La professionalità in un ospedale a misura d'uomo

Ultimo aggiornamento: 28.06.2016

Da qualche anno la sanità vive momenti di grande crisi, non solo dal punto di vista amministrativo-gestionale, ma anche dal punto di vista dell’impatto sociale a motivo di alcuni casi di cosiddetta “malasanità”. In un quadro che pare a tinte fosche, si inserisce, in netta controtendenza, un caso che si potrebbe definire di buona sanità.

La storia che racconto inizia nell’Agosto dell’anno scorso, qaundo riporto una frattura biossea scomposta all’avambraccio destro. Giunto al pronto soccorso dell’Ospedale “M. Chiello” di Piazza Armerina vengo prontamente assistito dal personale in servizio che mi traferisce al competente reparto di Ortopedia del medesimo nosocomio.

Qui sono sottoposto ad intervento chirurgico di sintesi, con l’apposizione di placche e viti. A distanza di qualche mese, dagli esami diagnostici e dalle visite effettuate presso l’ambulatorio di ortopedia dell’ospedale emerge che, mentre l’ulna è perfettamente guarita, si presenta un caso di pseudoartrosi terzo medio del radio, complicanza contemplata in letteratura nelle fratture di questo osso. I medici consigliano l’innesto autologo con prelievo dal perone.

L’intervento chirurgico, eseguito lo scorso mese di Maggio, è consistito nel prelievo autologo di perone destro più stecca ossea dello stesso osso e dall’ulteriore prelievo dall’ala iliaca destra di cellule staminali dal midollo osseo. Le due porzioni di perone sono state innestate al radio e la sintesi, trattata con placche e viti, è stata irrorata con le cellule staminali, così da consentire un più veloce e completo processo di calcificazione.

A poco più di un mese dall’intervento, dal controllo radiografico, è emerso che il callo osseo inizia a formarsi, segno tangibile della perfetta riuscita dell’operazione.

Dalle informazioni in mio possesso sono pochi gli ospedali siciliani in cui vengono eseguiti interventi simili, tutti facenti capo alle grandi città isolane. L’alternativa sarebbe stata il classico viaggio della speranza verso i centri di eccellenza dell’ortopedia nazionale di Emilia Romagna o Lombardia.

Ho scelto di affidarmi al personale medico in servizio all’ospedale di Piazza Armerina perché ritengo che le sue competenza e professionalità non abbiano alcunché da invidiare rispetto a quelle presenti negli ospedali del Nord-Italia. Ho avuto modo di sperimentare la cortesia, la disponibilità e l’elevata capacità professionale di tutto il personale, medico e paramedico. Devo riconoscere che anche nel reparto di Radiologia, che ho dovuto frequentare per ovvie ragioni, ho trovato le medesime diponibilità e competenza di cui già ho detto.

A margine della mia esperienza non posso che affermare che l’Ospedale Chiello è un struttura a misura d’uomo in cui il paziente non è un numero, ma il perno attorno a cui ruota l’intera compagine ospedaliera.

Di certo le logiche che muovono le macchine burocratico-amministrative delle Aziende Sanitarie e degli Enti Pubblici preposti alla pianificazione delle politiche di Assistenza ai Cittadini dovrebbero tenere conto di fattori e variabili, non traducibili numericamente, che possono risultare basilari per il benessere degli stessi cittadini.

Smembrare una realtà ospedaliera di rilievo come quella di Piazza Armerina, non voglio neanche pensare alla chiusura, farà anche alleggerire i bilanci di qualche Ente Pubblico, ma di certo appesantirà, in maniera inesorabile, il contesto sociale nel quale viviamo. Se la sanità è un bene di tutti, sorgono spontanei i quesiti sulle motivazioni che portano avanti scelte gestionali quasi mai condivise dalla popolazione, a maggior ragione se riscontrate con casi come quello appena raccontato.

Nell’opera di Molièr L'Amour médecin si legge: “È morta di quattro medici e due farmacisti”.

Considerato che nell’ospedale vi lavorano più di quattro medici, per di più competenti e capaci, perché correre rischi inutili?

Lettera firmata Salvatore Nicotra

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