Aneurisma cerebrale non rotto: trattare?

Salve, per puro caso a mia madre è stato rilevato un aneurisma intatto sacciforme bilobato con ampio colletto, di dimensioni 7 mm x 4 mm in corrispondenza dell'arteria cerebrale media destra. Premetto che la portatrice dell'aneurisma ha 65 anni, non fuma, non è sovrappeso, non è ipertesa, non c'è in famiglia alcun caso di emorragia cerebrale. Siamo indecisi se trattare o meno e, decidendo di trattare, abbiamo riscontrato pareri differenti e contrastanti circa le due possibili tecniche: chirurgica o endovascolare. Vorrei capire se ci sono studi circa i rischi di sanguinamento di un aneurisma in quella posizione e di quella forma. Vorrei anche capire quale delle 2 tecniche è più indicata, dato che la preferenza va ovviamente alla tecnica meno invasiva..ma è davvero la meno rischiosa? Grazie, ci occorre un supporto per uscire da questo angosciante dilemma
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Attivo dal 2004 al 2014
Radiologo interventista, Neuroradiologo, Radiologo
Cara Signora,
studi ne esistono tanti, ma nonostante questi è impossibile stabilire se un aneurisma cerebrale non rotto possa un giorno rompersi. Tuttavia si considerano fattori di rischio le dimensioni, la forma irregolare, la sede e la situazione clinica del paziente. È chiaro che l'ipertensione sarebbe un fattore di rischio.
Ai rischi dell'aneurisma vanno sommati poi i rischi di un eventuale intervento, che sia chirurgico o endovascolare. L'intervento s'impone in caso di aneurisma che si è rotto perché se il paziente è sopravvisutto alla rottura e conseguente emorragia cerebrale, nelle prime ore/giorni dall'evento l'aneurisma può rompersi nuovam e dare un'emorragia fatale. I rischi dell'intervento in questo caso sono considerati quasi sempre inferiori al non intervenire.
In caso di aneurisma non rotto i rischi invece possono essere superiori al non fare nulla e pertanto va fatto un bilancio che preveda un'accurata valutazione di sede, dimensioni e forma dell'aneurisma, nonché della clinica e della situazione psicologica del paziente che ha saputo di avere questa patologia.
Per esperienza personale e letteratura medica, l'aneurisma di sua madre, per dimensioni, forma e sede ha un discreto rischio di potersi rompere. Detto questo andrebbe però visionato sulle immagini angiografiche per stabilire quale potrebbe essere la scelta terapeutica migliore. Inoltre il medico che l'ha in cura deve parlare in modo approfondito alla signora e valutare se esista una seria motivazione psicologica a voler essere trattata e solo da questa dipende realm la decisione finale.
Sperando di esserle stato utile le invio i più cari saluti.
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dopo
Utente
Utente
Gentile dottore, la ringrazio per la celere risposta.
Vorrei però capire meglio: premesso che è impossibile stabilire se e quando si romperà un aneurisma, quando lei parla di letteratura medica e di rischio discreto mi fa capire implicitamente che dei dati esistono. Ho trovato uno studio (ISUIA) che afferma che con dimensioni al di sotto dei 10 mm non vale la pena rischiare un intervento, specie se non ci sono fattori aggravanti associati (come l'ipertensione).
E' la forma o la posizione che la fa propendere per il termine "discreto"?
Inoltre: ammesso che sia difficile valutare il rischio di rottura, si può in qualche modo stimare il rischio dell'intervento? Alcuni studi parlano del 3%, altri del 15%..mi sembra una bella forbice! Altre pubblicazioni, infine, affermano che un aneurisma con ampio colletto e localizzato sull'arteria media non può essere trattato con l'embolizzazione.
Ho anche un'altra domanda: può un evento di sincope essere correlato (cioè essere la causa o l'effetto) alle manifestazioni di un aneurisma? In altre parole: uno "svenimento" a mò di black-out può essere un'avvisaglia di qualcosa che non va? o viceversa: lo sbalzo di pressione può essere stato la causa dell'aneurisma?
Grazie infinitamente.
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Dr. Nunzio Paolo Nuzzi Neuroradiologo 94 7
Gentile Utente 242864,

Mi permetto di risponderLe al posto del valente collega, che probabilmente non si è accorto delle sue ulteriori domande. Mi spiace per l'attesa.

I dati ISUIA sono quelli di riferimento per la valutazione del rischio di rottura di un aneurisma; secondo tali dati, il rischio dell'aneurisma di sua madre è poco superiore allo 0,5% all'anno. In 20-25 anni (l'aspettativa media di vita di una donna è ormai superiore a 85 anni) fa 10-12%.
Vale la pena intervenire solo se il rischio dell'intervento è ben inferiore al rischio che si corre non facendo nulla.

Gli aneurismi con ampio colletto un tempo non potevano essere embolizzati, ma l'enorme avanzamento delle tecniche e dei materiali è stato tale che, oggi, praticamente tutti gli aneurismi possono essere trattati per via endovascolare.
Riguardo i rischi dell'intervento endovascolare, questo è molto variabile a seconda del tipo di tecnica usata e dell'esperienza dell'operatore. Essendo tecniche nuove, i continui miglioramenti stanno riducendo progressivamente le complicanze.
Pubblicazioni più vecchie riportano tassi di complicanze maggiori rispetto a quelle più recenti.

Per farle un esempio, sto partecipando alla sperimentazione di un nuovissimo sistema di embolizzazione appositamente dedicato agli aneurismi ad ampio colletto. Attualmente è riservato solo a centri di grande esperienza. Finora sono stati fatti più di 70 interventi in tutta Europa e il tasso di complicanze è stato, in questi pazienti, inferiore al 2%...

Una sincope non è dovuta all'aneurisma. Questo non da' segno di sé finché non si rompe o non diventa così grande da comprimere le strutture cerebrali vicine.
Le cause dell'aneurisma sono molte e non completamente conosciute. La pressione alta è una di queste, ma probabilmente agisce di più sull'aumento progressivo di dimensioni e sul rischio di rottura. Un "difetto congenito" della parete arteriosa potrebbe invece essere la causa della sua formazione.

Sperando di esserLe stato utile,
Cordialità





Dr. Nunzio Paolo Nuzzi
Direttore S.C. Neuroradiologia Diagnostica e Interventistica - E.O. Galliera Genova
paolo.nuzzi@galliera.it

L'ipertensione è lo stato costante di pressione arteriosa superiore ai valori normali, che riduce l'aspettativa di vita e aumenta il rischio di altre patologie.

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