Problemi asilo

Buongiorno,

sono la mamma di Riccardo, un bimbo (figlio unico) di quasi 4 anni che frequenta il primo anno di scuola materna.
Purtroppo le maestre mi chiamano spesso per dirmi che all’asilo si comporta male.
Riporto di seguito alcuni esempi di cui le maestre mi parlano.
- Non vuole fare le attività proposte, ad esempio colora per pochi minuti e poi si alza e corre o va a giocare con dei giochini che gli piacciono.
- Non rimane nel “cerchio” quando la maestra racconta una storia o insegna una poesia ma si alza e va a fare altro
- Picchia i bambini senza motivo, anche se, conoscendolo, non lo fa con cattiveria è secondo me un modo per dimostrare che è contento. Il suo più che un picchiare è un “tamburellare felice” sulle spalle dei compagni. Il risultato è però che gli altri bimbi poi ne hanno paura e tendono ad escluderlo.
- Recentemente ha anche iniziato a sputare.
Inoltre tornato a casa se gli chiedo cosa ha fatto a scuola mi risponde che è “andato dai bimbi” ma non mi racconta nulla e non conosce i nomi dei compagni, o almeno in circa 8 mesi che frequenta l’asilo non me ne ha mai nominato uno.
Quando le maestre mi dicono che si comporta male cerco di parlargli per capire cosa c'è che non va ma lui non mi dice nulla dell'accaduto.
Specifico che sembra contento di andare all’asilo dove, lo lascio lì solo per poche ore al mattino e torna a casa sereno anche quando le maestre mi dicono che si è comportato male.
Riccardo a casa è sempre affettuoso, sereno ed allegro ed è sicuramente un bimbo molto vivace anche se cerchiamo di non viziarlo. Ogni tanto “tamburella” anche sulle mie spalle per dimostrami che è contento, anche se io cerco di fargli capire che non si fa, allora lui mi riempie di baci e abbracci.
E’ molto intelligente e ha imparato da solo a riconoscere lettere e numeri già a 2 anni e mezzo. Ha inoltre un notevole spirito di osservazione e mi stupisce ogni giorno con la sua intelligenza. Tuttavia non gli piacciono i cambiamenti, ad esempio non gli piacciano le scarpe o i vestiti nuovi. Se andiamo fuori per qualche giorno per una gita, dice che vuole tornare a casa.
Sicuramente soffre la mia mancanza quando vado a lavoro (più di 8 ore al giorno dal lunedì al venerdì) anche se rimane con i nonni a cui è molto legato.
Sono abbastanza preoccupata della poca socializzazione di Riccardo all’asilo e non so come comportarmi. Sinceramente mi stanno venendo anche dei dubbi sull'approccio educativo delle maestre perché prima dell'asilo certe cose non le faceva. Forse ci sono troppi bimbi e le maestre non riescono a gestire quelli più vivaci come Riccardo? Non so che pensare.
Vi sarei grata se poteste darmi delle indicazioni su come comportarmi. Grazie
[#1]
Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile mamma di Riccardo,

Buon giorno.



Sebbene l'età di 4 anni, a grandi linee, è ancora sempre l'inizio dello sviluppo, e sono sicuramente importanti anche i metodi educativi delle maestre d'asilo;

tuttavia Riccardo non è nato ieri, ma, prima di andare all'asilo, è stato cresciuto ed educato da voi in casa, e tuttora la vostra influenza nelle diverse aree di sviluppo, compreso il comportamento, è di gran lunga la più importante. E le maestre d'asilo, anche applicando i migliori approcci, dovranno andare "contro corrente" e con molta difficoltà, se nella propria famiglia il bambino è abituato ad un certo atteggiamento verso di lui. Le maestre riusciranno a fare poco senza la vostra collaborazione.

Dunque, i problemi sono da cercare, prima di tutto, a casa.

Lei scrive che Riccardo "ha imparato da solo a riconoscere lettere e numeri", e ha "un notevole spirito di osservazione".

- Queste sono le cose buone, ma vi chiedo se cercate ad insegnare a lui a leggere e a fare i calcoli anche attivamente da parte vostra ? Ovvero, se cercate ad intrattenerlo nell'attività di apprendimento anche quando non è richiesta spontaneamente da lui, ma su vostra iniziativa ? Riuscite in tali casi ad abituarlo a mantenere la pazienza e l'attenzione ?

Lei scrive:
"Ogni tanto “tamburella” anche sulle mie spalle per dimostrami che è contento, anche se io cerco di fargli capire che non si fa, allora lui mi riempie di baci e abbracci."

- Penso che tali comportamenti del vostro bambino, sebbene di tinta affettuosa, mi sembrano comunque leggermente immaturi rispetto alla sua età, nel senso che sono un segno di poca percezione dei confini fra sé e l'altro e di ricerca di attaccamento.

A questa età (4 anni) possono insorgere (normalmente) alcune forme di nevrosi infantile (legate proprio alla consapevolezza di tali confini e di non essere il padrone di casa), e alcuni comportamenti possono peggiorare;

ma, se Riccardo manifestava tipicamente tali forme di interazione (anche un anno fa, due ani fa), allora potrebbe trattarsi di una immaturità affettiva, come scrivevo prima. I motivi non mancano: ha potuto giocare il suo ruolo sia il fatto che lui è il vostro figlio unico, dunque abituato a ricevere tutta l'attenzione, sia le Sue assenze, a causa del lavoro, rendendo più difficile l'instaurarsi di un attaccamento abbastanza sicuro (con il risultato che questo processo, dell'instaurarsi dell'attaccamento a Lei, forse sta proseguendo anche ora, ovvero una forma di attaccamento sicuro non è stata ancora raggiunta). Inoltre, a questa età, un approccio eccessivamente "permissivo" verso di lui, anziché favorire, può ritardare il crearsi delle sicurezze del bimbo.

Lei scrive: "non gli piacciono i cambiamenti" e "Se andiamo fuori per qualche giorno per una gita, dice che vuole tornare a casa".

- Questa difficoltà di fronte ai cambiamenti potrebbe essere correlata a quello che ho appena scritto prima, rispetto all'attaccamento (perché un attaccamento sicuro fa sì che il bambino è più sicuro anche con gli estranei). A proposito dei "cambiamenti", non si può non considerare anche l'andare all'asilo: benché il bimbo è sereno, può vivere comunque con difficoltà la separazione da voi (per i suddetti motivi).

La soluzione non è "proteggerlo" da ambienti esterni (come, mi sembra, Lei, intuitivamente, cerca di fare (almeno mentalmente), preferendo, come la prima versione, "l'adeguatezza" dei comportamenti del Suo bambino e "l'incapacità" delle maestre), e la soluzione non è neanche tenerlo, affettivamente, ancora più stretto a voi.

La soluzione è piuttosto aiutare a Riccardo a rispettare e a tollerare i limiti fra lui e l'altrui, e di adattarsi agli ambienti esterni: tramite il lavoro "educativo" ed esperienziale con voi, in famiglia.

Lei scrive:
" ...“tamburella” anche sulle mie spalle per dimostrami che è contento, anche se io cerco di fargli capire che non si fa, allora lui mi riempie di baci e abbracci".

- Se lui prosegue a fare così, e bisogna spiegarglielo ogni volta, allora forse il metodo educativo che applicate non è abbastanza efficace.

Io mi chiedo se non è una forma della richiesta di attenzione e di contenimento; ovvero, se Riccardo fa tutto questo per arrivare poi a baci e abbracci. Possible che che sente di dover cercare (in tal modo) Lei, perché Lei in questo momento è impegnata in qualcos'atro ? Se è così, forse è il caso di dare a Riccardo attivamente l'attenzione da parte nostra, senza aspettare che lui la debba "conquistare" ? Questo non vorrà dire viziarlo, ma vuol dire dare a lui quello di cui ha bisogno. Viziarlo vuol dire permettere a lui che si comporti in un certo modo. Ma per non comportarsi in un certo modo, lui deve avere, da subito, l'alternativa. Dare a lui l'attenzione tutto il tempo non sarà positivo, perché lui deve abituarsi ai limiti, alla consapevolezza di non essere "tutt'uno" con Lei, ma, per ridurre la quantità di attenzione affettiva a lui, bisogna prima darla, e poi, ridurlo molto gradualmente.

"Picchia i bambini senza motivo, anche se, conoscendolo, non lo fa con cattiveria è secondo me un modo per dimostrare che è contento. Il suo più che un picchiare è un “tamburellare felice” sulle spalle dei compagni."

Anche se Riccardo lo fa, come la dimostrazione di essere contento, e come l'espressione della felicità, sono le modalità non adeguate, perché non tengono conto dello spazio altrui, dei bisogni e delle emozioni altrui.

Il problema non è l'emozione che lui esprime (come essere vivente, è normale che viva nella propria vita sia la felicità, sia le emozioni negative). Il problema è il comportamento in sé, che non rispetta la confine con l'altro, ed il problema è l'adattamento all'ambiente: l'ambiente che può avere le proprie regole, i propri bisogni (l'attività in gruppo, ad esempio, è un ambiente con certe regole e col bisogno, per esistere, che tutti rimangano in gruppo, e non vadano via).

Prima scrivevo che bisogna aiutare a Riccardo a rispettare i limiti fra lui e l'altrui, e di adattarsi agli ambienti esterni. Però tramite il lavoro "educativo" ed esperienziale con voi, in famiglia:

- per il lavoro educativo ed "esperienziale" con voi, intendo che certe regole di comportamento dovrebbero essere osservate prima di tutto in ambiente di famiglia, e che sono importanti le esperienze di Riccardo anche al di fuori di casa, assieme con voi. Penso che le gite "per qualche giorno" possono essere le esperienze un po' drastiche (dal punto di vista della durata della separazione dall'ambiente familiare), e che non sono le uniche opportunità. A voi capita di andare assieme con Riccardo a fare una passeggiata, a fare la spesa, o al cinema, al teatro, al museo, o all'incontro con i vostri amici ? ecc., ecc. ? Come si comporta Riccardo in tali altri ambienti sociali ?

Oltre a Lei, c'è anche il papa di Riccardo ad aiutare a crescerlo ? Che relazione hanno, come si comporta con lui ?

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In conclusione,
secondo me, è affrettato pensare che ci sia qualche problema di apprendimento o disturbo del tipo "sindrome di disattenzione-iperattività", perché ci sono dei fattori associati a metodi educativi in famiglia e all'ambiente di crescita, e questi devono essere analizzati per primi.

Secondo me, avrebbe senso parlare di più con le maestre d'asilo, non limitarsi solo alle "consegne" su come è andata la giornata del Suo figlio ad asilo, ma chiedere a loro che cosa ne pensano, perché è così, che cosa consigliano, ecc. Avere più dialogo con loro.

Non da scartare nemmeno la possibilità di rivolgersi ad uno psicologo che si occupa dei problemi di sviluppo, perché, come scrivevo, questa età è il periodo classico di alcune nevrosi infantili, le quali sono fisiologiche, fanno parte del processo dello sviluppo, e sono superabili nel corso dello sviluppo, ma, per superarle, è importante che il vostro approccio sia adeguato.

Dr. Alex Aleksey Gukov

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gent.mo Dr Gukov,

La ringrazio molto della Sua articolata ed attenta risposta. Cercherò di rispondere alle Sue domande al fine di fornirLe un quadro più dettagliato:
- Riccardo ha imparato a riconoscere lettera e numeri giocando con giochi educativi sul tablet inizialmente insieme a me e mio marito. Abbiamo comprato anche le tesserine di carta con le lettere e i numeri ma non lo attirano come il tablet. Alcune volte ci gioca seduto con me o con il papà, altre volte da solo (noi siamo in stanza ma facciamo altro). Inoltre gli piace molto guardare la televisone (esclusivamente programmi per bambini) sia al mattino prima dell’asilo che la sera all’ora di cena. Il pomeriggio invece solitamente prima dorme e poi gioca in giardino.
In generale il tempo che dedichiamo all'attività di apprendimento è molto minore rispetto alla parte ludica ad esempio gli piace giocare a calcio e ballare e spesso lo facciamo tutti e tre insieme, lasciamo però che sia lui a scegliere l’attività da fare, la dove possibile. A dire il vero l’apprendimento di lettere e numeri lo consideravo come un “extra” per un bimbo al primo anno di asilo. Abbiamo sbagliato a lasciare scegliere a lui le attività e a non abituarlo a fare attività che richiedono concentrazione da parte sua in maniera sistematica?
Per quanto riguarda il tablet e la televisone , pensa sia meglio eliminarli/ridurli? E’ sbagliato lasciarlo giocare da solo al tablet per mez'ora?
- Per quanto riguarda l’insorgere del “tamburellare” questo è insorto poco tempo dopo l’inizio dell’asilo. Prima non lo aveva mai fatto e perdura ancora a distanza di 8 mesi. Volevo specificare che baci e abbracci sono un continuo con Riccardo non solo dopo le “tamburellate”.
- Per quanto riguarda aiutare Ricardo nella percezione dei confini fra sé e l'altro ,e nel rispettare e tollerare tali limiti, sia io che mio marito cerchiamo di passare più tempo possibile con lui, anche andando dai cuginetti sia più grandi che più piccoli e cercando di correggerlo quando fa qualcosa che non va, andiamo insieme a fare la spesa e le passeggiate. Le confesso che rinuncio anche per mesi ad andare dal parrucchiere per non “rubare” quelle ore del sabato a Riccardo. Non andiamo mai a cena fuori o a una festa se lui non può venire. Tuttavia visti i risultati evidentemente non basta. Ho anche pensato di passare ad un lavoro part-time ma non è facile. Tuttavia al prima posto per noi c’è Riccardo. Secondo Lei in cosa sbagliamo? Cosa altro dobbiamo/possiamo fare?
- Per quanto riguarda il rapporto con il papà, il papà è molto affettuoso con Riccardo, forse un po’ più severo di me. In generale Riccardo cerca più me nel senso che se io sono in casa ma mio marito fuori (per qualche ora), raramente mi chiede del papà. Se invece c’è il papà ma non ci sono io chiede di me in continuazione. Una volta per motivi familiari ho dormito due notti fuori casa (assistenza ad un parente in ospedale) lui ha pianto molto, quando ha fatto la stessa cosa il papà tutto ok.

Le chiedo infine se può farmi qualche esempio pratico di atteggiamenti, esperienze o altro che possano aiutare Riccardo nella percezione e rispetto dei confini fra sé e l'altro.

La ringrazio ancora e La saluto.