Accettare una nuova vita

Salve, scrivo in questo spazio per avere un'opinione sulla mia situazione. Premetto che non sono seguito da alcun medico né lo sono mai stato in vita mia, non prendo farmaci di mia iniziativa, né droghe o alcol. Il problema, se di problema si può parlare, è questo: 2 anni fa esatti ho cambiato vita, facendo un "salto" nell'età adulta (casa, lavoro, convivenza) in modo repentino da una vita "comoda" in casa con i genitori da studente. E' stato tutto molto repentino: lavoro trovato, casa comprata, trasferimento in un'altra città. Non ho avuto esperienze di mezzo tipo studio fuori sede o case in condivisione.
Ora, molto semplicemente: non dico da subito, ma diciamo da un anno/un anno e mezzo mi sono spuntati problemi e problemini di ogni tipo. Niente di grave, preciso: per la maggior parte del tempo, se dovessi fare un bilancio, sono stato (e sono) tranquillo. E il benessere fisico è più o meno costante (dormo sempre come un sasso, mai un'influenza, al limite qualche mal di gola, mai stanchezza, mai "crisi").
I "problemi e problemini" di cui sopra sono tutti tutto sommato lievi, ma ascrivibili all'orbita - credo - della psicosomatizzazione: momenti di ansia, attacchi (lievi, ma attacchi) di angoscia, vampate di malinconia, momenti di stress, e un corollario di noie anche fisiche tutte legate all'intestino (anche qui niente di grave: un lieve, ma già ritornato 2-3 volte, colon irritabile).
Per un po' di tempo ho insistito a occuparmi dei singoli problemi dandogli corda e importanza (che so: rimuginare sull'ansia, oppure modificare la dieta per il colon credendo fosse imputabile a questo o quell'alimento).
Poi però mi sono detto: ma com'è che fino a 2 anni fa non avevo niente (ma niente!) di tutto questo? E allora ho come visto finalmente che tutto è nato qui, in questa casa, con questa nuova vita. Che siano tutti riflessi e manifestazioni di "qualcosa" legato a questa vita nuova, insomma... ed è vero, ci sono forse cose che a volte non mi piacciono, ma al 90%, anzi 95%, la mia vita mi piace. Forse sono un po' solo, e forse lavoro un po' troppo, e forse penso troppo... ma ero così anche prima, sono così da quando sono bambino. La "protezione" della casa coi genitori era sufficiente a darmi stabilità? E' solo un momento transitorio di adattamento con tutte le difficoltà del caso, o mi sto illudendo che la vita mi piaccia e invece il "bambino interiore" mi sta dicendo che tutto questo non fa per me, o anche se mi sembra mi piaccia, non mi sta facendo bene?
Spero siano chiari i miei dubbi, anche se so che non conoscendomi "a fondo" non sia facile farsi un'idea...Grazie!
Mario
[#1]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 740 20 3
Caro Mario,
Devo dirle che e' stato davvero bravo a passare in modo così repentino da una vita in famiglia a una vita lavorativa e da single! Ma forse, proprio perché così repentinamente, non ha avuto il tempo necessario di adattarsi e di assimilare le nuove abitudine e il grande cambiamento di vita che questo ha richiesto. Credo, quindi, che si tratti di un passaggio temporaneo e transitorio da uno stile di vita da figlio a uno stile adulto. Non è' facile e, soprattutto, e' un processo graduale. Considerato che lei sembra avere buone risorse personali e riflessive, potrebbe prendere in considerazione di incontrare uno psicologo per una consulenza. Tutti i sintomi sembrano mostrare che vi sono dei bisogni e delle paure che rimangono allo stato latente. Renderli consapevoli potrebbe essere il primo passo per superare questo delicato momento.
Un caro saluto

Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia
Psicologa. Psicoterapeuta. Analista Transazionale

[#2]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<E allora ho come visto finalmente che tutto è nato qui, in questa casa, con questa nuova vita.>

Gentile Utente,
certamente cambiamenti importanti per giunta tutti abbastanza improvvisi e insieme, comportano un certo stress e richiedono nuovi adattamenti.

Nel suo caso, poi, lei è transitato di punto in bianco, in una nuova dimensione una casa sua, un lavoro, la convivenza) senza in qualche modo avere fatto passi precedenti verso il distacco dalla sua famiglia.

Tante responsabilità, carichi nuovi e un certo grado di fatica, forse, a distaccarsi dai suoi genitori. Forse ha proceduto come un treno senza ascoltarsi troppo.

Le decisioni prese sono state prese in autonomia oppure magari forzate dalla sua compagna?

Come hanno preso i suoi il distacco da loro?
Dice di sentirsi solo, convive ancora e se sì come va la situazione?
Quali sono le cose che non le piacciono attualmente?

>I "problemi e problemini" ascrivibili all'orbita - psicosomatizzazione: momenti di ansia, attacchi (lievi, ma attacchi) di angoscia, vampate di malinconia, momenti di stress, e un corollario di noie anche fisiche...>

La sua domanda oltre a quanto detto, da qui non può ricevere risposta certa; le suggerisco perciò di fronte alla sintomatologia riferita e ai dubbi che si pone, di rivolgersi direttamente a un nostro collega.
Se di ansia si tratta, come sembrerebbe, andrebbe curata prima che magari possa cronicizzarsi o peggiorare.

Anche una visita dal suo medico curante, se ancora non l'ha fatto, sarebbe raccomandabile.

Restiamo in ascolto

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#3]
Attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile utente,

< momenti di ansia, attacchi (lievi, ma attacchi) di angoscia, vampate di malinconia, momenti di stress, e un corollario di noie anche fisiche tutte legate all'intestino ...>

Tutta la sintomatologia, che riferisce, può essere legata al cambiamento in atto.... È forse, proprio, questa difficoltà, anche, inconscia, di una separazione ed un'individuazione.

Solitamente ansia ed insicurezza vanno di pari passo.

Credo, nel caso in cui dovesse persistere questo stato di malessere, utile la riflessione di confrontarsi con un Collega, per poter "ripristinare" un equilibrio quotidiano.


Un caro saluto.
[#4]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Un cambiamento, anche se voluto, spaventa e destabilizza...

Farlo diventare una vera risorsa è però possibile.
Si faccia seguire da un nostro collega, vedrà che saprà ascoltare quello che fino ad adesso è stato silente

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#5]
dopo
Utente
Utente
Perdonate l'indelicatezza della risposta collettiva, ma: vi ringrazio moltissimo per l'ascolto e il tempo che mi avete dedicato. Tutte sembrate più o meno concordi nel riconoscere che il cambiamento è stato repentino, "totalizzante", e che questo può essere difficoltoso e più laborioso da accettare di come sembra a livello conscio... è una cosa di cui forse mi rendo conto appunto solo adesso, nella mia vita sono sempre stato una persona poco emotiva, pochissimo attenta ad ascoltarsi (e ovviamente poco incline a confidarsi, "lasciarsi andare" in tutti i sensi, e così via), molto razionale, autonoma e molto "focalizzata", e quindi ho preso questo grande passo come una bazzecola da affrontare alla leggera, con le sole e consuete armi di volontà, pazienza, gambe in spalla e razionalità. E' così che mi sono costruito un po' tutto nella vita finora (dallo studio, al lavoro - in proprio, ça va sans dire). Probabilmente ora sto un po' pagando questo tipo di approccio alla vita?

Brevemente, per rispondere alle domande della dr.ssa Rinella: la decisione di andare a convivere effettivamente non l'ho ponderata molto, anche se l'ho presa con entusiasmo perché mi pesava un po' stare a casa dei genitori (niente conflitti, un semplice e fisiologico bisogno di indipendenza). Diciamo che abbiamo colto un'occasione un po' "al volo", forse troppo. I miei genitori l'hanno presa bene, o almeno credo, anche perché non mi sono trasferito molto lontano, ci si vede e sente spesso. So che mia madre, come da tradizione di "mammà" italiana, mi avrebbe preferito più vicino, ma non ha mai questionato. Tendenzialmente per quanto voglia bene ai miei genitori, non mi manca la vita a casa loro, però ammetto che a volte mi manca più in generale la mia città e il senso di "protezione" e di abitudine che mi dava. E' una sensazione che ho tuttora ogni volta che ci torno, appena rimetto piede nella mia città mi sento subito "io", nella "mia" dimensione (capisco da solo sia fisiologico che un posto in cui sono vissuto 30 anni versus uno in cui sono da 2 mi dia ancora questa sensazione). Relativamente ai miei genitori, anche se non mi manca la vita a casa loro, in effetti però in questi 2 anni mi sono trovato spesso a pensare a quando non ci saranno più (sono anziani entrambi), il che immagino sia un altro effetto collaterale di questo distacco.

La convivenza di per sé va benissimo e mi sento molto fortunato relativamente alla relazione... quel poco di solitudine forse viene dal resto, nel senso che non ho molti amici né impegni "sociali". Ma sono stato sempre così, un solitario, e ci sono stato sempre benissimo fin da bambino; è come se ora (e comprensibilmente, in fondo) mi stia magari un po' stancando della cosa. O perlomeno mettendola in discussione. Sostanzialmente quello che forse non mi piace della mia vita è un po' questo, l'apparente mancanza attuale di orizzonti e di "mondi" in cui vivere le mie giornate a parte lavoro (a cui dedico molto tempo, se non quasi tutto), hobby (solitari) e fidanzata. Non capisco se davvero "il mio Io" mi stia dicendo di cambiare rotta, oppure se sotto sotto sono sempre lo stesso e sto bene così, ed è il generale cambio di vita che mi sta mettendo alla prova facendomi questionare un po' tutto. A monte il mio dubbio era capire se può essere un periodo fisiologico e normale (anche se un po' lungo) di assestamento con relativo malessere per una "crisi" in atto, o altro. Si sente tanto parlare delle "crisi dei trent'anni"!
[#6]
Attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissimo,

< a volte mi manca più in generale la mia città e il senso di "protezione" e di abitudine che mi dava. E' una sensazione che ho tuttora ogni volta che ci torno, appena rimetto piede nella mia città mi sento subito "io", nella "mia" dimensione...>


Può essere, realmente, un riferirsi al periodo transitorio di "assestamento"!

Senza sottovalutare nulla, nel caso ne sentisse il bisogno, si confronterà con uno Psicologo del Consultorio della sua città.


Un grosso in bocca al lupo.

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