Intolleranza ai farmaci?

Ho 48 anni e da circa 10 ho iniziato ad accusare pesanti effetti collaterali quando assumo dei farmaci. La cosa è stata graduale ad esempio già a poco più di vent'anni quando prendevo un'aspirina avvertivo dei dolori alla "schiena" (in realtà ai reni, non so se avveniva perchè, come poi ho scoperto, soffro di calcolosi renale) che via via si sono fatti talmente intollerabili da impedirmi di assumere questo farmaco, anche perchè al dolore ai reni si accompagna una diminuita capacità di urinare con bruciore alla minzione che dura anche 2 giorni. Attualmente la situazione è questa:
Antinfiammatori/antidolorifici (anche a dosi molto basse): Tachipirina, Aspirina,Cibalgina, Aulin, Novalgina, Toradol, Oki: oltre a dolori gastrointestinali (anche se tento di prendere un gastroprotettore perchè anche questo mi provoca fastidi),mi causano coliche renali, difficoltà ad urinare e bruciore alla minzione. - Saridon, Cistalgan: tachicardia , molto più accentuata nel caso del Saridon. - Coefferalgan: vertigini ed estrema debolezza.
Posso eccezionalmente prendere un Aulin o una Tachipirina 500 i cui effetti collaterali sono appena sopportabili.
Antibiotici: tutti ( Amplital, Monuril, Ciproxin,Normix, Klacid, Augmentin ecc.) mi provocano, oltre a reazioni gastrointestinali, una estrema debolezza che in alcuni casi, come ad es. col Monuril ho la sensazione di dovermi sforzare per respirare o come con il Normix che mi ha fatto "addormentare" (svenire?) di colpo. Eccezionalmente posso prendere un quarto di Amplital che, stranamente di solito funziona, anche se è meglio che non tenti di prenderlo due volte di seguito.
Finisco qui l'elenco, che sarebbe più lungo, sia perchè di altri farmaci ho dimenticato gli effetti collaterali, sia perchè solo a parlarne mi viene la depressione.
Ho provato a rivolgermi ai due ospedali della mia città dove viene curata l'intolleranza ai farmaci, ma nel primo sono in lista d'attesa da tre anni perchè hanno solo sei posti letto e non praticano il day hospital, nel secondo mi è stato risposto che dovevo aspettare di avere un effetto collaterale ad un farmaco,quindi andare al pronto soccorso per ottenere un riscontro e poi tornare al reparto con il referto del pronto soccorso. Ho rinunciato.
Vorrei sapere:
1 - Sono unica al mondo?
2 - Questa somma di effetti collaterali ai farmaci può essere stata non causata, ma "accelerata" dalla lunga cura di antibiotici ed antidolorifici che nove anni fa ho dovuto fare a causa dell'espulsione di un calcolo renale?
3 - Può esserci una relazione tra questo problema e la colite funzionale (con polipi da irritazione e tre diverticoli) di cui soffro?
4) Se provassi ad assumere farmaci per iniezione invece che per bocca, avrei gli stessi effetti collaterali?
5 - Soprattutto vorrei sapere a quale specialista mi devo rivolgere? Esiste una cura? Grazie
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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,
sono un medico psichiatra, rispondo in base delle mie conoscenze nella farmacologia.

Prima di tutto bisogna dire che gli effetti collaterali da questi farmaci da Lei vissuti sono quasi tutti più o meno noti e nel subirli Lei non è "l'unica al mondo".

I farmaci antidolorifici aspirino-simili" che Lei ha citato e la tachipirina sono tossici per le vie urinarie e per lo stomaco (anche la tachipirina, benche' meno degli altri). La novalgina causa abbassamento pressorio. I farmaci come Saridon contengono la caffeina che può effettivamente accelerare il battito cardiaco. Il Coefferalgan contiene un oppiaceo, dunque può essere sedativo. Gli antibiotici a largo spettro che Lei ha citato, sia a causa della (comune) reazione intestinale, sia a causa del loro effetto non specifico (indeboliscono i batteri, ma anche le cellule del corpo umano), possono dare la debolezza...

E' possibile anche che lo stato di malessere fisico che di volta in volta richiede l'assunzione di questi farmaci rende il Suo organismo più "debole" già di partenza e predispone ad una maggiore suscettibilità a tali effetti indesiderati dei farmaci, vissuti da molti, bisogna ammetterlo, con un'intensità minore.

Senz'altro la calcolosi renale è un fattore che nello specifico La rende più suscettibile, sia a causa della tossicità diretta dei farmaci a livello delle vie urinarie, sia perche' le vie urinarie sono anche le vie di eliminazione fisiologica dei farmaci dall'organismo e se non funzionano bene, le concentrazioni dei farmaci salgono e gli effetti collaterali si accentuano.

Con la somministrazione per via iniettiva, i reni mantengono comunque il loro ruolo e sono esposte ai farmaci, a secondo del farmaco, spesso di più rispetto all'assunzione per bocca.

La colite (con i polipi ed i diverticoli) e la calcolosi renale in alcuni casi possono far parte di una stessa malattia..

Cercherei di vedere il problema dell'intolleranza ai farmaci in relazione e senza dimenticare la malattia che più frequentemente richiede l'assunzione di tali farmaci (è possibile che, curato meglio tale disturbo, si ridrrà la necessità di assumerli). Da quello che ho capito, si tratta di frequenti infezioni delle vie urinarie associate alla calcolosi renale?

Mi rivolgerei sia ad un buon urologo, sia (anche) ad un buon internista (che possa vedere il problema nella sua complessità), perche' potrebbe trattarsi anche di una malattia, ad esempio, delle cellule del sangue (più farmaci fra quelli che Lei ha citato possono peggiorare alcune forme di anemia) od ormonale, farei una ricerca sulle malattie dei suoi familiari (anamnesi familiare); e, se il Suo specialista riterrà opportuno, farei gli esami completi del sangue ed il dosaggio degli ormoni (compreso il paratormone).

Tutto questo, se volgliamo risalire al problema, e senza che io voglia spaventarLa; infatti, è anche possibile che Lei abbia anche una predisposizione di carattere emotivo a vivere i comuni effetti collaterali in modo importante. Ma questa conclusione, ci rimarrà quando escluderemo tutto il resto.

Dr. Alex Aleksey Gukov

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottore, La ringrazio per la pronta risposta. Vorrei specificare che, per ovvia necessità di sintesi, nella mia richiesta di consulto sono stata costretta ad omettere alcuni passaggi. Le analisi del sangue sono perfette, sono di recente entrata in menopausa e attendo di stare un po' più calma per iniziare la terapia sostitutiva prescrittami dal ginecologo. Gli altri valori ormonali sono a posto. Non ho infezioni urinarie ricorrenti, il problema è limitato al tempo di permanenza del farmaco antinfiammatorio nel mio organismo, quando è eliminato del tutto (1 o 2 gg) il problema alle urine sparisce senza bisogno di cure. Per chiarirLe la situazione Le faccio un esempio: la pillola anticoncezionale che, a causa di cisti ovariche acquose, presi nel 1997 per alcuni mesi, non mi diede alcun effetto collaterale. La stessa pillola, presa nel 2006 per lo stesso problema, mi ha causato una tachicardia tale che ho dovuto sospenderla dopo una settimana (all'inizio pensavo che il batticuore fosse provocato dall'ansia). Questo vale per tutti gli altri farmaci.
Ho quasi accettato l'idea che il mio problema sia nel cervello,o, come si usa dire adesso "neurovegetativo": credo di essere diventata "ipersensibile"(e non solo ai farmaci), ma il problema rimane: come mi curo, se non posso assumere farmaci? - In sostanza mi sembra di essere una fiala di nitroglicerina, pronta ad esplodere al minimo urto: esiste per gli esseri umani uno "stabilizzante"?
Le risparmio il risultato del tentativo fatto con il Cipralex (non sono sicura del nome, è un inibitore della ricaptazione della serotonina)e con il Levopraid. Attualmente prendo solo uno Xanax 0,25 di sera per dormire, di cui vorrei riuscire a liberarmi.Grazie

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Dr. Alex Aleksey Gukov Psichiatra 2.8k 119 6
Gentile utente,

non escludo che la terapia ormonale che sta per iniziare possa dare effetti benefici e stabilizzanti sull'umore, benche' l'argomento è influenziato dalle compagne promozionali dei rispettivi farmaci, e deve essere ancora meglio studiato dagli scienziati. In particolare mi riferisco al DHEA (deidroepiandrosterone solfato).

Visto che sta per iniziare la terapia sostitutiva, spero che il Suo ginecologo sia al corrente di tutta la Sua storia, ed in questo periodo, mi sembra logico considerare lui quello specialista al quale fare riferimento sia per la questione del Suo "rapporto difficile" coi farmaci, sia del malessere emotivo, perche' anche i problemi emotivi non vanno considerati come qualcosa al di fuori del contesto biologico complessivo e della fase di sviluppo. Inoltre, prescrivendo un farmaco, il Suo ginecologo deve essere al corrente di tutto il quadro, tenendo in considerazione anche i possibili effetti collaterali della stessa terapia sostitutiva che sono complessi.

Lo Xanax, se funziona, può essere, per ora una soluzione, però bisogna assumerlo sotto il monitoraggio medico, stabilendo le dosi e la durata. Alcuni dei problemi dello Xanax sono soprattutto le tendenze delle persone di automedicarsi, assumerlo con la prescrizione generica, ma senza la supervisione medica e dunque eccedendo o sottostimando (come forse è più il Suo caso) la dose e la durata, il rischio della dipendenza (il quale però si riduce quando si è seguiti). Se il Suo ginecologo è d'accordo (secondo me, lui deve essere coinvolto), potete chiedere la collaborazione di uno psichiatra: per l'ottimizzare la terapia con lo Xanax, per un migliore inquadramento diagnostico della situazione psichica, per stabilire in modo più specifico le necessità, gli obbiettivi ed il tipo di un intervento farmacologico "stabilizzante".

Il Cipralex ed il Levopraid possono avere a volte effetti troppo attivanti. Esistono gli antidepressivi un po' più blandi, ma anche con il profilo più bilanciato (come ad es la sertralina). Con la terapia antidepressiva bisogna avere sempre la pazienza, perche' spesso i benefici si avvertono solo dopo più settimane. Inoltre esistono anche i farmaci con l'indicazione specifica come "stabilizzatori di umore" (uno dei più usati è ad esempio l'acido valproico, anche a bassa dose), tuttavia ci sono interferenze degli "stabilizzatori di umore" con le terapie ormonali; molti farmaci di questo gruppo sono noti di provocare le reazioni di ipersensibilità su base individuale, anche gli effetti collaterali a lungo termine sono da tenere presenti, vista la Sua storia e l'associazione con gli ormoni. Per cui è importante una valutazione approfondita.

Prima Lei chiedeva a quale specialista deve rivolgersi. Allora penso che, a prescindere della specializzazione, deve essere un medico che possa vedere il Suo quadro nel suo complesso. Uno dei problemi è che talvolta è difficile trovare uno specialista che Le possa seguire considerando il tutto. Può esserlo anche il ginecologo (ottimale in questo periodo) o lo psichiatra. Dipende anche dallo stile di lavoro del medico.

Inoltre, come Le suggerivo, e ciò in ogni modo rimane valido, può rivolgersi ad un internista, il quale, almeno in base al suo indirizzo professionale, potrebbe avere le capacità di visione d'insieme; inoltre, rimangono nella sua storia elementi da approfondire: l'anamnesi patologica familiare, la possibilità che la malattia interessi (anche nei periodi di vita diversi) più organi.
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