Una via di uscita dalla gelosia

Buongiorno, torno a scrivere sperando di trovare uno spunto per affrontare la mia situazione. Amo la mia compagna, desidero fortemente costruire un futuro insieme ma da tempo siamo ormai intrappolati in una vita fatta di continui litigi, minacce di rottura, riconciliazioni, brevi periodi sereni e... poi si ricomincia.
Quella che a me sembra la ragione principale per cui siamo bloccati in queste sabbie mobili è la possessività/gelosia della mia compagna. Non so nemmeno se gelosia sia la parola giusta, perché il suo malessere arriva a riguardare i miei ipotetici sguardi (per strada flirti con le sconosciute), i miei ipotetici pensieri inespressi (hai nostalgia della tua vita da single, ti manca la tua ex), i miei interessi (sei fissato con lo sport), il mio ipotetico nascondere informazioni (hai cancellato delle foto dal tuo cellulare, non mi hai detto che eri a colazione con il tuo collega ecc.).
Stiamo insieme da quasi 2 anni, conviviamo da 1. Da tempo tutto questo ha superato il limite di una gelosia sana o anche un po' eccessiva. Da tempo dalla mia vita sono scomparse persone che potevano (volendo pensar male) rappresentare una minaccia. C'era una mia ex che ogni tanto frequentavo (abbiamo avuto una breve relazione e poi eravamo amici da 4-5 anni), ho smesso di vederla. Ho ridotto al minimo lo spazio per le mie amicizie (soprattutto femminili e parlo di amiche di infanzia o che conosco da molto prima di incontrare la mia compagna). Ho messo da parte i miei interessi. Intendiamoci, parte di questo è normale conseguenza della vita di coppia, lo so e non me ne pento. Ma il fatto che, ad esempio, una volta ogni tanto io vada a pranzo con un amico e non la inviti, viene visto come una mancanza di rispetto e mi viene rinfacciato per mesi.
Abbiamo, su mia proposta, provato la terapia di coppia ma lei, non appena si è cominciato a scavare un po' su di lei, ha spinto per interrompere.
Sono sempre più preoccupato e, allo stesso tempo, incapace di scegliere tra i miei sentimenti e speranze e una quotidianità opprimente. E' una persona che ha tante qualità, ma davvero non riesce a fidarsi di chi gli sta accanto. Più io cerco di dimostrare di essere una persona innamorata e degna di fiducia, più i lacci si stringono e il suo atteggiamento arriva al limite del persecutorio. Mi sembra sempre più una strada senza via di uscita, ma non vorrei mollare. Vorrei combattere per noi due. Sto provando a farlo mantenendo un atteggiamento più fermo, cedendo sempre meno alle sue "richieste" dirette o indirette quando le ritengo frutto di una sfiducia inopportuna. A volte faccio la voce grossa. Forse servirà, forse stiamo entrambi per scoppiare... Aiutatemi.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Quella che lei descrive sembra più una condizione patologica che una semplice difficoltà, tale per cui darle "consigli" da qui sarebbe probabilmente poco utile.

Se la terapia di coppia (di che tipo?) non ha funzionato, e se quindi la sua compagna non è disponibile in tal senso, allora lo sforzo per cambiare eventualmente le cose tocca tutto a lei (che ci scrive).

Può rivolgersi da solo a un terapeuta strategico, descrivendo la situazione e facendosi consigliare.

Mi sento però di avvertirla, per esperienza, che nelle coppie di questo tipo di solito non è facile che la "vittima" abbia la motivazione o voglia necessaria per mettere in atto ciò che serve fare per risistemare gli equilibri di coppia. Perciò si armi di tutta la disponibilità di cui è capace.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
Grazie Dottore.
La terapia consisteva in incontri di coppia intervallati a volte da incontri singoli. Il tutto apparentemente funzionava fin tanto che le sedute erano incentrate su di me e sull'elenco delle mie (scusate ma aggiungo presunte) mancanze o errori. Io, pur non convidendo buona parte delle rimostranze/accuse, ho sempre cercato di restare aperto al dialogo e di fare un passo verso la mia compagna. Quando ero io a manifestare le cose che secondo me non andavano, subivo o attacchi frontali o musi che poi si prolungavano per giorni anche a seduta finita.
Dottore, io sono disponibile a fare quanto serve per rendere felice la mia compagna. Già non le mancano attenzioni, presenza, passionalità, sorprese ecc. ecc. mettiamoci anche la mia disponibilità a "capire il problema". Quello che non posso più accettare è di vivere perennemente sotto processo, oggetto di accuse umilianti per entrambi e di piccole vendette o ricatti psicologici. Se accettassi questo, rinuncerei a me stesso per assecondare qualcosa, che come lei stesso ha scritto, assomiglia molto ad una condizione patologica. Il mio annullamento è la disponibilità di cui parla? Grazie ancora
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Non mi sono spiegato bene.

Quello di cui lei probabilmente ha bisogno è fare l'opposto di quanto sta facendo adesso. È troppo remissivo. Appena prova ad alzare la testa viene subito rimesso al suo posto con musi lunghi e altri ricatti morali. Apparentemente reagisce, ma alla fine l'ha sempre vinta lei (la sua compagna), perché può continuare a comportarsi nel modo che preferisce, e lei (che ci scrive) sta restando in una relazione così e pertanto sta di fatto accettando tutto questo.

Ora le è più chiaro?

In genere è difficile spostare equilibri di coppia come questi, anche se disfunzionali, perché ognuno dei due in un certo senso ne ha bisogno per motivi diversi.
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Utente
Utente
Grazie del chiarimento. Temevo mi suggerisse un ulteriore sforzo di disponibilità, ascolto, comprensione... Tutte strade che, a mio modo, ho già provato a percorrere. In effetti questa disponibilità è stata usata male dalle mia compagna e ormai sono mesi che penso che non ci sia una reale volontà di risolvere le questioni e di colmare le distanze. Per farlo, ci si dovrebbe venire incontro in due. Invece io sento di aver fatto l'80% della strada o comunque di essere arrivato al limite (e oltre) di quello che ritengo sensato e sano.
Alcuni aspetti su cui io mi sono impegnato a trovare una soluzione (lavorando su di me), di fatto mi vengono ancora rinfacciati. Per cui se in passato ho fatto qualcosa che non è piaciuto nella situazione X, tutte le volte che si ricade nella situazione X, pur avendo io modificato il mio atteggiamento, la situazione viene vissuta ancora come problematica semplicemente perché una volta, magari mesi prima, nella situazione X io "ho sbagliato".
In altri casi, in modo ancora più paradossale, mi viene chiesto di comportarmi nel modo Y, io lo faccio (magari forzando un po' il mio carattere) e non solo non ricevo feedback positivi ma nel tempo il comportamento Y viene poi visto come insignificante o addirittura negativo.
La difficoltà di porsi in modo più duro, di difendere di più me stesso, è nella quotidianità. Quando mi impegno in tal senso, mi sembra di vivere una specie di guerra (non un rapporto di coppia). Per cui riesco a reggere lo scontro per un po', ma poi la voglia di vivere la normalità di una coppia prevale, mi ammorbidisco, faccio dei passi verso di lei... e si ricomincia.
Vivere tutta la vita questa sorta di braccio di ferro mi sembra una prospettiva che non lascia spazio a godersi il quotidiano e ancor meno alla serenità. Cosa ne pensa?
Grazie

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> La difficoltà di porsi in modo più duro, di difendere di più me stesso, è nella quotidianità. Quando mi impegno in tal senso, mi sembra di vivere una specie di guerra (non un rapporto di coppia). Per cui riesco a reggere lo scontro per un po', ma poi la voglia di vivere la normalità di una coppia prevale, mi ammorbidisco, faccio dei passi verso di lei... e si ricomincia.
>>>

È esattamente ciò che intendevo.

Volendo vedere il lato ironico della cosa, se me lo permette, le è successo ciò che succede a molti: prima si scelgono un partner dal carattere spigoloso, e poi si arrovellano perché non capiscono come mai la loro vita di coppia è così burrascosa.

Lei è convinto di dover compiacere alla sua compagna, di dover ricevere feedback positivi, di dover essere quello che fa l'80% dello sforzo per appianare ogni asperità. Come se il rapporto di coppia dovesse essere una cosa liscia, senza difficoltà. Ma quando uno dei due ha un "carattere forte", per usare un eufemismo, una certa dose di "guerra" è necessaria per aggiustare gli equilibri. Perlomeno inizialmente.

Altrimenti tutto continuerà come è adesso.
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Utente
Utente
grazie.
di certo, quando ho iniziato questa relazione, non avevo la consapevolezza che certi tratti caratteriali (che avevo intuito) potessero spingersi fino all'estremo. Si è creato un circolo vizioso in cui più si andava avanti, più mi sentivo coinvolto, più ero disposto a dare, più la mia compagna "ne ha approfittato" per dare spazio alle sue insicurezze/aggressività. Approfittando del mio desiderio di mettere le cose a posto a tutti i costi, costi miei per la maggior parte. In questo c'è anche una componente di "cattiveria", se me lo consente.
Resto convinto che la disponibilità non sia un errore a prescindere. Se l'altra metà l'accoglie come un'occasione di crescita, si evolve insieme. Questo tra noi non è successo, per fortuna non sento la responsabilità di un comportamento così distruttivo per la coppia né quella di non averci provato. Se mio errore c'è stato, è stato quello di non fermarmi non appena ho capito che non c'era vera volontà di venirsi incontro.
Cercando di calarmi nella mia realtà attuale, devo prima di tutto decidere se vale ancora la pena di lottare, visto che di giorni difficili ce ne sono stati tanti e tanti se ne prospettano davanti. Ad oggi sono veramente stanco e mi sento poco amato. Dunque dovrei combattere per salvare qualcosa, ma cosa? Una vita a sopportare/gestire un carattere "difficile"? Devo fare il compagno o il padre che insegna che le persone non sono burattini da telecomandare secondo il proprio capriccio? Insomma, vedo sempre e comunque poco spazio per me e per la mia di soddisfazione/felicità.
Grazie ancora.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> In questo c'è anche una componente di "cattiveria", se me lo consente
>>>

Mi perdoni, ma la cattiveria negli altri la vede soprattutto chi è convinto di essere buono. Ma gli altri non sono contro di te. Sono solo per se stessi.

Ragionando in termini di buono/cattivo non ne esce. Si autorelega nel ruolo di vittima concedendo alla sua compagna quello di carnefice.

>>> Se mio errore c'è stato, è stato quello di non fermarmi non appena ho capito che non c'era vera volontà di venirsi incontro
>>>

Non è stato un errore, è stata una necessità. L'amore acceca le persone facendo loro vedere solo ciò che preferiscono vedere. Per questo è a volte difficile, come le dicevo, mutare certi equilibri.

>>> Dunque dovrei combattere per salvare qualcosa, ma cosa? Una vita a sopportare/gestire un carattere "difficile"?
>>>

La scelta è solo sua. Nessuno può fare questa scelta al posto suo. Se ha resistito finora, dev'essere perché ancora non ha sofferto abbastanza. Non ha toccato ancora il fondo.

Una cosa è certa: se lei fosse meno remissivo e avesse meno paura di mettere paletti, la sua compagna sarebbe meno prepotente.

Ma in tal caso non sareste più gli stessi... e quindi potrebbero venire a mancare i presupposti che vi hanno fatto mettere insieme.
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Utente
Utente
Rifletterò. Cercando di non metterla solo sul piano della "sopportazione della sofferenza" perché da una relazione mi aspetto anche e soprattutto altro. La sopravvivenza della relazione a tutti i costi non è il mio obiettivo. Ho condiviso la mia vita con qualcuno per essere più felice, non per mettere alla prova la mia capacità di soffrire. E' una banalità, ma comunque da non scordare.
Mi rendo conto del rischio di rottura, ma l'equilibrio attuale (se di equilibrio si può parlare) è troppo penalizzante per i miei desideri e aspettative. Quindi se andrò avanti, lo farò accettando il cambiamento e questo rischio. D'altra parte, se non cambia qualcosa, prima o poi la mia pazienza o capacità di sopportate si esaurirà comunque.
Grazie dei consigli
[#9]
dopo
Utente
Utente
Torno a scrivere per un aggiornamento e sperando di ritrovare qualche spunto per affrontare una situazione difficile anche perché sento di non potermi confidare fino in fondo con nessuno.
Negli ultimi giorni ci sono stati due litigi molto forti, in cui dopo i soliti musi o piccoli ricatti psicologici, io ho alzato la voce, urlando la mia frustrazione e dicendo di non sopportare più certi atteggiamenti, non lasciandola nemmeno parlare. A seguito di queste scenate (in cui mi sono anche un po' forzato a non mostrare la minima disponibilità), lei, dopo un iniziale momento di pianto e tristezza, per un giorno si è dimostrata molto dolce e disponibile. Io mi sono stupito che il mio atteggiamento, che io stesso lucidamente vedo come eccessivo, abbia prodotto un risultato positivo. Certe scenate non solo non fanno parte del mio carattere ma le ritengo un modo violento di imporsi da non usare con chi si ama.
Purtroppo l'idillio è durato poco. Racconto l'episodio che l'ha fatto finire, banale in sé, ma utile per far comprendere come a volte mi senta in trappola. Abbiamo appuntamento davanti ad un negozio. Io mentre mi sto recando da solo all'appuntamento, a pochi metri dal negozio, vengo fermato da una ragazza che conosciamo entrambi e che stava facendo volantinaggio per un'associazione. Io mi fermo a scambiare quattro parole (tipo 30 secondi), la mia compagna (che in realtà era già arrivata) probabilmente mi vede. Finito di parlare, vado davanti al negozio e mi accorgo che lei è già lì. Ho un attimo di panico perché istintivamente mi verrebbe da non raccontare chi ho incontrato, solo per evitare discussioni inutili su un episodio senza significato. Il solo fatto che si tratta di una donna, sicuramente le darà fastidio. Se però mi ha visto e non gliene parlo, verrò etichettato come un bugiardo che nasconde qualcosa. Quindi decido di dirle subito: "sai chi ho incontrato? bla bla". Ovviamente la scelta è sbagliata (immagino lo sarebbe stato anche l'opposto). L'umore della mia compagna cambia, diventa silenziosa, fredda ecc. Insomma il solito muso per la solita "gelosia" immotivata. Non me la sono sentita di fare un'altra scenata, ma so che siamo di nuovo punto e capo.
Per farmi rispettare devo mettermi a urlare come un pazzo tutte le volte che questo comportamento si manifesta? A parte le mie personali convinzioni, è una strada che un po' mi spaventa... temo che davvero si rischi di perdere il controllo e di rendere la relazione ancora meno sana di quello che già è... D'altra parte la strada della comprensione, dell'andare incontro e del dialogo non solo non ha prodotto risultati positivi ma mi ha portato a vivere una quotidianità da incubo, con una compagna perennemente arrabbiata e con la paura di scatenare reazioni negative ad ogni passo. Mi chiedo se sto andando nella direzione giusta.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Mi chiedo se sto andando nella direzione giusta.
>>>

Mi dispiace, ma a distanza non c'è possibilità di risponderle. Se ha deciso che questo problema per lei è importante e intende risolverlo, la strada è quella di cercare un aiuto professionale di persona.

Apparentemente sembra che il primo passo sia stato nella direzione corretta. Ma ovviamente c'è ricascato subito, credendo di dover raccontare di tutte quelle che incontra. Perché, nel suo intimo, si sente in difetto. Sente di dover compiacere. Sente di doversi scusare.

Perciò si spaventi semmai di rimanere dov'è, non di andare dove dovrebbe andare. Che l'unico pericolo che corre per di là, è quello di stare meglio.

Lei, però, è davvero pronto a stare meglio? Si riduce tutto a questo.
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Utente
Utente
Grazie Dottore.
Sì, questo stress a cui sono sottoposto, mi fa eccedere in spiegazioni e giustificazioni anche inutili. Il desiderio è quello di dimostrare la mia buona fede, ma al di là del fatto che non viene nemmeno capito, quello che lei scrive mi fa vedere il lato per me umiliante di tutto questo.
Il problema, lato mio, è che non sono convinto che scenate e urla siano un modo di comunicare tra persone che si amano. O meglio, non è il tipo di relazione che vorrei io. Non è il mio carattere. Vorrei una compagna che sappia gestire con maturità le sue emozioni irrazionali, che non si perda in perenni alti e bassi, che ogni tanto faccia un minimo di autocritica, che sappia accogliere i passi verso di lei non per approfittarne ma come spunto di crescita, che sia una mia pari non un cavallo imbizzarrito da dover domare... Il punto è che la mia lei non è quel tipo di compagna. Forse sono proprio le urla quello che le serve per capire che sta esagerando e che non le è permesso di trasformare il suo senso di malessere in prepotenza verso chi le sta accanto.
Non so se sono pronto a questo cambiamento, perché davvero per non subire questa relazione dovrei cambiare me stesso verso qualcosa che non mi sembra migliorativo. Intendo per me come persona. Ma voglio provarci. In fondo devo trovare una strada per uscire da questo pantano, che sia per risolvere i problemi o per rompere definitivamente.
Cosa ne pensa?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Quello che penso io è meno importante di quello che vuole lei. Ma ovviamente non sa cosa vuole, perché se fosse convinto di quanto ha aggiunto nell'ultima replica, ne dovrebbe concludere che lasciare la sua compagna sarebbe l'unica alternativa. Ma ora come ora non riesce a fare neanche questo.

Lei si sta illudendo di poter conciliare due cose inconciliabili: una relazione tranquilla e serena con un carattere forte e burrascoso di uno dei due. Ovviamente fallirà nell'intento, come tanti altri.

>>> quello che lei scrive mi fa vedere il lato per me umiliante di tutto questo
>>>

Purtroppo - e glielo dico senza alcuna ironia - non è abbastanza umiliante. Altrimenti, se si sentisse davvero umiliato, agirebbe in un senso o nell'altro: o nel raddrizzare la sua relazione o nel cercarsene un'altra più adatta a lei.

Ci si sente davvero umiliati quando c'è un amor proprio che viene ferito.

Segua il mio consiglio e si cerchi un terapeuta capace, nella sua zona. Ricevere pareri per email, per quanto si cerchi di essere precisi, non è la stessa cosa. Accetti di vedere il lato davvero umiliante della situazione, tocchi il fondo e allora potrà forse puntare i piedi e darsi la spinta per risalire.

Le faccio molti auguri.

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dopo
Utente
Utente
Buongiorno Dottore, grazie del suo parere diretto e non facile da digerire ma che mi sta facendo molto riflettere sugli squilibri della mia relazione e soprattutto su quanto, sia pur involontariamente e in buona fede, io abbia contribuito nel tempo a crearli e rafforzarli.
Saprebbe consigliarmi un collega nella mia zona di residenza?
Grazie ancora
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Può consultare questa pagina per un elenco di terapeuti strategici in Piemonte:

http://www.centroditerapiastrategica.org/centri-affiliati.php#piemonte

Per nomi specifici di professionisti può scrivere a qualcuno di noi, in privato.