Psicoloterapia relazionale per depressione

Buon pomeriggio. Sono stato stamattina in un consultorio convenzionato per richiedere una psicoterapia individuale per un disturbo ansioso depressivo già in cura farmacologica (ma la psichiatra mi ha consigliato di fare psicoterapia senza indicarmi un approccio in particolare)
Al consultorio mi hanno detto che il loro approccio è di tipo relazionale.
Volevo sapere se secondo voi è un approccio indicato per il mio disturbo, insomma se per le vostre conoscenze funziona.
Sono previste 20 sedute a cadenza settimanale, più un eventuale allungamento ma privatamente. 20 sedute possono bastare o in genere le terapie di questo tipo sono più lunghe?
Grazie.
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187 37
Gentile Utente,
per la parte "ansiosa" del Suo disturbo servirebbe un approccio maggiormente "concreto", centrato appunto sul trattamento specifico del disturbo d'ansia, come quello cognitivo-comportamentale, che difficilmente troverà nel sistema sanitario pubblico.

Sulle 20 sedute dipende da cosa viene fatto durante. In alcuni casi possono essere già un intervento significativo, soprattutto in associazione all'intervento farmacologico. Comunque nulla le impedisce di iniziare, per vedere come si trova, e poi decidere.

Cordialmente

Daniel Bulla

dbulla@libero.it, Twitter _DanielBulla_

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
La terapia sistemico-relazionale è indicata soprattutto nei casi dove ad alimentare o sostenere il disagio siano coinvolti legami relazionali, ad esempio di coppia o familiari. Se tali aspetti non sono rilevanti tale tipo di terapia può comunque essere utile, anche se altre potrebbero esserlo di più. È un po' difficile dirlo in mancanza di altre informazioni.

Venti sedute possono essere sufficienti, ma anche qui è difficile fare previsioni. In altre forme di terapia, specie quelle brevi, la media di sedute per un intervento può essere la metà di tale cifra.

Tuttavia potranno risponderle anche i colleghi a orientamento sistemico-relazionale e fornirle ulteriori informazioni.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
Vi ringrazio .avevo già fatto una terapia cognitivo-comportamentale per gli attacchi di panico, e si era rivelata utile anche se attacchi veri e propri non ne avevo già da diverso tempo... tuttavia mi ha aiutato a gestire le situazioni "borderline", in cui si sente qualche segno dell'attacco e si teme che arrivi.

A me è stato detto, sia da uno psichiatra un paio di anni fa, sia dalla psicoterapeuta che ho visto stamattina, che avendo io un disturbo depressivo "antico", iniziato nella prima adolescenza, sarebbe il caso di lavorare sulle cause più che sui sintomi, e quindi entrambi nel mio caso non ritengono appropriata la terapia cognitivo-comportamentale che lavorerebbe sul sintomo lasciando sullo sfondo la storia di una malattia che dura da 25 anni. Anzi lo psichiatra mi aveva addirittura proposto di cercare uno psicanalista... terapia non adatta comunque alle mie tasche.
Detto questo l'incontro con la psicoterapeuta di stamattina mi è sembrato un inizio inizio positivo, mi ha dato dei buoni feedback... vedremo.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
L'idea che esistano terapie "solo sintomatiche" è sbagliata, oltre che antiquata. Le terapie si dividono semmai fra efficaci e non efficaci, non in base a ciò su cui lavorano.

Al contrario le psicoterapie più adatte per ansia e per molte forme di depressione sono proprio quelle proattive e focalizzate, come la comportamentale o la strategica.

Parlando di ansia, è tipico che gli attacchi di panico si manifestino solo all'inizio e che poi la persona impari quali sono le situazioni che glieli provocano e tenda, perciò, a evitare tali situazioni. L'ansia può manifestarsi in molti modi diversi e per sbarazzarsene occorre trattare ogni caso in modo specifico. Ma andare in cerca delle "cause", anche ammesso che sia possibile trovarne, quasi mai dà indicazioni su come procedere.

Tuttavia se il colloquio di stamani è stato positivo, intanto provi con questo percorso. A cambiare sarà sempre in tempo.

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dopo
Utente
Utente
Suppongo che la psicoterapia che si svolge lì dia indicazioni su come procedere e non sia una mera indagine sulla mia psiche...
So che nella terapia relazionale si danno anche dei "compiti a casa", un po' come nella cognitivo comportamentale. Mi sembra insomma, da quello che ho potuto leggere una "via di mezzo" tra diverse scuole... del resto nasce dalla psicanalisi ma poi se ne distacca.
Comunque credo, forse sbaglio, che un buon psicoterapeuta sappia essere flessibile, in base al paziente che ha fronte, e non sia un mero esecutore dei dettami di una scuola...
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 576 66


Gentile utente,

Le si apre la possibilità di una ventina di sedute con colleghi formati, presso il consultorio convenzionato, "adatta comunque alle mie tasche."
Perchè non iniziare e provare come va?

Non si lasci prendere dall'ansia, come potrebbe trasparire dalle domande che ci pone.
Ci provi,
si ponga in relazione.
il primo approccio è stato positivo.

Si renderà conto di persiona se il lavoro condotto insieme sarà produttivo.

Saluti cordiali.



Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> So che nella terapia relazionale si danno anche dei "compiti a casa"
>>>

Sì, glielo confermo, è così.

>>> credo, forse sbaglio, che un buon psicoterapeuta sappia essere flessibile, in base al paziente che ha fronte, e non sia un mero esecutore dei dettami di una scuola
>>>

È vero anche questo, assolutamente. I vari approcci sono differenti, ma ciò che può fare la vera differenza sono la motivazione del paziente e la competenza del terapeuta.

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Dr. Emanuele Petrachi Psicologo 32 2
Caro utente, i "compiti a casa" nella terapia relazionale sono poco usati o utilizzati in maniera molto mirata dai terapeuti che valutano di volta in volta la necessità di assegnarli, certamente non fanno parte di un protocollo come succede in altre terapie più strutturate come quella cognitivo comportamentale.

Se il suo psichiatra di riferimento le ha consigliato di andare un po' più in dietro negli anni, anche io le suggerisco di cercare un terapeuta con approccio dinamico o sistemico che, per formazione, lavora maggiormente con quella parte di noi rispetto ad un cognitivo comportamentale (non me ne vogliano i colleghi cc).

Un saluto

Dr. Emanuele Petrachi
Psicologo (Lecce)

[#9]
dopo
Utente
Utente
Allora non è così assurda l'idea che la terapia cognitivo-comportamentale sia ottima sul sintomo ma non sullo scavo nella psiche del paziente.
Faccio un esempio: io avevo di frequente attacchi di panico dopo i primi mesi di una relazione affettiva.
Quando ho fatto la TCC questa cosa non è stata approfondita, ci avrei voluto capire di più, ma il focus non era su questo aspetto ma sulla gestione "pratica" del panico. Invece questo panico nelle situazioni affettive avrà avuto, credo, un significato nel mio modo di relazionarmi alla partner, di vivere la relazione...
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Dr. Emanuele Petrachi Psicologo 32 2
Alla luce di questi pensieri, caro utente, ha degli ottimi motivi per continuare un percorso che le riserverà ottimi traguardi.
Un grande augurio
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dopo
Utente
Utente
Grazie.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Allora non è così assurda l'idea che la terapia cognitivo-comportamentale sia ottima sul sintomo ma non sullo scavo nella psiche del paziente
>>>

Almeno da un punto di vista strategico la domanda non è assurda, è errata perché mal posta.

Quando non esistono complicazioni di altro tipo dall'ansia si può uscire benissimo anche senza scavi archeologici. Se uno ha difficoltà nelle relazioni, anche appurando che questo può essere insorto a causa di vicende vissute nell'infanzia, saperlo di per sé non fa scomparire il problema e soprattutto non dà indicazioni pratiche su come procedere. La cosiddetta ricerca delle "cause" viene a volte sopravvalutata. Sempre da un punto di vista strategico. Chiunque è in grado di rendersi conto se ha avuto una madre troppo severa, un padre assente o se la separazione dei genitori abbia causato dolore. Ma saperlo non rende migliori, SE a ciò non si dà seguito con le azioni opportune. Che è appunto ciò che si fa nelle terapie cosiddette attive.

Nelle cose si diventa bravi e competenti facendole. Legga ad esempio qui su come Ellis, uno dei padri della terapia cognitivo-comportamentale, risolse il suo proprio problema di timidezza con le donne:

http://www.albanesi.it/psicologia/ellis.htm

E legga soprattutto qui, per capire meglio la correlazione fra sintomo e terapia:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/478-il-sintomo-e-la-sua-funzione-in-psicologia.html

Ad ogni modo segua il percorso che sta appena iniziando e rimandi ogni considerazione a DOPO. Non si fasci la testa prima che sia rotta, come spesso fanno le persone ansiose.

[#13]
dopo
Utente
Utente
Lo "scavo in sé funziona", e a quanto si legge int questo articolo del vostro sito, è dimostrato scientificamente...

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1499-l-efficacia-della-psicoanalisi-freud-jung-avevano-ragione.html
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Per quali tipi di disturbo? Di quali tipi di terapie di "scavo" si parla?

Leggendo un articolo o più articoli, come in questo caso, senza contestualizzarli, si corre il rischio di trarre conclusioni fuorvianti.

L'articolo in questione parla per l'appunto di "terapie psicodinamiche brevi", aggiungendo che le terapie psicodinamiche e psicoanalitiche possono avere un'efficacia superiore ad altre per disturbi come quelli di personalità, ad esempio quello borderline.

Ma se il suo fosse prevalentemente un disturbo d'ansia con una componente depressiva, magari secondaria, cioè una cosa completamente diversa, potrà scavare consumandosi le braccia fino ai gomiti ma non è scavando che ne uscirà. Ne uscirà iniziando a FARE delle cose in modo diverso. Non imparando tutto sul suo disturbo. E questo, badi bene, qualunque sia l'approccio che sceglierà.

Le darò un suggerimento ancora più importante, che è il seguente: non dia retta a ciò che le dico io. Non si fidi, anzi non si fidi di nulla di ciò che sente dire in giro, specie su internet. Piuttosto faccia esperienza in prima persona. Lei ora si appresta a iniziare un percorso - che, a proposito, non è di tipo psicodinamico in senso proprio ed è anzi per certi versi più vicino alla terapia breve strategica - per cui faccia tale percorso e rimandi a dopo ogni considerazione.

[#15]
dopo
Utente
Utente
Ok, grazie della sua risposta.
A me comunque era stato diagnosticato un disturbo depressivo-evitante di personalità.
Quindi la mia non è un "semplice" sindrome depressiva, è parte del mio carattere, per questo me la porto dietro da tanto tempo....
Grazie ancora.
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