uso personale del biofeedback

Buongiorno,
circa 10 anni ho appreso la tecnica del training autogeno visto che sono una persona anciosa ma in questi ultimi anni la pratico raramente, forse la ripetitività forse che mi aspettavo risultati miracolosi fatto sta che la motivazione nel farlo e molto carente. Per questo motivo ho pensato di acquistare un biofeedback , credo che avere riscontro tangibbile , delle modifiche del corpo mi potrebbe ridare motivazioni per riprendere in t.a..
Volevo chiede consigli sia sull'acquisto dell'apparecchio sia sul suo uso e sopratutto sulla validità della mia riflessione riguardo la rinascita delle motivazioni nel praticare il t.a. attraverso il biofeedback.

Grazie
[#1]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,

A meno che non si è specialisti, non è consigliabile acquistare apparecchiature ad uso sanitario.

Perché principalmente? Perché è lo specialista che deve valutare se sia il caso o meno che lei utilizzi il bioF.

Perciò, nel caso dell'apparecchio per il biofeedback è consigliabile recarsi presso un/una collega che lo utilizzi, perché l'uso della retroazione biologica (traduzione italiana di biofeedback) è utile per imparare a gestire volontariamente molte delle nostre funzioni neurovegetative involontarie:  battito cardiaco, pressione arteriosa sia sistolica che diastolica, frequenza delle onde alfa encefaliche, temperatura della pelle etc etc etc

tutto ciò serve anche per curare tratti di ansia disfunzionale, ma occorrono:
- valutazione specialistica in primis;
- nel caso in cui il collega lo ritenesse necessario, le potrà proporre delle sedute cadenzate.

Il fai da te non serve e può essere, il più delle volte, controproducente.
Lo stesso training autogeno è un'ottima tecnica che si utilizza anche per chi soffre frequentemente di ansia difficilmente gestibile, ma è solo una tecnica.

Quindi, se lo ritenesse opportuno, affianchi questa tecnica ad una psicoterapia che le consenta di appropriarsi di strategie di gestione dell'ansia.

"credo che avere riscontro tangibile , delle modifiche del corpo mi potrebbe ridare motivazioni per riprendere in t.a..". Questa è una sua credenza (lei stessa dice "credo che"). E le credenze restano tali finché non vengono confermate o disconfermate di persona da e con un collega.

Perciò, occorre che tutto il quadro sia valutato da un/a collega Psicologo Psicoterapeuta.

cordiali saluti.

Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo. Psicoterapia cognitiva e cognitivo comportamentale.

[#2]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
la psicoterapia l'ho già fatta, e anche per molti anni......adesso volevo solo cercare un modo che mi ridia motivazione nel riprendere a praticare il training autogeno
[#3]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Gentile utente,

È probabile (ma si ricordi che on Line si ragiona per ipotesi) che la ripetitiva pratica del T.A., negli anni abbia perso e scemato gradualmente la sua efficacia, determinando in lei la scarsa motivazione che ora ha a riprendere.
Questo spesso accade. Il training autogeno, come molte altre tecniche psicologiche, proprio per il fatto di essere SOLO tecniche, tendono a perdere di efficacia e intensità nel tempo.

Con la psicoterapia ha trovato benefici? Se si, di che tipo? Se no, come mai?
Che tipo di psicoterapia ha fatto?
Come si svolgevano le sedute? Riceveva istruzioni specifiche da parte del curante su come gestire l'ansia?
Ha, in proposito alla sua ansia, una diagnosi specialistica?
Nello stesso periodo in cui era in cura psicoterapica, si è avvalsa anche di una terapia psicofarmacologica?
[#4]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
Ho fatto sia due " cicli" di terapia cognitivo comportamentale sia un "ciclo" analitico breve(mi sembra si chiamasse così) , la mia vita non è cambiata di molto, un pò di miglioramenti ci sono stati ma di poco, spesso mi è stato detto che io mi aspetto miracoli, che agisco poco e che faccio conto più che altro in qualcosa di esterno a me per risolvere i problemi, non so che dire sul fatto che nonostante tutta questa terapia io sia più o meno allo stesso punto. La diagnosi è stata ansia generalizzata ma ciò che io sento più come problema è la paura di parlare in pubblico. Per quanto riguarda i farmaci ho solo preso degli ansiolitici al bisogno anche se la psichiatra (da cui mi recai per un parere in più nel mentre facevo terapia psicologica) mi consigliò di prendere il daparox , secondo la psicologa invece non avevo proprio necessità del farmaco.

Ma cosa si dovrebbe fare affinchè tecniche come il T.A. con il tempo non perdano di efficacie ed intensità?
[#5]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
"ma ciò che io sento più come problema è la paura di parlare in pubblico"
Teme di essere giudicata negativamente dall'altro/altri?
Ha lavorato in terapia su questa ansia sociale?
Se si, che risultati ha ottenuto?

È quasi fisiologico che una tecnica praticata per molto tempo, sia più efficace all'inizio e scemare (per diverse variabili) qualità e quantità di efficacia nel tempo. Le faccio un esempio: è come prendere lo stesso antidolorifico per anni. Alla fine il corpo tenderà ad assuefarsi al principio attivo del farmaco e non avvertirà più il benessere iniziale.

In alternativa al T.A., le potrei suggerire di informarsi sulla tecnica della mindfulness:
(su Lecce potrà trovare alcuni colleghi molto preparati che insegnano a praticare mindfulness)

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/927-meditazione-una-pratica-per-conoscersi-e-star-meglio-con-se-stessi.html https://www.medicitalia.it/dizionario-medico/mindfulness/
http://www.centromindfulness.net/mbsr-corso-di-riduzione-dello-stress-attraverso-la-consapevolezza-lecce-ottdic2012-2/
https://www.medicitalia.it/news/psichiatria/5422-mindfulness-nel-trattamento-di-ansia-depressione-e-difficolta-relazionali.html
[#6]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
Quando parlo in un gruppo ho il terrore di sbagliare con la conseguenza poi di essere giudicato male ovviamente. Ho lavorato su queta cosa ma nonostante ciò non ho avuto grandi risultati.

Mi chiedevo una cosa , lei dice che con il tempo è quasi fisiologico assuefarsi alla pratica di una tecnica come il T.A., eppure io ho sempre saputo che più ci si allena a
praticare una tecnica e più si diventa bravi...e un pò come chi gioca a tennis più a lungo pratica quello sport più diventa bravo non meno bravo.

Quale differenza ci potrei trovare tra meditazione e T.A.? Non sono simili?
[#7]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
1)"Quando parlo in un gruppo ho il terrore di sbagliare con la conseguenza poi di essere giudicato male ovviamente. Ho lavorato su queta cosa ma nonostante ciò non ho avuto grandi risultati."

*Come ha lavorato?
*Che tecniche avete utilizzato?
* come e quanta è stata la sua motivazione ad impegnarsi nella psicoterapia? Si sentiva protagonista del percorso terapeutico o si limitava ad eseguire le istruzioni e i suggerimenti del/della collega?
*Ha fatto esposizioni -dal vivo comportamentali all'errore per disconfermare la credenza che le persone la giudichino negativamente e che tutti gli occhi di chi le sta intorno siano puntati su di lei quando commette un errore?
* come mai, secondo lei, dopo vari "cicli" di psicoterapia, non è riuscito a gestire quest'ansia?
* durante la psicoterapia si è avvalso di un supporto psicofarmacologico psichiatrico?




2)"Mi chiedevo una cosa , lei dice che con il tempo è quasi fisiologico assuefarsi alla pratica di una tecnica come il T.A., eppure io ho sempre saputo che più ci si allena a 
praticare una tecnica e più si diventa bravi...e un pò come chi gioca a tennis più a lungo pratica quello sport più diventa bravo non meno bravo."
Chi gioca a tennis per molti anni, alla fine è vero che diventa un esperto e quasi un mentore, ma invecchiando le articolazioni del braccio e della mano iniziano ad accusare fastidi. Nello stesso modo lei (parliamo sempre di probabilità perché siamo online e non conosco la sua storia clinica) probabilmente sarà un bravo mentore/allenatore di T.A. ma gli effetti positivi che otteneva all'inizio, sono gradualmente svaniti nel tempo. Nello scemare dei benesseri indotti dal TA potrebbero intervenire diverse variabili:
- modi, tempi e spazi in cui lo ha praticato;
- esarcerbazione dell'ansia del timore dell'errore;
- demotivazione... etc etc


3) Quale differenza ci potrei trovare tra meditazione e T.A.? Non sono simili?
NO. Ci sono differenze evidenti teoriche e pratiche. Soffermandoci su quelle pratiche possiamo dire che:
* il TA è fondato sul concetto di commutazione autogena. Ovvero: si parte da modificazioni muscolari per ottenere una trasformazione nella sfera psichica e neurovegetativa. Distendendo l'apparato muscoloscheletrico e dei vasi sanguigni si raggiunge la distensione totale dell’individuo.
* la mindfulness, come avrà avuto modo di leggere negli articoli postati, è la pratica d'elezione della consapevolezza e consiste nel “porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, al momento presente e in modo non giudicante, non critico e di accettazione” (Jon Kabat-Zinn, 2003).
La nostra mente è fisiologicamente rivolta al passato o al futuro e quasi mai al momento presente. La mindfulness insegna proprio a stare nel "qui ed ora" emotivo e cognitivo accettando i pensieri come eventi/stati mentali e non come realtà e a “lasciarli andare”. Aiuta quindi a calmare il corpo e la mente, lasciando che le esperienze mentali scorrano liberamente, momento per momento, accettandole semplicemente così come sono.
[#8]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
* durante la psicoterapia si è avvalso di un supporto psicofarmacologico psichiatrico?

Mi scusi per la ripetizione della domanda. Aveva già risposto
[#9]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
-Nessun problema per la ripetizione della domanda, anzi ne approfitto per ringraziarla per la disponibilità nel chiarire i tanti dubbi che mi vengono in mente.

-Riguardo il trattamento, io ero disponibile a mettermi in gioco in terapia ma poi dalle situazioni spesso tendevo a sfuggire...in sostanza nella teoria ero bravo ma nella pratica molto meno, l'agitazione era paralizzante, volevo prima conoscere alla perfezione cosa avrei dovuto fare o dire o poi ci volevo provare , il tutto per evitare il più possibile di sbagliare(tutt'ora credo di dover fare così).
-Una delle psicologhe mi ha sempre detto che io mi esponevo alle situazioni pratiche molto poco per poter pensare di "risolvere" i miei problemi.
Riguardo le tecniche ho imparato il T.A., l'esposizione era relativa al non dover sfuggire alle varie situazioni ansiogene che mi accadevano durante la giornata, mi hanno spiegato il fatto di dover essere nel qui ed ora non pensando alle conseguenze catastrofiche del futuro e che avrei dovuto allenarmi alla paura.
-Per quanto riguarda il T.A. , riflettendoci non insegna anch'esso ad essere nel qui ed ora come la mindfulness visto che bisogna concentrarsi sulle vario parti del corpo.
[#10]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
Da quello che racconta ora, in un ottica cognitivista si potrebbe pensare che lei sia- e sia stato- molto perfezionista e controllante per evitare l'errore. Errore che la condurrebbe *anche* (quindi non solo) ad assere giudicato negativamente dagli altri. "volevo prima conoscere alla perfezione cosa avrei dovuto fare o dire o poi ci volevo provare , il tutto per evitare il più possibile di sbagliare". Questa frase che scrive dice molto di lei in relazione a quanto le ho scritto.

La sua tendenza al perfezionismo e al controllo, si evince anche dalla tendenza a voler sapere esattamente tutte le possibili differenze tra T.A e Mindfulness.

Detto ciò, a prescindere dalle tecniche di cui abbiamo parlato ( che sono diverse sotto vari aspetti teorico-pratici e che solo praticando entrambe si capisce la differenza), sarebbe auspicabile un ritorno in terapia per lavorare ancor prima che sul timore dell'errore, su PERFEZIONISMO E CONTROLLO.
[#11]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
L'ultima volta che sono stato in terapia, la psicologa mi disse che se non ero riuscito a cambiare dopo quell'ennesimo tentativo psicoterapico era il caso di entrare nell'ordine delle idee che bisogna accettarsi così senza altri ulteriori tentativi di terapia.....in effetti gli anni sono tanti, parliamo di circa 8 anni di tentativi o anche più.........riflettendo sulla parola PERFEZZIONISMO, ho sempre pensato che una persona o deve fare qualcosa bene o e meglio che non la faccia per niente, a me sembra del tutto normale questo pensiero.

-PS: non richiedo per via della storia del perfezionismo , ma solo ieri mi sono ricordato del fatto che una volta ho anche provato la mindfulness per poco tempo....a me sembrava uguale al T.A..... e per questo lasciai perdere
[#12]
Dr. Francesco Emanuele Pizzoleo Psicologo, Psicoterapeuta 2.4k 122
"L'ultima volta che sono stato in terapia, la psicologa mi disse che se non ero riuscito a cambiare dopo quell'ennesimo tentativo psicoterapico era il caso di entrare nell'ordine delle idee che bisogna accettarsi così senza altri ulteriori tentativi di terapia"
Lei si accetta così come è ora? Accetta i suoi malesseri ansiosi?

"riflettendo sulla parola PERFEZIONISMO, ho sempre pensato che una persona o deve fare qualcosa bene o e meglio che non la faccia per niente, a me sembra del tutto normale questo pensiero."
Come nella vita, anche nel fare quotidiano e nella scienza cognitiva esistono vari gradi e livelli di perfezionismo.
Pensiamo, ad esempio, alle tendenze perfezionistiche come ad un segmento con un inizio e una fine. Insomma un segmento a poli opposti: I--------------------I
* sul primo polo a sinistra ci mettiamo il perfezionismo sano: si ha la tendenza ad essere perfezionisti (es: nello scrivere, nel montare o smontare qualcosa di casa, nel tenere tutto in ordine etc etc) MA si tollera e si accetta EMOTIVAMENTE un possibile nostro errore oppure qualcosa che non dovrebbe stare come è dove sta. Come diceva il buon vecchio Seneca e ancora prima di lui, Cicerone: "errare humanum est" (sbagliare è umano).
* sul polo di destra ci mettiamo invece il perfezionismo disfunzionale:
Esempi:
-" è inaccettabile commettere un errore"
-" se sbaglio starò male"
- " è preferibile che non mi ci metta proprio a fare questa cosa. Perché sarebbe intollerabile EMOTIVAMENTE un errore"
- inizio a fare qualcosa --> commento fisiologicamente un errore ---> sto male. Soffro. Mi sento triste. Mi sento ansioso. Mi arrabbio. MI VERGOGNO DI QUELLO CHE GLI ALTRI POTREBBERO PENSARE DEL FATTO CHE HO SBAGLIATO. ed ecco che da questa idea può scaturire il timore del giudizio degli altri. "in sostanza nella teoria ero bravo ma nella pratica molto meno, l'agitazione era paralizzante, volevo prima conoscere alla perfezione cosa avrei dovuto fare o dire o poi ci volevo provare , il tutto per evitare il più possibile di sbagliare"

riesce ora a vedere la relazione tra perfezionismo e timore di sbagliare?

Ma fortunatamente tra i due poli opposti (tra perfezionismo BIANCO e Sano e quello NERO e disfunzionale), esistono un'infinità di sfumature di grigi, che in terapia andrebbero viste, condivise tra terapeuta e paziente e sulle quali ci si dovrebbe utilmente lavorare.


"ieri mi sono ricordato del fatto che una volta ho anche provato la mindfulness per poco tempo."
Gentile utente, approcciarsi alla mindfulness (che oltretutto rappresenta una tecnica terapeutica di ultima generazione) per poco tempo, non consente di comprenderne i benefici, che una pratica costante invece può offrire.

cari saluti
[#13]
dopo
Attivo dal 2013 al 2020
Ex utente
Certamente vorrei che la mia situazione emotiva fosse migliore ,che i miei malesseri nn ci fossero ,ma è anche vero che ho perso un po' di speranze nella psicoterapia dopo tanti tentativi andati a vuoto....e credo sia anche fisiologico pensare a questo.
Forse mi sbaglio io ma possibile che la psicoterapia possa anche non funzionare per qualche tipologia di persona?
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