Comorbidità

Buongiorno,
Vi scrivo per chiedere un parere a voi illustri medici riguardo a mio padre che alcuni giorni fa, all'età di 85 anni, è deceduto in ospedale dopo l'ennesimo ricovero. Ha avuto negli ultimi 8 anni 9 ricoveri. Lui era cardiopatico e soffriva di BPCO da circa 10 anni. 8 anni fa circa ha avuto un infarto e fu ricoverato d'urgenza in rianimazione e posto in coma farmacologico per 5 giorni. Uscì dal coma e si riprese.
Nel 2008 gli fu impiantato uno stent carotideo.
Dopo un anno fu ricoverato per BPCO acuta al San Camillo.
Nel 2012 si sentì male e fu ricoverato per 20 giorni in ospedale.
Nel 2012 un attacco di cuore. Nel 2014 di nuovo male per scompenso cardiaco e BPCO grave in ospedale, per circa 3 settimane. Da questo momento in poi è iniziato il suo "declino", sebbene nel 2014 e nei primi 3 mesi del 2015 non era marcato. Ad aprile 2015 venne di nuovo ricoverato e diagnosticarono anemia, bpco grave e scompenso cardiaco. 2 trasfusioni. Uscì dall'ospedale e dopo poco si sentì di nuovo male per gli stessi sintomi (ictus). In ospedale per un mese, ma peggiorava, ogni giorno aveva qualcosa di diverso (ad esempio un giorno con il sondino naso-gastrico perché nella notte si era preso una brutta infezione intestinale). Dopo un mese uscì da quell'ospedale. A casa per 1 mese circa, con medici privati, fisioterapia ecc. Si stava riprendendo ma all'improvviso di nuovo l'anemia, emoglobina a 7,8 (noi gli facevamo fare ogni 3 settimane un prelievo domiciliare). Lo portammo in ospedale. Tornò a casa ma non poteva più uscire, non ce la faceva a respirare se camminava (lo faceva solo per andare in bagno o in cucina con affanno). Aveva l'azotemia a 140, insufficienza renale, un'ulcera intestinale che ogni tanto sanguinava.
A maggio scorso era più spento, stava sempre a letto o seduto guardare il soffitto, non voleva più vedere la tv. Aveva perso l'appetito, mangiava pochissimo. I primi di giugno di nuovo un TIA. In ospedale per 20 giorni, 3 trasfusioni. Mi dissero che aveva una brutta fibrillazione atriale. Tornò a casa, per 2 o 3 giorni stava benino, poi inizia ad avere la febbre a 37.8, inizia a invocare aiuto di continuo a voce alta per ore e ore (aiutatemi!), come un pazzo. Il medico dice: “è solo un'infezione”. Dopo 2 giorni viene colpito da un'altra sincope e va in ospedale, diagnosi: infezione urinaria grave. Il giorno dopo in ospedale mio padre durante quelle 2 ore di visita dormiva di continuo, non riusciva a tenere gli occhi aperti. Lo saluto a fine visita pensando che fosse solo stanco e quella stessa notte mi chiamano per dirmi che è deceduto per arresto cardiaco. Vi ho scritto per avere un parere, mi sento in colpa per molte cose, per averlo tenuto 2 giorni in casa perché il medico di famiglia mi aveva detto che era un'infezione non grave. E se lo avessi portato subito? Da ciò che vi ho raccontato, dello scompenso, fibrillazione atriale, del suo declino emotivo e psichico (voglia di fare e di mangiare), voi cosa ne pensate? Era davvero improbabile che potesse andare avanti? Non c'era nulla che avrei potuto fare? Era davvero improbabile che potesse andare avanti con una cura appropriata (anticoagulanti) ed evitare l'arresto cardiaco?
Grazie di cuore.
[#1]
Dr.ssa Provvidenza Fodale Medico internista, Ematologo 194 3
Da tutto quello che lei ha riferito mi sembra che suo padre sia stato assistito in maniera temporalmente congrua con le patologie ed i sintomi riferiti. Non mi pare che ci siano motivi per i quali lei si debba sentire in colpa: tutti gli uomini per natura hanno un termine, noi medici e familiari combattiamo per migliorare la qualità di vita ed allungare la stessa , per quanto possibile. Ma non siamo Dio. Purtroppo, la fine arriva per tutti.Non si avvilisca, cosa cambia se la vita di suo padre sarebbe durata 2 o tre giorni in più? Solo sofferenze prolungate. Si dia pace, adesso suo padre non soffre più

Dr.ssa Provvidenza Fodale

[#2]
dopo
Utente
Utente
Grazie, dottoressa.
Non è detto che potesse durare, la vita di mio padre, solo 2 o 3 giorni. Magari anche qualche altro mese, chissà.
Ad ogni modo, secondo il suo parere mio padre, che era appena stato dimesso dall'ospedale (da 4 giorni), come ha potuto contrarre quell'infezione urinaria così importante che l'ha portato alla morte? Il catetere che portava in ospedale? Moltissimi dicono che il catetere è la causa principale di infezione urinaria.
[#3]
Dr.ssa Provvidenza Fodale Medico internista, Ematologo 194 3
Gentile signore, non è possibile effettuare ulteriori valutazioni sul caso di suo padre perchè non sono a conoscenza di tutti gli elementi. In ogni caso, anche se è vero che l'uso del catetere è legato a varie problematiche, se è stato valutato che dovesse essere portato ci saranno state motivazioni valide in tal senso.
[#4]
dopo
Utente
Utente
Grazie, ma io non parlavo del "mio caso" in particolare, ma in via generale. Non metto in dubbio l'utilità del catetere, so bene che fosse indispensabile nel caso di mio padre. Il fatto è che se non "ben gestito", spesso può dare adito a infezioni urinarie, lo dicono tutti i medici seri. Ci sono migliaia di testimonianze su internet di medici, istituzioni pubbliche, ricercatori, ecc., in tal senso. Non capisco perché si debba sempre negare l'evidenza . atteggiamento tipico italiano - come a proteggere una categoria o per paura di chissà cosa.
Volevo sapere come una persona dimessa da pochi giorni da un ospedale possa prendersi un'infezione urinaria. Dal punto di vista medico, come si contrae un'infezione del genere dopo 3 o 4 giorni dalle dimissioni ospedaliere? Parliamo in astratto, non del caso in esame. Non c'è bisogno di cartelle cliniche e di chissà quale documentazione per elencare le possibili cause di un'infezione urinaria dopo pochi giorni dalle dimissioni ospedaliere.