Somatizzazioni

Ho un problema che dura ormai a da troppi anni. Sono al terzo anno fuori corso all'università. Mi mancano tre esami e la tesi (ed evitiamo di dire che sono solo tre esami , che uno di questi è giapponese ,perchè faccio studi orientali e non una facoltà veloce). Il problema è che oramai da tempo mente e corpo non vano daccordo. Io faccio una fatica immane a studiare, il cervello non immagazzina più ,sono sempre stanca, depressa, arrabbiata. Io ci metto tutta la volontà del mondo ,ma succede che duro si e no una manciata di giorni a studiare quella oretta al giorno, poi ecco che mi sento male, mal di stomaco, crampi addominali, intestino irritabile, fascicolazioni , alterazione del sonno e dell'appetito, umore che scende e sale, scende e sale. Come già scritto,son stata sei mesi da uno psicoterapeuta e ho notato che stavo ancora peggio, non serviva a niente anzi, mi faceva ammattire ancora di più e non per colpa dello psicoterapeuta, ma per il fatto che non ho avvertito nessun beneficio, tutto il contrario, l'ansia era sempre altissima e insopportabile. Il punto è: io come diamine devo fare per riuscire a studiare in santa pace ogni giorno ,anche per poco al giorno, senza sentirmi male? Mente e corpo son collegati e ok ,ma mi sono stufata di non trovare una soluzione, di farmi rallentare a morte da questi problemi , di fare avanti e indietro al bagno. Ho fatto duemila visite, e si, il mio corpo, che comunque pesa nemmeno 40 chili , sta bene. Ma non ce la fa a stare dietro a quello che devo fare. Io cerco in tutti i modi di andare avanti ,ma la cosa sta diventando ridicola, fare un esame oramai è come andare in guerra per il mio corpo. Non so che cosa fare. Ho speso soldi per la terapia bioenergetica e 50 euro alla settimana per me che no lavoro non era più il caso visto che non faceva niente. Non credo che nessuna terapia psicologica mi aiuti e nemmeno me le posso permettere. Come può una persona con una personalità ansiosa tenere le redini della sua poca esistenza che ruota attorno all'università, quando è proprio quella il centro di tutte le ansie e le somatizzazioni? Non voglio lasciare l'università, non lo farei mai, il solo pensiero mi fa odiare tutto ancora di più. So solo che io voglio continuare e andare avanti,ma sembra che così facendo io stia male. Mi impongo di studiare per quell'esame e mi sento male, pensò a quell'altro esame che voglio preparare e l'umore scende sotto i piedi e ho voglia di farmi male (soffro di leggero autolesionismo quando ho dei picchi alti di ansia). Io voglio, ma non riesco. E' una cosa che mi distrugge
E mi direte che da questo messaggio complicato si vede che sono piena di ansia e che mi serve aiuto. Sono qui per capire se c'è qualche meccanismo mentale che posso attuare per calmare il corpo e far si che vada daccordo con la mia volontà. E ,no, il training autogeno con me non funziona, mi fa innervosire ancora di più.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
"Sono qui per capire se c'è qualche meccanismo mentale che posso attuare per calmare il corpo e far si che vada daccordo con la mia volontà."

Gentile Ragazza,
la risposta è affermativa e si aggancia, a mio avviso, a quella fornitale dal Collega qui:
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/562432-smettere-la-psicoterapia.html
Non esistono ricette universali, ma ogni situazione va valutata e osservata con l'attenzione specifica che merita, e questo lo si può fare in un lavoro vis à vis con uno psicoterapeuta.
Probabilmente l'approccio provato non faceva per Lei e per la sua problematica. Ciò non significa che la psicoterapia in generale sia con Lei fallimentare.
Comprendo la difficoltà a far fronte ad una tale spesa per chi non lavora, ma non necessariamente ci si deve rivolgere ad un professionista privato: nelle strutture sanitarie è solitamente presente un Servizio di Psicologia, accessibile previo pagamento di un modesto ticket; a volte presso associazioni di volontariato è previsto un Consultorio in cui le prestazioni sono del tutto gratuite; all'interno di tante Università c'è uno sportello di ascolto per gli studenti...
Come occupa le altre ore della giornata (la maggioranza, a quanto ha scritto)?
Vive in famiglia? Loro prestano attenzione a questa sua situazione di disagio?

Saluti.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

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dopo
Utente
Utente
Non esco granchè, sto in casa. Nel paesino dove vivo non c'è niente e quindi non mi piace granchè uscire e andare in giro, ci si annoia dopo due minuti e si ritorna a casa. Studio , quando riesco, il resto se il mio umore sta bene disegno, leggo o scrivo. Vivo con i miei, certo. Loro non ce la fanno più a vedermi sempre abbattuta sempre con sbalzi d'umore, sempre malaticcia. Sono due ottimi genitori. Sono io che mi sento in colpa per stare così, per stare ancora all'università , per essermi resa conto che la mia strada probabilmente era altrove (ho sempre voluto disegnare fin da bambina). Non so come modificare quella che potrebbe chiamarsi routine e , se qualche volta ci riesco, tutto torna come prima nel momento in cui penso agli esami. E' un'ossessione l'università.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Dal momento che, in ogni caso, gli studi sono un po' in stallo, non ha preso in considerazione l'idea di cercare un lavoretto part-time che la possa in qualche modo gratificare e consentire di intascare qualche euro per le sue necessità?
Il tempo da dedicare allo studio alla fine non sarebbe meno di quanto non sia effettivamente ora, e magari riuscirebbe ad affrontarlo con uno spirito più "leggero" e più proficuamente.
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dopo
Utente
Utente
Qui nel mio paese non c'è niente e caratterialmente non mi ci vedo a fare la barista , l'unica cosa che si trova. Non ho la più pallida idea di che altro potrei cercare, non ho mai lavorato. Ci ho pensato molte volte , ma non sono mai riuscita a trovare nulla , anche perchè qui mi dicono che per lavorare c'è tempo, prima finisco gli studi e poi faccio quello che voglio. Non me lo dicono in modo imperativo ,non sono quel tipo di genitori, chiarisco subito. Solo che il mio lavoro è studiare.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
"Solo che il mio lavoro è studiare."
Solo che attualmente questo lavoro è diventato un'ossessione che la fa star proprio male...

"prima finisco gli studi e poi faccio quello che voglio"
Il fatto è che -se ho ben capito- non le è ancora molto chiaro cosa vorrà fare al termine degli studi...

"Non me lo dicono in modo imperativo ,non sono quel tipo di genitori"
Questo non è detto sia sempre positivo per i figli...

La barista è UNA opzione, tra l'altro, anche piuttosto stancante e poco conciliabile forse con lo studio.
Magari provando a spargere la voce che è interessata ad una piccola occupazione, qualcosa può saltar fuori, anche di non necessariamente continuativo (baby-sitter, aiuto compiti, animatrice centri estivi, dog-sitter, disbrigo di pratiche burocratiche, compagnia a persone anziane...).
Se le regalassero una bacchetta magica, per cosa la utilizzerebbe?
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dopo
Utente
Utente
Una bacchetta magica? Facile. La userei per diventare scrittrice o fumettista.
Ci ho provato a spargere la voce,ma proprio non riesco a trovare nulla qui e non ho la patente,quindi non posso spostarmi chissà per dove. Lo studio è quello che ho e quello che sono, tolto quello non sono niente, per questo è un'ossessione. Io sono quella che studia e che sta all'università , solo poi sono quella che ha qualche talento. Perciò io voglio finire gli studi. Poi non so cosa farò per il semplice fatto che ora come ora non riesco nemmeno a fare le cose più semplici come studiare, come posso mai azzardarmi a dire cose come 'dopo andrò in giappone' o ' dopo studio bene la lingua' o 'dopo vado a lavorare'. Non sono una persona che si illude, la mia realtà è questa, è inutile ora come ora che faccia sogni grandi o possibili pensieri sul dopo se il dopo non lo vedo afferrabile.
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Dr.ssa Paola Scalco Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 4.3k 101 45
Il dopo non arriva per caso, ma ce lo costruiamo noi oggi, momento per momento: la vita è nostra responsabilità, a partire dalla narrazione che facciamo di noi e di quanto ci accade.
Non è utile incasellarsi in un'immagine rigida di ciò che riteniamo di essere, ma molto più efficace immaginare chi vogliamo diventare e lavorare per andare in quella direzione.
Ad esempio, prendere la patente alla sua età potrebbe essere un obiettivo immediato (e, direi, irrinunciabile) e un pre-requisito per obiettivi successivi a breve e lungo termine.
Io credo che un percorso psicoterapeutico le sarebbe davvero d'aiuto: le suggerisco di rileggere il mio primo intervento e iniziare a cercare informazioni in merito.

Saluti cordiali.
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