Tumore: la psicologia del malato

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Dr. Amleto Petrarca Psicologo, Psicoterapeuta

Pochissime righe, la lettura di un referto e in quel momento cade il mondo addosso.

Lo shock iniziale, è naturale per eventi che vanno ad intaccare la routine della quotidianità, e che forse si da per scontata. L’ansia che subentra è dovuta a vissuti emotivi di perdita, paura, rabbia e colpa.

Al momento della diagnosi, si assiste già a diverse perdite nel paziente, come quella del controllo, della sicurezza, della fiducia nel proprio corpo, della propria carriera, di sogni e progetti per il futuro. Il paziente si trova ad affrontare un processo molto simile al lutto, anche se alla fine tutto dovesse andare per il meglio.

Subentra la paura di “morire”, di guardare a viso aperto la propria possibilità di morire.

E’ l’impotenza successiva a farne da padrone, dovuta al fatto che il tumore non è attribuibile né alla nostra colpa né a quella di qualcun altro. In genere l’essere umano ha bisogno di sapere la ragione di ciò che accade, di dare la colpa o a se stessi o a qualcuno.

Anche se cercare a tutti i costi il colpevole, non aiuterebbe comunque, in quanto si rimane impigliati nel passato.

Subentrano così i meccanismi di difesa.

QUALI SONO?

La negazione: l’incredulità anche davanti alla diagnosi precisa del medico. La mente umana tende ad eliminare tutte le parole negative, consentendo alla mente di elaborare solo quelle accettabili. Quindi un buon lavoro può essere fatto anche da come il medico informa il paziente.

La regressione: è ritornare a fasi infantili, in cui il malato vuole essere coccolato aspettandosi da parenti, medici e infermieri che si prendano cura di lui come un genitore, con atteggiamento protettivi.

Lo spostamento: di fronte ad una situazione grave, l’attenzione emotiva può essere rivolta a situazioni non collegate al problema centrale.

Il misticismo: alcuni si aggrappano alla religiosità, confidando nella protezione divina o nel miracolo come unica via di uscita.

Vediamo come le reazioni psicologiche si articolano lungo tutto l’arco di durata della malattia in più fasi abbastanza tipiche.

• La fase del dubbio, inizia alla comparsa dei sospetti o dei sintomi iniziali di malattia e si estende alla prima diagnosi di tumore.

• La fase diagnostica, difficile per il paziente e i suoi familiari è condizionata dalla capacità di comunicazione del medico.

• La fase di ospedalizzazione che comporta sofferenze nel soggetto in quanto con l’ingresso in ospedale c’è una sorta di depersonalizzazione dell’individuo. Meccanismi di difesa certamente, possono rendere anche meno problematica questa fase.

Negli ultimi anni si sta delineando una disciplina, quella della psiconcologia che studia i disturbi psicologici dei malati di tumore. Lo psicologo cercherà di favorire nel malato il percorso mentale migliore possibile (migliorando la comunicazione con familiari e sanitari, tracciare un adattamento e un progetto esistenziale che includa l’evento cancro, restituire il senso di controllo nella propria vita).

 

Data pubblicazione: 25 ottobre 2012 Ultimo aggiornamento: 24 gennaio 2013

1 commenti

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Dr. Chiara Lestuzzi
Dr. Chiara Lestuzzi

Lavoro da 30 anni con pazienti oncologici, e mi permettto di aggiungere un altro modello (che ho spesso osservato) alle strategie di difesa: il "delirio di onnipotenza" . Ci sono pazienti che dichiarano una loro personale guerra e dicono "Io combatterò e sono fiducioso che sarò capace di sconfiggere questa bestia". Parlano in prima persona, anche se è molto chiaro che in realtà le decisioni strategiche saranno delegate ai medici. Ma nel loro immaginario il coraggio, la concentrazione sullo scopo di guarire servirà.

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