Terapia cognitivo comportamentale

Credo di esser arrivata al limite. In seguito a un lutto per il quale ho reagito male(non voglio parlarne con nessuno, non ho pianto,il dolore me lo porto dentro. però se si tocca argomento lavoro scoppio, ho attacchi di ansia molto forti). credo proprio che sia venuto il momento di cambiare terapia. con al terapia sistematico-relazionale qualche miglioramento c'è stato, ma solo nell'ambito della relazione famigliare. ho chiesto più volte alla terapeuta di aiutarmi a arginare l'ansia anche con delle azioni concrete(che di conseguenza mi aiuterebbero di più a provare cose nuove) o darmi qualche compito che mi portasse a fare un piccolo passo in avanti anche concretamente non solo a livello emotivo(perchè sono davvero bloccata tanto più che non voglio più sentire parlare di lavoro sennò mi infurio, scoppio a piangere o cerco di sabotare qualsiasi cosa), ma non ho mai ricevuto una risposta positiva. quindi deduco che molto probabilmente questo orientamento non è portato a dare prescrizioni ed è forse il momento di cambiare(nonostante con al terapeuta mi trovi bene, ma ora ho bisogno di più). infine i miei non vogliono più appoggiarmi ne emotivamente ne economicamente con la terapia e quindi mi ritrovo un pò in difficoltà. già con la terapeuta avevamo concordato un prezzo più basso rispetto a quello che lei richiede di solito, ma è comunque troppo per me...
volevo chiedere se mi rivolgo a una struttura pubblica:
-mi accettano nonostante io abbia già fatto terapia preso uno psicoterapeuta"privato"
-a chi mi posso rivolgere oltre al consultorio(visto che quello di zona non è raggiungibile con i mezzi pubblici)
-se c'è la possibilità che possa affidarmi a un esperto TCC(nonostante non possa scegliere).
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Utente,

può sicuramente rivolgersi ad una struttura pubblica (consultorio familiare o centro psico-sociale) per essere seguita da uno psicologo, tenendo però presente che non è possibile scegliere chi la seguirà, nè in genere effettuare percorsi di una certa durata (ammesso che il suo problema ne richieda uno).

Può sicuramente provare a informarsi presso le strutture della sua zona o comune per chiedere se è presente uno psicoterapeuta dell'orientamento che le interessa, magari recandosi lì di persona.

Prima di interrompere la psicoterapia in corso la invito però a chiarire quello che pensa e che sente con chi la segue, sia per ottenere delle risposte, sia per fare il punto della situazione e anche valorizzare i risultati che avete raggiunto finora.

Un caro saluto,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile ragazza,

la invito anch'io a non interrompere la Psicoterapia in corso, ma di confrontarsi con la sua terapeuta con dubbi e perplessità.

I centri pubblici la possono accogliere ed, eventualmente, potrebbe rivolgersi anche ai Centri (CSM) che, solitamente, operano negli Ospedali.

Non deve demordere, se i risultati tardano ad arrivare... Non abbia fretta.

L'aspetto più importante è rappresentato dalla "relazione", che si instaura con il terapeuta e, quindi, motivazione al processo di cambiamento...


Proviamo a riflettere...


Un caro saluto


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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
grazie per le risposte. al di al del metodo è l'aspetto economico a preoccuparmi maggiormente(anche se appreso il fatto che vogliano responsabilizzarmi).i miei genitori mi hanno assicurato che con i soldi che mi daranno potrò pagarmi la terapia, ma io ci credo poco: sono pur sempre i loro soldi, cambierà solo il metodo di prelevarli e sono certa al 100% che avranno da ridire anche su quei soldi, tenendomi come han fatto fino ad ora, in continua tensione, minacciandomi di togliermi al terapia(e infatti io ho alti e bassi continui, non riesco a gestire la terapia in serenità).

volevo provare vedere al CSS(centro psico sociale)in un paese lontano dal mio, secondo voi posso chiedere li?il CSM non riesco a trovarlo da nessuna parte.

una cosa che mi ha fatto insospettire: la terapeuta cerca sempre di tirare acqua al suo mulino. è arrivata a dirmi che la TCC serve per problemi superficiali e non profondi come il mio. conosco gente che è guarita da problemi alimentari e depressione con questa terapia e lei mi dice queste cose? sostiene inoltre che le prescrizioni nel mio caso alimentano la dipendenza... io cerco di informarmi il più possibile e so ben certo che non è vero quindi io ci credo poco. voi specialisti cosa ne pensate?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
In linea generale lo scopo di qualsiasi terapia (TCC compresa) è quello non solo di curare il paziente, ma anche di renderlo autonomo e capace di camminare con le proprie gambe: penso che il commento della sua terapeuta possa essere motivato dal fatto che lei sta cercando qualcuno che le dica cosa fare, cosa che emerge piuttosto chiaramente dalle sue parole, più che uno psicoterapeuta (indipendentemente dall'orientamento) e quindi un professionista che lavori con lei sui problemi a monte delle situazioni concrete, che da questi problemi derivano.
Lei è in cerca di "azioni concrete" e di "consigli", ma questo non è lo scopo di una psicoterapia e c'è forse il rischio che coltivi aspettative magiche o che si spinga alla ricerca di una sorta di "guida" dalle cui indicazioni potrebbe in seguito dipendere, deresponsabilizzandosi e non impegnandosi a cambiare quegli aspetti di personalità che probabilmente la sua terapeuta ritiene utile modificare.

Questa è l'ipotesi che posso formulare sul senso delle parole che le sono state dette: le valutazioni della sua terapeuta nascono dalla conoscenza diretta del suo caso e sono fondate su di essa, ma nulla le vieta di cambiare se è ormai convinta che un lavoro che includa come elemento fondamentale gli esercizi da svolgere al di fuori della seduta possa fare al caso suo.
Se questa è la sua idea, come mai non ha effettuato da subito una TCC?

Tornando alle strutture pubbliche, il CPS è il CSM lombardo: come le dicevo si può recare di persona (credo anche al di fuori del suo comune) a chiedere se è presente e se possono assegnarle un terapeuta di quell'orientamento, fermo restando che non è detto che nel suo caso decidano di erogare un percorso psicoterapeutico piuttosto che una terapia farmacologica. Solo dopo la valutazione iniziale saprà cosa riterranno utile fare per lei.

Che diagnosi ha ricevuto dalla nostra collega?
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dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Gent. dott.ssa massaro,

Qualche anno fa ero in cura presso una psicoterapeuta che seguiva terapia Rogersiana(l'ho scoperto ora andando sull'ordine) con il quale ero peggiorata. in seguito mi sono rivolta(più che altro portata a forza dai miei) a una terapista che esegue la TTC, ma non ero informata sull'orientamento, più che altro per conoscenza(ha curato un mio caro amico), ma dopo poche sedute mi ha passato(per il rapporto stretto con il mio amico) alla sua collega con la quale sto lavorando ora. in questo anno mi sono informata sui vari orientamenti.
più che decidere autonomamente sono sempre stata sballottata in giro senza informazione, sono sempre stati i miei a gestire tutto, sia economicamente sia nella scelta del terapeuta(dettata non dall'orientamento ma nella vicinanza e dall'accessibilità nel raggiungerlo con i mezzi pubblici/a piedi/senza pesare nei passaggi). infatti il primo psicoterpauta che incontrai (prima del regersiana-TCC-relazionale)ho fatto due sedute(credo orientamento gestalt)ma per il fatto che i miei non potevano accompagnarmi ho chiuso senza aver il tempo di decidere.
sulla diagnosi non mi ha mai dato una risposta certa, parla spesso di dipendenza, credo che sia così.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

i servizi territoriali possono essere sovrazonali, quindi se Lei abita ad es. nella zona di un determinato distretto NON può recarsi al CPS di un altro distretto, perchè Le diranno di riferirsi a quello della SUA zona di residenza. Non può accedere ad un CPS fuori dal Suo comune di residenza. Questo potrà anche domandarlo al Suo medico di base quando le prescriverà il colloquio psicologico su ricettario regionale.

A me sembrava, da quanto era emerso nei consulti precedenti, che Lei avesse fatto un buon lavoro in psicoterapia, c'erano stati dei miglioramenti, come Lei stessa asserisce qui.

Non so se ha avuto modo di discutere con la Sua terapeuta del problema economico e del bisogno di accedere ad una struttura pubblica dai costi contenuti, perchè in questo caso potrebbe essere proprio la terapeuta a poterLe suggerire quali strutture pubbliche sul territorio e magari il nome di un professionista in particolare, cosa che noi da qui non possiamo fare, accompagnando l'invio con una breve relazione relativa al trattamento fatto fin qui.

Quanto al fatto che Lei senta le pressioni dei Suoi genitori in modo così forte, credo che dovrebbe lavorare su se stessa e non sperare che tali pressioni non ci saranno più: non mi pare qui il problema, quanto nel fatto che Lei non lo sappia gestire nel migliore dei modi. In fondo chiunque può cercare di metterci pressioni, ma spetta a noi gestirle bene o lasciarci influenzare da quelle pressioni. Evidentemente i Suoi genitori (o chiunque riesca a metterLe pressioni) sa che su di Lei c'è una presa. Probabilmente i Suoi non lo fanno con cattiveria, ma inconsapevolmente per non cambiare quegli equilibri presenti in casa. In fondo un gruppo, come la famiglia, tende a voler mantenere i propri equilibri interni.
Quando Lei scrive: "...minacciandomi di togliermi al terapia..." è mai accaduto che i Suoi genitori lo facessero davvero?

Per quanto riguarda la TCC ci sono servizi di psicologia presso ospedali pubblici che la erogano e nei quali Lei può chiedere informazioni perchè, al contrario del CPS, nei servizi di psicologia degli ospedali pubblici, è possibile accedere anche se si arriva da un'altra zona della città o da un altro comune.

Per quanto riguarda le affermazioni che Lei riporta sulla TCC circa la dipendenza alimentata dalle prescrizioni e la risoluzione dei problemi profondi non sono corrette: non mi risulta proprio che la TCC risolva problemi "superficiali" (così come non esiste una differenza tra terapie del profondo e superficiali)e non vi sono evidenze scientifiche a riguardo e per quanto riguarda la prescrizione , questa è la strada per raggiungere determinati obiettivi che pz e terapeuta fissano all'inizio della psicoterapia.
Di solito eseguire una prescrizione concordata permette al pz. di ampliare i propri gradi di libertà e di sperimentare personalmente un modo nuovo di stare nela vita, di poter fare ciò che prima della terapia non riusciva a fare.
Conseguenza di tutto ciò è che quando una persona inizia a comportarsi in modo divrso, si modificano anche i suoi pensieri (ad esempio sull'autoefficacia, sulla padronanza, sulla percezione di se stesso e sulla stima di sè, sugli altri sulle relazioni con gli altri, ecc...) e anche il modo di sentire e di emozionarsi.

Io l'avevo spiegato anche qui: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html

Sarei curiosa di sapere come tutto ciò potrebbe alimentare una dipendenza piuttosto che eliminarla... :-)

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#7]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Gent. dott.ssa Piceli
innanzitutto la ringrazio per le informazioni riguardo al CPS e al servizio ospedaliero, proverò a chiedere.
Per quanto riguarda la parte economica ne ho già discusso ma non sono riuscita a arrivare a una soluzione: i miei pensano che in questo modo io sia spinta a cercarmi un lavoro, che per loro è il problema principale. io credo invece che questo atteggiamento mi porterà a peggiorare: è ero sarò io a gestire la terapia economicamnete(ma i soldi sono sempre i loro)però ciò mi portarà a rinunciare ad altro(sport e corsi, cosa che ho già fatto in autonomia, perché era troppo alta la spesa. per ora mi concedo un corso di ballo e qualche uscita)per pagarmi la terapia(infatti loro mi daranno come "paghetta" solo lo stretto necessario per pagare questo e basta).ho qualche extra da parte ma non so quanto mi durerà(per fortuna che non sono spendacciona, a parte le uscite e i compleanni degli amici non mi concedo nulla). ho come la netta sensazione che vogliano farmi rinunciare la terapia, per spendere i soldi nello sport e corsi o attività di aggregazione(perchè secondo loro sono la cura migliore). della serie "se vuoi portare avanti al terapia devi lavorare"(ma è proprio questo il problema!!!!). nella loro ipocrisia mi hanno detto che volendo posso anche tornare a studiare(ma l'università me la pagherebbero loro) o che con i soldi ella terapia avrei potuto comprarmi una macchina. io davvero non ci sto capendo nulla.
la terapia non me l'hanno mai interrotta, a parte con quella regesiana dopo un anno. questa terapia è un susseguirsi di minacce che è vero non sono mai state esaudite, ma hanno minato il mio percorso. questa minaccia del pagarmi io la terapia la attueranno di sicuro, perché scaricano su di me la responsabilità del fallimento della terapia.
per quanto riguarda questa terapia sono fermamente convinti che io stia subendo il lavaggio del cervello e che a parte i primi mesi io non sia migliorata.


"TCC circa la dipendenza alimentata dalle prescrizioni e la risoluzione dei problemi profondi non sono corrette: non mi risulta proprio che la TCC risolva problemi "superficiali" " è un'affermazione della terapeuta non mia....
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
"per quanto riguarda questa terapia sono fermamente convinti che io stia subendo il lavaggio del cervello e che a parte i primi mesi io non sia migliorata."

Sì, ma questo capita spessissimo! :-)
E' per questa ragione che non deve scoraggiarsi, ma prendere questi commenti per quello che probabilmente sono: una protesta ai Suoi cambiamenti.
Non è facile per i parenti dei pz accettare il cambiamento, ma non per cattiveria, ma perchè tutto ciò sposta gli equilibri in casa.
Ad esempio se un pz è agorafobico e si fa accompagnare da un parente ovunque, dopo la terapia il pz diventa autonomo e non ha più bisogno dell'accompagnatore full time. E' chiaro che il parente perde il ruolo. Ma tutto ciò avviene già durante la psicoterapia.
Allora vale la pena lasciarsi aiutare a gestire queste dinamiche familiari, anzichè drammatizzare la questione.
Il problema Suo è come mai si lascia portare a spasso da tali minacce? E' vero che possono essere fastidiose e possono scoraggiarLa, ma sta a Lei permettere il sabotaggio di un Suo progetto di guarigione in terapia, oppure no.
Di solito io sdrammatizzo in terapia con i miei pz su questioni del genere: dove mettiamo tutta la questione relativa al potere dei soldi se proprio i Suoi genitori Le pagano la terapia? Lei resterà sempre sotto la loro ala e non riuscirà a volare, con queste modalità. Probabilmente la terapia e i Suoi cambiamenti in particolare spaventano i Suoi genitori, ma Lei non è certo la prima persona cui accade una cosa del genere!
io non conosco le dinamiche della Sua famiglia nè i suoi genitori, ma avranno le loro ragioni per mantenere questo equilibrio, per quanto patologico: concetto fondamentale delle terapie sistemiche è proprio che le relazioni sono malate e questa arma usata (soldi e loro utilizzo) serve proprio per mantenere le relazioni a questo livello.
Di tutto ciò la Sua terapeuta che dice?
[#9]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Come dice lei anche la mia terapeuta pensa che queste azioni dei miei non sono altro che un modo per ristabilire il solito equilibrio.
i miei genitori sono molto spaventati dalla mia fragilità in quanto ricorda loro il momento difficile della mia infanzia,della malattia e del dolore. tanto che non mi è manco permeso piangere.
però ora al di al delle minacce il problema è concreto: ora mi ritrovo a non riuscire trovare una soluzione a questo problema. o vado a lavorarare(facendo il gioco dei miei) o rinuncio alla terapia.
il mio probelma più grande è che scappo dalle difficoltà. ho smesso di cercare lavoro(anche se mi è presentata una grossa opportunità ma spero che non mi chiamino(adesso spiegherò il perchè)non per pigrizia(i miei credono questo)ma perchè ho aspettative altissime unite alla mia bassa autostima(per es."devo fare le cose perfette""di sicuro sbaglierò""mi chiederanno cose che non capirò o non saprò fare""i miei coetanei sono più avvanti di me"sono frasi tipiche), che mi portano a rinunciare in partenza(quante occasioni ho sprecato non presentandomi ai colloqui o non presentandomi alla firma del contratto).inoltre quello che realmente vorrei fare l'ho abbandonato proprio per le aspettative troppo alte(non troverò lavoro dopo anni di studio e sacrifici).
quindi piuttosto che ripetere questi meccanismi(che portano solo stress, ma sopratutto vergogna immensa)ho preferito stare ferma e risolvere i problemi alla fonte, ma ciò non viene capito(la terpia è stta nascosta ad amici e parenti per vergogna dei miei). come vede a parole ho capito benissimo cosa non va(nonostante la confusione nella mia mente).
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

è tutto chiarissimo, ed era chiaro anche nei consulti precedenti, ma dopo la comprensione del problema è il momento di valutare delle soluzioni, sceglierle e metterle in pratica.

In un'ottica cognitivo- comportamentale il problema è proprio lo stare ferma perchè alimenta il problema e genera solo apparentemente una certa tranquillità, ma come Lei sa non si tratta di serenità perchè il problema c'è in ogni caso e La fa soffrire. Invece è importante mettere a fuoco le difficoltà che Le impediscono di affrontare questi colloqui di lavoro, e cercare di affrontarle, in maniera graduale.
Nessun terapeuta Le direbbe di partire da una corsa chilometrica se Lei non ha fiato e non si è mai allenata in vita Sua, perchè già sappiamo che non ce la farebbe: prima deve iniziare a farsi il fiato con un allenamento graduale ma costante, allenare le gambe, riposarsi, ecc... prendere il ritmo.
La stessa cosa vale per i uoi obiettivi terapeutici. I Suoi genitori, allora, le stanno chiedendo in altri termini di iscriversi alla gara e di piazzarsi bene ma senza che Lei si sia mai allenata. Ma questo ci sta, perchè i Suoi genitori non immaginano che Lei non ha il fiato per poter correre adesso. Infatti in TCC il pz. non viene affatto considerato un robot che automaticamente fa ciò che il terapeuta dice, ma per ogni "passo" si tiene conto delle difficoltà del pz e si cerca di mettere il pz. nelle condizioni di superarle.

Nel Suo caso, "ho aspettative altissime unite alla mia bassa autostima" è proprio ciò che deve essere declinato meglio e poi affrontato concretamente, altrimenti come pensa di risolvere questo problema?
[#11]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
per le soluzioni avevo pensato a questo, ma come posso affrontare il probelma se non ho il supporto della terapia? il problema adesso non è tanto cosa affrontare in terapia ma la terapia stessa, non avendo le possibilità di portarla avanti.
[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Quindi ha proprio deciso di interrompere il trattamento in corso?
Rimane dunque "scoperta" per quanto riguarda il supporto psicoterapico, ho capito bene?
[#13]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
che alternative ho? adesso sto pensando di togliermi ogni possibilità di spesa(uscite-danza)per potermi pagare la terapia, ma i miei non la prenderanno bene,perché penseranno che è colpa della terapia(e comunque non è finita, ribadisco che sono sempre i loro soldi, comunque potrebbero togliermeli da un momento all'altro). però non sarebbe giusto neanche nei miei confronti: merito anche io di avere qualche svago(che non ho mai voluto avere).
la mia paura è che tra questa notizia, la possibilità di lavoro e il lutto io possa cadere in un stato depressivo(anche se lieve ci sono già passata tanti anni fa). mi sveglio sempre stanca, non ho più voglia di fare nulla, di uscire(quel poco che uscivo)persino di andare a danza e di portare avanti il lavoro per mio padre, vorrei dormire tutto il giorno. non posso permettermi di piangere, di sfogarmi perché i miei se la prendono con me per qualsiasi cosa. i sintomi psicosomatici sono alle stelle.
se prima del lutto avevo qualche speranza, ora l'ho persa definitivamente, di fare qualsiasi cosa.
[#14]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Si è già rivolta alle strutture che le abbiamo indicato?
[#15]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
non ancora(sono passati due giorni e francamente con il lutto di mezzo sono molto impegnata) perchè nonostante cerchi informazioni non si capisce a chi mi devo rivolgere...
poi francamente sono molto sfiduciata, perché semmai mi accettino(visto che non sono un caso grave), dovrei ricominciare tutto da capo(e non è detto che la terapia funzioni come sta funzionando quella di ora) e non è detto che debba aspettare mesi prima che la cosa inizi....
[#16]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cambiare psicoterapia non significa ricominciare da capo, ma riprendere il lavoro dal punto in cui è stato interrotto e andare avanti.
Appena se la sentirà contatti il CPS e i Servizi di psicologia ospedalieri nella sua zona e ci aggiorni!
[#17]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Avrei bisogno di un consiglio per far capire ai miei genitori che il ricatto non è l'arma migliore:il corso di danza costa più o meno come il costo mensile della terapia(solo che lo sport o lo studio o qualsiasi altra cosa i miei me la pagherebbero tranquillamente)se dicessi loro che rinuncio allo sport per pagarmi la terapia potrebbe essere una buona soluzione?
già da ora sto rinunciando il più possibile a uscite e svaghi(ergo: son chiusa in casa o se esco non prendo mai nulla)pur di risparmiare soldi... ma i miei non riescono a interpretare la mia chiusura come una scelta per risparmiare o evitare traumi(es la palestra che loro tanto volevano non fa bene alla vestibolite)ma piuttosto come l'ennesimo tentativo di chiudermi al mondo...
la mia paura è che i miei si attacchino al fatto che ho mollo il corso dopo solo 2 mesi. dovrei dire loro questa cosa fra poco, visto che questa lezione di danza coincide con il rinnovo mensile dell'abbonamento...
[#18]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile Utente,

anche questo fa parte del problema relazionale con i Suoi genitori, perchè se prova a rileggere la richiesta o il post n. 17 tutto ciò è evidente: sembra evidente che ci sia una mancanza di confini, un invischiamento che non Le sta permettendo di compiere le Sue scelte senza lasciarsi in qualche maniera condizionare.

Comprenderà però che io non posso dirLe, senza conoscerLa, che cosa fare, perchè in ogni caso con lo psicoterapeuta deve cercare soluzioni e non riprodurre lo schema che c'è già in casa = gli altri mi dicono che cosa fare.

Cordiali saluti,
[#19]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
grazie per la risposta
alla fine è stato un buco nell'acqua anche questa optione.ormai mi sono arresa....la prossima seduta credo che sarà l'ultima perché non ho voglia di farmi male ulteriormente(nel senso sperare ancora nel cambiamento).
per i centri pubblici ho già visto dove sono e non sono raggiungibili con i mezzi pubblici, quindi credo proprio che ci rinuncerò....
la ringrazio per il supporto, anche se virtuale...
[#20]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Alla prossima seduta, si prenda il tempo per chiudere chiarendo tutto ciò che La fa dubitare: è importante.

Cordiali saluti,
[#21]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
dubitare al momento non ho nulla da dubitare...sono solo rassegnata a dover vivere una vita non mia...
[#22]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Intendevo tutte le Sue perplessità sul percorso psicoterapico che non è sempre chiaro, almeno per ciò che emerso qui.

Cordiali saluti,
[#23]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
guardi credo che discutere del percorso terapico e sui dubbi al momento sia l'ultimo dei miei problemi. l'unica cosa che vorrei e che i miei genitori mi facciano vivere serenamente. ma questo non sarà possibile. solo quando cadrò in depressione o peggio(perché son certa che finirà così impasticcata o morta)allora si accorgeranno che cosa è andato storto....
[#24]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Sì, però Lei va a fare l'ultima seduta per chiudere una relazione (terapeutica).
Quanto ai Suoi genitori, Le abbiamo già risposto: la Sua serenità non dovrebbe dipendere da ciò che fanno, dicono, pensano, perchè dovrebbe essere Lei a non permettere a nessuno di non farla campare male e mettere dei paletti.

In ogni caso, Le auguro ogni bene per il Suo futuro e la Sua vita.

Cordiali saluti,
[#25]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
faccio l'ultima seduta non per valutare se la terapia è giusta o meno ma perché d a gennaio volente o nolente, non potrò più andarci.
per quanto riguarda i miei genitori io ho fatto di tutto per non farmi influenzare, ma loro hanno i soldi e il potere, per me la mia vita resta una prigione dal quale non posso uscire.
[#26]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Ne ha parlato con il suo terapeuta di questo problema?

Io tenderei ad andare incontro al "cliente": se c'è motivazione e una buona alleanza terapeutica, non trovo giusto, corretto interrompere una psicoterapia solo per motivi economici...


Si affidi...


Un caro saluto
[#27]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
ne abbiamo già discusso e anche lei non vede troppe alternative.
con i miei aveva già concordato un prezzo inferiore al tariffario abituale...per quanto mi possa venire incontro per me sarebbe comunque troppo(ho qualche soldo da parte più quello che mi danno i miei, ma il solo pensiero che ho il tempo e i soldi contati non mi fa vivere bene la terapia(come ho fatto sino ad ora,non passava mese che volessi abbandonarla a causa dei ricatti).
sa benissimo che non ho un lavoro...e non lo cercherò solo per dar corda ai miei. ormai è diventata una battaglia di principio: io contro loro(anche se come battaglia mi fa comunque restare nel torto). preferisco non uscire, rinunciare a tutto pur di dare ragione o soddisfazione a loro(anche perché anche se lo trovassi riscatterebbe lo stesso meccanismo negativo del scappare-perdere l'occasione-sensi di colpa). vorrei solo che mi facessero fare la terapia in pace, senza ostacoli, che poi i risultati si vedono.
[#28]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissima,

dovrebbe pensare a se', alla sua vita e iniziare ad assaporare un po' di autonomia... Da tutti i punti di vista!


Di cuore
[#29]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
questo lo capisco ma come faccio ad affrontare le mie paure se non ho avuto modo di elaborarle? in un anno e mezzo ho sempre parlato dei miei e del mio rapporto con loro(e di quanto mi ostacolassero). da pochissime sedute avevamo iniziato a parlare finalmente di me e delle mie paure(ma come le richieste di altri utenti insegnano- 8 sedute di quella che posso definire una nuova terapia(incentrata su di me) non bastano a sbrogliare una matassa che mi porto dietro da sempre. c'è da superare il passato e il confronto costante con chiunque, mettermi alle spalle un mondo e una vita che mi da molti sensi di colpa, superare l'odio per i miei(non più senso di colpa), capire cosa voglio fare nella vita e costruirmi un futuro affrontando le miei paure. naturalmente tutto questo intervallato dai miei sbalzi d'umore pressoché giornalieri.
senza aver capito e metabolizzato che cosa mi ha porta ad avere una richiesta perfetta e esigente, senza errori, senza "partire dal basso"(come ho già detto tante volte razionalmente ho capito ma praticamente sono ancora molto bloccata) qualsiasi cosa sarà fallimentare(nel senso negativo del scappare e non affrontare le cose)...

io le ho provate tutte per convincere i miei: pensi che anche chi mi ha in cura per la vestibolite mi ha detto che la terapia di supporto psicologico sta funzionando(oltre quella fisica) e di continuarla se vorrò guarire(che sia con l'attuale psicologa o qualcun altro). naturalmente i miei sostengono che mi sia inventata tutto.
[#30]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Concretamente mi riferivo a questo... anche se può sembrare banale: trovarsi un lavoro, uscire di casa e iniziare a prendersi cura di se' in tutti i sensi!

Non ci ha mai pensato? Inutile intestardirsi... Deve farlo per lei!


Provi a riflettere.

Un caro saluto
[#31]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
le rivolgo la domanda che pongo a chiunque me lo chiede. che tipo di lavoro? che cosa mi piace fare? mi darà un futuro concreto? e se me lo darà e non mi piace rimarrò incastrata in qualcosa che non voglio fare?(so già che non mi darà riposta) ogni volta che faccio un colloquio mi dico che questo lavoro non fa per me e non lo voglio fare. all'apparenza può sembrare pigrizia e poca voglia di fare(e mi creda a furia di sentirsi dire che son svogliata, pigra e viziata dai miei ho perso tutt ala fiducia in me stessa...è stato difficile per la terapeuta farmi capire che non è vero)ma in realtà è colpa delle aspettative troppo alte(che non riesco ad abbassare concretamente). nello studio ero efficiente, precisa e riuscivo a ottenere risultati ottimi....ma era una farsa, e questo mi ha deluso molto. e anche se provo a fare un lavoro e sbaglio, mi chiudo tantissimo, ho delle crisi, scoppio a piangere mentre lavoro, o non dormo le notti precedenti e non ci voglio andare, oppure faccio errori in continuazione e non riesco a raggiungere il mio obiettivo lavorativo. a questo si aggiunge il fatto che non riesco a relazionarmi con le persone con cui lavoro e sopratutto con i clienti(ho sempre fatto la promoter).
[#32]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Gent Dott.ri vi aggiorno sulla mia situazione.

Dal mese scorso gestisco al terapia da sola e questo ha portato giovamento nel rapporto con la terapeuta. A marzo inizierò un nuovo lavoro. Ma il problema e che i miei sintomi sono peggiorati: ho ricominciato a non dormire, ad essere nervosa, irritabile e i cosiddetti "attacchi d'ansia"(giusto per dare loro un nome sono diventati sempre più forti a ogni cosa che devo fare) Questo lavoro non è molto chiaro e sarà molto stressante(lavorerò per un evento molto importante. per fortuna lavorerò con gente che come me è all'inizio, però lavorerò a contatto con un'enormità di gente e ci è stato detto espressamente di "non andare nel panico e di reagire con serenità alle difficoltà"cosa che io faccio regolarmente. A questo si sono aggiunti dei problemi a livello fisico, che mi hanno dato risposte a ricerche durate anni, ma dopo un'iniziale sollievo mi hanno riportato nel panico(perché dovrò affrontare il lavoro in una situazione fisica e mentale molto invalidante per me). Inoltre facendo i turni le sedute con la psicoterapeuta diminuiranno, o comunque farò molta fatica ad andarci per problemi di incompatibilità d'orario. A tutto questo si aggiungono le reazioni dei miei genitori, che invece di sostenermi e aiutarmi, alimentano la mia ansia volendo(manco ho iniziato con questo lavoro)farmi cambiare lavoro perché ne hanno trovato uno più vicino a casa(sono nel panico anche loro) e con più garanzie.
Accenno tutto questo alla terapeuta ogni volta, ma ormai arrivo in seduta che nego ogni cosa o la minimizzo , perché so che non mi aiuterà...
In poche parole rischio di esplodere da un momento all'altro...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Dal mese scorso gestisco al terapia da sola e questo ha portato giovamento nel rapporto con la terapeuta"

In che senso la sta gestendo da sola?
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dopo
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nel senso che non sono più i miei a pagare le sedute ma io....
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Questa novità è molto positiva perchè sicuramente la solleva dalle preoccupazioni che aveva espresso in precedenza.

Sarebbe davvero utile che riportasse alla nostra collega quello che ci ha riferito (magari stampando e portandole il post precedente) e anche che le dicesse che quando arriva in seduta tende a negare o a minimizzare.
Secondo lei come mai non riesce a riferire correttamente alla psicologa quello che sente e che prova?
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dopo
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perchè so già che mi dirà che è tutto normale, che è normale che mi senta così

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dopo
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poi purtroppo molto spesso passa una settimana o qualche giorno tra i vari attacchi. molto spesso poi magari nel frattempo succede altro che questi problemi passano in 2 piano. adesso cercherò di sentire la terapeuta al telefono anche se so già che non mi aiuterà(visto che ora, dopo aver mangiato mi sento meglio).

ps: la terapeuta sa benissimo cosa sto passando (tutto insieme per giunta)
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dopo
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purtroppo la telefonata non ha dato esisto positivo. mi ha ripetuto le stesse cose: che è normale andare in ansia. io comincio ad essere stufa di questa situazione, sto malissimo. Mi passa la voglia di affrontare le mie paure in questo stato...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Non mi è chiaro in che senso le ha detto che è normale andare in ansia: per quanto l'ansia sia una reazione che tutti proviamo di fronte a determinati stimoli, stando a quanto dice mi sembra di capire che lei non vada in ansia solo in situazioni che metterebbero in difficoltà la maggior parte delle persone, ma che le capiti un po' più spesso e con una certa intensità.

Se le sembra che questo percorso di terapia abbia esaurito la propria efficacia - cosa che ci ha detto anche in precedenza - è giusto che ne parli con la dottoressa e che valuti altre opzioni.

Nell'ottica invece di proseguire questo tipo di lavoro potrebbe essere utile coinvolgere i suoi genitori, che sembrano in difficoltà quanto lei nel separarsi e nel concepire l'idea che ce la può fare anche da sola: trattandosi di una psicoterapia sistematico-relazionale avrebbe infatti senso che vi si sottoponesse tutto il sistema e quindi la famiglia della quale il paziente fa parte.
[#40]
dopo
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gent. dott.ssa Massaro i miei genitori sono stati inseriti nel percorso(con delle sedute ogni 2-3 mesi)ma la cosa ha solo peggiorato la situazione. Sin dall'inizio non hanno creduto in questo percorso, mi ci hanno mandato nella speranza che in pochi mesi sarei tornata ad essere l'automa (come ero nella vita passata), che non si lamenta mai, che prende buoni voti a scuola. a dicembre hanno smesso di pagarmi la terapia perché erano esasperati. da una parte negavano le cose e ogni seduta(a cui io nn volevo partecipare)finiva in lite con al terapeuta, ma dall'altra parte volevano sapere a tutti i costi i miei miglioramenti concreti o volevano intromettersi nella terapia.
io non credo che siano cattive persone, so che mi hanno cresciuto con tanto amore, però non voglio ammettere di aver cresciuto nel modo sbagliato la loro figlia. ma la cosa più brutta è i miei problemi durante l'infanzia devono averli destabilizzati parecchio e faticano a superare il trauma(è difficile far capire loro che soffro, sia fisicamente che emotivamente. sono arrivata al punto di farli parlare con i medici perché non mi credono, pensano che io faccia i capricci, come una bambina. mia mamma a raccontare i miei problemi si emoziona, e sono passati tanti anni.). purtroppo loro più di me hanno dei tratti disfunzionali(sospetto che mio papà soffra di bed(mangia fuori pasto senza farsi vedere credo in modo compulsivo)mentre mia mamma è una maniaca del controllo(e solo ora vedo gli effetti che produce su di me, su mio padre e su mio nonno imponendo la sua idea a tutti i costi);inoltre abbiamo appena avuto un lutto in famiglia e fatica a tirarsi su.sono molto consapevole che avrebbero bisogno loro più di me di un percorso, ma si sa che fin quando continueranno a negare, qualsiasi intervento è inutile.
[#41]
dopo
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ogni mese continuo a discutere di un'alternativa con la terapeuta(che possano essere prescrizioni precise o un aiuto farmacologico), ormai mi è passata anche la voglia di discuterne tanto so che non van bene per me. inoltre adesso non è il caso di cambiare terapeuta, sarebbe solo l'ennesimo problema da affrontare nella lista di cose da superare(lavoro, relazionarmi con gli altri, l'ansia e i problemi di salute).nonostante la terapeuta mi dica che stimo affrontando il percorso insieme, io mi sento sola.
[#42]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Che spiegazione le dà del fatto che si sente sola?
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dopo
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in che senso?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
La dottoressa le ha dato una spiegazione? Secondo lei perchè si sente sola in questo percorso, mentre state lavorando assieme?
[#45]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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mi dice che un pò è normale sperimentare la solitudine nei confronti di tutti quando si cresce. continua a ripetermi che non sono sola e che mi devo fidare di lei. io ora le sto dando una possibilità ma non ne traggo troppo giovamento. oggi non sapendo che fare, sentendomi appunto sola con il mio attacco d'ansia, per la prima volta l'ho chiamata fuori dalla seduta, ma non ne sono uscita rincuorata ne con un umore migliore anzi. alla fine siamo rimaste che io ho delle reazioni normali per una persona che deve affrontare anti problemi insieme,che alla prossima seduta mi darà una mano con gli spostamenti per il lavoro(cosa che sarei riuscita a fare da sola, ma essendo la causa scatenante dell'attacco), che dovrò dire chiaro al medico che mi cura se è possibile risolvere la situazione prima che vada a lavorare(ne dubito visto che dovrò fare delle terapie ormonali e altre cose). mi ha dato si delle soluzioni concrete,cercando di affrontare un problema per volta, però mi sento sola lo stesso, sempre con le lacrime agli occhi ogni giorno, senza dormire, con quest'ansia che mi fa solo arrabbiare.
non ho chiesto io di nascere con un sacco di problemi. io non voglio più vivere la vita standard: nascere, crescere, studiare, lavorare, trovare un compagno, sposarsi, far figlie crescerli, morire. vorrei un'altra vita.
[#46]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Il punto non sono i problemi di salute che ha avuto da piccola, ma come sono stati gestiti e affrontati soprattutto dal punto di vista psicologico.

Penso che il senso di solitudine che prova possa essere lo stesso che ha sperimentato e che ancora sperimenta in famiglia, dove - a quanto dice - i suoi genitori non sono presenti per dare una risposta alle sue esigenze (essere compresa, sostenuta e incoraggiata), ma per dare una risposta alle proprie (sedare l'ansia).

Se la spiegazione fosse questa la riproposizione della sensazione di solitudine anche nel percorso terapeutico significherebbe che sta sovrapponendo la figura della terapeuta a quella dei suoi genitori.
Non trattandosi di una psicoterapia psicodinamica, che assegna molta importanza e analizza costantemente la relazione terapeutica, è possibile che questo tipo di lettura non sia effettuato perchè esula dalle modalità con le quali è condotta la terapia, ma le suggerisco comunque di rifletterci perchè se sta confondendo i genitori (la mamma) e la terapeuta possono crearsi dinamiche controproducenti e confusive.
[#47]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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bhe diciamo che ci penso io a analizzare costantemente la relazione tapeutica :-)

A livello di interpretazione non specifica(secondo il mio punto di vista)la relazione con la terapeuta è sempre stata distante(e anche lei me lo ripete spesso). Si nota spesso come io sia spesso polemica(a volte esplicitamente a volte sottilmente)e ante volte io appaia molto fredda(come davvero se lei fosse una persona con cui parlo una volta a settimana per sfogarmi e basta): molto probabilmente ho paura di lasciarmi andare(e di fidarmi totalmente)perchè ho davvero paura di ripetere i meccanismi avuti con i miei genitori. In questi anni con le persone o finivo per allontanarmi o comunque tenendo delle distanze bene nette(con le amicizie) o finivo in fase di dipendenza acuta(con i ragazzi). adesso ho paura di non riuscire a gestire la cosa(se ho capito cosa ha scritto nel messaggio precedente: da una parte mi viene chiesto di avere fiducia(e io tendo a ritrarmi avendo paura)e dall'altra sto tentando di lasciarmi andare ma forse ho pretese troppo alte...

In questo periodo provo per come è stata gestita la mia situazione dai miei genitori(e come ho vissuto sino ad ora), e per il fatto che non vengo capita dal mondo esterno(la psicoterapia viene minimizzata e l'ansia ridotta a un "fattela passare").

un fattore che merita interesse e che esporrò alla terapeuta è questo: se i miei genitori mi avessero supportato le cose sarebbero andate meglio. l'ho visto con il rapporto con i medici: fin quando sono stata io da sola a peregrinare tra visite e cose varie i miei problemi erano minimi. Nel momento in cui mi sono rivolta a un medico che conoscevano anche loro, io ho smesso la mia ricerca compulsiva su internet e mi sono finalmente rilassata. come se io e i miei vivessimo in simbiosi e sta cosa mi provoca tanta rabbia. Mi ritrovo a sperare di andare al lavoro per allontanarmi da loro ma dall'altra ho una paura atroce di ricadere negli stessi meccanismi(essere rimproverata, non riuscire a fare le cose, non riuscire a integrarmi). Poi si sono aggiunti i problemi di salute, che danno risposte e scavano in passato profondo(e alla fine è tutto collegato).
Mi sento sola perché molto probabilmente mi ritrovo tutto addosso e non so come affrontarlo(ecco forse il perchè dell'ansia). ora l'ansia è molto diversa da qualche tempo fa: se prima era un grido di dolore e di aiuto(i sintomi fisici come la dermatite erano forti e evidenti e perduravano per settimane), ora l'attacco è più violento, ma ho ho notato che dura molto meno: nel momento in cui non ci penso il tutto svanisce o comunque si attenua.
però la reazione d'ansia mi spaventa molto(anche alla luce di un contesto lavorativo importante), perché è imprevedibile e ho paura che non venga compresa(es. la frase tipica dei miei: "fattela passare"come se dipendesse da me).
[#48]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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quello che mi chiedo e come comportarmi quando ho un attacco? è giusto che ci sia?lo devo controllare o lasciarlo andare? è la reazione degli altri a spaventarmi(perchè al contrario di come dice la terapeuta"non sarai ne la prima ne l'ultima persona che viene presa dall'ansia"un attacco per me sarebbe devastante, cioè mi porterebbe a licenziarmi dopo che mi è passato).
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Vorrei poter rispondere alle sue domande, ma senza conoscerla e a fronte di una situazione sicuramente complessa, come è quella che descrive, non è possibile esprimere un parere o dare indicazioni a distanza.

E' probabile che i suoi problemi di relazione si stiano riflettendo nel transfert che ha instaurato con la terapeuta, ma rendersi conto di questo non è sufficiente ed è necessario lavorarci perchè lei si senta accolta e compresa.

Rimane sempre valido il consiglio di non considerare inevitabile il prosieguo di questa specifica terapia e di riflettere sull'opportunità di un cambiamento, soprattutto se si instaurasse un'impasse prolungata dalla quale le sembrasse di non riuscire a uscire.
[#50]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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più che latro vorrei capire, rimanendo nei limiti del consulto via internet sia chiaro, in cosa Lei evince che io stia trasferendo la relazione con i miei verso la terapeuta. Perchè non riesco a capire se lei intende il fatto che mi fidi poco o se(sempre nei limiti di ciò che ho scritto)c'è qualcos'altro.

A me sembra che qualche passo avanti sia stato fatto: ad esempio la chiamata al telefono fuori dalla seduta, mi è stata esortata più volte dalla terapeuta(da un anno e mezzo a questa parte), ma fino ad ora non è mai stata effettuata"per non disturbare"e perhcè non volevo che i miei mi sentissero.

vorrei capirci un pò di più, così da poter sia io rifletteteci, sia portarlo in seduta e discuterne con la terapeuta(anche perché ciò che mi ha detto mi porta ad avere molti dubbi, mi sembrava che le cose stessero migliorando....).

[#51]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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Gent. Dottori

ho riflettuto molto su quello che mi avete scritto.
Ho preso fortemente in conto l'ipotesi di cambiamento della terapia, e se quest'ultima cosa che vorrei effettuare non mi aiuterà a consolidare la fiducia con la terapeuta e sarò ancora diffidente, il cambiamento sarà inevitabile.
Vorrei parlarle delle mie fissazioni, compulsive, gesti che tante volte avvengono spontaneamente senza pensarci, ripetitivi, specialmente nei momenti d'ansia. Ce li ho fin da piccola, con il passare del tempo ho imparato in pubblico a controllarle, ma la questione va elaborata, visto che persiste.
Siccome si tratta di un argomento che mi crea molta vergogna,e fatico molto ad esporre con parole mie, vorrei sapere se esiste un dizionario o comunque qualcosa, che esponga questo tipo di disturbi dal punto di vista scientifico (per es. la Tricotillomania è l'atteggiamento compulsivo di arrotolarsi e strapparsi i capelli), così da poterli riportare alla terapeuta.
[#52]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>vorrei sapere se esiste un dizionario o comunque qualcosa, che esponga questo tipo di disturbi dal punto di vista scientifico<<
questo non soltanto è inutile, ma anche controproducente. Dovrebbe cercare di descrivere il suo disagio nella maniera più semplice, senza supporti.

La valutazione e, qualora ce ne fosse il bisogno, la diagnosi, spetta al terapeuta.






Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#53]
dopo
Attivo dal 2014 al 2015
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come posso fare? si tratta di azioni come dire "non moralmente accettabili"
[#54]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Ovviamente senza conoscerla possiamo solo darle degli spunti basati su quello che ha scritto e non fornirle delle valutazioni. Non potendo farmi un'idea fondata del suo caso a distanza, ciò che le suggerivo era una riflessione su quanto si siano create (o meno) dinamiche transferali (rapporto terapeutico) che ricalcano le dinamiche familiari e su quanto i sentimenti che prova per la terapeuta ricordino quelli che prova per i suoi genitori, aspetto che lei stessa riconosce come possibile ostacolo alla terapia:

"molto probabilmente ho paura di lasciarmi andare (e di fidarmi totalmente) perchè ho davvero paura di ripetere i meccanismi avuti con i miei genitori".

Di questo è importante che parli in seduta, con parole sue, così come è importante che descriva con parole sue (non le servono dizionari) quello che sente.

Da qui non è possibile fare altro per lei: le auguro di riuscire a fidarsi di un terapeuta, che sia questo o un altro, per poter lavorare davvero a fondo sul suo malessere.

Un caro saluto,

[#55]
dopo
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Gent. Dottori,

mi scuso se vi rubo del tempo, ma davvero al situazione per me è diventata insostenibile.

ecco come sono migliorato il rapporto: finalmente sono riuscita a parlare dei miei rituali alla terapeuta in una seduta; sto seguendo il consiglio di chiamarla nei momenti di ansia molto forte; tante volte mi viene da passare a darle del tu e ho ripreso a stringerle le mano e a dirle un sincero "arrivederci"per salutarla alla fine della seduta(la terapeuta aveva smesso di stringermi la mano per non forzarmi al contatto fisico). piccoli gesti che forse mio caso risultano importanti nel dare fiducia a una persona.

sono riuscita con forza a chiudere la relazione di dipendenza con il mio ex(che anche lui alimentava cercandomi), ho dato al possibilità prima a un'amica che conosco da anni e a un amico che non conosco bene di uscire da soli al di fuori della comfort zone del gruppo: un'occasione dove ho potuto sperimentare che le persone si possono aprire con me(facendomi rendere conto che sono una persona degna di fiducia). Forse ho capito cosa voglio "provare" davvero a fare nella vita, anche se a breve inizierò a lavorare

Il problema resta la mia ansia che mi colpisce ogni qualvolta provo a fare qualcosa di nuovo: può essere fiebile ma duratura(al quale riesco a soppravvivere) per uscire con un amico o devastante quando si parla del lavoro. A breve dovrò iniziare: lavorerò in gruppo e dovrò interagire con i clienti (mi è stato detto "l'importante è non andare in ansia"). non ho fatto colloqui ma sono entrata "per conoscenza": firmerò un contratto senza avere però i requisiti richiesti(nonostante sul cv sono stata sincera), senza aver realmente voglia, ma tutti compresa la terapeuta mi dicano di buttarmi. La mia autostima è già a terra e sono arrivata a non riuscire a guardare nessuno negli occhi, mi perdo mentre i responsabili mi parlano, non sono così entusiasta come le mie colleghe, anzi, li guardo terrorizzata(e queste sono solo le riunioni).appena torno a casa scoppio a piangere, ma posso arrivare anche a riempirmi di graffi e lividi, mi riprometto di non volerci andare, il mio corpo mi da segnali inequivocabili di ansia. ne ho parlato più volte con la terapeuta perché ho paura di farmi male, piangere al primo rimprovero al lavoro,o peggio reagire con estrema rabbia, ma mi pare che rimanga shoccata dei miei comportamenti e sia in seduta e anche al telefono non sappia cosa rispondermi. i miei amici sono preoccupati e i miei genitori non riescono davvero a capire che cosa ho sul viso(ci sono già parecchi problemi in famiglia).
come ultima spiaggia ho chiesto via messaggio se potevo chiamarla e se poteva consigliarmi uno psichiatra, ma non ho ricevuto risposta(è sempre stata contraria a farmi prendere farmaci). perché va bene che devo lasciar fluire l'attacco d'ansia, non rischio la morte, ma non posso svegliarmi la mattina con gli occhi gonfi a furia di piangere, con i graffi sul viso, i dolori per gli schiaffi o pugni, senza aver mangiato perché l'attacco d'ansia mi toglie l'appetito e mi fa solo dormire.e più si avvicina la data d'inizio del lavoro e più aumentano gli sbagli nella vita quotidiana più gli attacchi si fan più frequenti. I miei genitori e i miei amici son molto preoccupati ma non possono aiutarmi.
mi rendo davvero conto che un un cambiamento sarebbe utile(utilizzo di farmaci)e se questo mi fosse sconsigliato forse è davvero il caso di chiudere con la terapia. ma come posso fare?
ogni volta che mi presento in seduta delusa che voglio lasciare , lei continua a dirmi che la nostra dipendenza non è dannosa, che sarebbe l'ennesima cosa in cui scappo, che comunque non sono sola ad affrontare le cose ecc... alla fine cedo. ma come potete capire dalle mie parole io ci sto provando a cambiare, ma molto probabilmente lei fatica davvero a capire come mi sento, anche alla luce di atteggiamenti ossessivi e autolesionismo. inoltre quando inizierò a lavorare ci saranno problemi anche ad organizzarmi con le sedute(anche e perchè lei lavora nello studio a cui mi sono rivolta 2 giorni alla settimana).

ho davvero voglia di chiudere questo rapporto sbagliato, ma mi sento invischiata in questo "ricatto psicologico".