Il gioco d'azzardo patologico

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Dr.ssa Simona Segantin Psicoterapeuta, Psicologo

Da qualche anno mi occupo di gioco d’azzardo patologico e ho modo di parlare con molte persone direttamente coinvolte in questo tipo di problema. Spesso queste persone mi riferiscono di aver già fatto, prima di decidere di rivolgersi a dei professionisti, dei tentativi di smettere di giocare da soli che sono però risultati fallimentari e hanno portato a ricadute ancora più gravi.

Questo si spiega per il fatto che la dipendenza dal gioco non è un comportamento consapevole ma una dipendenza patologica, pertanto non è sufficiente la volontà personale per smettere, ma occorre rivolgersi a strutture e servizi specificamente preparati per affrontare questa patologia.

Cercherò di descrivere sinteticamente i segnali per riconoscere quando il gioco è un problema e di offrire qualche primo utile suggerimento per affrontare questo disagio.

 

Il gioco d’azzardo patologico

Il gioco è una attività universale che interessa non solo tutti gli esseri umani, ma anche molte specie animali.

Il gioco d’azzardo si differenzia dagli altri giochi perché è fondato prevalentemente sulla fortuna più che sull’abilità. Il termine azzardo significa “attività rischiosa”: nel gioco d’azzardo l’elemento casuale è fondamentale mentre l’abilità conta poco o nulla, e da ciò origina il rischio.

Il gioco d’azzardo è stimolante ed eccita sul lato psicofisico il giocatore: mettere a rischio una certa somma con la possibilità di ottenerne di più, ma anche di restare senza nulla, provoca un brivido che per alcune persone può essere molto gratificante.

Il gioco d’azzardo è considerato patologico quando si tratta di un comportamento persistente, ricorrente ed inadeguato caratterizzato da eccessivo coinvolgimento in termini di tempo, denaro e spazio mentale occupato dal gioco.

Il gioco eccessivo è stato per lungo tempo considerato un comportamento vizioso di persone dal carattere debole. Questo punto di vista è attualmente inaccettabile: oggigiorno ci sono chiare indicazioni che il gioco patologico è una vera e propria dipendenza.

Infatti le moderne indagini di investigazione delle funzioni del cervello attraverso la radiologia per immagini (PET, Risonanza magnetica) e la determinazione dei livelli di agenti chimici coinvolti nelle funzioni cerebrali ci stanno mostrando che il sistema nervoso del soggetto con dipendenza da gioco mostra le stesse dinamiche che si rilevano nel cervello delle persone con dipendenza da sostanze.

In particolare esiste un particolare coinvolgimento dei sistemi neurologici che presiedono a importanti funzioni quali: la gratificazione, la fissazione di ricordi di modelli comportamentali, il controllo degli impulsi, la reazione agli stress. Si è accertato quindi che i meccanismi cerebrali che sono alla base dello sviluppo e mantenimento della dipendenza sono gli stessi sia nel caso di un coinvolgimento con alcool o droghe, sia che ci si trovi di fronte a un comportamento di gioco eccessivo.

 

I sintomi che possono essere considerati come campanelli d’allarme dell’esistenza del problema sono i seguenti:

- si è eccessivamente assorbiti dal gioco d’azzardo

- si ha bisogno di giocare somme di denaro sempre maggiori per raggiungere lo stesso stato di eccitazione

- i tentativi di ridurre, controllare o interrompere il gioco d’azzardo sono vani

- si è irrequieti o irritabili quando si cerca di smettere di giocare

- si gioca per sfuggire ai problemi o alleviare un umore disforico (ansia, depressione ecc.)

- si rincorrono le perdite: dopo aver perso si torna a giocare per recuperare le perdite

- si mente a familiari e amici circa il proprio giocare

- si commettono azioni illegali per trovare i soldi per giocare

- si mettono a repentaglio il lavoro, la carriera scolastica o le relazioni significative per via del gioco

 

Custer, un esperto americano della materia, nel 1984 distinse tre fasi nella storia del giocatore incontrollato.

 

a) Fase della “vincita”

Inizialmente, durante le prime fasi di sperimentazione del gioco, il giocatore ha la netta impressione di vincere, di essere abile nel gioco e in un periodo fortunato: ciò lo incoraggia ad aumentare sia la frequenza delle giocate che il denaro scommesso.

L’impressione di vincere è per lo più causata da una percezione selettiva: si tiene conto soprattutto degli esiti positivi e non di quelli negativi. A volte all’inizio accade realmente che il giocatore vinca una somma significativa e che nasca in lui la convinzione che sia facile ricavare denaro dal gioco. Sia che la vincita iniziale esista realmente, sia che venga solamente presunta, di fatto il giocatore aumenta il gioco e spende più denaro.

Comincia quindi ad alternare vincite e perdite, ma è difficile in quel momento tener conto delle perdite reali dal momento che spesso l’umore è euforico e la persona è iperottimista e sopravvaluta le proprie capacità. In alcuni casi il giocatore, soprattutto le donne e i più anziani, possono scoprire che il gioco oltre a dar piacere è anche in grado di distogliere l’attenzione da problemi, assilli, dispiaceri o addirittura veri e propri sintomi d’ansia o depressione esistenti in quel periodo.

 

b) Fase della perdita e dell’inseguimento delle perdite

Prima o poi il giocatore si rende conto che sta perdendo denaro. Avendo vissuto il periodo precedente come caratterizzato dalla abilità e fortuna, questa volta interpreta le perdite come un fallimento personale e come un voltafaccia della sorte.

Qualche volta arriva a sospettare che i giochi siano stati truccati al fine di fargli perdere i suoi soldi. Le perdite sono ormai diventate significative e il coinvolgimento eccessivo nel gioco viene nascosto ai familiari che altrimenti lo criticherebbero e gli rinfaccerebbero il denaro perduto. Il giocatore si convince che deve rientrare di tutte le perdite per poi dare un taglio netto al gioco: tende allora a tornare a giocare per rifarsi, scommettendo cifre sempre più elevate, ma sul piano pratico il buco economico si allarga sempre di più perché nel gioco d’azzardo resta il fatto che più si gioca, più si spende.

Il soggetto diventa ansioso, insonne, inappetente, irritabile, evita i contatti con i familiari e gli amici, si chiude nel silenzio, trova scuse sempre meno credibili per giustificare il proprio comportamento. Può sviluppare vere e proprie patologie da stress, come la gastrite, l’ulcera, l’ipertensione, l’infarto di cuore. Può iniziare a indebitarsi con amici, parenti, banche, società finanziarie, in qualche caso anche con gli strozzini. La vita ormai è profondamente incentrata sul gioco e sul procurarsi denaro, e questo diventa anche l’unico pensiero del giocatore.

 

c) Fase della disperazione

Con il tempo diventa evidente che i debiti non sono più pagabili e nuovi prestiti vengono rifiutati: il giocatore è angosciato e disperato per la situazione economica, ma continua ad illudersi di potersi rifare con una vincita grossa. La disperata ricerca del colpo grosso è l’unica cosa che gli da la tenue speranza di risolvere i suoi problemi, e qualcuno arriva al punto di compiere reati pur di procurasi denaro per giocare: falsificazione di firme sugli assegni, appropriazione di denaro della ditta dove lavora, furti, truffe, talvolta vere e proprie rapine in negozi o banche.

Compaiono pensieri di suicidio e qualche volta il tentativo di farla finita viene compiuto realmente, talora purtroppo riuscendovi. Nonostante la consapevolezza che non è più possibile recuperare le perdite, il soggetto continua a giocare.

Qualche volta il giocatore “tocca il fondo” e si convince a smettere di giocare.

 

Cosa fare allora?

Come si è detto non è sufficiente la volontà personale per smettere di giocare e spesso i tentativi di smettere da soli saranno improduttivi e scoraggianti.

Ammettere di avere un problema e di avere bisogno dell’aiuto di qualcuno per risolverlo è già metà dell’opera.

 

Il processo di risoluzione del problema passa attraverso tre fasi distinte:

Fase del “Non posso”

È necessario inizialmente attivare o rinforzare i sistemi di controllo al fine di promuovere un distacco completo dal comportamento di gioco e di raggiungere una condizione di astinenza. Il

meccanismo del controllo fa sì che il giocatore non possa giocare (nel senso che non ne ha il permesso e la possibilità). In termini terapeutici si indica questa fase come “riduzione degli stimoli” verso il gioco. Nel tempo ciò porta alla riduzione progressiva del desiderio di giocare, al miglioramento dell’umore e delle relazioni, all’incremento della fiducia del giocatore in se stesso.

 

Fase del “Non devo”

Il giocatore che da un certo periodo è completamente astinente dal gioco può maturare grazie alla propria esperienza la convinzione che non giocando si sta meglio. L’esperienza diretta lo porta a considerare del tutto naturale ciò che in precedenza non era nemmeno immaginabile: vivere senza l’azzardo. In questa fase il ricorso al controllo può essere sostituito un po’ alla volta dalla consapevolezza personale. È rinforzato il controllore morale interno, e il giocatore si attiva per affrontare i propri impegni, riparare ai torti fatti, pagare i propri debiti.

 

Fase del “Non voglio”

Il percorso di recupero può dirsi completo quando il divieto morale a non tornare a giocare si affianca ad un recupero dei valori personali, al significato di cosa è veramente importante per la propria vita, al ritrovare il proprio ruolo nella famiglia e nella società, alla valorizzazione di aspetti quali l’altruismo e la disponibilità verso gli altri. In altri termini c’è un progressivo recupero dei valori spirituali propri della persona umana, consapevole di vivere in una comunità di pari dalla quale può ricevere tanto quanto può dare.

In questo caso non ci si riferisce alla visione religiosa della spiritualità (ciò è pertinente alle scelte personali che ognuno fa in cuor suo), ma ad una del tutto laica che ha a che fare essenzialmente con l’idea che l’uomo è un animale sociale e che compie il proprio percorso esistenziale in una dimensione che non può essere solamente materiale e personale, ma anche ideale e sociale.

Parallelamente al recupero spirituale e valoriale, l’ex giocatore prende sempre più le distanze dall’idea di ottenere il successo facile, l’arricchimento senza sforzi, il miglioramento di sé basato essenzialmente sul denaro.

Alla fine diventa evidente che l’azzardo ha sempre meno a che fare con il gioco. Quest’ultimo è gioioso, simbolico, costruttivo e strutturante; al contrario l’azzardo crea disagio e sofferenza, tende ad alterare e semplificare la vita mentale della persona, è distruttivo per l’individuo e i suoi affetti.

 

Un giocatore che accetta di intraprendere un percorso di cambiamento deve sapere che:

a. È possibile uscire dal problema del gioco, ma soluzioni facili non esistono

b. Il denaro perduto resta perduto

c. Mantenere la segretezza tende a far perdurare il problema

d. Il cambiamento richiede sempre una certa quota di fatica

e. Generalmente è necessario un aiuto esterno, soprattutto da parte dei familiari

f. È necessario un tempo variabile da caso a caso

g. Quando si è instaurata una dipendenza non è più possibile tornare a giocare in modo moderato

 

Un primo passo importante per smettere di giocare è farsi aiutare da una persona vicina e fidata (di solito un familiare) nella gestione del proprio denaro e nell’organizzazione di una buona amministrazione economica: poiché non si è in grado di esercitare un controllo interno è indispensabile avere una limitazione esterna (consegnare il bancomat, non maneggiare più grandi quantità di contanti ecc.).

Alcune persone trovano che questa indicazione sia inutile, fastidiosa, irritante, a volte intollerabile.

Ciò nonostante va considerato che la limitazione della disponibilità di denaro aiuta a mettere in sicurezza i propri beni, bloccare le perdite e limitare l’effetto di stimolo verso il gioco che spesso è provocato proprio dall’avere soldi in tasca. L’accessibilità al denaro infatti stimola il desiderio di giocare e a volte non avere liquidi in tasca può essere d’aiuto a controllare la voglia di giocare.

 

Un secondo suggerimento è quello di cercare di cambiare le proprie abitudini di vita che ruotano attorno agli ambienti di gioco coltivando i propri interessi trascurati : spesso chi gioca frequenta amici che giocano o ha l’abitudine di andare ogni mattina nello stesso bar dove la vista dei giochi diventa un’attrazione irresistibile.

 

E’ importante poi intraprendere un percorso di cura affidandosi a chi ha una specifica esperienza del problema. L’efficacia dei trattamenti è stata dimostrata scientificamente. Esiste una vasta gamma di possibilità per essere aiutati: i servizi territoriali, le strutture residenziali, i giocatori anonimi, gli specialisti ecc. Non esiste un programma adatto per tutti: se una modalità di cura non ha funzionato con un particolare individuo, un’altra potrebbe sortire un effetto positivo.

 

Il sevizio Giocaresponsabile fornisce, a chi soffre di problemi e disagi legati al gioco, in forma gratuita e anonima, consulenza psicologica e legale e informazioni relative ai percorsi di cura. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.giocaresponsabile.it o contattare i professionisti mediante chat o telefono al numero verde 800.921.121 dal lunedì al sabato dalle 9,00 alle 22,00.

Data pubblicazione: 19 gennaio 2012

3 commenti

#2
Ex utente
Ex utente

Articolo piuttosto vago e superficiale.
Nota: si scrive ciononostante, e non ciò nonostante( gesù!)
vabbè...

#3
Dr.ssa Simona Segantin
Dr.ssa Simona Segantin

In risposta al commento dell'utente vorrei sottolineare che è corretta sia la grafia separata ciò nonostante, sia la forma ciononostante. Invece Gesù vuole la maiuscola in quanto nome proprio! Comunque può capitare qualche errore grammaticale e sicuramente ne faccio anch'io. Il mio intento era quello di mettere l'utenza a conoscenza di un numero verde gratuito per chi ha problemi di dipendenza da gioco.

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