Convivenza e distacco dai genitori

Gentili Dottori,
convivo da una settimana con il mio fidanzato con il quale sto da 6 anni. Siamo andati a vivere a 50 mt dai miei genitori, in una casa che abbiamo ristrutturato nell'arco dell'ultimo anno.
Da una settimana alterno alterno momenti di euforia a crisi di pianto inconsolabile. Mi manca tutto della mia vecchia vita, i miei cari genitori, le mie abitudini, i miei ritmi, e mi sembra di essermi imbarcata in un'impresa titanica perché ovviamente ora è tutto diverso tra faccende di casa e quant'altro riesco a malapena a guardarmi allo specchio.
Da sottolineare il legame di forte dipendenza che ho sempre avuto coi miei genitori, che in 30 anni non mi hanno fatto mancare nulla e nemmeno desiderare di andare via di casa (viziata nei sentimenti..). Sento la stessa mancanza che provai a 11 anni la prima volta che mi mandarono in colonia. Pianti su pianti inconsolabili!
Mi sento una folle depressa e soprattutto una bambina che non riesce a crescere… il mio fidanzato si sta dimostrando molto comprensivo ma non vorrei perdesse la pazienza prima o poi ad avere accanto una che piange per ogni pretesto.
E poi vivo continue ansie e timori nei confronti dei miei genitori, ho paura che siano tristi per la mia dipartita o che addirittura non approvino il mio fidanzato anche se non mi ne hanno mai dato modo di pensarlo.
Ciò che riesco a fare benissimo è autocommiserarmi e a sfogarmi con tutte le mie amiche. Mi dicono che mi devo dare del tempo… ma io mi vedo davanti una montagna e non so se mi piacerà doverla scalare.
Cosa posso fare?
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Dr.ssa Sara Pezzoni Psicologo, Psicoterapeuta 51 1
Gentile utente,
sicuramente il distacco dalla famiglia di origine in cui vi sono legami forti non è mai facile, anzi..è spesso momento di crisi e nostalgia perchè si ha vissuto tantissimi anni con certe abitudini e persone care al proprio fianco; è un malessere piuttosto naturale all'inizio
Si dia del tempo per rielaborare il cambiamento di vita,è trascorsa solo una settimana ed è davvero poco per assimilare il nuovo stile della stessa;è anche poco per poterle dire qualcosa in più a riguardo.
Cerchi di vivere questo momento in modo più sereno concentrandosi maggiormente sulla sua nuova vita piuttosto che sulla precedente e ponendo l'accento sugli aspetti positivi della convivenza con il suo ragazzo.

Qualora la situazione non migliori mi riscriva così approfondiamo altre variabili per fornirle ulteriori suggerimenti,

Cordialmente

Dr.ssa Sara Pezzoni
www.psicologiaeserenita.com
sarapezzoni@libero.it

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Gent.ma Dottoressa,
la ringrazio molto soprattutto per la rapidità nella sua risposta.
Seguirò il suo consiglio, cercando di fare come mi ha scritto e in caso di insuccesso mi rifarò sicuramente viva...
Grazie ancora.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Amica,

i pensieri che la fanno star male riguardano essenzialmente quanto sia dura mandare avanti una casa e la preoccupazione che i suoi possano star male senza di lei.
Mi viene quindi da chiederle come si prefigurava l'inizio di questa convivenza, e se non ha pensato di parlare chiaro con il suo fidanzato circa la divisione e condivisione dei compiti domestici.

Come valuta la vostra relazione? Siete andati a convivere perchè stavate già assieme da tempo o per una reale convinzione?
Le chiederei infatti se era convinta rispetto a questo trasferimento o se ha vissuto delle pressioni da parte del ragazzo, cosa che renderebbe comprensibile la sua reazione che sembra tanto essere quella di qualcuno che ha dovuto scegliere controvoglia una certa strada.

Il dubbio che i suoi genitori possano non approvare il ragazzo mi sembra tanto un suo pensiero che lei attribuisce a loro. Può essere così?
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Gentile Dr.ssa Massaro,
la ringrazio per la risposta.
In effetti lei è andata a centrare in parte il problema. Forse non ero convinta al 100% di volere uscire di casa ma al tempo stesso era un passo che sentivo di dovere e volere compiere poiché dopo 6 anni di fidanzamento mi pare la svolta necessaria alla nostra relazione.
Per una serie di eventi che non le sto ad elencare abbiamo dovuto accelerare i tempi e mi rendo conto che anche fra 10 anni non sarei mai stata pronta a separarmi dai miei.
Quello che non capisco è questo attaccamento morboso che mi trascino dalla più tenera età.. anche in passato, ogni volta che mi staccavo da loro per lunghi periodi ne soffrivo tremendamente (dalla colonia da piccola al viaggio per Erasmus da grande) desiderando solo di tornare a casa e sentendo dentro una paura di perderli e perdere il loro affetto.
E ora, nonostante li abbia davanti casa, sta succedendo la stessa identica cosa. Perché non riesco a staccare il cordone ombelicale? Quando entro in casa mia mi sento bene, e vorrei tornarci ma poi apro gli occhi e mi rendo conto che non posso dipendere da loro in eterno e devo crescere!
Il fatto che i miei genitori possano non approvare il ragazzo forse dipende da un eterno senso di colpa che mi accompagna qualsiasi cosa io faccia, un timore di deluderli..
Per finire, per quanto riguarda la divisione dei compiti in casa, non ne abbiamo mai parlato prima in modo concreto. Ora però, dopo già una settimana sono corsa ai ripari e pian piano gli sto assegnando dei compiti che gli è possibile svolgere facendo orari lavorativi molto più elastici dei miei. Speriamo durerà questo suo aiuto!
La ringrazio sentitamente.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Tenga presente che quando ci si separa si è sempre in 2 a farlo.
In questo caso ci siete lei da una parte e i suoi dall'altra: forse l'atteggiamento di uno o entrambi i suoi genitori è stato tale da non favorire nè incoraggiare la sua autonomia e magari non sono stati particolarmente entusiasti per il suo allontanamento (per quanto viviate ancora molto vicini).
Non è detto che si sia trattato di un comportamento esplicito e volontario, ma sappia che quando un bambino fatica a staccarsi da casa spesso la difficoltà non dipende da lui (o da lei), ma si riscontrano condizioni che ostacolano questo movimento in famiglia: conflitto fra i genitori, eccessivo attaccamento di uno o entrambi al figlio, forte ansia da parte di uno o entrambi ecc.
Non so se questo sia il suo caso, ma potrebbe trattarsi di qualcosa che dura da una vita e che richiederebbe un intervento psicologico se non si risolvesse, perchè da sola riuscirà difficilmente a superare questi problemi.
Merita una menzione anche il fatto che sulla scelta di convivere abbia inciso la considerazione che eravate già fidanzati da diversi anni ecc. Avevo in effetti la sensazione che alla base della decisione ci potesse essere questo pensiero, e le auguro davvero che possa trovare quanto prima un nuovo equilibrio nella nuova situazione che sta vivendo.
[#6]
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Cara Dottoressa,
il paradosso è che i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata nelle scelte da prendere, dalla scuola fino alla casa. Voglio dire, la casa me l'hanno costruita loro con grande soddisfazione..
Sono sempre stata molto (troppo) emotiva su tutto, in generale la lacrima scatta molto facilmente anche adesso che ho 30 anni, e quando in una discussione so di non avere ragione al 100%.
I miei genitori sono sempre stati molto uniti senza grossi problemi. Ansiosi? Non più di un qualsiasi genitore medio..
La spiegazione che mi sono data è che non ho carpito quello step che mi ha fatta passare dalla fanciullezza all'età adulta essendo in casa da così tanti anni..

Ci penso da un po' al ricorrere ad un intervento psicologico se la situazione non dovesse sbloccare.
Per il momento la ringrazio.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Sono sempre stata molto (troppo) emotiva su tutto, in generale la lacrima scatta molto facilmente anche adesso che ho 30 anni"

Le emozioni sono un aspetto fondamentale della nostra vita interiore ma a volte tendiamo a soffocarle pensando che esprimerle possa essere giudicato da gli altri come segno di debolezza.
Si è mai chiesto quanta importanza hanno le emozioni nella sua vita?

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Gentile Dr.ssa Camplone
le emozioni pervadono la mia vita come un fiume in piena.. e mi è praticamente impossibile arginarle.. mi emoziono per qualsiasi cosa, dalla pubblicità alle cose molto più serie e soprattutto spesso non sono in grado di esternare le mie emozioni a coloro che amo perché il discorso rimane strozzato dal pianto..
Anche questo è un elemento che nella mia vita non mi ha mai abbandonata e del quale mi piacerebbe indagare l'origine...
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Dr.ssa Federica Meriggioli Psicologo, Psicoterapeuta 354 3 9
Gentile utente,
da quello che scrive sembra che per lei si proprio difficile contenere le sue emozioni al punto tale che diventano quasi un impedimento alla sua vita quotidiana.
Mi chiedo e le chiedo quanto riesca a prendersi uno spazio per elaborarle in un modo che le consenta di viverle in maniera integrata con il resto della sua vita.

E' come se fosse travolta, affogata, per riprendere la sua metafora, per cui sembra che le emozioni perdano in parte il loro valore di guida e di segnale.

Le suggerisco di intraprendere un percorso psicoterapeutico che la aiuti a rintracciare l'origine di un'emotività così importante al fine di trasformare un elemento talvolta disturbante in un punto a suo favore.

Cordialmente

Dr.ssa Federica Meriggioli - Psicologa Psicoterapeuta
Via Roma 131, Spinea Ve
Tel. 3498534295 www.federicameriggioli.com

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Utente
Gentile Dr.ssa Meriggioli,
è proprio come dice lei. Le emozioni a volte mi impediscono di parlare e di articolare un discorso sensato.
La ringrazio sentitamente per il suggerimento.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le ragazza,
la condizione da lei descritta in psicoterapia viene definita "ingorgo emozionale" ossia una sorta di livello di guardia che è stato raggiunto a causa di tutte le emozioni che non hanno avuto la possibilità di essere comunicate, condivise sopratutto con le persone con le quali ha un rapporto significativo.
Un modo che può nell'immediato aiutarla ad allentare la tensione è quello di scrivere come si sente, senza preoccuparsi della forma, della punteggiatura ma semplicemente seguendo quello che Joyce chiamava "flusso di coscienza".
Cordialmente
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Gent.ma Dr.ssa Camplone,
la ringrazio per il consiglio.
In effetti la scrittura è da sempre una valvola di sfogo che sfrutto spesso e volentieri per esternare, o meglio, confessare a me stessa, ciò che provo e non riesco ad esprimere.
In questi giorni mi pare di sentirmi un po' meglio, non so se è solo una fase "up" dell'altalena, o se semplicemente sto assorbendo i nuovi ritmi e mi sto tranquillizzando di conseguenza.. Le saprò dire!
Grazie ancora.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Grazie a Lei di averci consultato e ci tenga aggiornati se Le fa piacere.
Cordialmente