Non riesco a trovare la mia identità...

Ho 20 anni, un aspetto piacevole, sto frequentando l’università con buoni risultati, ho una ragazza da tre anni e un gruppo di amici di cui ci si può fidare. Apparentemente tutto perfetto, ma sono profondamente insoddisfatto della mia vita.

Sono insoddisfatto perché non so chi sono e chi voglio diventare, perché sto vivendo la vita che i miei genitori hanno scelto per me, perché mi accorgo di non avere sogni o desideri da realizzare, non riesco a mettere a fuoco un obiettivo o uno scopo da perseguire, mi sento vuoto e impotente.
Gran parte delle mie giornata si trascinano aspettando qualcosa che non so. Mi capita spesso di trovarmi ad aspettare che un’ora finisca, che un giorno finisca, che una settimana finisca…ma alla fine mi accorgo che il tempo passa e io non sto combinando molto.

Mi sembra di essere passivo e invece vorrei sentirmi attivo, mi sembra di stare a guardare la mia vita e invece vorrei viverla, mi sembra che gli altri abbiano capito qualcosa che a me ancora sfugge.

La mia ragazza sta studiando per fare il veterinario. Un obiettivo chiaro, definito, ma soprattutto il suo. Lei si immagina tra cinque anni e poi tra dieci e poi…ha tutto ben definito.
Io se guardo avanti non mi vedo.
Sto studiando Economia perché entrambi i miei genitori sono laureati in Economia, ma non so a che cosa mi servirà, che cosa vorrò fare.
Sono insieme alla mia ragazza da tre anni, ma non riesco a immaginarmi con lei nel futuro. Non so se staremo insieme, se formeremo una famiglia, non so se è quello che voglio. Ho provato a parlarne, ma ho capito subito che non la stava prendendo bene e ho divagato.

Con mio padre non ho praticamente alcun rapporto. Lui spesso è in viaggio per lavoro. A volta sta via per mesi interi, all’estero. Quando ritorna mi tratta come una delle imprese per cui lavora. Credo che abbia una specie di “cruscotto di controllo” per monitorare le mie prestazioni: numero di esami superati, media, km percorsi in piscina, miglioramento sui tempi…
Tutto orientato a misurare quello che faccio, ma mai nessuna domanda a riguardo di come mi sento, che cosa provo, che cosa desidero.

Mia madre c’è sempre, ma con lei non sono mai riuscito ad avere un buon rapporto perché la vedo solo come l’emanazione fisica di mio padre. Tutte le sue frasi cominciano con papà dice, papà pensa, papà vuole…e lei? Lei ha praticamente rinunciato ad esistere. Se un estraneo entrasse in casa nostra non si accorgerebbe di lei perché non c’è nulla di veramente suo, che abbia scelto, che le piaccia, che le appartenga o le interessi.
Io ho paura di essere come mia madre, senza qualcuno che dice, pensa e vuole, non valgo molto…sono invisibile. Vivo in una famiglia con una persona assente molto immanente (mio padre) e con una persona presente ma molto assente (mia madre). E poi ci sono io…

Credo che la cosa che mi manchi di più in questo momento è la mia identità! Ho la necessità far emergere la mia personalità, capire chi voglio essere
Che cosa posso fare? Mi sento perso
[#1]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.7k 506 41
Gentile ragazzo,

innanzitutto può capitare quando si è molto giovani di non avere le idee chiarissime e di pensare che gli altri ce le abbiano.
In realtà è frequente non sapere bene dove andare e se la strada scelta sarà quella giusta o se staremo ancora con la stessa persona tra cinque anni, almeno alla tua età.

Tuttavia, mi pare che alcune questioni siano l'espressione di uno stato ansioso (ad esempio quanto detto sopra) e che per altre problematiche (rapporto con i tuoi genitori) tu debba apprendere a sganciarti da loro. Non andandotene, intendo, ma è ovvio che tu faccia fatica a sentire una tua identità se tuo papà è una figura presente e ingombrante.

Da lui dovresti differenziarti e cercare la tua strada.
Probabilmente lui proverà ad imporsi davanti al tuo distacco, ma è necessario che tu lo faccia per crescere.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#2]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<Ho la necessità far emergere la mia personalità, capire chi voglio essere>

Gentile Ragazzo,
comprensibile se lei ha compiuto scelte di altri alle quali si è adeguato forse anche non sapendo/riuscendo ad individuare altro, per via di come sono andate e vanno le cose nella sua famiglia.
Sembra che lei si sia adeguato a ciò che gli altri ritenevano fosse buono e corretto per lei, data poi l'età giovanissima e la difficoltà/impossibilità a cambiare determinate regole familiari, la difficoltà che lei percepisce ad essere visto, ascoltato, validato, riconosciuto come persona con una propria individualità
Ora sente il bisogno di ritrovarsi, di conoscersi, di porsi degli obiettivi suoi, di dare una progettualità e un senso personale alla sua vita, una direzione che sia sua e non di altri.
Questo è possibile, lei è molto giovane, la sua vita è in costruzione, occorrerebbe comprendere meglio se stessi, le proprie inclinazioni, desideri, bisogni e non solo, a mio parere, poiché i suoi vissuti in merito ai rapporti familiari sembrerebbero avere un peso consistente sul suo pensare e agire.
A questo scopo sarebbe opportuno che riuscisse a riflettere sulla possibilità di conquistare una migliore distanza emotiva in particolare da suo padre per riuscire a incamminarsi verso una maggiore autonomia personale.
Se le riuscisse difficile fare tutto ciò da solo, può sempre sentire il parere diretto di un nostro collega.

Cordialità

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#3]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Buongiorno e grazie per i suggerimenti.

Non saprei dire se sto vivendo uno stato ansioso, ma sono argomenti a cui mi capita spesso di pensare. La sera talvolta ho difficoltà ad addormentarmi per questo. Mi capita spesso di avere incubi in cui non riesco a camminare, correre, sono come prigioniero di un pantano colloso che mi immobilizza. Da alcuni mesi faccio anche un sogno ricorrente con mio padre. So che c'è lui, ma non lo vedo in sogno. Sento solo che mi porta via il mio pene. Non è una scena horror con sangue e lame, ma qualcosa di spirituale, simbolico. Dopo la sua venuta percepisco la mancanza del mio pene. Mi è capitato spesso di svegliarmi da questo sogno con l'erezione e un senso di angoscia.

La mia più grande paura è vivere la vita di mia madre. Cioè non vivere aspettando che capiti qualcosa, che qualcuno decida per lei, che la vita continui e la corrente la trascini avanti, senza obiettivi, senza meta, senza scopo, senza passione...

Credo che la strada gusta per me sia proprio la ricerca di una distanza emotiva e di una autonomia personale.
Il mio grosso problema è che non so quale direzione prendere.

L'altra sera ho provato ancora a parlare con la mia ragazza. Lei voleva fare sesso e io ragionare sul nostro futuro. Alla fine abbiamo fatto una via di mezzo perchè la mia testa è rimasta concentrata su questi pensieri e l'erezione mi ha mollato a metà... é come se in qualche modo mio padre mi avesse preso il pene per davvero.

Sono anche stato all'università nell'ufficio per l'orientamento e mi hanno consigliato di sviluppare una analisi SWOT di me stesso per iniziare a pianificare il mio progetto di vita.
Sui punti di forza e debolezza sono stato molto severo e obiettivo e ho messo a fuoco anche alcune minacce. Il quadrante che mi mette in difficoltà è quello delle opportunità.
Non riesco a vedere quale spazio nel mondo possa esserci per me e quale spazio vorrei conquistare. Sono cieco nei confronti del mio futuro.
Non voglio in nessun modo parlare di questo con mio padre, con mia madre sarebbe poco utile farlo e la mia ragazza sembra non avere sensibilità sufficiente per capire la mia situazione.
I miei amici dicono che mi preoccupo troppo, che a poco a poco le cose verranno da sè, ma mi sembra tanto l'atteggiamento di mia madre...
Mio nonno sarebbe la persona giusta, perchè ha la saggezza dell'età, la sensibilità e il rispetto per me che mancano a mio padre, ma ha un unico difetto, è il mio nonno paterno e sono sicuro che prima o poi affronterebbe l'argomento con suo figlio.
Sono cattolico, ma non praticante. Mi piacerebbe ascoltare il punto di vista di un prete, la ricerca del senso della vita dal punto di vista della religione. Ho pensato che il confessionale fosse il luogo adatto, ma per ora mi è mancato il coraggio per cominciare il discorso.

Forse dovrei ricercare l'aiuto di uno psicologo...,ma sono un po' diffidente nei confronti di questo mondo che non conosco. Probabilmente ho scritto su questo sito proprio per tentare un primo avvicinamento e capire come potrebbe essere...

Che cosa mi manca, che cosa sbaglio? Vorrei avere di colpo dieci anni di più per togliermi da questa situazione e guardare avanti...per ora galleggio e sopravvivo.
[#4]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119 9
<Probabilmente ho scritto su questo sito proprio per tentare un primo avvicinamento e capire come potrebbe essere...>

E ha fatto bene, questo è il primo passo.
Cosa la rende diffidente nel consultare direttamente un nostro collega?
Lo psicologo accoglie, ascolta con empatia, in assenza di giudizio e ha le competenze indispensabili per aiutarla a comprendere e accompagnarla a risolvere le sue problematiche.
Differente da chi la conosce direttamente ed è emotivamente implicato o da altre figure che, con tutto il rispetto, possono ascoltarla e darle supporto, ma senza quelle specifiche competenze necessarie menzionate sopra.

Dato anche quanto ha aggiunto nella sua risposta (che sembrerebbe indicare un certo stato ansioso) sarebbe opportuno rivolgersi direttamente a un nostro collega per conquistare migliore serenità e benessere, una maggiore autonomia emotiva da suo padre e comprendere come percorrere il cammino che possa condurla alla costruzione di un futuro soddisfacente.

Molti auguri
[#5]
dopo
Attivo dal 2016 al 2016
Ex utente
Devo dire che questi primi confronti mi sono piaciuti, ma credo che la mia diffidenza nasca da alcuni condizionamenti:

1. Mia madre è in cura da alcuni anni per problemi di depressione. La sua situazione è statica e non sembra avere evoluzioni. Forse se non fosse seguita le cose andrebbero ancora peggio, ma in ogni modo non mi sembra che il supporto sia risolutivo...
2. Mio padre ritiene che la psicoterapia per un uomo sia un segno di debolezza, sia come ammettere di non riuscire a farcela da soli, come una sconfitta. Non condivido questo suo pensiero, ma mi darebbe molto fastidio se pensasse questo di me.
3. Non vorrei cominciare ad assomigliare a mia madre anche in questo. E' un primo passo che non voglio fare.
4. Lei dice "Lo psicologo accoglie, ascolta con empatia, in assenza di giudizio e ha le competenze indispensabili per aiutarla a comprendere e accompagnarla a risolvere le sue problematiche." Ho la sensazione che per comprendere nel profondo una persona siano necessari tempi lunghi...e sincero interesse e passione, che non sempre ho riscontrato nelle persone che svolgono una attività professionale. Ho anche la sensazione che non sarei particolarmente a mio agio nel parlare di cose così personali dal vivo. Scrivere lo rende molto più semplice, quasi distaccato.
5. Ho il timore che possano essere previsti farmaci. Ho letto che per l'ansia spesso si abbina agli incontri anche una terapia farmacologica.
6. Non sono sicuro che un medico mi possa aiutare a conquistare una migliore distanza emotiva da mio padre. Lui non lo permetterebbe mai.

E' innegabile che io debba fare qualcosa, ma non sono sicuro della strada da intraprendere. Mi sento confuso, perso e solo...forse anche in ansia.