Il segreto nel cervello: anoressia nervosa

paoladei
Dr.ssa Paola Dei Psicologo, Psicoterapeuta

Il segreto nel cervello: anoressia nervosa

Sulla Rivista Behavioral Brain Research del primo semestre 2013 è apparso un articolo che riporta i dati di una ricerca effettuata presso la Ruhr-Universitat di Bochum con a capo Boris Suchan, in base alla quale i problemi connessi alla visualizzazione corretta della propria immagine, tipici di chi soffre di alcune forme di "anoressia nervosa", sono dovuti ad una alterazione delle connessioni tra le due aree del cervello implicate nei processi della percezione.

A dimostrarlo sono state le analisi di risonanza magnetica funzionale effettuate sia su donne anoressiche, sia su donne senza alcun disturbo alimentare.

Le risonanze hanno mostrato che le due zone coinvolte in questo fenomeno sono l'area fusiforme per il corpo (fusiform body area, FBA) e l'area extrastriata del corpo (extrastriate body area EBA).

In base ai dati della ricerca, tanto più sono deboli le connessioni fra queste due aree, tanto maggiore è l'errore nel valutare il proprio corpo.

Per dimostrare la veridicità dell'osservazione, Test e prove con dati incrociati sono state messe a confronto con le Risonanze Magnetiche ed hanno confermato che, laddove sussiste un indebolimento della connessione fra FBA ed EBA c'è una percezione alterata del proprio corpo che induce le donne con "anoressia nervosa" a considerarsi "sovrappeso".

Anche le donne cosiddette "normali" hanno mostrato alterazioni, che però permettevano loro di percepirsi più magre.

Queste alterazioni del cervello possono offrire nuovi tasselli per la decodifica ed il trattamento del disturbo della "anoressia nervosa", sul quale ancora tanto c'è da sapere e scoprire.

Ovviamente la ricerca non è esaustiva di tutti gli aspetti impliciti in questa forma di disturbo per il quale molte sono le ipotesi ancora al vaglio della scienza, soprattutto per ciò che concerne le cause che ne determinano l'instaurarsi.

Interessante è sapere che in studi precedenti a questo era stato dimostrato che ci sono cambiamenti strutturali nei cervelli delle pazienti con anoressia. I nuovi dati dimostrano che oltre ai problemi strutturali sussistono anche quelli dell'alterazione funzionale.

Lo stesso Boris Suchan ha riferito che: "Queste alterazioni sul cervello potrebbero spiegare perchè le donne con anoressia nervosa si percepiscono più grasse anche se sono obiettivamente sottopeso. In studi precedenti avevamo dimostrato che ci sono cambiamenti strutturali nel cervello delle pazienti con anoressia. I nuovi dati dimostrano che la rete per il processamento delle immagini del corpo è alterata anche da un punto di vista funzionale".

Non resta che comprendere le motivazioni di questi cambiamenti e delle alterazioni, ma entrambe le ricerche aprono prospettive stimolanti per restituire dignità ad un disturbo troppo spesso divenuto oggetto di pregiudizio, soprattutto in certi periodi storici.

 

Riferimenti

News/Estero/718360/Cervello-anoressico-ingrassa-l-immagine-di-se-allo-specchio/

Http://www.journals.elsevier.com/behavioural.brain-Research

 

 

Data pubblicazione: 11 agosto 2013

Autore

paoladei
Dr.ssa Paola Dei Psicologo, Psicoterapeuta

Laureata in Psicologia nel 1982 presso Università degli Studi di Siena.
Iscritta all'Ordine degli Psicologi della Regione Lazio tesserino n° 7726.

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3 commenti

#1
Dr.ssa Angela Pileci
Dr.ssa Angela Pileci

Cara Paola,

lo studio è sicuramente interessante, ma poichè anche le bulimiche, o comunque le persone obese, hanno una dispercezione e questo emerge per esempio se facciamo fare al pz il test della silhouette, sarebbe utile capire quali aree e strutture venogon coinvolte anche in questa patologia e quale ricaduta operativa ha in psicoterapia.

Ciao!

#2
Dr.ssa Paola Dei
Dr.ssa Paola Dei

Cara Angela
hai perfettamente ragione e mi auguro che i ricercatori dopo essersi occupati di anoressia si occupino anche di bulimia e obesità.
Su tutte queste patologie è stato detto di tutto di più spesso creando etichette che erano adeguate laddove sussisteva una correlazione di disturbi ma che non avevano una ricaduta concreta nella terapia.Una persona a me molto vicina e con grande sensibilità,senza altri disturbi associati, ma con valori e principi sani, per questi pregiudizi ha rischiato la vita.
Riguardo alla ricaduta,mi piace immaginare che in un futuro prossimo potremo pensare a Test che ci aiutino a capire precocemente a quali disturbi può essere predisposta una persona.
Di solito viene ereditata la predisposizione e saperlo con dei Test ci aiuterebbe molto a creare o facilitare quelle situazioni positive che non permettano al disturbo di slatentizzarsi.
Da parte mia ho sempre preferito ricerche di questo tipo a quelle che etichettano perché amo pensare all'insostituibile unicità di ciascuno e sono dell'avviso che una buona diagnosi è già metà della cura.

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