Doc paura della morte

Gentili dottori,

torno a chiedere un consulto dopo quasi 6 anni. Ho 33 anni e sei anni fa scrivevo perché la mia vita si era fermata a a causa di angosciosi pensieri sulla morte, sul significato della nostra esistenza e tutta una serie di domande esistenziali che mi gettavano in uno stato di insopportabile ansia. Preso atto della difficoltà in cui mi trovavo, ho avviato, su indicazione del medico di base, una cura con la sertralina e intrapreso un percorso di psicoterapia con un terapeuta di formazione psicoanalitica.

Dopo qualche mese di inferno, la situazione si è sbloccata. E in questi sei anni la mia vita è andata avanti: ho preso una seconda laurea, frequentato un master, conseguito un'abilitazione all'insegnamento, vinto un concorso, mi sono sposata dopo un lungo fidanzamento. Insomma, credo di essere cresciuta dal punto di vista professionale ed emotivo.

Il percorso di psicoterapia è durato a lungo (circa un anno e mezzo con sedute prima ravvicinate e in seguito una volta al mese; poi quando, per frequentare il master ho cambiato città, ho allentato con sedute ogni due o tre mesi). All'inizio è stato fondamentale avere una diagnosi (il problema non è il contenuto del pensiero, ma la dimensione ossessiva con cui questo si propone alla mente) e il terapeuta mi ha aiutato a comprendere come la mia ansia per il futuro e la paura dei cambiamenti si attaccassero a un pensiero che popola la mente di chiunque e che magari in me (laureata in filosofia e molto credente) trovava terreno fertile. Mi ha aiutato a conoscere meglio alcuni tratti della mia personalità: rigidità, perfezionismo, desiderio di tenere tutto sotto controllo e a essere un po' meno severa con me stessa.

Oggi scrivo perché a sei anni da quell'incubo, pur non essendo più una foglia in preda all'ansia e avendo dismesso la terapia farmacologica, sento come un'ombra sulla mia vita, una tristezza che si lega al pensiero della nostra mortalità e si intreccia con dubbi sulla mia fede. Ci sono stati periodi in cui il disturbo è tornato a farsi sentire più acuto, ma mai con la prepotenza degli inizi. A questo punto, però, vorrei potermene liberare definitivamente. Il terapeuta, da cui non vado più da circa un anno, mi disse che 'la felicità perfetta non c'è'. Io non voglio la felicità perfetta, mi chiedo solo se si possa vivere meglio, senza queste ombre e queste angosce che sento percorrere spesso la mia esistenza anche nei suoi momenti più belli.

Ho letto in rete della terapia breve strategica e mi chiedevo se fosse il caso di intraprendere quest'altro percorso, se può essere adatta al problema che ho appena descritto. Tra le altre cose sono in attesa e questo rende me e mio marito molto felici, c'è tuttavia anche un forte carico di preoccupazione, come credo sia naturale. Insomma, vorrei capire se davvero l'unica soluzione è questa convivenza con l'"ombra" o se si possa fare qualcosa per stare ancora un po' meglio.

Confido in una vostra risposta e vi ringrazio molto
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Il dubbio ossessivo può essere trattato molto bene con la TBS e i progressi che ha fatto nel precedente trattamento non potranno che esserle d'aiuto nel compiere i passi che ancora le mancano.

Come saprà, la TBS fa uso di un metodo diverso da quello analitico. È un metodo direttivo e focalizzato, dove riceverà prescrizioni comportamentali pratiche, da attuare per il suo disturbo.

Da un punto di vista più filosofico, potrei aggiungere che è diverso cercare la felicità perfetta dal cercare un'esistenza abbastanza serena, dove non si sia forzati continuamente a confrontarsi con domande esistenziali. Delle due, la seconda è certamente alla portata dei più.

Chi soffre di tendenze ossessive può in effetti avere problemi con la fede, dato che l'ossessivo essenzialmente cerca certezze e spiegazioni, mentre la fede è questione di rinunciare alle spiegazioni. Si deve credere senza farsi troppe domande. E lei a quanto pare ha passato la vita a farsi domande..

Ogni cura per questo tipo di disturbi dovrebbe tendere a far sì che la persona riesca a convivere con l'incertezza.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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dopo
Utente
Utente
Grazie mille dottore,
nel percorso che ho fatto il terapeuta insisteva nel dire che la porta d'uscita consiste appunto nell'accettare che a certe domande non ci sono risposte, quanto meno risposte razionali. Sono consapevole di questo; tale consapevolezza è cresciuta appunto nel corso di questi anni. Ma è come se proprio all'ultimo mancasse il passaggio tra il 'sapere' e il 'vivere'. So che è così, ma non riesco concretamente a comportarmi di conseguenza.
La ringrazio nuovamente per il suo consulto.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372 182
Il passaggio tra il sapere e il vivere può essere colmato iniziando a comportarsi in modo diverso. Nel caso specifico del dubbio ossessivo ciò consiste non nel cercare affannosamente risposte, ma nell'inibire le domande (inutili) che l'ossessivo si pone.

In TBS, così come in altre forme di terapia focalizzata e attiva, esistono protocolli specifici per aiutare la persona a ottenere proprio questo.
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dopo
Utente
Utente
Grazie dottore,

sono informazioni preziose. Anche se mi fa un po' paura avviare un nuovo percorso, alla luce di quanto mi dice, penso valga la pena tentare. Se esiste la possibilità di vivere un po' più 'leggeri', non intendo negarla a me stessa e alla mia famiglia.

Grazie di nuovo