Depressione e apatia

Salve,
sono una ragazza di 25 anni e sono preoccupata per il mio ragazzo, mio coetaneo. Abbiamo un rapporto molto bello, siamo molto affiatati e uniti, c'è tanta fiducia. Da un annetto però lui non sta bene. Credo (e penso ne sia convinto anche lui) che possa soffrire di depressione. Sembra aver perso interesse in tutto ciò che gli è sempre piaciuto, mostra poco interesse verso tutto, è svogliato, non riesce a studiare e a concentrarsi. Non è costante, va a periodi, sta male per un po' di tempo, poi passa, poi sta male di nuovo. La sua autostima è sicuramente molto bassa, è convinto di non poter fare nulla di buono, ha paura di dimostrare di essere un fallito, è convinto di non essere all'altezza delle aspettative sue e degli altri, non si sente adatto a fare nulla. Ha già preso una laurea triennale ma ora, convinto che non sia la sua strada e che non sarà mai all'altezza, non vuole continuare la magistrale. Ha molte passioni, ma ultimamente le trascura tutte. Una volta mi ha anche detto che alla fine io stessa mi renderò conto che lui non è quello che penso, e me ne andrò. E soprattutto, quando provo a dirgli che non è il fallito che pensa di essere, dice che io parlo in questo modo perché sono di parte, e che vedessi le cose per come stanno realmente (cioè come le vede lui) non parlerei così. Ultimamente si reputa incapace di provare emozioni, dice che non ha uno scopo nella vita ma non ne sente la mancanza. Sembra aver perso completamente interesse per tutto. A volte penso che questa sua apatia possa riguardare anche me. Che non riesca a sentire quello che prova nemmeno nei miei confronti. Cerco di non fargliene una colpa, di non prendermela quando non vuole uscire, o quando ci vediamo e sembra un robot senza sentimenti. Non è mai stato uno che esprime molto a parole i suoi sentimenti, ma sono sicura di quello che prova per me, perché me lo dimostra in mille modi. O meglio, dimostrava.
E' un ragazzo meraviglioso, quando l'ho conosciuto aveva un sacco di interessi e ha un cuore immenso. Io so che questo non è lui. Soffro tantissimo a vederlo così.
Non è facile parlarne, né per me né per lui. Lui dice di non riuscire bene ad esprimere quello che prova, che io non posso capire. E per me è davvero difficile capire cosa dirgli. Ho anche tanta paura di dire qualcosa di sbagliato e peggiorare la situazione, o allontanarlo. So che un po' ne ha parlato anche in famiglia, non so di preciso cosa ha detto. So che vorrebbero fargli iniziare un percorso con uno psicologo, e anche io penso che dovrebbe (ma parlo da ignorante in materia). Una volta gliel'ho detto e mi ha risposto che ci avrebbe pensato, ma poi non ha fatto più nulla.
Vi chiedo, secondo voi dovrebbe vedere uno psicologo? Che tipo di percorso gli sarebbe utile? E soprattutto, io come posso suggeriglielo senza sembrare invadente? è giusto da parte mia dirgli una cosa del genere?
Nonostante parliamo molto, non so se in passato ha mai sofferto di disturbi del genere.
Vi ringrazio tantissimo
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
Gentile ragazza,

certamente potrebbe essere utile una valutazione del tono dell'umore. Prima di pensare ad un percorso di psicoterapia, bisogna capire qual è il problema e poi come va trattato.

Di solito non è facile che un depresso (sempre se stiamo parlando di questo) acceda alle cure dello psicologo psicoterapeuta, perché le persone depresse fanno fatica a chiedere aiuto e ad aprirsi su queste problematiche con gli altri, come Lei stessa nota nel comportamento del Suo ragazzo.

La proposta di rivolgersi ad un professionista è stata fatta in prima battuta dalla famiglia? Lui come l'ha presa? Quanto tempo fa è successo?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dott.ssa,
alcuni mesi fa, all'inizio dell'estate, stava affrontando di nuovo un brutto periodo, una volta mi ha detto che discutendo con sua madre lei gli aveva detto che voleva che vedesse uno psicologo (o psichiatra, non ricordo di preciso). Ricordo bene però la sua risposta: era convinto che sarebbe stato solo peggio, e voleva farcela da solo, pur sapendo che era impossibile.
Io gli ho detto che secondo me ricevere aiuto poteva essere una cosa positiva, e che non ci sarebbe stato nulla di male, lui mi ha promesso che ci avrebbe pensato.
Io ho cercato di non fargli pressione, non so se è stata una mossa corretta la mia.

Di recente le sue parole sono state "non riesco a trovare uno scopo nella mia vita, non riesco a percepire la gioia di vivere, ma nemmeno la mancanza di questa".
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.8k 506 41
" era convinto che sarebbe stato solo peggio, e voleva farcela da solo, pur sapendo che era impossibile."

E infatti è proprio questo il vissuto di cui parlavo...
Una proposta per "agganciarlo" potrebbe essere quella di andarci insieme in quanto la relazione sta cambiando e volete capirci qualcosa di più; il vantaggio è che lui non si sentirà con un faro puntato addosso e potrà iniziare una consulenza psicologica.

Cordiali saluti,
[#4]
dopo
Utente
Utente
Secondo Lei quindi non dovrei propormi semplicemente di accompagnarlo, ma di incominciare un percorso insieme?
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Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile ragazza,
I segni che leggo tra le righe:
*scarso interesse per le attività;
*difficoltà di concentrazione;
*autovalutazione e senso di fallimento;
*trascuratezza;
* incapacità di pensare ad obiettivi/scopi personali;
*alessitimia (deficit di consapevolezza emotiva).

Potrebbero configurarsi come sintomi sovrapponibili ad un quadro di disturbo depressivo che però occorrerebbe essere diagnosticato de visu da un collega psicologo/psicoterapeuta e/o da un medico psichiatra.

capisco benissimo che per lei risulta difficoltoso capire cosa dirgli e come dirglielo. È un vissuto che la accomuna alle persone con un familiare/compagno affetto da un disturbo dell'umore.

Per rispondere alle sue domande:
1) occorrerebbe che sia visitato da un medico psichiatra che possa eventualmente proporre una terapia psicofarmacologica e che ci si possa avvalere di un consulto psicologico/psicoterapico per un inquadramento sul funzionamento cognitivo ed un relativo percorso terapeutico.

2) sarebbe utile un eventuale percorso cognitivo comportamentale (la terapia combinata: farmacologica e psicoterapeutica è quella che offre statisticamente risultati migliori nella cura del problema)

3) e 4) << Una volta gliel'ho detto e mi ha risposto che ci avrebbe pensato,>>. Il fatto che lui le abbia detto che ci avrebbe pensato potrebbe configurarsi come un piccolo tassello di autoconsapevolezza del malessere che sta vivendo. Bisognerebbe partire da quel tassello. Le stia accanto. È giusto che lei glielo dica! Certo! L' importante che non si senta giudicato rispetto alla deflessione umorale che vive ma che venga stimolato ad assumersi la responsabilità della sua salute. Non è un compito facile. Magari può chiedergli che cosa ne pensa dell'aiuto che uno specialista potrebbe dargli, spiegandogli che la tristezza che vive non gli permette di vedere l'utilità di affidarsi ad una cura in funzione del suo benessere.

intanto si faccia un'idea con la lettura di questo:
https://www.medicitalia.it/salute/psicologia/26-depressione.html


Un saluto e se vuole ci faccia sapere


Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#6]
dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore,
la ringrazio per la risposta e per avermi tranquillizzata circa il mio intervento.
La ringrazio anche per l'articolo che mi ha fornito, è stata una lettura molto interessante.

Grazie ancora per il consulto.
[#7]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Sì figuri,

Siamo qui anche per questo.

Ps: concordo con la collega Pileci in proposito di accedere ad una consulenza di un collega insieme. Come coppia. Potrebbe rivelarsi una strategia ottimale perché lui possa accedere ed accettare, con maggiore serenità e convinzione, ad un percorso di cura.