Malattia di Le Peyronie

Buongiorno,
ho 37 anni e risulto colpito dalla malattia di Le Peyronie da qualche mese e desidererei avre alcune delucidazioni, se non altro per confrontarle con la mia effettiva situazione. Premetto di essere già in cura presso un andrologo, il quale però non si sbilancia rispetto ad alcuna rassicurazione nei miei confronti. La mia situazione attuale è questa: la malattia risulta in essere da 6/7 mesi e da un'ecografia appena svolta, risulta appena un piccolissimo inizio di calcificazione; la placca risulta collocata sulla parte superiore dell'asta, a circa metà della lunghezza; non riscontro, almeno al momento, alcun incurvamento o disfunzione erettile, se non "psicologica" ed il dolore sembra minore rispetto a qualche tempo fa; sto assumento vitamina E a sto effettuando iniezioni dirette in placca di un composto contenente cortisone e altro prodotto di cui non ricordo il nome (ho al momento effettuato una sola iniezione). Ciò, una volta la settimana.
Le mie domande sono le seguenti: è scontato al 100% che io perda la funzione erettile del pene, totale o parziale? Il mio medico mi ha solo comunicato che la posizione della placca non dovrebbe dare incurvamento in quanto "in mezzo" all'asta; ciò è vero o comunque è scontato anche il futuro incurvamento? La placca, al tatto, mi sembra ridotta, è possibile ciò? In base alla Vostra esperienza e data la mia situazione, è possibile che possa mantenere una buona funzionalità, consapevole che tale malattia non è al momento curabile totalmente?
Ringrazio anticipatamente per il Vostro indispensabile aiuto.
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Dr. Mauro Seveso Urologo 1.2k 60 25
Gentile Signore
è assolutamente comprensibile da parte sua avere tutti questi dubbi sul decorso futuro della patologia. Purtroppo non abbiamo specifici dati che ci possono esprimere chiaramente quale sarà il decorso dei sintomi futuri
1) la placca può essersi effettivamente ridotta in conseguenza della terapia in atto
2) l'erezione solo in alcuni casi viene meno con il passare del tempo e comunque se ciò avvenisse si possono intraprendere terapie specifiche
3) anche l'incurvamento non è scontato. Siamo di fronte ad una patologia caratterizzata da periodi di evoluzione alternati a periodi di stabilità che possono essere anche definitivi.
Cordiali saluti

Dott. Mauro Seveso
Responsabile Unità Operativa di Urologia
Istituto Clinico Città Studi , Milano

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Utente
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Gentilissimo Dott. Seveso,
ringraziandoLa per il Suo celerissimo riscontro e per le delucidazioni fornite Le chiedo, approfittando della Sua disponibilità, se l'aver riconosciuto la malattia in tempi abbastanza precoci (calcificazione ancora quasi nulla) può favorire un buon decorso della malattia o se tale fatto non comporta alcuna possibilità di risolvere più favorevolmente il problema rispetto ad un riconoscimento tardivo della malattia.

La ringrazio nuovamente e Le porgo i miei più cordiali saluti.
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Dr. Mauro Seveso Urologo 1.2k 60 25
Il tempestivo riconoscimento dlela patologia aumenta le probabilità di un buon esito della terapia
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Prof. Giovanni Maria Colpi Andrologo, Urologo, Endocrinologo 1.6k 22
gentile lettore,

si sostiene in letteratura che i primi 6-8 mesi dall'esordio del dolore (fase attiva della malattia) siano i migliori per la prognosi della malattia.

l'evoluzione della fibrosi resta imprevedibile visto che a fasi di remissione possono subentrare fasi di relapse di malattia.

inoltre, nel suo caso non ha specificato se ha identificato un evento trigger scatenante: la conoscenza del fattore scatenante può migliorare la prognosi.

cordialità

Prof. Giovanni Maria  Colpi

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Utente
Utente
Ringraziando nuovamente per il Vostro importante riscontro, preciso che l'evento scatenante potrebbe (dico "potrebbe") risalire ad un trauma intervenuto durante un rapporto sessuale nel quale ho chiaramente avvertito un forte dolore. Successivamente a tale evento, infatti, sono comparsi i sintomi della malattia. Sinceramente, però, l'andrologo che mi ha in cura, non ha mai chiesto informazioni circa la possibile causa scatenanante e non vorrei, quindi, che tale importante motivazione venga sottovalutata, considerato che tale conoscenza potrebbe migliorare la prognosi.
Ulteriore domanda: nel caso di un'insperata stabilizzazione della malattia, come dovrò procedere nel futuro? E' possibile che venga pianificato una sorta di controllo periodico nei miei confronti, atto ad intervenire per tempo in caso di sviluppi?

Ringraziando ancora per il Vostro interessamento, porgo i miei più cordiali saluti.
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Dr. Mauro Seveso Urologo 1.2k 60 25
Gentile Utente, anche in caso di stabilizzazione della malattia è consigliabile un controllo periodico ( 1 volta all'anno)
In considerazione dell'evento traumatico, possibile causa scatenante della formazione della placca, sarebbe inoltre interessante sapere se ci sono state conseguenze a carico dell'uretra con relativi disturbi minzionali
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Utente
Utente
La ringrazio per l'informazione e nel caso, ovviamente, presterò moltissima attenzione rispetto a qualsiasi possibile sintomo o modificazione della situazione, informando immediatamente il medico.
Domanda: vi è differenza relativa alla prognosi/terapia/decorso rispetto alla possibile causa scatenante della malattia oppure, identificata la causa, non vi è alcuna differenza? Ed anche: vi sono forme più "gravi" o "difficoltose" rispetto ad altre?
Per quanto riguarda i disturbi minzionali, al momento non sto riscontrando difficoltà di questo tipo o, quantomeno, mutazioni sensibili rispetto al passato.

Vi ringrazio davvero e porgo cordiali saluti.
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Prof. Giovanni Maria Colpi Andrologo, Urologo, Endocrinologo 1.6k 22
l'evidenza di un evento scatenante (trauma nel suo caso) ci è utile per prevenire la recidiva, che comunque ripeto è sempre imprevedibile.


utili anche i controlli a distanza che serviranno anche per valutare la funzione urinaria (difficilmente, ma non è escluso la sua alterazione).

cordialità
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Utente
Ringrazio di nuovo e, scusandomi per l’insistenza, pongo due nuovi quesiti:
ho letto che recentemente è stato identificato un nuovo metodo, - chiamato “CrioPass laser” - il quale avrebbe ottenuto risultati ottimi contro la malattia, almeno sin d’ora mai raggiunti. Ciò corrisponde al vero?

Poi: leggo quasi solo ed insistentemente di casi tragici, con deformazione del pene e perdita quasi totale di erezione e/o con relativo accorciamento , associati però quasi sempre ad un riconoscimento tardivo della malattia o a "stato avanzato" della stessa. Vorrei solo capire: stato avanzato significa che la malattia è in essere da diverso tempo SENZA aver svolto alcuna terapia ( con conseguente peggioramento della placca) o, diversamente, significa semplicemente l’entità di tempo passato dall’insorgere della malattia indipendentemente dalle terapie svolte? In altre parole: nonostate le cure possibli effettuabili, la situazione perverrà sempre e comunque ad uno "stato avanzato"?

Scusate nuovamente la mia insistenza, ma non vorrei lasciare nulla al caso o di intentato in caso di peggioramento della malattia.
Grazie di cuore nuovamente.
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Prof. Giovanni Maria Colpi Andrologo, Urologo, Endocrinologo 1.6k 22
troppo preliminari i risultati per essere valutati...


lo stato avanzato di un singolo paziente è diverso per definizione da quello di un "altro"paziente....motivo per cui non esiste la malattia ma il malato-paziente.....e non esiste la cura ma la strategia terapeutica che può non essere solo la terapia farmacologica


cordialità
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Utente
Ringrazio per le Vostre risposte e, a questo punto, devo solo rassegnarmi all'idea che nonostante il riconoscimento precoce della sindrome con annessa terapia e la constatazione che al momento tale situazione non mi sta effettivamente creando le problematiche che leggo descritte rispetto alla malattia, non è possibile in alcun modo prevedere un buon esito futuro circa lo sviluppo della patologia ed, anzi, sembra oltrettutto, prevalere quasi sempre una sorta di negatività, circa una possibile soluzione serena. A tal proposito, vorrei solo chiedere: nella Vostra esperienza, oltre ai casi gravi e compromessi, vi sono state invece situazioni di assoluto conforto?
Spero solo di poter mantenere una buona qualità della vita sessuale, anche perchè la mia età lo richiede, confidando in qualche "lampo risolutore" futuro di un ricercatore.

Nel caso avessi dubbi o sviluppi, non esiterò a riportarli se non altro per permettere ad altre persone colpite di potere avere qualche informazione o spunto in più di riscontro e confronto.

Ringrazio di nuovo porgendo cordiali saluti.
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Buongiorno a tutto lo staff,

scrivo nuovamente per un aggiornamento e qualche domanda: ad un mese dall'inizio della terapia, limitata ad iniezioni dirette di cortisone a cadenza settimanale e somministrazione di vitamina E, la situazione presenta un' "ammorbidimento" della placca con relativa e presunta regressione della stessa, il dolore sembra quasi scomparso, a parte qualche fastidio dovuto più che altro ad una diversa sensibilità del pene e rilevo assenza di incurvamento. L'andrologo, sollecitato dalle mie domande circa le diverse terapie (anche recenti), insiste nel sostenere che quella in atto risulta essere la terapia che secondo la sua esperienza ha fornito i risultati migliori, supportato anche dal risultato circa il mio caso personale.
Le domande che Vi pongo sono:
1) stabilito ed inteso che ad oggi non esiste una terapia risolutiva e generale, esiste almeno una statistica in grado di definire quale delle innumerevoli terapie ha effettivamente fornito i risultati migliori?
2) La terapia che sto seguendo, può essere ancora indicata secondo la Vostra esperienza?
3) l'andrologo che mi ha in cura, mi ha riferito che l'entità della mia malattia risulta di lieve entità e probabilmente stabilizzata (ho solo una piccolissima calcificazione); è possibile che io mantenga nel tempo tali condizioni, le quali non compromettono la normale attività sessuale?

Grato come sempre circa il Vostro riscontro, porgo i miei più cordiali saluti complimentandomi davvero per il Vostro preziosissimo servizio.

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Utente
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Buongiorno,

scrivo per un aggiornamento e per richiedere un paio di delucidazioni: stamane ho effettuato l'ecografia per valutare la situazione e, fortunatamente, pare che la malattia si sia (per ora) arrestata e non vi è presenza di fibrosi estesa, E ' rimasta solo una piccola placchettina calcificata di 2,5 mm di diametro e profonda 0,5 mm. Ancora ad oggi non presento particolari problematiche, se non un lieve incurvamente verso l'alto di pochi gradi ma sostanziamente accettabile. Il medico stesso mi ha nuovamente comunicato che si tratta di una caso piuttosto modesto e lieve (spero...).
Il medico, però, mi ha comunicato che dalla prossima volta, mi somministrerà mediante iniezione in placca il verapamil, in quanto il cortisone a lungo andare potrebbe avere effetti indesiderati. Su mio suggerimento (!!!) e con qualche perplessità, mi ha prescritto il Trental (Pentossifillina) dicendomi però di prendere una compressa al giorno (400mg). Ho però letto che sarebbe opportuna una somministrazione di almeno 800/1200 mg.
Vorrei solo chiedere:
- Una compressa al dì può andare bene ad ottenere un risultano od occore una quantità maggiore? (es: 800 mg)
- Il Trental, può convivere con la Vitamina E assumendo entrambi o vi sono controindicazioni?

Ringrazio anticipatamente per le Vostre risposte e porgo Cordiali saluti.
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Prof. Giovanni Maria Colpi Andrologo, Urologo, Endocrinologo 1.6k 22
Gentile lettore,

l'impiego della pentossifillina, unicamente o in associazione alla vitamina E, rientra nelle terapie orali che possono aiutare nel rimaneggiamento della placca.

è certo che in letteratura la pentossifillina è titolata a 400 per volte al dì.

resta necessario discutere col suo specialista referente se associare le due specialità medicinali e titolare la pentossifillina a 400 mg per 3 volte al dì.



cordialità
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Gentile Dott. Colpi,
La ringrazio per le Sue indicazioni e Le preciso che il medico mi ha prescritto il Trental con molte perplessità in quanto, a suo avviso, non rientra a livello di indicazioni nella cura del Peyronie (l'indicazione riporta infatti "Ulcere venose croniche"). Solo su mia insistita sollecitazione, ha verificato in rete e ha preso effettivamente atto che la pentossifillina è largamente utilizzata per la terapia del caso. Personalmente, ho quindi deciso per somministrarmi due compresse al giorno (800mg).
Ho quindi il sospetto che il mio medico abbia una sorta di "timore" rispetto a quelle che possono essere le novità in tema di terapie per il Peyronie, dimostrato dal fatto che non è minimamente a conoscenza degli studi in corso circa l'efficacia dello Xiaflex.
Per ora continuerò la terapia indicatami, anche perchè pare risultare conforme con quanto indicato da molti di Voi professionisti, riservandomi di rivolgermi a qualche altro specialista per una valutazione generale della mia condizione. Unico piccolo problema, è che dovrò spostarmi un pochino in quanto nella mia zona non sono a conoscenza di altri specialisti andrologi.

Ringrazio nuovamente e porgo i miei più cordiali saluti.

La disfunzione erettile è la difficoltà a mantenere l'erezione. Definita anche impotenza, è dovuta a varie cause. Come fare la diagnosi? Quali sono le cure possibili?

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