Ansia, irrequietezza, depressione, senso di vuoto...

Gentili Dottori.
Due settimane fa, ho avuto una crisi che riguadava la mia vita nella sua monotonia, la quale mi ha fatto temere di avere dei problemi con il mio ragazzo, con in quale sono in una relazione da più di tre anni. Gli ho chiesto una pausa (dopo aver parlato con un'amica che si era appena lasciata e diceva di aver provato ciò che provavo io) e da quel momento, anche quando ho tentato di rimettere le cose a posto, non ci sono riuscita subito. Pensieri ossessivi mi facevano pensare che niente tra noi sarebbe tornato come prima, al punto che facevo avverare le mie paure. Sono riuscita, non so come, ad eliminare quasi del tutto queste fisse irrazionali e per qualche giorno, sono tornata alla mia vita, stando bene ed essendo felice con il mio ragazzo e con tutti. Poi il pomeriggio di mercoledì, improvvisamente, dopo aver passato la giornata a mare con mio padre, mi sveglio da un sonnellino e l'angoscia, l'ansia mi pervade: mio padre era andato via, ero sola in casa, "oppressa" da quel silenzio insopportabile. In quei giorni di pausa dal mio ragazzo, ho raccontato tutto ai miei e mi sono stati vicini più di chiunque altro. Sapevo che essendo i miei genitori, non si sarebbero mai annoiati di ascoltarmi e di starmi vicina nonostante il mio umore e ho contato su di loro più che su chiunque altro. Era come avere un amico sempre accanto a me, non avevo più bisogno di cercare gli altri se avevo i miei a casa. Mi sono così isolata e adesso è da mercoledì che sento questa ansia addosso, pensieri che si affollano nella mia mente, angoscia, senso di irrequietezza, perdita di voglia di vivere e di emozioni, mi sento vuota e apatica. Sto passando quasi tutto il tempo a casa con i miei genitori. Ma più sto a casa, più sento queste mura come una gabbia che si restringe sempre di più, che mi soffoca. Vorrei uscire e vivere la mia vita, ma è come se una forza troppo grande me lo impedisse. È avere voglia di fare tutto, ma allo stesso tempo non averne. Oltre i miei, il mio ragazzo è l'unico con cui parlo, mi sto isolando dai miei amici, ma mi sembra di non avere loro nulla da dire. Ho desiderato di morire, ci ho provato, ma sarei troppo codarda per farlo davvero. Eppure, la vedo come l'unica via d'uscita.
Mi guardo allo specchio e non mi vedo dentro al mio corpo. Mi sento in un incubo che si ripete. Ho bisogno di uscire da questa "gabbia", non voglio più avere bisogno dei miei genitori, se prima era così adesso sento che la loro presenza mi soffoca. Rivoglio il controllo della mia vita. Mi sento come se fossi una bambina che ha bisogno di continue attenzioni, mi sento un parassita che non riesce a stare da sola senza andare nel panico.
Ho iniziato da poco a farmi seguire da una psicologa, ancora abbiamo avuto una sola seduta, ma non riesco ad aspettare e desidero solo di morire, mi sembra impossibile tornare ad essere come prima.
Mi scuso per la lunghezza di questo messaggio, spero di non essere stata confusionaria. Grazie in anticipo a chi risponderà.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

in questa situazione, che può indicare la presenza di un Disturbo d'Ansia e/o di un Disturbo dell'Umore, ha fatto bene a rivolgersi ad una nostra collega: sarà quindi adeguatamente seguita da una persona che la conosce dal vivo, che le potrà dare ovviamente risposte molto più precise rispetto a quelle che possiamo darle noi, non conoscendola.

Si affidi con la massima fiducia alla sua psicologa e segua il percorso fino a quando sarà necessario.

Le suggerisco di far presente alla dottoressa i suoi desideri di morte, perchè potrebbe essere il caso che si rivolga anche ad un medico psichiatra che le prescriva un sostegno farmacologico, particolarmente utile in questi casi.

Le faccio tanti auguri,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Gentile Dottoressa, la ringrazio per la risposta rapida e per l'interessamento. Domani avrò il secondo incontro con la dottoressa, le parlerò meglio di tutto ciò che mi affligge, ma fino a quel momento è anche oltre temo che questa terribile sensazione non riuscirà mai ad andare via e continuerà ad intaccare la mia vita in maniera sempre più irrimediabile.
Mi perdoni se continuo a sproloquiare, ma temo quasi che il mio nemico in questo caso sia.. io stessa. Ho come questa "voce" che ogni volta che (esempio) vedo o leggo qualcosa di divertente, che mi strappa un sorriso o addirittura una risata, mi dice come "inutile che ci provi, è una gioia effimera e durerà solo qualche secondo, dopo tornerai ad essere triste". Non so spiegarmelo davvero.. come se fossi io contro me stessa. Come se ormai mi fossi "cristallizzata" in questa conduzione come se fosse un bozzolo e non riuscissi più ad uscirne, per quanto lo voglia.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
E' una percezione non così fuori dal comune: si tratta di quella sorta di "sabotatore interno" che molte persone hanno dentro di sè e che le porta a fallire, a fare sempre gli stessi errori, a perdere la speranza.
Ne prenda coscienza per metterlo a tacere, come se si trattasse davvero di un'altra persona che fa di tutto per "buttarla giù".
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Utente
Utente
Purtroppo, al momento mi sembra impossibile cacciare via queste "voci", perché si sono tramutate in ossessioni abbastanza irrazionali e trovo serie difficoltà ad uscirne..
Non riesco ad essere paziente e consolari del fatto che "prima o poi passerà", anzi.. mi sembra come se non potesse passare mai. Ci ero quasi riuscita, ma puntuali sono tornate. È come se fossi troppo fragile emotivamente e qualsiasi cosa mi mettesse dubbi, che si trasformano in fisse, che fanno modificare il mio comportamento come a farle avverare..
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Non riesco ad essere paziente e consolarmi del fatto che "prima o poi passerà""

Infatti non è vero che "prima o poi passerà" da sè, ma è vero che che lavorandoci con la sua psicologa potrà cancellare questi pensieri.

Per riuscirci ha insomma bisogno di essere affiancata dalla psicologa: non può pensare di farcela da sola, ma può pensare di farcela.
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