Possibile ipocondria, sono stanca

Buonasera dottori,
sono una ragazza di 21 anni, per raccontarvi la mia storia devo partire da più di 4 anni fa, quando mio padre una sera ebbe un infarto del miocardio acuto, io avevo 16/17 anni.Quella sera si sentiva poco bene così ha deciso di farsi accompagnare in ospedale da mia madre, i medici del pronto soccorso ci hanno tenuti in attesa fino alle 2 di notte, rimandandoci a casa con una diagnosi di "gastrite severa", ma comunque volendo monitorare la notte, lui rimase lì.Durante la notte ricevemmo una telefonata che ci comunicava che era in fin di vita e lo stavano trasportando all'ospedale Santo Spirito di Roma in condizioni disperate.Mia madre quella sera non svegliò né me né mia sorella, così la mattina mi è tornata a svegliarci e a raccontarci tutto..Mio padre era stato ricoverato in terapia intensiva ancora a rischio di vita. In tutto questo, appena un anno prima, mia nonna è morta di tumore alle ossa, cosa che alla mia giovane età mi lasciò sconcertata, affranta e con un grande vuoto dentro; i miei genitori sono sempre stati fantastici, non mi hanno mai lasciato sole né me che mia sorella.Quello che ho provato invece, a seguito della vicenda di mio padre, è ben diverso. Si certo, ero affranta, ho avuto parecchi momenti di sconforto, ero preoccupata e avevo paura di perdere mio padre così giovane, ma la cosa che mi ha lasciata peggio forse, è stata la sensazione che mi ha accompagnata durante quelle settimane... APATIA.Ero arrabbiata, posso dirlo?Arrabbiata perché i medici non erano stati capaci di diagnosticare in tempo un infarto importante come quello di mio padre, minimizzando ciò che stava avendo, i suoi sintomi, le sue preoccupazioni; portando mio padre a lottare, ad avere una parte del suo cuore "morta", costringendolo anche anni dopo a nuove operazioni.
Vi racconto tutto questo perché penso che quello che ho provato in quel periodo, quello che ho represso forse, possa essere la causa di ciò che ho adesso. Ho sempre paura di essere malata, di tumore o di cuore.Ogni giorno vado sempre a cercare qualcosa che non va in me, qualcosa di strano che in realtà non è altro che normalità. Ho fatto anche alcune visite per questi presunti "sintomi"..Una volta ho paura di avere un tumore al seno, la volta dopo al colon, al retto.. Questo stress mi ha portata ad avere sintomi anche concreti come gastrite, colon irritabile, cefalee.
Ogni volta che faccio una visita poi mi dico "ma se non avesse sentito bene quello che sento io? ma se fosse spuntato oggi e non ci fosse stato due settimane fa durante la visita?"..Come se non riuscissi a fidarmi di quello che i medici mi dicono. A tutto questo si è aggiunto lo stress universitario negli ultimi due anni, e l'unica cosa che mi rende veramente tranquilla è il rapporto con il mio fidanzato, lui c'era quando mio padre è stato male e c'è stato per mille altre cose, sono 5 anni che stiamo insieme e la cosa mi rassicura, posso parlargli delle mie manie, ma vorrei sapere se posso fare qualcosa.
Grazie
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
intanto mi sembra di capire che alla fine il papà si è salvato, giusto?

La Sua reazione è assolutamente comprensibile: l'errore medico esiste, proprio perchè esiste l'errore umano. Ma quando l'errore medico riguarda noi o un nostro famigliare siamo portati a reagire in modo irrazionale ed emotivo, e ci arrabbiamo.

Lo spavento che ha provato per il papà può effettivamente "accendere" un disturbo d'ansia come l'ipocondria, e quindi causare tutti i sintomi di cui ci ha parlato. Le consiglio quindi di effettuare una consulenza presso un terapeuta esperto nel trattamento dei disturbi d'ansia, come ad es. cognitivo-comportamentale, che dovrebbe essere utile anche ad esplorare il trauma di quel brutto periodo.

Ma intanto cominci a pensare ANCHE alla vita, non solo alla morte, vedrà che le cose miglioreranno.

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

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dopo
Utente
Utente
Dottore prima di tutto la ringrazio per la risposta così veloce.
Mio padre si è salvato, mi scusi, non mi sono resa conto di averlo omesso. Posso chiederle un'ulteriore cosa? All'inizio, ho provato solo tanta rabbia è vero, forse anche protratta nel tempo, i sintomi dell'ipocondria ho cominciato ad averli un po' di tempo dopo, direi anche un anno dopo.. Secondo lei è comunque possibile che le cause siano comunque ricollegate alla morte di mia nonna e l'infarto/malattia di mio padre? Diciamo che più cresco, nel senso proprio di età e più questa ipocondria peggiora, forse perché divento più consapevole dei pericoli che ci sono?
Lei ha detto una frase che mi ha particolarmente colpita.. "Ma intanto cominci a pensare ANCHE alla vita, non solo alla morte, vedrà che le cose miglioreranno." .. Ha ragione ed io nel mio cuore lo so, faccio i miei controlli annuali, come una persona giovane che non ha particolari sintomi insomma, ma che è in salute. Però ho sempre il terrore che mi dicano bugie, che non siano competenti. Mi creda questa situazione mi rende stanca, ho paura che vada ad intaccare i miei rapporti con le altre persone, non so se riesco a spiegarmi.

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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
mi scusi per il ritardo con cui rispondo.

Ha ragione, l'ansia a lungo andare rischia di farci comportare in modo "scomodo", col pericolo di intaccare i rapporti con le persone a cui teniamo.

Proprio per questo io non perderei altro tempo: se anche Lei riconosce questa dimensione come psicologica perchè aspettare a trattarla?

Rispetto alle altre domande: provi a leggere questi due articoli su ansia e ipocondria

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/408-ipocondria-la-paura-delle-malattie.html

Crescendo è normale che crescano sia le consapevolezze che le paure: meglio farci l'abitudine, non crede?
[#4]
dopo
Utente
Utente
Buonasera dottore,
Torno a scriverle quasi due anni dopo, con un cuore pieno di dolore.
Il 13 maggio del 2015 mio padre è morto a causa di un infarto. Ho vissuto momenti orribili correndo in macchina per cercare di salvargli la vita, scoprendo poi, una volta arrivata in ospedale, che non c'era niente da fare, è morto la notte del 13 a 00.15. Ero a casa e non ho potuto fare altro che correre il più possibile per arrivare in tempo, mi ha detto che mi voleva bene, continuava a non riuscire a respirare e a dire "Oddio"... Queste parole a quasi 8 mesi passati da quell'inferno, non fanno altro che martellarmi il cervello.
Inutile dire la disperazione mia, di mia sorella e di mia madre. Eravamo la Famiglia con la F maiuscola, lui ci manca da morire, questo periodo delle feste forse è stato il più duro di tutti questi mesi.
Abbiamo passato il 24 e 25 dicembre all'ospedale perché mio nonno (il papà di mamma), paziente di nefrologia, un giorno facendo la dialisi ha avuto un leggero infarto.. Si è aggravato nei giorni seguenti e la notte del 29 dicembre ci hanno chiamato dall'ospedale dicendoci che non aveva superato la notte... Abbiamo seppellito nonno il giorno seguente, il 30 dicembre, abbiamo riaperto la tomba lo stesso giorno e per me vedere la bara di papà li dentro dopo 8 mesi mi ha provocato una fitta allucinante allo stomaco, al cuore... Ho provato un dolore enorme.
Non so se avremo mai pace, se questo anno appena iniziato sarà migliore, ma io non riesco a darmi pace per quello che è successo, avrei potuto fare di piu? Ho 22 anni e vorrei solo il mio papà accanto a me... Adesso quando penso a lui ogni tanto riesco a sorridere, ma la maggior parte delle volte non faccio che pensare a quella corsa folle in ospedale, alla sua sofferenza, le sue parole...
Non sono neanche riuscita a digli "ti voglio bene anche io papà" continuavo solo a urlare "TI PREGO NON ORA".
Non riesco più a vivere.
Non so se qualcuno leggerà questo commento di questo vecchio consulto, ma vi ringrazio in anticipo.
Un saluto
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Ragazza,
anche se il processo di elaborazione del lutto è graduale e inizia proprio dal rifiuto di accettare la perdita subita, considerando che hai vissuto una seconda perdita nel giro di pochi mesi forse sarebbe utile lasciarsi aiutare per affrontare il momento attuale in modo meno distruttivo e sopratutto creando le condizioni favorevoli per avviare un percorso di elaborazione di questa profonda sofferenza.
In questo modo saresti anche un esempio concreto per i tuoi familiari e indirettamente renderesti più efficace il sostegno nei loro confronti.
Naturalmente mi riferisco all'aiuto qualificato di uno psicologo che ti consenta anche di affrontare sensi di colpa che potrebbero gravare sulla tua coscienza sabotando il processo di elaborazione del lutto.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

[#6]
dopo
Utente
Utente
Cara dottoressa,
la ringrazio per la sua risposta e posso dirle che sto pensando che entrare in terapia nel prossimo futuro.
Sento un vuoto dentro incolmabile.
Non faccio altro che pensare che a questa età ho bisogno di mio padre.. Vorrei sapere che esiste qualcosa a cui io possa aggrapparmi..
Mi chiedo cosa abbiamo fatto di male per meritare tutto questo in pochi mesi.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
Gent.le Ragazza,
la rabbia e il rifiuto sono un'emozione e una reazione consuete nelle prime fasi di elaborazione del lutto, tuttavia è importante che esse non si "cristallizzino" diventando le premesse sulle quali fondare convinzioni dannose e fuorvianti come quella di considerare le perdite subite come la punizione per una colpa commessa.
Attraversare questo "vuoto incolmabile" è la tua sfida attuale ma c'è bisogno di essere accompagnati per trovare un nuovo equilibrio che può essere costruito un passo alla volta a partire da ora, non rinviare troppo l'inizio di questo percorso lo renderesti soltanto un po' più faticoso.
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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8 9
Gentile Ragazza,

il dolore che prova è palpabile, è forte, straziante.

Quello che mi sento di dirle è che ognuno di noi, davanti alla perdita di un nostro caro, abbiamo la sensazione e il rimpianto di non aver fatto abbastanza "se avessi corso di più... se facevo così, ... avrei potuto fare di più e diversamente ...?" domande legittime e umanamente comprensibili, ma che a lungo andare non fanno altro che prolungare il dolore della perdita e forse a non perdonarsi, convinti di aver mancato in qualcosa.

Inoltre la morte del nonno ha probabilmente riacutizzato il dolore per la perdita del papà.

Visto l'amore e l'affetto che aveva per suo padre, credo che lei abbia fatto il possibile e quello che forse ora dovrebbe fare è cercare di "riconciliarsi" riguardo questo aspetto.

Le torneranno ancora in mente quei momenti concitati, ma anche momenti in cui sorridere come le è già capitato, forse meno frequentemente, per poi pian piano arrivare ad avere e sentire il suo papà dentro di sè e poter continuare a vivere la sua vita in modo più sereno.

Un caro saluto

Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova

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Dr.ssa Michela De Simone Psicologo, Psicoterapeuta 61
Gentile Utente,
le sono intanto vicina come persona prima che come professionista per i lutti subiti. Mi preme sottolineare che l'elaborazione di una perdita è un processo del tutto naturale e strettamente soggettivo; questo implica che le reazioni ad un momento così difficile siano le più varie: dalla tristezza, alla rabbia, al senso di colpa.

In linea generale mi sentirei di consigliarle di accettare lo stravolgimento emotivo che questa triste esperienza comporta e di non cercare di reprimerlo o negarlo in alcun modo. Il processo di elaborazione può essere più o meno lungo e più o meno costante; lo scopo ultimo è quello di trovare un "equilibrio" tra l'andare avanti e il non dimenticare le persone amate, riadattandosi ad essere se stessi e a vivere senza la presenza fisica di quelle persone. Questo processo richiede ovviamente del tempo; non chieda troppo a sè stessa, si dia il giusto tempo per affrontare questa dura prova.


Per quanto riguarda i sintomi ipocondriaci, sono ancora presenti?

Le consiglierei in ogni caso di consultare un collega che possa aiutarla in questo difficile periodo.
Un saluto

Dr.ssa Michela De Simone
Psicologa
Nardò - Cutrofiano (Le)

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dopo
Utente
Utente
Ringrazio tutti per le belle parole di conforto.
Per quanto riguarda i sintomi ipocondriaci ero riuscita a superare il tutto, mi sentivo finalmente bene e non stavo sempre sull'attenti, vivo tranquilla.
Tutto questo lentamente mi sta riportando nel baratro. Oggi in ovulazione e dopo un rapporto sessuale ho avuto una perdita acquosa con un filamento di sangue rosso vivo e immaginate cosa sto pensando. Il punto è che tutte le volte non posso assecondare questa mia follia. Mi sto cercando di convincere che è una perdita ovulatoria del 14esimo giorno e non un tumore uterino.
Perché si passo da un estremo a un altro, capite? O non è niente o è la catastrofe.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicologo, Psicoterapeuta 4.9k 86 75
"Il punto è che tutte le volte non posso assecondare questa mia follia."

Non si tratta di un disturbo psichiatrico ma di un circolo vizioso che contribuisce ad alimentare l'ansia e i pensieri ossessivi e che non è altro che un'espressione del disagio che stai vivendo.
L'oscillare da un estremo all'altro deriva dai tentativi di riprendere il controllo delle tue reazioni.