Una questione problematica

Buongiorno

vi scrivo per avere un parere in merito alla situazione che mi trovo a vivere nell'ultimo periodo.
Sono in terapia da due anni, sono seguita e molto felice di essermi trovata bene fin da subito.

Il problema è che sono una studentessa fuori corso, motivo per il quale mi rivolsi a chiedere aiuto in una struttura pubblica in cui mi veniva offerto un supporto gratuito. Dopo un breve periodo di terapia, però, la terapeuta si trasferì ed io decisi di seguirla. Nonostante io abbia molti problemi a fare lunghi tragitti con i mezzi pubblici, lo feci e lo faccio tutt'ora, nonostante per me sia un grande sforzo mentale perché raggiungerla per me vuol dire stare fuori casa per otto ore e mi condiziona con l'organizzazione di altre attività, tra le quali un lavoretto e la frequenza dell'università.

Nonostante questo e gli attacchi d'ansia all'interno dei mezzi pubblici, ho proseguito perché so quanto sia importante per me.

Il problema è che mi ha comunicato che cambierà nuovamente studio e per me è veramente un evento disastroso perché complica quello che io già vivo in modo traumatico, con tempi più lunghi, orari anche peggiori che vanno a dividermi la giornata in modo da non riuscire a fare altro. Insomma, sono in forte difficoltà e non so cosa fare. Perché sono una pendolare ed una fuori sede, e la scelta di restare una fuori sede l'ho presa perché, per assurdo, ci metto meno a raggiungerla così che a trasferirmi nella stessa città, che è grande, caotica e molto poco organizzata rispetto a dove studio.

Devo sicuramente esporle meglio il mio problema, il fatto che io vada nel panico, ma non credo che qualcosa potrebbe cambiare perché una decisione l'ha già presa e non sarò di certo io ad influenzare le sue scelte. Sinceramente, in queste condizioni io non riesco a seguirla e sono profondamente dispiaciuta, al punto che piango ogni volta che ci penso
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 578 66
Gentile utente,

Quando con la propria terapeuta si creano un'alleanza terapeutica e un rapporto umano anche molto profondi,
di fronte alla separazione non concordata sono comprensibili sentimenti quali
"... sono profondamente dispiaciuta, al punto che piango ogni volta che ci penso ..."

D'altra parte la Psicoterapeuta fa le proprie scelte, che talvolta collidono con quelle dei pazienti, rendendo di fatto o estremamente difficile o impossibile la continuazione della terapia insieme.
Non rimane che cercare una nuova Psicoterapeuta, dopo averne parlato in seduta.

Comprendo che tale passaggio non sia indolore,
e che l'aspetto "luttuoso" possa essere preponderante.
Ma non c'è altro da fare, mi sembra da quanto scrive.

Anche il cambiamento del resto può portare dei frutti imprevisti ma buoni.







Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
Salve, la ringrazio per la risposta, che mi aspettavo ma spero sempre ci possa essere una soluzione diversa. Spero sempre che a un certo punto mi proponga qualcosa di diverso perché per me è stato difficile iniziare, e trovarmi così bene è stato bello, e due anni sono molti.
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Dr. Carla Maria Brunialti Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 17.7k 578 66
Non rimane che esaminare insieme in seduta le varie possibilità,
dopo averle manifestato i Suoi stati d'animo.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Se è in terapia da due anni e non ha ancora parlato alla terapeuta degli attacchi d'ansia che le vengono nei mezzi pubblici, sarebbe più che ora di farlo. Oppure di chiedersi se, al di là del trovarsi bene con la terapeuta, la terapia stia funzionando e che cosa stia producendo.

Tenga presente che per liberarsi da questo genere di disturbi possono bastare pochi mesi quando si è motivati e quando si ricevono istruzioni precise dal proprio terapeuta.

Però se non gliene parla...

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
Buonasera. Effettivamente no, non le ho mai parlato così francamente di questo problema, perché all'inizio me ne vergognavo e non volevo che questo mio problema diventasse un limite al punto da impedirmi di seguirla nel suo studio privato.

Infatti l'ho seguita e, nonostante sia trascorso più di un anno, vivo quegli spostamenti ancora con ansia e angoscia.

Adesso, dagli ultimi incontri sono venute fuori parecchie cose, alcune di queste ho iniziato a scrivergliele, per poi parlarne. Eravamo in un punto molto delicato e ovviamente sono molto preoccupata, anche perché non mi sento in grado di sostenere una cosa simile.

Tra l'altro è uno dei miei problemi quello di sminuire i miei disturbi, e solo di recente ho accettato l'idea della depressione. Quindi no, non le ho parlato chiaramente di questo problema serio, ma penso tutt'ora che non sarebbe cambiato nulla, e che resta uno spostamento troppo ampio e con orario non compatibili. Quello che mi domandavo è un terapeuta, di fronte ad un paziente con chiari problemi di questo tipo, come dovrebbe comportarsi?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Dipende dall'approccio. Negli approcci attivi e direttivi, ad esempio, il terapeuta dà istruzioni precise su cosa fare e non fare riguardo al proprio disturbo.

Questo sta accadendo nella sua terapia o non sta accadendo?

Aggiungo che se in due anni non ha trovato ancora il modo di dirle che soffre d'ansia, forse la sua motivazione al cambiamento non è così forte. O magari è meno forte del suo bisogno di andare d'accordo con la terapeuta. Potrebbe stare scambiando il senso di conforto che sente dall'essere seguita da una professionista con cui si trova bene, con la terapia vera e propria. Ma si tratterebbe di un equivoco. Terapia e sostegno sono cose molto diverse.
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dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
No, non abbiamo un approccio di questo tipo.

La mia terapeuta mi rimette spesso "in riga", so cosa vuol dire essere in terapia, anche se spesso in seduta me lo dimentico, ma immagino siano meccanismi di difesa. C'è comunque lei che pensa a darmi una svegliata.

Io parlo spesso della mia ansia, ma questa non è circoscritta ad alcune attività specifica, ma invade tutti gli aspetti della mia vita. Non mi sono mai soffermata nello specifico al problema dei mezzi perché ho tante altre preoccupazioni che prendono il sopravvento e per un fraintendimento che c'è stato qualche tempo fà che mi ha portato, probabilmente, ad evitare di parlarne. E di cui parlerò la prossima volta.

Mi domandavo, però, in generale, per un paziente che si trova di fronte ad una situazione simile, che è molto impegnativa da affrontare, non solo a livello mentale ma anche per una questione reale di logistica, come si comporta il terapeuta? Perché mi rendo conto che sia facile credere che una persona voglia abbandonare, sabotare o chissa cosa. Ma io, ad esempio, per quanto mi pesasse già raggiungerla, non avrei abbandonato.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Ripeto, la sua domanda ha senso solo se si specifica il tipo di approccio adoperato.

Non ha senso chiedersi "cosa dovrebbe fare il terapeuta" in generale, perché esistono terapeuti diversi che utilizzano metodi diversi.

Legga qui per capire meglio:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html

Da un punto di vista strategico, se parliamo d'ansia, parlare e farsi rimettere in riga non è sufficiente. Occorrerebbe che lei ricevesse istruzioni specifiche su cosa fare per la sua ansia. Se però ha una terapeuta che non adotta un approccio di questo tipo, stiamo parlando tanto per parlare.

Per lo stesso motivo può essere fuorviante definirsi "paziente impegnativa", dato che magari con un diverso approccio potrebbe essere una paziente collaborativa.

Adesso le è più chiaro?
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dopo
Attivo dal 2017 al 2017
Ex utente
No, forse non mi sono spiegata. Non mi sono definita paziente impegnativa, ma ho definito la situazione come impegnativa. La mia domanda era proprio un'altra!

Non chiedo come un terapeuta debba curare un paziente, io conosco l'approccio della mia terapeuta, e mi affido a lei in questo, non sono venuta a chiedere a voi che non mi conoscete.

Chiedevo come si gestisce la situazione in cui il terapeuta cambia studio per la seconda volta, orario e tutte queste condizioni non sono fattibili per il pazienti, prima di tutto per motivi logistici, contornati chiaramente da molta ansia. La mia domanda era questa.

Adesso mi sono spiegata meglio?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Chiedevo come si gestisce la situazione in cui il terapeuta cambia studio per la seconda volta, orario e tutte queste condizioni non sono fattibili per il pazienti, prima di tutto per motivi logistici, contornati chiaramente da molta ansia. La mia domanda era questa.
>>>

Adesso si è spiegata meglio. Ma a questo ha già ricevuto risposta: o decidersi a parlarne con la sua terapeuta, o cambiare terapeuta.