iscritto all'Ordine dei Medici di Pisa tesserino n° 4355.

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5 commenti

#1
Ex utente
Ex utente

Come possiamo aspettarci che gli stati si occupino di evitare la diffusione di questi giochi, semplicemente informandoli sugli aspetti biologici dannosi sottesi alle modalità di svolgimento degli stessi, quando è ovvio che siano stati studiati appositamente per provocare determinati effetti, atti ad annullare la volontà dei giocatori ed indurli a spendere il proprio denaro a vantaggio delle casse degli stati?
Stesso discorso vale per le droghe legali: non dimentichiamoci che dal commercio del tabacco, i governi del mondo ci guadagnano moltissimi miliardi all'anno e addirittura quello degli Stati Uniti ne sostiene l'industria con fondi pubblici!!!
Non so se ci rendiamo conto...
Se non ci difendiamo da soli tramite la nostra informazione, facendoci una "cultura sul nostro funzionamento biologico", veniamo trattati come burrattini.
Vogliamo aspettarci che qualcuno faccia i nostri interessi?
Non mi sembra una fiducia ben riposta.

#2
Dr. Matteo Pacini
Dr. Matteo Pacini

Gentile utente,

infatti non l'informazione, ma la legislazione dovrebbe tener conto di questi aspetti. Nel caso delle droghe legali la suddivisione tra legali e illegali tiene conto di fatto (forse non nelle intenzioni ma come recepimento naturale del livello di rischio) della compatibilità sociale e del costo naturalmente, perché anche di questo stiamo parlando. Il gioco inevitabilmente costoso per la persona, le droghe legali hanno un costo comunque compatibile con un reddito medio. L'informazione non è sufficiente per difendersi, perché dovrebbe essere che chi è a rischio si informa molto e riesce a regolarsi: questo può valere per alcune malattie (es.tumore al seno) ma per altre no.
Non ho ben capito però se la sua fosse una critica-sfogo nei confronti del sistema oppure altro.

#3
Ex utente
Ex utente

Gent.mo Dr. Pacini,

preciso subito che il mio commento è stato inserito con l'intento di "supportare" la questione che Lei qui propone, cioè che "Esiste un altro aspetto di responsabilità sociale, che è quello di proibire il gioco legale con caratteristiche di nocività."
Era stato ben inteso da me che dovrebbe essere la legislazione a tener conto di quegli aspetti si cui si parlava; l'informazione a cui mi riferivo era quella destinata all'attenzione degli stati europei.
Poi, per quanto riguarda il discorso che facevo sulla legalizzazione del tabacco, era per dimostrare come gli stati non abbiano interesse ad evitare che appunto "la libertà che caratterizza le prime esposizioni a determinati stimoli (il gioco ad esempio, ma anche le droghe)" SIA mantenuta in maniera invariata e immodificabile. Agli stati questo fa molto comodo perché serve a svuotare le tasche dei cittadini...
Infine, la mia conclusione era atta a spronare le persone ad informarsi anche sul proprio funzionamento biologico in modo da auto-tutelarsi, anche se effetttivamente ciò che dice Lei è vero, nel senso che se "non ci si sente a rischio" non viene da informarsi e quindi sarebbe più opportuno che venissero proibiti direttamente giochi e droghe dannosi.

#4
Ex utente
Ex utente

articolo zeppo di luoghi comuni(com'era prevedibile...)

#5
Dr. Matteo Pacini
Dr. Matteo Pacini

Mi fa piacere che non Le sia piaciuto (è un controllo di qualità), e che perda il suo tempo nel mettere commenti di puro insulto ai miei post.
Questo è l'unico luogo comune.

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