Tempi di elaborazione della fine di una storia

Gentili Professionisti, pochi giorni fa ho scritto in merito ad un dubbio su un possibile transfert verso la mia terapeuta.
Volevo sapere se è "normale" dopo due anni e mezzo pensare ancora ad un ex, una ragazza come me. E' stato il più grande amore, quello con cui ho fatto una progettualità di vita, una storia intensissima e felice ma finita bruscamente, da un giorno all'altro, quando la mia ex compagna mi ha comunicato di non ricambiare più i miei sentimenti. Non ci sono mai state discussioni durante la relazione, forse perché lei non ha avuto mai il coraggio di affrontare a fondo certi suoi pensieri per paura di "farmi male", usando le sue stesse parole.
In sette ore sono passata dal cielo al buio profondo, e lì mi sono fermata nel senso che a distanza di due anni e mezzo, mi sento come bloccata nel tempo, come se fossi rimasta ancora lì nel passato sperando che lei torni da me. Fino a luglio scorso ho pure provato a ricorteggiarla ma il non veder ricambiati i miei sentimenti ha portato la mia autostima a sprofondare ancora di più. Sono otto mesi che ho deciso di chiudere ogni forma di contatto, perché stavo peggio a starle accanto da falsa amica che non riesco ad essere, è da allora non so più nulla. Dopo i primi mesi di forza dettata dalla rabbia e rancore verso lei e la modalità con cui ha terminato la relazione, verso la sua indifferenza per il mio dolore, e per aver scelto di non condividere la sua vita con me a differenza di quanto invece mi aveva promesso, e' subentrata una fase di passività, malinconia, depressione, esclusione dalla vita sociale, allontanamento dalle relazioni e totale incapacità a provare emozioni compresa l'assenza di desiderio sessuale. Purtroppo la mia mente continua a pensare a lei, anche se non ne parlo più con nessuno, la desidero e penso a come è la sua vita e lei, vorrei averla ancora al mio fianco e nella mia vita, mi manca. Io mi sento ferma, non vedo altro che lei con gli occhi e ho perso la voglia di sperare.
Secondo voi è normale un tempo così lungo per elaborare un distacco? Quando potrò sentirmi davvero libera e ritrovare la speranza di amare ancora?
Grazie.
Cordialmente
Fenice
[#1]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Gentile Fenice,
ben ritrovata.
I suoi sono interrogativi leciti e importanti, meritevoli di un ascolto e un approfondimento impensabili a distanza. Le nostre ipotesi sarebbero inevitabilmente generiche e poco spendibili.

La invito ad affrontare tali argomenti con la psicologa che la sta seguendo, dal momento che è quello il luogo più idoneo per farlo.
La prossima seduta è vicina, vero?

Cordialmente,

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

[#2]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Si, a giorni.
Il fatto è che il mio giudice interno mi da già una risposta, ovvero una anormalità nei tempi di elaborazione di questo "lutto"; con la terapeuta (di approccio olistico gestaltico) stiamo cercando di fare in modo di riprendere possesso del qui ed ora, del presente che non percepisco, ma a livello "pratico", nel concreto, e' difficilissimo destrutturare una impalcatura costruita in oltre trenta anni di esistenza; per di più, non ho relazioni amicali che mi sostengono, perché per miei problemi relazionali passati forse, non sono stata capace di mantenere un rapporto di fiducia. Oggi come oggi, a 35 anni e' quasi impossibile ricostruirsi da zero, perché davvero ho fatto tabula rasa di tutto e tutti, e l'isolamento attirare ulteriore isolamento.
Scusatemi se nel proporre questo mio dilemma sono apparsa ripetitiva, ma dopo varie esperienze di fallimenti (anche con terapie vecchio stile dalle quali sono uscita prova di fiducia), oggi credo che la strada medica che seguo possa essere quella più adatta a me (ho bisogno di concretezza, di sentirmi scrollata, di avere impatto emotivo forti che mi risveglino e mi riportino al contatto con la realtà) ma la solitudine, i pensieri fissi e ricorrenti talvolta mi portano a pensare che non sarò mai più felice.
Vi saluto e vi ringrazio ancora.
[#3]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
<<il mio giudice interno mi da già una risposta>>

Ok, ma sta a Lei decidere se dargli retta, oppure no!
Se seguire il filo di quei pensieri o cercarne di alternativi.
In fondo, per voltare pagina e riprendere in mano la sua vita, non ha importanza se questo tempo rientra nella norma o no...attenzione a non utilizzare questo come alibi per mantenere lo status quo...

Quando un rapporto si chiude -così come quando muore una persona a noi cara- il lutto da elaborare riguarda anche la parte della nostra identità legata a quella specifica relazione (io-con-lei/lui). Forse è con questo che deve ancora fare pace?

<<a livello "pratico", nel concreto, e' difficilissimo destrutturare una impalcatura costruita in oltre trenta anni di esistenza>>

Spesso è più difficile pensare o parlare di ciò che dobbiamo/vogliamo fare che farlo praticamente. Potrebbe anche provare ad invertire lo "schema" e fare una (anche) piccola cosa senza avere la certezza di essere pronta.
Le suggerisco, se non lo ha fatto, di leggere il libro "Per dieci minuti" di Chiara Gamberale.

<<i pensieri fissi e ricorrenti talvolta mi portano a pensare che non sarò mai più felice>>

Per fortuna, per quanto noi pensiamo ad una cosa, non significa che di certo questa accadrà. La sua felicità dipende da Lei, non dai suoi pensieri.
Anche se ora sta facendo fatica, anche se la luce le sembra ancora lontana, anche a me sembra che stia andando nella giusta direzione (<<oggi credo che la strada medica che seguo possa essere quella più adatta a me >>).

Buona settimana.

[#4]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Grazie.
Ha perfettamente ragione quando dice che devo ancora far pace con la perdita della mia parte di identità legata alla relazione con la mia ex compagna. Probabilmente il legame che si era creato, e la successiva fine, ha riaperto ferite lontane che "credevo" ormai passate, prima fra tutte il primo grande distacco mai elaborato fino ad ora (taglio del cordone dal nucleo familiare). Non per niente la ferita antica (fisica e psicologica) subita nell'infanzia a torto o ragione mi ha fatto diventare adulta troppo in fretta, senza consapevolezza, e senza volontà forse. Oggi mi trovo a capire di non aver vissuto l'adolescenza o gli anni più fertili di giovinezza (non sarà un caso, ma ho lottato - e a testa alta dico vinto - per cinque anni l'anoressia). Laddove i miei amici erano intenti a viaggiare io lottavo contro una bestia atroce, ecco il motivo del mio tener lontano il mondo, un mondo che non può capire se non c'è passato, un mondo sempre pronto a giudicare ancor prima di capire.
Sono una combattiva, ma dopo anni di battaglie forse ora sento la stanchezza, e rassegnazione.
Non l'ho letto ma leggerò sicuramente quel libro, e grazie.
Che sia davvero una buona settimana, e lo sia anche per Lei. Saluti.
[#5]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Buongiorno Terapeuti e Specialisti, stavo riflettendo su una situazione che è subentrata da qualche tempo a questa parte. Io mi sono resa conto che se penso alla terapeuta riesco a non pensare alla mia ex, mentre fino a poche settimane fa, nonostante la storia sia finita da oltre due anni, mi sentivo invasa ancora dal pensiero della mia ex compagna. Ho pure pensato di rompere il silenzio con lei e ricontattarla, ma non riesco ad essere nella sua vita in un ruolo che non sia quello di compagna di vita, per cui ho scelto volutamente di costringermi a non voler più sapere nulla di lei e non voler più far sapere niente di me (mi sono allontanata anche da amici in comune per timore che dessero mie informazioni). Adesso sono in una fase contorta: a volte sento di pensarla con dolcezza, quasi con una sorta di perdono, e mi immagino un grande abbraccio liberatorio, altre volte, se penso al dolore che sto passando da due anni e alle ferite, mi sale l'odio, provo rancore e voglio mandarla via dalla mia mente (parlo della ex), ma più mi impongo questo più lei è una costante fissa, una ossessione.
Ultimamente questa dipendenza e' stata "sostituita" attraverso un pensiero che per ora mi fa stare bene, ovvero l'affetto per la terapeuta.
Il problema è che a lungo andare temo di non gestire più questa dicotomia, e soprattutto temo che il non sentirmi corrisposta nel rapporto terapeutico affettivo, (dove c'è uno sbilanciamento visto che un terapeuta ha strumenti che il paziente non ha!), mi possa creare un'ulteriore ferita, il rifiuto, che insieme all'abbandono rappresenta un mio grande problema.
Mi sento violentata nella mente e incapace di urlare a pieno il mio dolore.
Grazie della vostra comprensione e professionalità.

Saluti
[#6]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Salve, dopo qualche settimana di alti e bassi repentini volevo, se non è motivo di noia per voi, aggiornarvi.
Innanzitutto mi rivolgo alla Dott.ssa Scalco.

Sto scrivendo dalla caffetteria di una nota libreria della mia città, con un libro aperto aperto alla pagina 119, si tratta di quelli che mi aveva suggerito "Per dieci minuti".
In due giorni lo sto divorando, con entusiasmo e curiosità.
Il testo rispecchia molto il mio stato, l'altalenanza tra le emozioni che ho vissuto, che sto vivendo, con l'unica differenza che nel mio caso il partner e' del mio stesso sesso. Ma vogliamo fare discriminazione per questo? Spero di no.

In questo periodo ho proseguito i miei incontri ma con molta, moltissima difficoltà, perché, a detta di occhi esperti, io ho iniziato a guardare davvero la mia ferita antica. In seduta spesse volte ho avuto ansia accentuata, senso di oppressione, ho pensato di diradare gli incontri forse più per prendere una boccata d'aria che per vera necessità. Gli attacchi di ansia arrivavano da mezz'ora prima gli incontri fino a tutto il tempo del colloquio, fino ad un momento in cui è come se avessi "toccato il fondo"; non saprei dire cosa è successo ma so di per certo cosa ho sentito: è come se tutta la consapevolezza acquisita in questo quasi 3 anni di sofferenza sorda e latente, si fosse manifestata tutta insieme, e io mi sono sentita stretta ad un angolo, ho visto con occhi esterni la mia figura, l'ho osservata, l'ho vista piccola e davanti c'era un enorme orologio a scandire il tempo, il tempo passato, quello che stavo perdendo, quello che forse avrei continuato a perdere. Ho avuto tanta paura, e nella paura ho capito che la sola energia poteva arrivare da dentro me.
Per qualche giorno mi sono sentita "bene", quasi appagata, come in equilibrio inspiegabile, senza pensieri. Finalmente riuscivo a restare nel presente, e non capivo come, ma era così!

A distanza di qualche giorno ora mi sento un po' stanca e timorosa che questo stato sparisca nuovamente lasciando spazio a quel buio che mi ha accompagnata.
Mi ripetevo "mi hanno già rubato l'innocenza bloccandomi nel passato, non voglio che questo influenzi ancora la mia vita, il mio presente che non riesco a sentire, il mio futuro con i suoi sogni".
Non lo so dove tutto questo mi porterà, non so neppure se sia stato merito della terapia o di me, so solo che vivere una vita a metà e' una sensazione bruttissima, e volevo solo lasciare un piccolo contributo di speranza per chi soffre o ha sofferto come me, e per Voi, medici dell'anima, verso i quali nutro una profonda stima. Credo che il Vostto lavoro sia uno dei più nobili, perché per curare le pieghe profonde dell'a anima delle persone ci vuole tanta pazienza, dedizione e tatto. Vi rinnovo la mia stima, pur non conoscendoci personalmente, e vi ringrazio per questo servizio, e per ciò che fate ogni giorno con i vostri pazienti. Possiate sempre ricordare che gli occhi di chi vive il terrore sono gli occhi di chi più desidera essere accolto ed amato.

Sperando di non essere stata invadente.
Con rispetto.
Un saluto.
[#7]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Fenice,
La morte di un amore è come la morte d’una persona amata. Lascia lo stesso strazio, lo stesso vuoto, lo stesso rifiuto di rassegnarti a quel vuoto. Perfino se l’hai attesa, causata, voluta per autodifesa o buonsenso o bisogno di libertà, quando arriva, ti senti invalido.
Mutilato.
(Oriana Fallaci)


Più che ascoltarla ed indirizzarla da qua non possiamo fare.
Se ha già una terapeuta di fiducia dovrebbe discutere con lei delle sue emozioni, paure, perplessità ...
Ogni fine di un amore necessita tempo - spesso soggettivo - e pazienza e dipende dalle antiche ferire, dalla progettualità che c'era in quel legame, da quali parti di noi ha fatto nascere e custodito e dai meccanismi di proiezione che ci hanno fatto compagnia......

Essere più clemente con se stessa potrebbe aiutarla...
Consulti queste letture sulla fine di un amore, le serviranno.

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/5038-le-menzogne-del-cuore-eros-e-ferite-d-amore.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/5169-come-dirsi-addio-senza-morire-di-dolore.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/5407-coppia-separazione-o-perseverazione.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2175-quando-finisce-un-amore.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2959-amore-bugiardo.html

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#8]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentile Dott.ssa Randone, grazie della sua replica.

Mi ero già soffermata su quegli articoli, non troppo tempo fa. Tutto vero ciò che dice, senza dubbio.
Il mio articolo di oggi voleva essere un ringraziamento a Voi, che io chiamo "dottori dell'anima", per il lavoro, non semplice, che fate con chi, per un motivo o l'altro, cerca di farsi spazio nel mondo senza lasciarsi sopraffare.

Quando parlo di mie "ferite antiche", parlo purtroppo di azioni con cui, nella mia infanzia, e' stata violata la mia innocenza e libertà di scelta.
Il mondo non è facile per nessuno, ma per qualcuno c'e' forse più bisogno di un "faro", per evitare che da quel porto la barca non esca mai. Tutta colpa di paure, quelle che bloccano.

Ho avuto un tempo lungo di sofferenza e di elaborazione di questo "lutto", volevo però anche dare un segno di speranza a chi come me sta lottando e non vede la luce; affidatevi a chi in modo oggettivo ha gli strumenti adatti per accogliere e gestire, con voi, quel dolore che ora sembra insuperabile. Nessuno potrà dirvi se e quando tutto questo passerà, ma io, con la massima umiltà, vi dico che è nostra responsabilità andare avanti perché la luce, anche se non si vede, c'e'.

Un caro saluto. Grazie.
[#9]
Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
<<è come se tutta la consapevolezza acquisita in questo quasi 3 anni di sofferenza sorda e latente, si fosse manifestata tutta insieme>>

Per la mia esperienza, questo potrebbe essere un momento importantissimo di svolta: probabilmente è giunta in cima alla montagna ed ora è come se avesse la sensazione di aver vissuto per un lungo periodo come "congelata" (magari anche per difendersi dalle emozioni spiacevoli a cui ha fatto cenno...).
Adesso, forse, è pronta -o almeno disposta- a tornare a "sentire" e inizia proprio col percepire tutta in una volta la greve pesantezza di tanto dolore.
Ora si può dunque, a piccoli passi, dare inizio alla fase di ricostruzione e di progettazione di un futuro che (finalmente!) vede possibile...

Ringraziandola per il suo positivo riscontro, la saluto cordialmente.
[#10]
dopo
Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentile Dott.ssa Scalco, ringrazio anche Lei per la cortese replica.

Credo anche io che il momento sia "cruciale", in primis a livello personale nonché terapeutico. Io non avevo mai provato ansia quando mi recavo a colloquio, ma questi mesi e' come se le mie resistenze si fossero gradualmente ridotte, e quindi ance le difese. Questi anni ho avuto un vero blocco a livello emozionale, o meglio come lo ha definito Lei, "congelamento". Probabilmente qualcosa si è smosso, e quel qualcosa che si è tolto ha lasciato scoperto il nocciolo cruciale del problema, che non credo essere l'unico a questo punto. In ogni caso le sedute erano diventate una tortura, anche a livello fisico ero stremata prima di entrare (debolissima, bradicardica, e arrivavo già quasi in "apnea" e con il fiato corto). Il fatto è che non riuscivo a far uscire, e tutt'ora capita, e allo stesso tempo non riuscivo neppure a lasciar entrare. Evidentemente però qualcosa e' entrato.
L'ultima seduta mi sono bloccata, parecchi minuti, incapace di parlare, incapace di piangere, incapace di urlare, ero ferma ed è come se mi fossi vista io, ma distaccata dal mio corpo: l'immagine appunto di me, con davanti sospeso un grandissimo orologio, ricordo le sue lancette, che scandivano il tempo, e più guardavo me più le lancette andavano avanti. Dal giorno seguente, e' come se avessi vomitato in senso metaforico, tutto il brutto che avevo dentro, emozioni di odio, rabbia, rancore, che mi avevano chiusa e ingrigita nell'aspetto, togliendomi davvero la luce negli occhi. Svegliandomi ho avuto il desiderio di correre per recuperare il tempo, ovviamente non possibile.

Questo è successo relativamente da poco, non so neppure se durerà, se davvero dalla cima di quella montagna io sto scendendo verso valle, non lo so ma posso dire che certi cammini sono lunghi, tortuosi e richiedono tante energie, di ogni tipo, è da entrambe le parti.

Ancora cordiali saluti.
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