Dipendenza affettiva

Buongiorno,
35 anni (ho inserito per errore un altro anno di nascita rispetto al mio al momento dell'inserimento dei miei dati), separata, una figlia di 6 anni e mezzo, da circa un anno e mezzo convivo con un uomo di 42 anni con il quale ho una relazione da circa 3. Una questione che sta diventando per me un gran problema è il rapporto che ha con la sua famiglia d'origine. Ho l'impressione che non riesca a tagliare il cordone ombelicale, vivendo in una condizione di dipendenza e di forti sensi di colpa verso sua madre, suo padre, sua sorella (anch'essa separata), i suoi due nipoti. Ha sempre vissuto con i suoi genitori, anche nel corso della sua precedente relazione, avuta con una ragazza figlia di amici stretti di famiglia. Ha perseguito gli studi in pratica scelti da suo padre, del quale vive nell'ombra e di cui cerca sempre e comunque l'approvazione, e spinto dalla madre, una donna che ha annullato sè stessa per dedicarsi agli altri, a mio parere, per l'egoismo di tenerli sotto la sua ala e per non farli allontanare da sè, avendo paura di stare sola con sè stessa. Fin dall'inizio del nostro rapporto ho avuto l'impressione, che col tempo si è rivelata giusta, di essere fagocitata dalla sua famiglia, che il mio compagno non cercasse assolutamente uno spazio nostro, che è sempre stata per me un'esigenza naturale. Fin da subito abbiamo speso i giorni di vacanza (pochi) sempre in gruppo e, nonostante tutti quanti abbiano accettato me e mia figlia, mi è stato negato tempo e spazio per noi due e per noi tre, sono stata più volte delusa nel capire che a lui questo non interessava e non ne sentiva la necessità, si comportava come se io con mia figlia fossimo diventate nuovi membri della sua famiglia d'origine e non come se ne stesse costruendo una nuova con me e con la bimba (che lui stesso dice di sentire come sua). Tutto veniva fatto sempre perchè tutti quelli che erano con noi fossero contenti, loro avevano le loro abitudini, i loro luoghi, i loro ricordi, e io spesso mi sono sentita obbligata a ricalcare orme che non mi andavano bene. Lui ha dimostrato disagio e sensi di colpa nel fare cose nostre, sempre proposte da me, e le decisioni prese da noi sono sempre state soggette a modifiche previa revisione degli altri. Col tempo abbiamo iniziato a parlare di tutto ciò e io sono riuscita ad esprimere tutto quello che prima avevo taciuto per paura di farlo rimanere male, non sapendo gestire gli eventi che mi parevano correre più forte di ogni mia possibile reazione. Gli ho detto che non è mia intenzione allontanarlo dalla sua famiglia, che non contesto saltuari momenti insieme, con i suoi così come con i miei, ma che gradirei l'indipendenza, la possibilità di poter decidere della nostra vita senza l'influenza altrui, di evitare di trascorrere i pochi momenti di vacanza insieme ai suoi genitori, sorella (reginetta di casa) e nipoti (assai viziati e gelosetti), lui a tratti sembra capirmi ma poi si ritorna sempre al punto in cui si sente in colpa.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Signora,
nel suo scritto ha focalizzato la sua attenzione sulla difficoltà che il suo uomo ha nel distaccarsi e svincolarsi dal nucleo familiare d'origine.
Le domande che immediatamente mi sono posta -e che le giro-, leggendo rapidamente il suo post riguardano invece Lei all'interno di questa relazione: se tutto ciò le è stato evidente da subito e ne ha avuto innumerevoli conferme, che cosa l'ha spinta nel tempo a continuare questo rapporto? Quali suoi bisogni soddisfaceva un compagno così e una relazione così? Oppure quali timori fugava rimanendo con un compagno così e in una relazione così?
L'impressione che mi ha dato (mi dica se sbaglio...) è di una donna forte, autonoma e indipendente e questo "stona" con il fatto di subire e sentirsi obbligata a stare all'interno di questo gioco che tanto divertente non pare...

Cordialità.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
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