Cinque mesi di agonia per Staphylococcus lugdunensis

Gentilissimi,
vi scrivo per mio suocero.
Uomo di 65 anni, nessuna malattia pregressa.

Ormai cinque mesi fa la sua caviglia ha cominciato a gonfiarsi: gli sono state fatti fare dal medico di base tutti gli accertamenti per escludere trombosi e ostruzioni venose. Tutto negativo.

La caviglia ha continuato a gonfiarsi e si è cominciato ad aprire un ascesso, sempre più grande.
Dall'Ospedale della sua città hanno ipotizzato Osteomielite e gli hanno suggerito ricovero presso altro Ospedale.
In questo nuovo Ospedale gli è stata fatta risonanza magnetica e Tac, scongiurata Osteomielite.
Lo hanno rispedito con antibiotici presso la sua città di residenza, dato che nel frattempo è anche stato analizzato il liquido della caviglia che è risultata infetta da Staphylococcus lugdunensis.

La situazione è peggiorata a vista d'occhio, fino ad arrivare a necessitare di ulteriore ricovero.
Hanno cercato di togliere il liquido in eccesso e lo hanno dimesso, nuovamente lasciandolo con quasi nulla di fatto: ascesso sempre peggiore e antibiotici.

A seguito di un malore è stato nuovamente ricoverato ed è stato indirizzato presso struttura iperbarica dove la situazione sembra stabile ma né migliora né nessuno è in grado di stabilire un iter chiaro di cura che rassicuri lui e la famiglia.

Siamo stati rimbalzati dai più grandi Ospedali d'Italia.
Nessuno, nemmeno grandi primari pagati privatamente si sono premurati di spiegarci come sia possibile che dopo cinque mesi di cure e continui ricoveri e dimissioni, la situazione non migliora affatto. Tutti si sono limitati a dire: è una cosa lunga.

Cosa possiamo fare?
Esiste un centro specializzato in questo tipo di problema?

Esiste un approccio chirurgico per estirpare il focolaio dell'infezione?

E soprattutto esiste un medico che si prenda cura di lui raccogliendo tutto quello che è accaduto in questi mesi e che non ci abbandoni fino a remissione dell'infezione?

ps: NO DIABETE.
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Attivo dal 2007 al 2020
Medico Chirurgo
Mi spiace molto per le condizioni di suo suocero.
Lo Staphylococcus lugdunensis è un commensale presente normalmente sulla cute sana ed è anche utile perchè è competitivo nei confronti dello Staphylococcus Aureus per cui entrambi limitano la crescita l'uno dell'altro.
In letteratura lo Staphylococcus lugdunensis è stato responsabile di gravi endocarditi, specie in portatori di protesi valvolari, celluliti (come quella di suo suocero) osteomieliti ma la casistica non è amplissima.
E' peraltro importante che si sia certi che la cellulite del suo congiunto sia sostenuta effettivamente da questo germe: la sua presenza sulla cute potrebbe avere contaminato il campione e sviato la diagnosi microbiologica.
E' anche da accertare se la perfusione arteriosa della zona in cui si è instaurato il processo patologico sia normale, perchè non è frequente un processo infettivo così lungo e destruente da parte di Staphylococcus lugdunensis.
Inoltre, ammettendo che stia facendo antibiotici ai quali il batterio si dimostra sensibile, è da valutare se nel liquido cellulitico si raggiungano concentrazioni adeguate degli antibatterici: diversamente il processo non potrà volgere alla guarigione.
La terapia iperbarica, presumo finalizzata alla demarcazione del tessuto necrotico, avrebbe dovuto essere seguita da uno sbrigliamento anche ampio della necrosi: diversamente l'incisione per fare uscire un pò di liquido non serve a nulla di concreto.
Infine, anche se suo suocero non è diabetico, vanno escluse tutte le cause di immunità ridotta e la presenza di un "torpore immunitario", con test specifici che si effettuano in centri altamente specializzati.
Siete stati alla Chirurgia II dell' ASTT Fatebenefratelli - Luigi Sacco a Milano?
Se no, io lo farei vedere in quella struttura anche per una rivalutazione della situazione infettivologica, terapeutica sia medica che chirurgica.
Purtroppo capisco il vostro accorato appello, ma i processi cellulitici sono una grana per qualunque paziente.
Rimango a disposizione laddove vi occorrano ulteriori informazioni.
Cari saluti,
Dott. Caldarola.