Da Hollywood a Bollywood. Il cinema alimenta il pregiudizio sulla terapia elettroconvulsivante

massimo.lai
Dr. Massimo Lai Psichiatra

Come fa la gente comune a formarsi delle idee sulle malattie mentali e sulle terapie psichiatriche?

I media hanno un ruolo educativo in questo senso?

 

Sembrerebbe di sì, almeno al cinema.

 

E' quanto emerge da una recente ricerca presentata all'ultimo Congresso dell'Associazione Americana di Psichatria (Honolulu, maggio 2011) in cui sono stati analizzati 13 film molto diffusi nel cinema indiano (Bollywood) e in cui veniva rappresentata la terapia elettroconvulsivante (TEC).

 

I ricercatori hanno studiato l'accuratezza della rappresentazione di questa tecnica, notando che in tutti e 13 i film la TEC era utilizzata come punizione, tortura e metodo coercitivo, la metodologia di somministrazione scientificamente inaccurata, ad esempio senza anestesia, mentre l'efficacia e la sicurezza della terapia erano abbondantemente trascurate.

 

Considerando che in India il cinema è una fonte primaria di informazione e intrattenimento per la popolazione, il messaggio che viene trasmesso non è per niente rassicurante né educativo.

 

Secondo i commentatori dello studio, i risultati non sono una sorpresa anche se bizzarramente si scontrano con la realtà e la considerazione altamente positiva di chi riceve questa terapia.

 

I ricercatori hanno anche comparato questi risultati con precedenti studi sul cinema americano (Hollywood), trovando molte similitudini.

 

La rappresentazione della TEC nel cinema americano è altamente sfavorevole,  e può essere all'origine di una serie di effetti negativi tra cui:

- promuovere una conoscenza popolare inadeguata e un'attitudine negativa verso chi soffre di disturbi psichiatrici (stigma);

- aumentare lo stigma verso i pazienti, le famiglie e i professionisti della salute mentale;

- scoraggiare la ricerca di aiuto psichiatrico o l'accettazione di una terapia psichiatrica da parte di chi soffre;

- ostacolare l'assunzione e la vocazione di professionisti che si occupino di persone con disturbi psichiatrici gravi;

- condizionare i finanziamenti per le terapie e la ricerca in psichiatria.

 

L'immagine negativa che il cinema fa della terapia elettroconvulsivante e della psichiatria in genere potrebbe essere superata dalla collaborazione di professionisti della salute mentale  con i media e il cinema, con una maggiore diffusione di documentari e di una rappresentazione più accurata della terapia elettroconvulsivante.

 

In questo senso gli psichiatri potrebbero incoraggiare le associazioni di pazienti e famiglie a monitorare e protestare nei confronti dei media in qualità di cittadini e consumatori per promuovere una migliore rappresentazione della psichiatria che sia aderente alla realtà.

 

Allo stesso modo testimonial celebri e rispettati con esperienza di malattia e terapie psichiatriche potrebbero portare il contributo della propria malattia per educare la popolazione a una migliore conoscenza  e accettazione della malattia e dei malati.

 

I media e il cinema, in conclusione, hanno un ruolo educativo molto importante nell'orientare e informare l'opinione pubblica sulla malattia mentale, influenzandone la percezione sociale, e non dovrebbero alimentare lo stigma verso la malattia e verso una terapia salvavita come la terapia elettroconvulsivante.

 

Fonti:

American Psychiatric Association (APA). 2011 Annual Meeting, Honolulu (Hawaii): Abstract NR10-15, 17 maggio 2011.

Andrade C., Shah N., Venkatesh BK. The depiction of electroconvulsive therapy in Hindi cinema. J ECT, 2010; 26 (1): 16-22.

McDonald A., Walter G. Hollywood and ECT. Int Rev Psychiatry, 2009; 21 (3): 200-6.

McDonald A., Walter G. The portrayal of ECT in American movies. J ECT, 2001; 17 (4): 264-74.




Data pubblicazione: 30 maggio 2011

6 commenti

#1
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Ciao Massimo, in quali casi la terapia elettroconvulsivante è una terapia salvavita?

#4
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Cara Angela, ti ringrazio per la domanda perché permette di spiegare meglio alcuni aspetti.

Il termine salvavita si applica a situazioni mediche particolari che possono portare alla morte se non si interviene con terapie adeguate.

In psichiatria vi sono alcune urgenze nelle quali la terapia elettroconvulsivante può essere il trattamento di prima scelta, talvolta senza alternative, laddove i farmaci sarebbero meno efficaci o meno rapidi.
Tra queste urgenze vi sono l'ideazione suicidaria acuta o passaggio all'atto, stati di agitazione psicomotoria (ad esempio mania grave con esaurimento psicofisico e disidratazione fino a disturbi del ritmo e morte), arresto psicomotorio (come nella depressione grave), catatonia con anomalie psicomotorie (flessibilità cerea), delirium e iperpiressia che è rapidamente fatale per esaurimento e disidratazione, depressione grave con rifiuto di alimentarsi e idratarsi, depressione grave con allucinazioni e/o deliri, alcune reazioni avverse a farmaci come la sindrome maligna da neurolettici, lo status epilepticus.
In questi casi in cui è necessaria una risoluzione rapida del quadro clinico la terapia elettroconvulsivante può essere considerate salvavita.

Ancora vi sono condizioni particolari come la gravidanza, l'età avanzata con comorbilità di patologie organiche complesse, o l’intolleranza a farmaci, che non permettono l'uso di farmaci e in cui la terapia elettroconvulsivante può essere l'unica alternativa.

#5
Dr. Massimo Lai
Dr. Massimo Lai

Nelle linee guida internazionali la terapia elettroconvulsivante è usata nei casi resistenti alle terapie farmacologiche, sia depressione che schizofrenia e disturbo bipolare.

I casi che arrivano alla nostra attenzione sono abbastanza gravi per vari motivi.

Purtroppo queste condizioni stanno diventando sempre più comuni come la depressione resistente o la depressione bipolare e gli stati misti, in cui i farmaci antidepressivi non solamente sono inefficaci ma talvolta sono all'origine del quadro clinico, possono peggiorare il decorso e sono controindicati.
Con l'invecchiamento della popolazione aumentano anche i casi di pazienti anziani depressi o di casi cronici che richiedono un'impostazione terapeutica differente e alternativa ai farmaci.

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