La recitazione come psicoterapia

a.devincentiis
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta

Immagini, modelli, rappresentazioni e relazioni sociali. Individuo e società. Il gioco delle parti e delle interazioni. Verità dell'interpretazione e finzione attoriale. Guida alle tecniche del personaggio tra archetipi e stereotipi

 di Marco Cappadonia Mastrolorenzi   

In As you like it (II,8) di William Shakespeare, il nobile Jacques dice che «il mondo è tutto un palcoscenico, e uomini e donne, tutti sono attori; hanno proprie uscite e proprie entrate; nella vita un uomo interpreta più parti (...)». Questa bella e nota metafora del teatro e della recitazione ci conduce all'interno del saggio di Sarah Genga, Pochi attimi per recitare meglio (coaching attoriale e relazionale), Libellula, 2013https://www.ibs.it/pochi-attimi-per-recitare-meglio-libro-sarah-genga/e/9788867351138, con la supervisione tecnica di Armando De Vincentiis.

Il libro si occupa delle tecniche psicologiche della recitazione, del difficile mondo della terapia psicologica e del superamento di conflitti, insicurezze e problematici rapporti relazionali. Per penetrare meglio dentro i meccanismi di questo studio proviamo a ribaltare il titolo del saggio di Erving Goffman, La vita quotidiana come rappresentazione, in cui il sociologo canadese usa la metafora del teatro per raffigurare l'importanza dell'azione umana e (quindi) sociale. Avremo quindi la seguente chiosa: La rappresentazione come vita quotidiana, dove le tecniche psicologiche e sociali del rappresentare costituiscono la metafora del quotidiano agire individuale e collettivo.

La percezione del mondo, da parte dell'attore, vive e si nutre di situazioni e emozioni reali; egli non finge, interpreta, rappresenta e realizza se stesso attraverso l'acquisizione della personalità e della sicurezza necessarie. In questo senso le figure del regista e dello psicanalista possono coincidere come modello direzionale che spinge all'azione nel tentativo di valorizzare il nella scena e nella vita.

L'autrice distingue l'archetipo dallo stereotipo, ovvero l'atteggiamento dell'attore che si trasforma nel personaggio (diventando di fatto il personaggio) e lo stesso che gioca a fare il personaggio, presentandone alcuni caratteri tipici in caricatura o in maniera parodica. Attraverso la tecnica della sceneggiatura mimetica o teatrale, ovvero mediante exempla con i personaggi che parlano direttamente, si analizzano vari casi individuali, come quello della ragazza che in preda alle crisi di ansia non riesce a stare in scena e a interagire. Ed ecco che interviene il regista-psicologo per trasformare l'ansia in qualcosa di propositivo suggerendo alla ragazza di eseguire una scena in cui deve semplicemente mostrare il suo livello ansioso e successivamente accentuarlo volontariamente, fino a farlo scomparire.

L'attore è anche lo psicanalista del personaggio; lo studia, lo interpreta, lo rappresenta, ne ricostruisce l'archetipo. Per muoversi in scena (e quindi nella scena della vita) diventa importante impossessarsi di un contenuto psicologico e crearsi una condizione mentale che sta alla base dell'archetipo come nel caso dell'attrice che deve entrare nella parte di una ragazza affetta da mutismo patologico.

Attraverso l'esperienza dei provini teatrali, Sarah Genga e Armando De Vincentiis forniscono una valida terapia contro la timidezza e l'insicurezza patologiche, come nei casi di Rosalba e Rosanna; ricercare le motivazioni per essere credibili a se stessi e davanti a un pubblico, nella finzione scenica, come nella vita reale. Ed è un concetto molto simile a quello espresso da Goffman, che discute sulla fondamentale importanza della definizione della situazione. Nelle interazioni, infatti, i partecipanti possono essere simultaneamente attori e pubblico. Gli attori tentano di far prevalere quelle immagini di loro stessi che li pongono favorevolmente in luce, ed incoraggiano gli altri soggetti, in modo vario, ad accettare la loro definizione della situazione preferita.

Questi comportamenti si manifestano ad ogni livello di organizzazione sociale. Motivazioni, dunque e modelli di interazione. È il caso di Alessandra che sogna di fare l'attrice, ma che non prende decisioni in merito al suo futuro perché la sua famiglia e il suo fidanzato sono contrari e vorrebbero per lei un lavoro differente. Per sbloccare situazioni emotive congelate che non permettono di prendere decisioni e di agire, ecco che interviene un modello comportamentale, l' archetipo junghiano ὰρχέτυπος, col significato di immagine: arché = originale, e tipos = modello, marchio, esemplare, un archifigura che diventa la motivazione dell'azione.

Alessandra, così, inizia a pensare come la sua eroina Lara Croft e a vedere il reale attraverso la propria e personale Weltanschauung, in un sottile gioco psicologico tra il suo modello e la propria esecuzione. Tale meccanismo è possibile spiegarlo attraverso questo modello teorico spiegato dal critico francese René Girard (John Hopkins University di Baltimora) a proposito della struttura del Romanzo Romantico Europeo e qui riproposto (variatis variandis)come sistema applicativo:      

Soggetto agente

(modello)                 (oggetto agito)

dove il modello comportamentale e la sua esecuzione (oggetto dell'azione) convergono verso il soggetto agente che lo applica nei determinati contesti che via via gli si presentano.

E chi possiede difetti fisici di pronuncia, ma vuole, comunque, provare a recitare? Nessun problema. L'autrice ci presenta la storia di Giovanni, un ragazzo con una forte balbuzie che non gli consentiva la dizione classica richiesta agli aspiranti attori. Ma trasformando quel difetto in un pregio ha ribaltato la situazione, creandosi un personaggio caratterista che lavora sullo stereotipo dell'attore. Tutti abbiamo capacità espressive ed emotive, vanno soltanto guidate ad uscire sotto le corrette luci della ribalta.

Sarah Genga, per concludere, ha vissuto personalmente un'esperienza di studio in una classe scolastica particolarmente difficile, con ragazzi iperattivi e spesso con atteggiamenti violenti e rissosi. La tecnica usata si rifà allo studio di Lewis Yablonshy (sociologo alla California State University), L'atomo sociale. Attraverso scambi di ruolo da parte dei partecipanti disposti in cerchio, che ruotano attorno ad uno studente, è stato possibile condurre il gioco della ricerca dell'identità; i compagni di classe dovevano, a turno, impersonare lo stereotipo di ciascuno. Questo meccanismo ha permesso alla scolaresca di conoscersi meglio e di abbattere tutte le diffidenze esistenti. Al temine dell'esperimento la classe ha praticamente smesso gli atteggiamenti violenti e aggressivi.

Se il famoso adagio oraziano è corretto, per cui scopo dell'arte è di insegnare dilettando (docere et delectare) il libro di Sarah Genga e di Armando de Vincentiis non solo assolve a questa funzione, per così dire, ma contribuisce fortemente a rileggere il mondo della rappresentazione e della messa in scena alla luce della realtà quotidiana e del nostro agire.

https://www.libellulaedizioni.com/prodotto/pochi-attimi-per-recitare-meglio/

Data pubblicazione: 03 luglio 2013

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