Non riesco a prendere una decisione importante

Buonasera.

ho appena ricevuto un'offerta di lavoro. Durante il weekend dovrò prendere una decisione, ma proprio non riesco.

In generale, non sono bravo a prendere delle decisioni, perché mi terrorizza l'idea della perdita (inevitabile) che la decisione porta con sé.

In questo caso, perderei delle migliori condizioni sotto il mero profilo "materiale" (un contratto di lavoro vecchio stampo, con maggiori tutele), ma è vero anche che dove sono adesso ho avuto molti problemi, l'ambiente è stressante, il carico è disumano, i responsabili non gratificano (ma mortificano) e chiedono sempre di più. Ultimamente ho avuto crisi d'ansia e soffro d'insonnia.

Nel nuovo posto di lavoro la persona con cui ho fatto il colloquio è altamente competente e qualificata, e ha precisato durante il colloquio di tenere al benessere dei collaboratori. Questa frase mi ha conquistato. Ovviamente però ci sono dei contro: sarei il primo ed il solo a ricoprire la mia funzione, in totale autonomia. In quanto solo tornerei anche, da una parte, ad avere mansioni più operative. D'altro canto, dove sono adesso l'organizzazione è di grandi dimensioni, e sono inserito in una gerarchia, per cui sulle cose importanti non si muove foglia senza il coinvolgimento dei responsabili. Questo mi allevia da una parte del peso: è vero anche che io di indole mi faccio sempre molto carico dei miei lavori, e mi comporto sempre come se la responsabilità fosse in primis mia. Sono già autonomo e al 75% le decisioni sono mie, ma l'avere qualcuno sopra responsabile del contenuto del mio lavoro è psicologicamente confortante. Riassumendo: nel nuovo posto di lavoro. di piccole dimensioni, avrei un incarico trasversale: dalla bassa manovalanza, per intenderci, alla responsabilità finale del lavoro. Ora, invece, in una organizzazione di maggiori dimensioni, sono in una posizione intermedia, in cui né sono operativo né sono il responsabile ultimo.

E poi nel posto di lavoro nuovo si comunica con l'esterno principalmente in una lingua straniera diversa dall'inglese, che ho studiato a scuola, ma non ricordo più. Mi hanno rassicurato del fatto che questo non è un problema, ma io non sono convinto. Dicono che posso utilizzare frasari standard, ma a me piace metterci del mio nella composizione delle e-mail, scrivere messaggio, di varia complessità, servendomi di una buona conoscenza, in continua evoluzione, dell'inglese.

Insomma, sono davvero combattuto: sono due posti di lavoro completamente diversi. Sto forse scappando dall'inferno, vendendomi al primo che passa? La situazione, divenuta insostenibile nel posto attuale, non mi fa scegliere con obiettività.

E poi ho paura della reazione dei miei attuali datori di lavoro. Se mi dimetto, li lascio in tredici. Non voglio immaginare la reazione. Pieni di rancore, mi spremeranno fino all'ultimo, facendomi arrivare al nuovo posto di lavoro decimato e senza l'energia necessaria per la nuova avventura.

Aiuto!
[#1]
Dr.ssa Alessia Ghisi Migliari Psicologo 127 7 13
Gentile Utente,
La parola "inferno" la dice lunga su quel che prova verso il Suo attuale ambiente lavorativo.

Come ogni scelta, anche in questo caso, ci sono i pro e i contro, con la conseguenza che qualcosa andrà perduto, qualcosa magari guadagnato, e che (non lo possiamo sapere) potrebbero arrivare rimpianti o rimorsi.
Non essendo all'interno del Suo settore lavorativo, non ho le competenze tecniche per capire l'oggettivo quadro della situazione.
Nè conosco la Sua realtá famigliare (l'avere figli piccoli da mantenere, ecc.), di cui però non parla.

La verità, mesta, è che solo Lei può conoscere se stesso abbastanza da prendere una decisione tanto importante.
Non voglio, ammesso io possa, influenzare con impressioni varie. È comunque palese che la Sua attuale quotidianità la soffoca, e non può avere certezze di come sarà il nuovo lavoro fino a che non vi si sarà immerso.

In tempi di crisi sono questioni delicate; ha una compagna o qualcuno di fidato che conoscono Lei e il modo in cui vive (al di lá di queste righe), per potersi confrontare?
T.S. Eliot scrisse: "Passi echeggiano nella memoria, lungo il corridoio che mai prendemmo, verso la porta che mai aprimmo, sul giardino delle rose".
Non sappiamo se vi siano rose e quante spine nella nuova opportunità.
Non possiamo rispondere a una domanda la cui risposta è in Lei.

Da qui avverto la stanchezza in cui ora è. Questo è certo. E la consapevolezza che sarà "spremuto" in caso scelga la nuova via. È disposto?

Pensi che, qualunque scelta faccia, la semplice azione di farla è un atto rivoluzionario, non prevedibile negli effetti, ma coraggioso.
Rose o no.

Per quel poco che può contare, perché purtroppo non posso dissipare i Suoi dubbi, Le faccio tanti auguri.
Coraggio. In entrambe le direzioni.

dr.ssa Alessia Ghisi Migliari

[#2]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.6k 572 66
Gentile utente,

ci si ferma ore e giorni a fare elenchi dei pro e dei contro... ma le due liste sono quasi sempre della stessa lunghezza, vantaggi e svantaggi si equivalgono.

Neppure i proverbi ci aiutano:
"Non lasciare il certo per l'incerto"
e all'opporto:
"il treno non passa due volte"...
a dimostrare quanto la scelta sia difficile e spesso combattuta.

La considerazione più auto sabotante mi sembra essere l'ultima, nella Sua mail.
Sta anche in Lei farsi spremere o resistere, evitando le catastrofi che Lei immagina a seguire.
Sembra quasi che Lei si indirizzi qui o là per evitare le Sue paure, più che per scegliere.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#3]
dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
@ Dott.ssa Migliari. Grazie per le parole equilibrate, per la sensibilità e per la suggestione di questo verso ""Passi echeggiano nella memoria, lungo il corridoio che mai prendemmo, verso la porta che mai aprimmo, sul giardino delle rose" che, devo ammettere, mi ha colpito molto.
No, non ho figli né partner, quindi devo badare "solo" al mio mantenimento. Vero è che ad esso ci posso pensare solo io (la famiglia non può darmi sostegno).

@Dott. Brunialti. Grazie per i suoi spunti di riflessioni. Sono spaventato dalla reazione (ingiusta) che avrebbe i miei attuali superiori. Ho assistito a comportamenti e ascoltato brutte affermazioni da parte loro in passato, anche di recente e proprio rivolte a dimissionari. E' vero che evito le mie paure: se resto, la paura dell'incerto, del rischio, della inadeguatezza per il nuovo lavoro.
Se me ne vado, evito la paura di peggiorare ancor più a livello di salute (mentale e fisica) per lo stress, soccombere allo stress ed il timore di essere intrappolato per sempre in una situazione ed in un luogo insostenibili.

A livello pratico, sto prendendo nota di domande, che alla fine scremerò, e farò al mio datore di lavoro offerente prima di comunicare la mia decisione. Penso alla fine di averne il diritto.
[#4]
Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.6k 572 66


La conclusione in #3 mi sembra pertinente
ed indice di un atteggiamento maggiormente assertivo.

Saluti cordiali.
[#5]
Dr.ssa Alessia Ghisi Migliari Psicologo 127 7 13
Gentile Utente,
Sì ne ha tutto il diritto, fuor di dubbio.
E, se sa gestirsi e "andare avanti" con le sue forze, ne ha senza dubbio anche la capacitá.
E Le auguro un Suo giardino di rose.
Tanti cari auguri.
[#6]
dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
Grazie ad entrambe.

Questa affermazioni della dott.ssa Migliari "E, se sa gestirsi e "andare avanti" con le sue forze, ne ha senza dubbio anche la capacitá.", la interpreto come: se è in grado di vivere da solo e mantenersi in maniera autonoma al 100%, sarà in grado anche di gestire questa scelta.

Se la mia interpretazione fosse giusta, la dott.ssa avrebbe centrato il punto: vero che la mia famiglia non potrebbe sostenermi nell'uscita di casa, ma attualmente (proprio per questo motivo) vivo ancora in famiglia (in sostanza con un genitore).

Ecco che proprio per non essere stato ancora in grado di spiccare il volo, mi sento anche inadeguato di fronte ad una scelta così ardua.

Spero di avere contestualizzato maggiormente ora. Mi rendo conto che prima mancavano degli elementi.
[#7]
Dr.ssa Alessia Ghisi Migliari Psicologo 127 7 13
Gentile Utente,
Il vivere in casa alla Sua etá con un genitore non è certo fattore che implichi il non essere in grado di "arrangiarsi".
Purtroppo, viviamo in un momento storico dove molte variabili rendono difficile "spiccare il volo", e molti trentenni si ritrovano in casa, o finiscono per tornarci.
Certo: c'è anche chi dietro questa difficoltá si nasconde, o ne fa uso per vivere deresponsabilizzato.
Ma, facendo parte di questa generazione, guardandomi attorno, credo siano davvero una minoranza.
I più fanno del loro meglio, perchê il desiderio, diritto e dovere di essere indipendenti è istintivo quasi. E Lei è senza dubbio fra quei più che si stanno impegnando al massimo per raggiungere lo scopo, il volo, o il giardino che sia.

Le faccio tanti auguri.
[#8]
dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
Grazie Dott.ssa. Trovo le sue parole davvero confortanti.
Si avvicina il lunedì e la paura sale. Mi sento paralizzato dal dovere scegliere.
[#9]
Dr.ssa Alessia Ghisi Migliari Psicologo 127 7 13
Gentile Utente,
Il dubbio è peggio di mille certezze.
Adesso si sente paralizzato. Domani, comunque vada, sará, dopo, più sciolto e libero.
Tanti auguri :)
[#10]
dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
Grazie Dott.ssa Migliari.