Domande su psicoterapia

Buongiorno.
Vi scrivo in quanto ho bisogno che mi aiutiate (immagino a capire).
Premetto sono circa sette anni che faccio psicoterapia con approccio analitico; la diagnosi fatta è di personalità dipendente con tratti del cluster a.
A me serve capire se devo cambiare terapeuta. I problemi con il mio sono noti a lui e le mie crisi sono state diverse. Secondo il mio terapeuta se io sono insoddisfatta della terapia è perché non lo seguo e pongo resistenza.
Sono molto affezionata al mio terapeuta, penso di volergli bene, al di là della mia dipendenza, nel senso che penso di volergli bene sinceramente. Io però penso anche che non mi trovo bene con il suo modo di parlarmi. Lui dice che è quello il suo stile e che non vuole essere connivente con me, nonché che spesso io leggo le cose in maniera distorta. Ok ci sta, ma penso che se io non sono ancora riuscita a cambiare la mia vita… anche qualcosa concernente la terapia ci sarà.. Io vorrei chiedere a Voi alcune cose, secondo dati che Voi potete trarre dalla Vostra concreta esperienza di terapeuti di pazienti con la diagnosi di cui sopra. Certo, fermo restando peculiarità soggettive del paziente io vorrei sapere/capire che soddisfazione hanno ricevuto questi pazienti dalla psicoterapia, se hanno risolto i loro problemi. Quali sono per Voi e per loro le principali difficoltà. Sono preoccupata per me, perché non ho niente (né un lavoro, né speranza di sentirmi gratificata attraverso una realizzazione lavorativa, né un compagno, né una relazione fosse anche superficiale con un uomo; so di non essere stupida, mi sono laureata seppur con fatica psicologica ma agli esami i feedback erano, nella gran parte delle volte, molto positivi e so anche di non essere brutta; non una modella, ma penso si, di poter dire carina) e non credo sia giusto che io stia così nonostante una terapia a cadenza settimanale di durata ormai pluri-annale. Quello che vedo è che nella mia realtà io non vedo di aver tratto benefico dalla terapia, ma la cosa più brutta è che mi sento –per via delle parole del mio medico- che ciò è solo una mia responsabilità, che lui in scienza e coscienza sa di agire correttamente. Ho seriamente paura per me, perché non so che fare. Ormai basterebbe dirgli che non voglio continuare per non continuare, perché le crisi nell’ultimo anno sono state ripetute che, l’ultima volta, mi ha detto che non mi avrebbe fermato nella decisione.
Vorrei fare un’altra domanda: Voi capite quando un paziente si trova male con Voi per motivi caratteriali e quando invece fa resistenza alla terapia? Nel senso capite quando un paziente potrebbe trovarsi meglio con un altro Vostro collega che magari pur utilizzando lo stesso approccio terapeutico, non so ha caratteristiche con cui il paziente potrebbe sentirsi più a suo agio?
Ed ancora: se decidessi di cambiare, potrei chiedere a lui di indicarmi un suo collega (o è brutta come cosa?!) o dovrei cercarmene un altro autonomamente?
Grazie molto a chi vorrà rispondermi. Cordiali saluti
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
Le sue sono domande importanti e ricorrenti fra i pazienti che soffrono del suo disturbo, ma la risposta varia considerevolmente a seconda dell'approccio seguito dal terapeuta.

Esempio: per un terapeuta psicodinamico o psicoanalitico tenere una persona per sette anni è normale. Per un terapeuta strategico se il paziente non inizia a migliorare entro qualche seduta è lui (il terapeuta) a proporre di interrompere la terapia e magari l'invio a un collega.

D'altra parte lei soffre di un disturbo di personalità, categoria di disturbi notoriamente difficile da risolvere in tempi brevi. Ed è chiaro che qualsiasi terapeuta questo lo sa e ne tiene conto.

Più nello specifico, lei soffre di un DDP dipendente, ancora più difficile da trattare perché spesso è arduo, come anche lei ha capito, distinguere dove finisce il "trovarsi bene" con il terapeuta e dove inizia l'aspetto problematico del disturbo, che non ti permette il taglio del cordone ombelicale.

E quindi?

E quindi i parametri a mio parere per decidere cosa fare sono essenzialmente due: primo, cercare di capire se la terapia attuale stia avendo effetto oppure no. E a questo mi pare che abbia già risposto. Secondo, occorre essere molto, ma molto motivati per trasformare una personalità dipendente in una non così dipendente o indipendente.

A meno che il paziente non sia davvero motivato, la mia personale esperienza è che non ci sono molte chance di sovvertire questo tipo di quadro.

Anzi, il prolungarsi della terapia quasi sempre collude con il problema, e rende sempre più dipendenti.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
dopo
Attivo dal 2017 al 2019
Ex utente
Buongiorno dottor Santonocito,

la ringrazio molto per la sua risposta chiara ed esauriente.
Ieri mi sono sentita più tranquilla con me stessa (non effetto camomilla-sedativo, ma in un senso più pieno, non depresso/disperato ma più attivo) ed allora, ora, leggendo la sua risposta ho pensato che lei ha ragione e che ha ragione anche il mio terapeuta quando mi dice che io ho la tendenza ad annullare i passi in avanti che faccio, che mi muovo poco rispetto quanto potrei e che uso zavorre.

Forse dovrei focalizzarmi sulla frase in cui afferma "A meno che il paziente non sia davvero motivato" ... Spero di trovare forza e fiducia in me stessa...

La ringrazio nuovamente, un cordiale saluto
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.2k 372 182
>>> Forse dovrei focalizzarmi sulla frase in cui afferma "A meno che il paziente non sia davvero motivato"
>>>

Tolga pure il forse. La motivazione del paziente è uno dei fattori principali che decidono l'esito di qualunque terapia, ancor più per disturbi come il suo.

Se mi permette l'immagine forte, lei è come un drogato che facendosi della sua sostanza preferita (la dipendenza) sul momento sta meglio, ma alla lunga sta solo rinforzando il problema.

La dipendenza è piacevole, rassicura, ti evita di doverti esporre. Per questo per alcuni è impossibile da superare.

Le faccio molti auguri
[#4]
dopo
Attivo dal 2017 al 2019
Ex utente
Tolgo il "forse" e, non escludo, dovrò ripensare a questa frase (senza il 'forse') più volte e in diversi momenti, ma, in verità, è una frase che contiene forza.

Grazie degli auguri. Spero, un giorno, di scriverVi di nuovo per raccontare di essere riuscita a realizzare me stessa.

Buona giornata, un cordiale saluto
[#5]
dopo
Attivo dal 2017 al 2019
Ex utente
Buonasera,

mi scuso, avevo ripreso il consulto e replicato; ma vorrei non voler scrivere a Voi, cosa che sto facendo troppo spesso spinta da problematiche che devo risolvere ..
Mi sento in colpa verso tutti. Pure verso il mio terapeuta, verso di me e non solo.

Ma ho cancellato quanto precedentemente scritto, ma eliminare del tutto non mi é stato possibile.

Grazie. Scusatemi.
Cordiali saluti