La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nell’Anoressia e nella Bulimia (CBT-E)

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Dr.ssa Mariangela Gaudio Psicologo, Psicoterapeuta

La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT-E) dell’Anoressia Nervosa e della Bulimia Nervosa è focalizzata sull’individuazione e interruzione degli specifici processi cognitivi e dei comportamenti problematici implicati nel mantenimento del disturbo alimentare.

L’intervento psicoterapeutico si fonda sull’assunto secondo cui il nucleo psicopatologico centrale di tali Disturbi del Comportamento Alimentare è costituito dall’eccessiva valutazione del peso, della forma del corpo e del controllo dell’alimentazione da parte della persona.
In tal senso si rileva che, mentre una persona che non soffre di Anoressia o Bulimia giudica se stessa in base alle proprie prestazioni percepite in vari ambiti della sua vita quotidiana (es. capacità in ambito relazionale, scolastico, lavorativo, etc.), viceversa la persona con Disturbo Alimentare manifesta una valutazione di sé (autostima) centrata prevalentemente o esclusivamente sul suo peso corporeo, sulla forma del suo corpo e sulla propria capacità di controllare questi ultimi.

Tale criterio di valutazione patologico sotteso all’autostima rappresenta un fattore di primaria importanza nel mantenimento dei disturbi dell’alimentazione. Relativamente a ciò, infatti, si evidenzia come la maggior parte dei sintomi presentati (es. desiderio di raggiungere e mantenere un peso molto basso, dieta ferrea, esercizio fisico eccessivo e compulsivo, vomito autoindotto, uso improprio di lassativi e di diuretici, etc.) rappresenta la conseguenza di questa convinzione problematica di base.
Strettamente connesse a tale aspetto sono le crisi bulimiche (‘abbuffate’), le quali risultano essere l’effetto del costante sforzo di restringere in modo ferreo l’alimentazione evitando drasticamente determinati ‘cibi proibiti’, oppure costituiscono il tentativo disfunzionale attuato al fine di trarre sollievo da stati emotivi dolorosi (quali tristezza, ansia, senso di solitudine, rabbia, noia, etc.) che la persona sperimenta frequentemente.

Parallelamente a ciò, nelle persone che soffrono di un Disturbo Alimentare sono frequentemente presenti uno o più dei seguenti fattori psicologici problematici, i quali svolgono un importante ruolo nell’acuire i sintomi del disturbo, generando il mantenimento della situazione problematica:

  • perfezionismo clinico;
  • bassa autostima;
  • difficoltà interpersonali.

A fronte di tale quadro sintomatologico, la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale nei Disturbi dell’Alimentazione (CBT-E) utilizza strategie e procedure terapeutiche sequenziali finalizzate ad affrontare la specifica psicopatologia presentata dal paziente.
A tal fine, lo psicoterapeuta e la paziente lavorano assieme come una “squadra” per superare il disturbo dell’alimentazione, sulla base di una solida alleanza terapeutica.

In tale direzione, in seguito ad un’accurata valutazione psicodiagnostica, mirata all’individuazione della tipologia e della gravità della psicopatologia presentata, il trattamento psicoterapeutico prevede varie fasi ognuna delle quali persegue specifici obiettivi, condivisi tra psicoterapeuta e paziente.
A causa delle complicanze fisiche frequentemente presenti nei Disturbi Alimentari, è sempre necessario che al momento di inizio del percorso psicoterapeutico la paziente effettui una valutazione medica, mediante analisi del sangue ed eventuali ulteriori esami medici, finalizzata ad esaminare lo stato fisico.

La prima fase dell’intervento psicoterapeutico, maggiormente intensiva, prevede generalmente due sedute alla settimana ed è focalizzata su vari obiettivi fondamentali, quali la costruzione di una formulazione personalizzata dei processi di mantenimento del problema alimentare, l’instaurazione dell’automonitoraggio (diario alimentare quotidiano), il quale costituisce lo strumento fondamentale per la paziente ai fini di acquisire consapevolezza dei pensieri, delle emozioni e dei comportamenti connessi al problema e di facilitarne la correzione.
In tale fase iniziale, un obiettivo terapeutico che assume fondamentale importanza è l’identificazione degli specifici meccanismi di mantenimento del disturbo alimentare, dei quali la paziente dovrà acquisire consapevolezza e decidere di affrontarli durante il percorso psicoterapeutico.
Nelle pazienti fortemente ambivalenti verso la guarigione dal disturbo alimentare (come precedentemente esplicitato, l’iniziale ‘negazione’ del problema, la scarsa motivazione e la resistenza verso il cambiamento sono particolarmente frequenti soprattutto nell’Anoressia Nervosa), la fase iniziale dell’intervento è finalizzata soprattutto ad aiutare la paziente ad individuare e superare i motivi, le convinzioni e le paure che la costringono a mantenere la situazione attuale.

Tale fase risulta spesso la più difficile per la paziente a causa dell’intensa angoscia provocata dalle paure sottostanti il comportamento alimentare attuale, le quali ostacolano la capacità di decidere di guarire.

In seguito alla identificazione dei meccanismi di mantenimento del problema (ovvero sulla base della comprensione delle conseguenze deleterie che l’attuale modalità di alimentazione, le condotte compensatorie, il pensiero ossessivo sulle calorie e sul peso, i comportamenti di controllo del corpo, etc. generano sulla persona), il trattamento psicoterapeutico inizia ad intervenire sulla pianificazione dei pasti, sulla graduale e concordata regolarizzazione e normalizzazione dell’alimentazione, sulla gestione delle abbuffate e dei fattori scatenanti ad esse associate, sui comportamenti di compensazione.
Parallelamente, vengono individuate ed affrontate le regole alimentari sottese alla rigidissima restrizione ed ai cibi temuti, la persona inizia a valutare criticamente la validità delle paure e delle convinzioni da cui le regole discendono, ed impara gradualmente a correggerle ed a superarle.

In seguito all’alleviarsi dei sintomi ed alla valutazione dei progressi raggiunti rispetto agli obiettivi stabiliti tra paziente e psicoterapeuta, le sedute sono effettuate a cadenza settimanale, ed il percorso procede focalizzandosi sulle preoccupazioni per la forma del corpo (controllo e/o evitamento del corpo, confronto con il corpo degli altri, distorsione dell’immagine corporea, sensazione di ‘essere grassa’, etc.), sulla restrizione dietetica cognitiva e calorica, sugli eventi ed emozioni che influenzano negativamente l’alimentazione.
In direzione parallela rispetto al superamento dei sintomi caratteristici del DCA, l’intervento psicoterapeutico mira ai fattori psicologici che creano sofferenza alla persona e che costituiscono degli importanti fattori di mantenimento del disturbo alimentare, quali le problematiche legate all’autostima, gli stati ansiosi, le conflittualità interpersonali, le difficoltà relative alla gestione degli impulsi e degli stati d’animo dolorosi, etc.

Infine, durante la fase finale dell’intervento l’attenzione è centrata sul futuro della persona, ed il lavoro tra paziente e psicoterapeuta è finalizzato a consolidare e stabilizzare i cambiamenti cognitivi e comportamentali raggiunti, a valutare l’entità dei sintomi residui, ad affrontare le eventuali problematiche importanti individuali o interpersonali ancora presenti o recentemente emerse, ed a ridurre i rischi di ricaduta a lungo termine.

AUTORE: Dott.ssa Mariangela Gaudio – Psicologa Psicoterapeuta
www.mariangelagaudio.it
tel 342 1655155

sedi: Mirano (Venezia) – Padova

Data pubblicazione: 18 marzo 2017

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