Autosvalutazione e dipendenza

Ho 38 anni.
Nel 2000 sono stata lasciata dal mio storico fidanzato, sono caduta in depressione e mi sono affidata a una psicoterapeuta.
Oggi, dopo 7 anni di costosissima terapia (per le mie condizioni non riesco più ad affrontare la spesa, posso permettermi una sola seduta al mese), mi trovo piena di paura, ansia, angoscia di trovarmi sola. In primo luogo come donna, senza un compagno, poi senza rapporti autentici. Durante questi sette anni ho frequentato "senza impegno" 4 uomini, 3 occupati e 1 inaffidabile, (con la benedizione della terapeuta). Relazioni caratterizzate dal mio bisogno di sentirmi desiderata e oggetto di conferme, e dall'altra parte dal mio desiderio di non pormi con questi uomini come invadente, oppressiva, ma carina e accogliente.
L'ultima persona che ho frequentato, mi ha improvvisamente e malemente scaricata a gennaio dal giorno alla notte per una sua ex amante, più giovane di me, che ancora frequenta. Io ero l'amante nacosta, per mia scelta, perchè non volevo creargli problemi, lei invece l'amante esibita.
Io ho sviluppato un sentimento di assoluta disistima. Qundo vedo questa ragazza ancora a distanza di mesi, una vocina dentro me mi dice che non valgo nulla.
Ho un lavoro che mi piace, ho avuto gran successo con gli studi, la gente dice di me che sono intelligente, carina, gentile, accogliente e soprattutto ironica. Ma alla fine qualcosa mi dice che non merito amicizie vere o un amore tutto mio.
Le frequentazioni sono quelle che si trovano al bar, una sera ti accolgono e la sera dopo quasi sembrano non vederti e io non ho il coraggio di imporre la mia presenza, mi metto in un angolo da sola. Vorrei solo piacere a queste persone e che mi invitassero. Mia madre dice che sono rigida e poco spontanea con le persone. Alcuni mi giudicano una persona brillante e spiritosa, ma solo quando queste persone mi scelgono e mettono al centro dell'attenzione.
Quest'anno che è inziato con l'abbandono di questo uomo prosegue con l'ansia durata un mese per l'attesa dei risultati di una grave malattia di mio padre (una biospia che ci conduce a un cauto ottimismo ora), un mese dal quale sono uscita a pezzi, per il menefreghismo assoluto di quelli che credevo gli unici amici... una ragazza e uno di questi 4 uomini, il penultimo per la precisione. Nemmeno un sms per sapere il risultato di quella biopsia.
La domanda è...
- dopo 7 anni questa terapia non dovrebbe avermi aiutata?
- ma si può davvero cambiare tratti del carattere che ci fanno male?

[#1]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
ho letto con attenzione la sua mail ed inizio dal basso, provando a rispondere alle sue domande:

1) forse dopo 7 anni la terapia non le ha dato degli strumenti solidi per gestire i rapporti sociali e le frustrazioni (frequenti e fisiologiche) che ne derivano, credo però che, se lei ha continuato ad andare dalla terapeuta per 7 anni superando notevoli difficoltà economiche, forse la terapia le è servita per risolvere altre problematiche; se così non fosse mi chiederei perchè tanta costanza? Le capita spesso nella vita di continuare un percorso tra mille difficoltà pur senza avere risultati? E le capita spesso di non protestare chiedendo un aiuto dovuto (e magari pagato caro)?? E non è che, magari, questa specie di "passività" è proprio quella che le impedisce di avere relazioni sentimentali stabili? Non sarà che la relazione con la sua terapeuta dura da 7 anni proprio perchè "relazione stabile"? Ma lei ha amiche?

Come vede ci sono tantissime domande senza risposta, almeno da quanto ho capito leggendo la sua mail: a queste domande potrebbe cercare di dare una risposta facendosi aiutare proprio dalla terapeuta, almeno che decida di "mollarla".

Io non ho mai avuto pazienti per così tanti anni (tranne vecchi pazienti che una volta all'anno vengono a salutarmi), credo che onestamente io mi stancherei (e forse anche il paziente a questo punto), però se voi (Lei e la terapeuta) avete coltivato un rapporto duraturo e tuttora stimolante un motivo da qualche parte ci deve essere.

2) Lei fraintende, secondo me, il concetto di "cambiare". Ognuno di noi ha "tratti" di personalità abbastanza "fissi", però ogni "tratto" si manifesta diversamente in situazioni contestuali diverse, per cui il "tratto" stesso cambia di volta in volta. Allora potremmo parlare di "tendenza" a fare x o y in situazioni z. Questa tendenza può essere "modulata" (= imparo a gestirla) in situazioni difficili e critiche, proprio quelle situazioni che spingono le persone ad andare da uno psicologo.

Per imparare queste "modulazioni" serve un lavoro costante ed approfondito: ecco perchè la psicoterapia può durare mesi, a volte anni, ed ha un certo costo. Ad esempio: se in una certa situazione sociale (ad esempio "trovare un partner") io tendo a fare una serie di errori, per poterci lavorare (ed ottenere le "modulazioni" che dicevamo) devo comunque aspettare le occasioni giuste, non è che le persone passano la giornata in situazioni tipo "trovare un partner"! Per questo serve del tempo

In conclusione, credo che Lei in questi anni abbia costruito un buon "bagaglio" di informazioni su chi è lei e cosa vuole (e questo si vede dalla chiarezza con la quale ci ha esposto i suoi problemi) per cui non mi abbatterei pensando di non aver ottenuto nulla.

ripartirei da alcune delle domande che le ho fatto, ma chissà quante altre campeggiano dentro di lei...

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

[#2]
dopo
Attivo dal 2006 al 2010
Ex utente
Gentile dottor Bulla,
io comincio a pensare che questa terapia sia durata tanto nonostante i costi proprio perchè essa stessa è diventata una dipendenza... Perchè la terapeuta mi ripete che valgo qualcosa e quindi colma il mio bisogno di conferme. Perchè la terapeuta mi assolveva per queste relazioni inconcludenti che servivano anche queste a darmi conferme. In questi anni sono stata anche bene per lungi periodi, in concomitanza con queste storie, ma alla fine mi sembra di non aver fatto un percorso di recupero della mia autostima. Ora che affrontando la malattia di mio padre ho dovuto fare i conti con una vera solitudine, non posso più fingere di contare qualcosa per queste persone e ecco che mi si è aperto un baratro sotto i piedi. Se poi leggo con distacco quanto ho scritto nel mio post originario, e dovessi immaginarle come parole di un'altra persona, le assicuro che sarei molto perplessa. Mi sembrerebbe di leggere una persona superficiale, immatura e pasticciona.
Infine, quando ho cercato di "sganciarmi" da questa terapeuta (che a volte in seduta parla male di altri pazienti che si lamentano della parcella, che chiede piccolo favori, che elogia -facendone i nomi- i pazienti che le fanno regali a natale)lei ha sempre cercato di trattenermi insistendo sul fatto che se non parlo con lei... con chi parlo? Con la malattia di mio padre ho sospeso le sedute, rimproverata da lei. In questo periodo mi sento davvero a pezzi, credo di dover fare qualcosa. Ma non so se parlare di queste difficoltà con la terapeuta o provare un'altra strada. Anche se ricominciare tutto da capo mi sembra faticoso.
[#3]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
se le cose stanno così (anche se di fatto Lei comunque le vive così) forse cambiare percorso sarebbe la cosa più saggia da fare. Potrebbe prendersi una pausa durante la quale non farà proprio nulla, magari deciderà a settembre o ottobre il da farsi.

Continuare con una terapeuta che, evidentemente, lei non stima più poterbbe essere controproducente oltre che costoso (sia dal punto di vista economico che affettivo).

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it
[#4]
Attivo dal 2007 al 2009
Psichiatra, Psicoterapeuta
Mi scuso per l'intromissione. Credo che il dott. Bulla abbia ragione sul fatto che, se non stima più la sua terapeuta, possa essere il momento di cambiare percorso. Però mi chiedo: tutta questa rabbia ed aggressività che manifesta verso la sua terapeuta sono uscite solo ora? Perchè non dopo un anno o due di terapia? Chiedo: ha bisogno di giustificare l'interruzione di questa terapia? Questa necessità di svalutazione nei confronti della sua terapeuta da dove viene?
E' solo uno spunto per una riflessione.
Cordiali saluti.
[#5]
dopo
Attivo dal 2006 al 2010
Ex utente
Rieccomi.
E' passato un anno e mezzo e io sono riuscita a gestirmi bene fino ad ora. Ho instaurato una relazione con un uomo ancora difficile (vent'anni più di me), ma che ho saputo credo gestire meglio delle precedenti, infatti viaggiava su binari di normalità, con le attenzioni e le giuste modalità reciproche. Ho trovato amicizie e soddisfazioni nel lavoro, mi sono sentita più equilibrata.
Però anche questa storia è finita, senza spiegazioni, se non il fatto che lui non si sente di cambiare vita come ha creduto di poter fare per un po', per la differenza di età e perchè ha problemi dovuti al diabete. Ora questa persona la frequento lo stesso, a volte scappa un bacio, si autocommisera e mi sembra depresso. Tutti i miei sforzi di riprendere la relazione sono andati frustrati e io ho vissuto per mesi situazioni di ansia e di stress.
Risultato: temo di essere di nuovo depressa. Una seduta con la psicoterapeuta mi ha lasciata molto delusa e comunque non sono in grado di sostenere economicamente la terapia (90 euro a seduta, e il mutuo da pagare). Il medico di base mi ha prescritto seroxat, ma io non l'ho ancora preso, perchè mi fa paura imbarcarmi in una cura lunga. Sto aspettando di vedere se "magari passa". Possono esistere "episodi" che guariscono spontaneamente, opure debbo pensare a una recidiva. Prendo solo 3 volte al giorno Xanax (3-4 gocce alla volta) da circa 5 giorni. Cosa faccio?
[#6]
Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
ben ritrovata

Intanto bisognerebbe capire se alla fine ha mantenuto la vecchia terapeuta oppure ha cambiato percorso

In secondo luogo vorrei sottolinearle che sarebbe il caso che la farmacoterapia venisse gestita da uno psichiatra e non dal medico di base

Terzo: "cosa faccio" da che punto di vista? col farmaco? con l'uomo in questione? con la depressione?
[#7]
dopo
Attivo dal 2006 al 2010
Ex utente
Buonasera.
La terapia era stata conclusa perchè stavo bene e sono stata bene per diverso tempo. E' da poco che mi sento in questo modo.

Comprendo bene quello che mi dice sulla necessità che non sia il medico di base a prescrivere questi farmaci.

"Cosa faccio?" si riferiva proprio a questo: non sapere che strada intrapprendere, come gestire questa mia situazione di disagio, escludendo per motivi economici, la ripresa della psicoterapia.

Quello che mi chiedo è come sia possibile che, di fronte a una patologia tanto diffusa e seria, non esista un accesso alla cura tramite il servizio sanitario nazionale, non possa rivolgermi ad un medico che mi possa dare delle indicazioni e fare una diagnosi.

Fino a una settimana fa stavo benissimo: ero triste per la fine di questa relazione, ma stavo "bene", ero in forma, uscivo, lavoravo bene. Ora queste cose sono cambiate. Io mi chiedo in primo luogo se questa situazione di disagio sia una ricaduta o possa molto più semplicemente il risultato di un lungo periodo di stress e frustrazione, come mi auguro. Sbaglio a temporeggiare?

Certo "cosa fare" con quest'uomo, non posso certo chiederlo a lei e la domanda non era posta, nemmeno tra le righe. Però, visto che me l'ha fatta venire in mente, se ha qualche suggerimento... :-)
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