Lo psicologo di mio marito vuole parlarmi

Mio marito si reca da uno psicologo da qualche mese, ci è andato di sua iniziativa per dei problemi di coppia che stiamo affrontando che riguardano la gestione del rapporto tra me e la sua famiglia. Io sono stata messa subito al corrente di questa decisione e l'ho assolutamente appoggiata sebbene avrei preferito una terapia di coppia piuttosto che una individuale. Ora, dopo circa 10 sedute, lo psicologo ha chiesto di avere un consulto con me spiegandogli che avrei assistito ad un loro colloquio per 15 minuti per poi parlare con lui da sola di mio marito. La cosa mi crea ansia e non so cosa aspettarmi. Che tipo di cose mi chiederà lo psicologo? La mia paura è sentirmi giudicata perchè ovviamente mio marito ha parlato di cose che considero intime ( sono molto riservata) senza di me e questo mi fa sentire piuttosto a disagio. Io vorrei però appoggiarlo in questo cammino, è assolutamente necessaria questa seduta con me nel suo percorso? cosa devo aspettarmi? Grazie
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220 123
gentile utente, non c'è alcun motivo di avere paura. Nessun giudizio salterà fuori poichè il terapeuta non è lì per giudicare ma per aiutare. Se ha sentito la necessità di parlare con lei sicuramente è perchè ritiene necessario il suo coinvolgimento per i fini terapeutici. Se sua marito si è presentato con un problema da risolvere, la sua presenza sarà utile per raggiungere l'obiettivo e a beneficiarne sarà la coppia.
stia tranquilla.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Gentile Signora,

se il nostro collega l'ha convocata ha sicuramente i suoi buoni motivi e riterrà di doverle chiedere o far sapere qualcosa relativamente a suo marito e/o ai colloqui con lui effettuati.
Non deve temere di essere giudicata e può esprimere tranquillamente da subito il suo disagio per questo invito che considera tardivo, in modo tale che lo psicologo sappia che è disposta a collaborare, ma che non le fa piacere essere coinvolta dopo tutte queste sedute perchè avrebbe preferito fin da subito un percorso di coppia.

Ha provato a chiedere direttamente a suo marito come mai ora è stata convocata dallo psicologo?

Sa se segue un orientamento teorico specifico?

Come mai suo marito ha voluto farsi aiutare autonomamente?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio molto per avermi tranquillizzata. Lo psicologo è un cognitivo comportamentale. Mio marito mi ha riferito che il dottore ha detto che sarebbe stato utile ai fini della sua terapia a questo punto coinvolgermi solo per quella seduta poichè ritiene altrimenti di avere un parere parziale e perchè il coinvolgimento dei genitori di mio marito non è pensabile (lui non gli nemmeno detto dell'inizio della terapia). Mio marito ha fatto questa scelta perchè pensa che i problemi della nostra coppia dipendano solo da lui e non da entrambi, opinione ovviamente non condivisa anche se in tutta onestà non ho mai proposto per prima una terapia di coppia.
La cosa che mi ha intimorito molto è stata l'affermazione di mio marito " Il dottore mi ha detto che è il mio psicologo, voi parlerete solo di me, questa seduta non ha nulla a che vedere con la terapia di coppia ma è solo riferita al mio personale percorso terapeutico poiche" ha ribadito " lo psicologo mi segue individualmente, se ci sarà da fare una terapia di coppia si vedrà in futuro". A me questa cosa agita sebbene io abbia a cuore il benessere di mio marito ,non condivido molto questo approccio perchè mi fa sentire in "minoranza". Ho anche timore che la mia riservatezza davanti a qualcuno che sa molto del mio privato e che però è solo dalla parte di mio marito mi blocchi.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Se lo scopo è avere informazioni su quale sia il suo punto di vista e non giudicarla:

"ritiene altrimenti di avere un parere parziale "

è forse preferibile che parliate tutti assieme e che lei non si trovi da sola con lo psicologo perchè non è lei la paziente e non è lì per un figlio piccolo, sul quale raccontare cose che il figlio stesso non deve sentire.

Ricordi che lo psicologo non è un giudice e che questa convocazione serve a capire un po' più realisticamente come stanno le cose.

Può ovviamente rifiutarsi, se si sente molto a disagio, ma può anche rifiutare semplicemente di parlare vis-a-vis con il dottore senza suo marito perchè, come le ho detto, non è un bambino che va fatto uscire dalla stanza mentre "i grandi" parlano di lui.

Una parte di colloquio in assenza di suo marito potrebbe creare "fantasmi" che è meglio evitare.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Mio marito si reca da uno psicologo da qualche mese, ci è andato di sua iniziativa per dei problemi di coppia che stiamo affrontando che riguardano la gestione del rapporto tra me e la sua famiglia"


Gent.le Sig.ra,
una difficoltà nella relazione di coppia che deriva dal rapporto tra Lei e i familiari di suo marito, dovrebbe prevedere il suo coinvolgimento nelle sedute fin dall'inizio del percorso terapeutico e in modo continuativo.
D'altra parte non tutti gli psicoterapeuti a lavorano in setting di coppia e preferiscono coinvolgere il partner solo per una seduta o, come in questo caso, per una "parte" di essa (la psicoterapia di coppia è un ambito specifico della psicoterapia del quale non tutti gli specialisti si occupano nella loro attività professionale).

"Mio marito ha fatto questa scelta perché pensa che i problemi della nostra coppia dipendano solo da lui e non da entrambi, opinione ovviamente non condivisa anche se in tutta onestà non ho mai proposto per prima una terapia di coppia. "

All'inizio di un percorso terapeutico, è naturale che la persona che si rivolge allo psicoterapeuta abbia le sue convinzioni riguardo chi sia "il carnefice"e a chi sia "la vittima" tuttavia è compito dello specialista aiutare la persona ad uscire da una logica meramente accusatoria e sviluppare la consapevolezza degli aspetti disfunzionali delle dinamiche relazionali, piuttosto che limitarsi ad esprimere "pareri" che siano parziali o imparziali.
A mio avviso è piuttosto paradossale che Lei sia al centro di una dinamica relazionale articolata, che coinvolge oltre a suo marito anche i suoi suoceri, ma sia "esclusa" dai colloqui a causa delle convinzioni di suo marito.

"Il dottore mi ha detto che è il mio psicologo, voi parlerete solo di me, questa seduta non ha nulla a che vedere con la terapia di coppia"

Se il disagio riguarda la relazione di coppia e il rapporto con i suoi suoceri mi sembra una previsione che esclude il focus della richiesta di aiuto e non vi offre la possibilità di affrontare la conflittualità che coinvolge entrambi i partner.



Lo psicoterapeuta, individuale o di coppia che sia, non deve "schierarsi" dalla parte di nessuno, altrimenti non potrebbe essere di alcun aiuto poiché diventerebbe coinvolto in quel "gioco delle parti" che è fonte di disagio e di sofferenza per suo marito, per Lei e probabilmente anche per i suoi suoceri.
In definitiva, Le consiglierei di chiedere allo specialista di partecipare ad un colloquio di coppia che preveda la presenza di suo marito dall'inizio alla fine in modo da affrontare questi aspetti.

"Ho anche timore che la mia riservatezza davanti a qualcuno che sa molto del mio privato e che però è solo dalla parte di mio marito mi blocchi."

La sua riservatezza deriva da una convinzione tanto diffusa quanto fuorviante che identifica lo psicoterapeuta come "giudice/arbitro", nulla di più lontano dalla realtà. A tal proposito le riporto il testo tratto da un mio articolo:

"Al contrario, la psicoterapia è un processo relazionale che si basa sulla collaborazione paritaria, il cui obiettivo non è la valutazione della personalità, lo specialista infatti, deve essere in grado di sospendere il giudizio nei confronti del cliente che, a sua volta, dovrebbe avvertire tale atteggiamento non giudicante e sentirsi dunque libero di esprimere il suo vissuto senza farsi condizionare dal timore di essere giudicato dal suo terapeuta."
(...)
"Che succede se provo sentimenti negativi verso il terapeuta?
Tali sentimenti sono una parte fondamentale del processo terapeutico e possono essere un utile “strumento” per la comprensione di sé stessi. E' importante che il cliente non reprima i sentimenti negativi dentro di sé, ma si senta libero di condividerli con il terapeuta, sicuro che egli sarà in grado di tollerarli, offrendogli l'opportunità di sperimentare modalità di gestione della conflittualità alternative e non distruttive.E' fondamentale che la persona possa avvertire da parte del terapeuta la capacità di contenere tali vissuti negativi, in questo modo, l'alleanza terapeutica ne verrà inevitabilmente rinforzata.La relazione terapeutica si costruisce a partire da una domanda di cambiamento, accettare l'incognita e la sfida del viaggio alla scoperta del nostro mondo interiore, implica un atto di fiducia verso chi ci accompagnerà e in seguito verso sé stessi."



Per una lettura completa dell'articolo può visitare questa pagina:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 579 66
Tenga anche conto del fatto che la parte di seduta individuale che Lei farà col terapeuta è coperta dal segreto professionale.
E dunque nulla di quanto Lei esprime in quel contesto verrà poi riferito in Sua assenza.

Se La rende tranquilla
può chiedere conferma di ciò all'inizio della parte individuale della seduta.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/