Scompenso cardiaco e shock cardiogeno

Mio padre di anni 84 – diabetico tipo 2 – iperteso – con ischemia da sforzo , in data 29.05.2013 viene ricoverato all'ospedale del mio paese – reparto di cardiologia - . Avvertiva da due giorni forte bruciore allo stomaco. La degenza dura fino al 20 giugno 2013. Per i primi 6/7 giorni di degenza le condizioni generali di mio padre apparivano buone. Poi , progressivamente in netto peggioramento ( gonfiore dell'addome, tosse secca stizzosa, febbricola, lieve versamento pleurico, affanno, stanchezza ai minimi sforzi, comparivano inoltre confusione mentale – mio padre raccontava accadimenti notturni nella stanza tutto immaginari-). Richieste spiegazioni ai medici del reparto, questi riferivano che la confusione mentale era dovuta all'ospedalizzazione e che il progressivo peggioramento era dovuto agli effetti collaterali della terapia in atto della fibrillazione atriale e dell'infarto avuto.
Quindi provvedevano a cateterizzarlo per diversi giorni ed il giorno prima delle dimissioni a fare infusione di ferro causa anemizzazione.
Veniva così dimesso il giorno 20.06.2013 con la seguente diagnosi:
infarto miocardico acuto con sottoslivellamento ST
fibrillazione atriale persistente ed elevata frequenza ventricolare cardiovertita farmacologicamente;
insufficienza renale cronica III stadio;
anemia ferro carenziale.
Alla dimissione non veniva fatto alcun cenno a diete particolari o ad accorgimenti di sorta.
Sebbene contenti ci rendemmo però conto che le condizioni generali non erano buone, tanto che dopo due giorni sui piedi e le gambe era visibile un forte edema ed inoltre era presente di nuovo la tosse in posizione sdraiato – la notte non riusciva a dormire -.
In data 23.06.2013 decidemmo di riportarlo al pronto soccorso dello stesso ospedale ( e credo grave errore ) che disponeva nuovo ricovero nel reparto di cardiologia.
Chiediamo conto al medico di reparto, il giorno dopo, del motivo per cui si è reso necessario ricoverare mio padre dopo solo tre giorni dalle precedenti dimissioni e questi riferiva che si trattava di un caso in cui era necessario calibrare meglio la terapia trattandosi comunque di un paziente anziano e di un cuore di 84 anni!
Qui, per alcuni giorni a mio padre non venne praticata alcuna terapia particolare , tranne – credo- i farmaci prescritti alla dimissione e cioè : Cordarone 200 mg 1cp ore 8; Atenololo1/4 cp ore 8; Cardiospirin 100mg 1cp dopo pranzo; Plavix 75 mg 1 cp ore 8; Antra 20 mg 1cp ore 8; Torvast 40 mg 1 cp ore 22; Monoket Multitab 2/3 cp ore 8 e 1/3 cp ore 20; Triatec 5mg 1 cp ore 8; Lasix 25 mg 1 cp ore 8 e ore 20 ; Ferrograd 1 cp dopo pranzo; Lantus 6U prima di coricarsi; Novorapid 10U a colazione pranzo e cena.
Ad un certo punto vediamo che viene applicata la flebo di lasix con dosaggi sempre maggiori ( 250 , 500 ) ed un'altra di soluzione , continuano a fargli bere acqua e nessuna restrizione alimentare. Il cuore non viene monitorato. L'edema alle gambe è rimasto sempre presente. Visto che anche a seguito dei massicci diuretici in data 3 luglio – notte- aveva urinato moltissimo, poi più nulla. La busta dell'urina restò vuota . Lo comunicammo ai medici i quali dissero di sapere ciò.
A questo punto in data 4.7.2013 ci siamo preoccupati e abbiamo chiesto conto al medico di turno il quale riferiva che nostro padre aveva una grave insufficienza renale ( questo è strano perchè alle dimissioni del 20.6.2013 la stessa era di III stadio. ) e che era in corso l'infusione di albumina e che se non si fossero sbloccati i reni avrebbero fatto la dialisi.
La mattina del 5 luglio giunge la telefonata dal reparto di cardiologia invitandoci a recarci immediatamente all'ospedale in quanto mio padre si era aggravato improvvisamente ed avevano bisogno di noi per l'autorizzazione ad effettuare la tac. Quivi giunti vedo mio padre nel reparto di terapia semintensiva in stato di seminconscienza, con la cute fredda , difficoltà respiratorie ( aveva la mascherina dell'ossigeno , che riesce appena ad aprire gli occhi e guardarmi e dirmi “ sto morendo” . Gli tengo la mano cerco di farmi forza , ma non ce la faccio e perdo i sensi.. sono le ultime parole di mio padre in vita.
Riprendo conoscenza ed i medici ci dicono che non sanno che cosa ha – riferito alle condizioni di mio padre -! Ci riferiscono che è stato male dal primo mattino . Sentiva dolore all'addome. Gli hanno aperto la finestra per fargli prendere aria e lo hanno messo seduto !!!
Quindi dopo che abbiamo firmato per farli la tac è stato portato in dialisi dove ha avuto, credo, un arresto cardiorespiratorio. Da li è andato in rianimazione dove è rimasto otto giorni e ci ha lasciati il 14 luglio.
Le chiedo scusa se sono stato un po lungo, ma le chiedo. Quando la mattina del 5 luglio, ha avuto un improvviso aggravamento è possibile che si sia trattato di un blocco renale acuto? Anche se erano solo uno o due giorni che non urinava per niente?
Non crede che la sintomatologia così come si presentava su mio padre fosse più ascrivibile ad uno stato di shock ? Per esempio cardiogeno? Potrebbe essere stato l'effetto collaterale dell'albumina? Non crede che forse la dialisi si sarebbe dovuta fare prima ? Leggendo un po ci siamo fatti una idea che forse mio padre aveva una una insufficienza cardiaca ( i sintomi depongono in questo senso ) eppure i medici del reparto non vi hanno mai accennato. La terapia medica prescritta e sopra indicata è da ritenersi idonea per una insufficienza cardiaca? In definitiva , mio padre non ce lo ridarà nessuno, ma quello che ci tormenta è che neppure sappiamo cosa è che lo ha portato alla morte e, soprattutto, cosa lo ha colpito, quella mattina del 5 luglio quando la situazione è precipitata.
[#1]
Dr. Mariano Rillo Cardiologo, Cardiologo interventista 10.1k 278 16
Gentile utente
capisco i suoi dubbi e i suoi risentimenti....quando si perde il proprio padre è fisiologico reagire in questo modo. Personalmente non posso esprimermi sull'operato e sulla diagnosi dei colleghi. Non alcun possibilità di essere obiettivo analizzando solo quello che lei riporta...Posso solo dirle che un problema cardiaco serio come quello di suo padre e a quell'età può facilmente complicarsi rendondo poi estremamente difficile riuscire a gestire i problemi aggiuntivi ed imprevisti...
Saluti cordiali

Dr. Mariano Rillo
Specialista in Cardiologia con Perf. in Aritmologia
Clinica e Elettrofisiologia Interventistica

[#2]
dopo
Utente
Utente
Egregio dottore , intanto la ringrazio per la cortese e sollecita risposta.
Come lei dice si trattava di un "problema cardiaco serio". Ecco, questo è il punto. Oltre agli interrogativi già posti ai quali credo, avevamo e abbiamo , quali familiari, il diritto di conoscere la risposta da quei medici che lo avevano in cura e dei quali mio padre ciecamente si fidava, nessun sanitario ci ha mai rappresentato una situazione patologica di tale gravità nè al primo nè tantomeno al secondo ricovero. Anzi , come già detto ci riferivano solamente di problemi renali . Se avessimo saputo la gravità della malattia di mio padre avremmo avuto anche il diritto di scegliere altre opzioni compreso il diritto di farlo morire in pace tra i suoi familiari e non dopo otto giorni di agonia in rianimazioni. Mio padre è stato trattato come una pratica amministrativa non come una persona: se questa è sanità. Credo che i medici del reparto avrebbero avuto il dovere di fornirci tutte le spiegazioni che sto oggi qui elemosinando.
[#3]
Dr. Mariano Rillo Cardiologo, Cardiologo interventista 10.1k 278 16
Mi spiace che lei riporti una frase non adeguata: "Credo che i medici del reparto avrebbero avuto il dovere di fornirci tutte le spiegazioni che sto oggi qui elemosinando".
Non si tratta di elemosinare spiegazioni, ma del fatto che noi di MI non possiamo fornirgliene. Non è questo lo spirito del nostro sito, ossia dare giudizi su operati di altri o spiegazioni che non ci competono....
Sono certo che passato il momento più delicato dovuto alla perdita recente del genitore sarà in grado di valutare tutto con maggiore obiettività e comunque spiegazioni non deve chiederle a noi...
In quanto all'informazione sullo stato di salute, mi sembra strano che non sia stata data in maniera adeguata, poichè oggi qualunque struttura sanitaria opera attraverso il noto consenso informato che deve necessariamente essere sottoscritto da chi deve ricevere le cure del caso o da chi ne fà legalmente le veci....
L'infarto e le sue complicanze (fibrillazione atriale compresa) sono di per sè "un problema cardiaco serio" ed è impossibile che non le sia stato riportato....per le vicissitudini successive potrebbe avere ragione ed umanamente ha tutta la mia solidarietà, ma su responsabilità oggettive ripeto che non posso assolutamente esprimermi..
Saluti
[#4]
dopo
Utente
Utente
Si, ha ragione dottore, non devo chiedere a voi spiegazioni che peraltro non sareste in grado di darmi, non conoscendo tutti i dati necessari per fornirle . Delle stesse chiederò conto al primario di cardiologia con il quale ho preteso ed ottenuto un incontro per la prossima settimana . Tuttavia una mia domanda era anche tecnica ed oggettiva e, cioè, se la terapia sopra descritta è da ritenersi idonea per una patologia di insufficienza cardiaca e non ha risposto.
Ad ogni modo, circa l'imposibilità che il problema serio non ci sia stato riportato, le posso garantire che i cardiologi del reparto riferivano di "un piccolo infarto" o " un infarto" e nel secondo ricovero il cuore neppure era monitorato permanentemente ... e si parlava solamente di problemi renali. S'immagini se avessimo mai immaginato la gravità della malattia di mio padre e l'infausto sviluppo.
Cordialità
[#5]
Dr. Mariano Rillo Cardiologo, Cardiologo interventista 10.1k 278 16
Capisco....
Per l'idoneità della terapia dello scompenso, anche in questo caso non è facile esprimersi senza conoscere dati in possesso solo dei colleghi che hanno seguito suo padre...
Posso dirle però che lo scompenso cardiaco nel caso specifico deve essersi sviluppato in conseguenza del problema primario, ossia dell'infarto cardiaco. L'infarto crea delle alterazioni della funzione del cuore sia nell'immediato, sia nel lungo termine ed è per questo che è sempre una patologia seria.....anche un "piccolo infarto" può complicarsi in maniera importante.....
Vanno poi valutate le concomitanze....ad esempio la presenza della fibrillazione atriale è prognosticamente sfavorevole e pone altri problemi come la eventuale necessità di terapia anticoagulante orale nel lungo termine, da associarsi alla doppia antiaggregazione piastrinica (Plaviz e Cardioasprina) poichè quest'ultima non protegge da un eventuale tromboembolia cerebrale che è la principale complicanza dovuta ad una fibrillazione dell'atrio...si parla in questi casi di terapia "triplice", che però è una terapia molto delicata perchè, soprattutto in un paziente ultraottantenne, può creare problemi diametralmente opposti, come emorragie cerebrali e sistemiche.....
Come vede fare medicina è quanto di più difficile ci sia e sempre, noi medici, siamo costretti quotidianamente a prendere decisioni sul filo del rasoio nel tentativo di aiutare i nostri pazienti e quando si fallisce (anche senza responsabilità) fà ancora più male sapere che dall'altra parte ci siano persone che non hanno compreso gli sforzi che si fanno per "aiutare" e non certo per "ledere". Questo non significa che il medico che abbia delle responsabilità in negativo non ne debba rispondere, ma personalmente credo che oggi sia necessario riprendere quel rapporto medico-paziente che esisteva una volta, quando le disponibilità di terapia erano limitate e se il paziente veniva perso comunque si ringraziava il medico per tutto quello che aveva fatto, mentre oggi che la tecnologia ci permette di ottenere ben altri risultati, sembra che sempre debba essere garantito quello positivo.....
mi scusi, ma questo è il mio pensiero....
[#6]
dopo
Utente
Utente
La ringrazio ancora per la cortese disponibilità, ma non mi fraintenda: ne io, nè credo altrì, pretendono dal medico un risultato positivo - ci mancherebbe altro!, ma quello che si esige è un impegno morale e professionale per raggiongere quel risultato , che purtroppo, a mio modesto avviso nelle persone anziane malate , è un po affievolito ( glielo dico per esperienze di diverse persone che in queste settimane mi hanno raccontato le loro esperienze ).
Le dico chiaramente quello che penso della vicenda di mio padre: i medici hanno sottovalutato il problema o non lo hanno neppure diagnosticato. Mi pare chiaro che vi fosse una insufficienza cardiaca e con tale prognosi nefasta - a specifica domanda - non hanno risposto. Si ha un pazientedegente per 36 giorni, poi si aggrava improvvisamente , ed i medici asseriscono di non sapere di che cosa egli dia affetto? C'è bisogno di fare una t.a.c.! io credevo che gli esami strumentali servissero a confermare una diagnosi e non a farla. Il problema , purtroppo, è che ormai i medici hanno perso l'abitudine di visitare il paziente ( visto che Lei si richiama al vecchi rapporto con il paziente ) . I medici di famiglia che ho avuto, nessuno mi ha mai visitato per delle problematiche di salute. Quanto sono stato ricoverato, i medici passavano guardavano la cartella conferivano tra essi, qualche domanda e via al prossimo letto. Tanto ci sono gli esami strumentali. E allora dottore ... forse occorre recuperare anche qualcos'altro..
Con viva cordialità
Infarto

L'infarto del miocardio: quali sono i sintomi per riconoscerlo il tempo? Quali sono le cause dell'attacco di cuore? Fattori di rischio, cure e il post-infarto.

Leggi tutto