Il mio fidanzato è un bravo ragazzo ma forse questo non basta

Buongiorno, sono una ragazza di 21 anni, lui un ragazzo di 24. Ci siamo conosciuti all'inizio dell'anno, io ho tenuto le distanze per alcuni mesi fino a quando, ad aprile, lui ha osato un po' di più. Ora stiamo insieme. Tutto troppo in fretta, lui mi ha preso per mano già in corsa mentre io a malapena camminavo (ancora seguo un percorso di psicoterapia dopo alcuni anni di desiderio di morire, rottura dei rapporti sociali, abbandono di ogni attività piacevole, disordini alimentari). Ora sto bene, sono felice e soddisfatta, anche grazie a lui. Non sono mai stata convinta dei miei sentimenti, per ogni pregio che scopro c'è sempre un aspetto fastidioso oltre il quale non riesco ad andare. All'inizio era travolgente ed emozionante; è talmente tanto ciò che trasmette che, dopo un mio primo rifiuto chiaro e diretto, in seguito alla sua insistenza ho provato a dare una possibilità alla relazione. Mi sono lasciata trasportare ma non credo mi piaccia davvero. E' l'unico ragazzo con cui c'è dialogo, con lui il tempo vola leggero e sereno; è sensibile, attento, amorevole e straordinariamente comprensivo. Adoro scoprire il mondo insieme a lui. Il problema è che fisicamente non mi attrae; anzi, la maggior parte delle volte il contatto fisico con lui mi infastidisce. Non è propriamente un bel ragazzo, a livello estetico credo di riuscire ad apprezzare solo la forma degli occhi. Si distingue dagli altri ragazzi della nostra età perché non gli piacciono le cose comuni come il trascorrere una serata in un locale o in discoteca (non piace neanche a me, ma lui critica apertamente gli altri per le loro scelte), ascolta musica molto diversa (anni '50-'70 e generi particolari); è rigidissimo con sé stesso e con gli altri, impacciato e spesso fuori luogo, motivo per cui non è molto apprezzato, non ha amicizie importanti e in compagnia è preso in giro. Mi ha spiegato che i suoi genitori non gli hanno offerto molte occasioni per socializzare e fare esperienze, quindi fa molta fatica (ovviamente apprezzo il suo sforzo e non manco di farglielo notare, evito di obbligarlo... piuttosto propongo e conforto). Nel momento in cui io ritrovo le energie, il desiderio di aprirmi e il contatto con le persone lui tende ad isolare. Mi vergogno di presentarlo ai miei familiari e ai miei amici, sento che potrebbero pensare: "Ma cosa c'entra con lei?". In fondo sono io che penso questo, come anche: "Perché stai con lui se non corrisponde la vitalità che hai appena ritrovato?". E' la sua prima esperienza in fatto di relazioni amorose e vuole, comprensibilmente, vivere tutta l'intensità. Abitiamo vicini, quindi insiste per vederci e avere rapporti sessuali più volte al giorno. A me manca l'aria. E' un mese che ci lavoro su, a volte pesa tutto insieme, a volte solo alcune cose, in altri (rari) momenti mi sembra tutto perfetto. Dove sbaglio?
Ho cercato di mettere le cose più rilevanti qui, sperando in qualche Vostro consiglio o spunto di riflessione. Grazie mille.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

lei ci fa diverse domande - alle quali è difficile rispondere senza conoscerla -, ma ci dice anche che è già seguita da una nostra collega.

Come mai chiede un parere a noi se è già in terapia?
Che cosa pensa la sua psicologa della situazione?

Per quale motivo è seguita? A parte quello che ci ha detto, ha ricevuto una diagnosi precisa?

Da quanto tempo è in terapia?
Con che frequenza hanno luogo le sedute?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Innanzitutto grazie per la tempestività della risposta!
Capisco sia difficile dire qualcosa senza conoscere...
Chiedo un parere qui perché parlare di questo genere di cose vis a vis è imbarazzante per me (sensazioni delle quali la dott.ssa è al corrente). Ho la sensazione che siano un po' argomenti secondari da portare in seduta, dove adesso il lavoro è concentrato su altro: individuazione di nuovi obiettivi e risorse, università, rielaborazione del perché, della funzione e degli esiti del periodo di immenso sconforto che mi ha accompagnato fino all'anno scorso. Sicuramente sbaglio a non parlarne con lei, sicuramente mi condurrebbe ad un'analisi più approfondita (forse è qui il punto, cioè che non sono disposta ad indagare più a fondo la questione?). Sono in terapia da un anno e mezzo. Per un primo periodo sedute a cadenza settimanale, poi due sedute alla settimana e tre mesi fa siamo tornate a una seduta alla settimana. Ho chiesto aiuto in un momento di lucidità, quando le cose stavano peggiorando: finita la maturità un senso di vuoto e di inutilità mi hanno invasa, mi sono iscritta all'università ma ero troppo triste per muovermi di casa, ho interrotto tutti i rapporti con amici e familiari. A riempire le giornate solo il pensiero del cibo, scandite da abbuffate seguite da condotte di eliminazione, periodi di digiuno, sport intenso al solo fine di bruciare calorie... comunque non ho ricevuto nessuna diagnosi, mi sono sforzata di non chiedere...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Penso che la cosa migliore sia parlarne con la nostra collega, magari tornando a 2 sedute la settimana, perchè la relazione con gli altri è un punto fondamentale dell'esistenza dell'individuo.
Lei ha trovato un ragazzo che fisicamente non le piace, ma che ha una buona sensibilità e le dà affetto, e questo non può non essere visto e valutato in rapporto alle carenze affettive e al vuoto presenti nei Disturbi del Comportamento Alimentare.

Se lei soffre di un DCA è comprensibile che anche il rapporto di coppia risenta delle dinamiche che la portano ad attuare le condotte alimentari che ha riferito, e che lui le sembri a tratti "pesante" e a tratti perfetto.
E' possibile che questa oscillazione segua o comunque riprenda quella fra abbuffate e digiuno e che in lei sia presente anche un Disturbo dell'Umore.

Le suggerisco di chiedere chiaramente qual è la sua diagnosi perchè è importante che sappia di cosa soffre e che valutiate anche il ricorso ad un medico psichiatra, che possa prescriverle una terapia farmacologica da affiancare a quella psicologica.
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dopo
Utente
Utente
Grazie infinite per la Sua risposta dott.ssa Massaro. Propone delle indicazioni e delle riflessioni molto interessanti alle quali non avevo pensato. Non l'ho ancora fatto ma mi impegnerò per provare a parlarne con la terapeuta.
Purtroppo mi viene davvero difficile richiedere una diagnosi. Ormai la maggior parte dei comportamenti e dei pensieri legati al corpo non mi assillano più. Mi rendo conto che potrebbe dare un certo nome alla questione... ma ha senso anche se il problema è vicino alla risoluzione?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Penso che per aumentare la consapevolezza di sè e della sua situazione possa essere buona cosa che chieda e ascolti il parere della dottoressa sul suo quadro clinico.
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