Rifiuto verso la vita

Buonasera, mi chiamo G., ho 23 anni e vivo a Roma. La situazione in cui mi sto trovando è una situazione di stallo: sono seguito da uno psicoterapeuta e faccio colloqui con la relativa psichiatra, ma il problema è che non riesco ad affidarmi alle loro indicazioni, così come non riesco a fidarmi di nessuno, in primis dei miei genitori, con cui mi ostino a parlare dei miei problemi sapendo già dall'inizio che non si risolverà nulla. Lo faccio solo per sfidarli. Stessa cosa con lo psicologo, lo prendo come uno svago, così come prendo questo consulto come un tema di scuola. Ma il disagio ce l'ho veramente. E' solo che non so come affrontarlo, da dove partire. Mi sento un automa, una macchina senza sentimenti.

Non mi riconosco, penso di non aver mai avuto una mia identità. Ho degli amici, ma non mi sono mai riuscito a confidare con nessuno, in tutta la mia vita. Non che non li ritenga veri amici, ho avuto grandi compagni di "cazzeggio", ecco. Ma so anche che non saprei come confidarmi e soprattutto non penso che i loro consigli mi sarebbero di aiuto. Mi è capitato di dirgli che prendo antidepressivi (prendo anche antipsicotici), quindi penso che comunque sappiano già che non sto bene.

Dentro di me ho un blocco che rifiuta qualsiasi tipo di aiuto. Mentre scrivo ciò sono abbastanza tranquillo ma ultimamente sono arrivato a pensare spesso al suicidio, non lo nego, e ho anche alle spalle un breve ricovero in psichiatria, l'anno scorso. Mi fu diagnosticato un disturbo di personalità non specificato. Inoltre ho una personalità tendente all'ossessivo. Tutte le cose a cui mi sono dedicato nel corso della vita sono state vere e proprie ossessioni: lo sport, la musica. La fissazione per la ricerca e l'estremo in tutte le sue forme. Il nichilismo, che si sta abbattendo su di me dopo che io l'ho osannato per anni.

Mi sto auto-castrando, mi sento represso da quando sono nato. Da piccolo ho dovuto subire un violento divorzio dei miei genitori e ogni tipo di bullismo. Sarà che da una parte sono troppo sensibile ma sono stato sempre passivo e ho sempre subito in ogni situazione.

Non so nemmeno cosa chiedervi. Da una parte mi è sempre piaciuto "crogiolarmi" nella mia condizione ma questa situazione non migliora.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Caro G.,

penso che troverà la forza di prendere sul serio le terapie quando si sarà stufato di "crogiolarsi" in questa situazione e di sfidare gli altri come fanno gli adolescenti, visto che adolescente non è più,

Che tipo di psicoterapia sta effettuando? Da quanto tempo?
Con che cadenza hanno luogo le sedute?
Che tipo di indicazioni riceve?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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dopo
Utente
Utente
Credo sia una psicoterapia tradizionale, la sto effettuando da un anno e mezzo. Ma non lo decisi nemmeno io, non ho preso una decisione in tutta la mia vita. So che è grave. Ho colloqui due volte a settimana. Non ora visto che è estate. Precedentemente sono stato un paio di anni da un altro psichiatra. Mi vengono dette cose logiche e razionali sull'allontanarmi dai miei genitori, fare attività ecc.
Parliamo dei miei problemi, anche legati al controllo, ma non se ne sono mai andati, è cambiato solo il tipo di controllo. Non credo di soffrire di DOC ma devo controllare e reprimere costantemente il mio comportamento per paura che prima o poi possa succedere chissà cosa. Poi il fatto è che io non riesco a spiegare in maniera soddisfacente il mio problema. E' come una droga, sento un impulso che mi dice: devo riuscirmi a spiegare, altrimenti mi sento in pericolo. Non mi basterebbe un tomo di 1000 pagine per riuscire a spiegare. Forse è perfezionismo ma le assicuro che mi fa andare in un tunnel. Non riesco nemmeno a prendere sul serio questo paragrafo che sto scrivendo e dato che dovrebbe essere una richiesta d'aiuto disperata rende il tutto più disperato. Mi sono ben stufato di crogiolarmi nella mia situazione, ma sento di non avere le risorse per fare nulla. Ultimamente noto che non riesco nemmeno ad empatizzare, forse me ne sono reso conto solo adesso ma non l'ho mai saputo fare. E questo mi lascia senza speranza e con una sensazione di non meritare di vivere.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Non so cosa intenda con "psicoterapia tradizionale", nel senso che questa definizione non mi permette di capire che tipo di orientamento viene seguito, ma ciò che conta è la sua chiara percezione di non aver deciso nulla e di trovarsi quindi in una situazione che non ha scelto.

Ha avuto dei miglioramenti in quest'anno e mezzo?
Se non ne ha avuti, perchè non cambia terapeuta?

Forse se si facesse seguire da qualcuno scelto da lei lo prenderebbe sul serio e non avrebbe più questo atteggiamento di sfida adolescenziale, che forse è dovuto al fatto che sta subendo una decisione non sua e che quindi viene trattato da adolescente.
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Utente
Utente
In realtà ho capito un sacco di cose su di me grazie a questa terapia, in parte sono quelle che ho spiegato qui. Miglioramenti li avevo avuti, nella seconda metà del 2016 e inizio del 2017 sono stato bene come non ero mai stato prima. Poi non so perchè sono entrato in questo stato e ho cominciato a dubitare che fossi stato bene veramente, ho cominciato a pensare che tutto fosse stato un'illusione di stare bene. Mi sentivo di aver svoltato "per sempre" grazie anche al fatto di far parte di un certo gruppo musicale, che aveva anche un discreto seguito e nel mio piccolo era come se mi fossi tolto dei desideri che covavo fin dal liceo. Desideri infantili del tipo "voglio tutto". Ovviamente un'illusione. Infatti non mi è rimasto nulla di quel periodo. L'impossibilità di prendere una decisione "mia" sta nel fatto che, anche mentre scrivo tutto ciò sto facendo una fatica enorme a concentrarmi, non riesco a fare nulla, sento come il cervello vuoto, ho difficoltà a stare fermo, non mi sento lucido. A distrarmi ci riesco relativamente, ho un forte implulso a capire, capire, capire. Ho degli aggiornamenti telefonici con la psichiatra ogni tot giorni. Anche se non riesco a cavarne un ragno dal buco. Mi dica lei, e grazie per l'attenzione.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"non so perchè sono entrato in questo stato e ho cominciato a dubitare che fossi stato bene veramente, ho cominciato a pensare che tutto fosse stato un'illusione di stare bene"

Il suo psicologo le ha fornito una spiegazione per questo cambiamento?

Che farmaci sta assumendo?
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Utente
Utente
Qualcosa del genere: "insomma qualcosa di molto vicino alle immagini di vita normale che tratteggiavamo.. poi che è successo???
E' qui che ti sei bloccato .. non sappiamo ancora perché e hai cominciato a tornare indietro, fare il nichilista distruttivo, e a tirarti indietro nella terapia"

Sto assumendo Depakin 200, Alprazolam, Abilify 15, Brintellix 15.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Quindi non le ha dato un'interpretazione di questo cambiamento?

Per caso ha coinciso con una modifica della terapia farmacologica? O con qualche altro evento accaduto nella sua vita?
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Utente
Utente
E' proprio quello che non riesco a capire, ultimamente il mio sport agonistico è diventato quello di cercare di capirlo. Una delle possibili motivazioni è forse quella di aver avuto un blocco con delle ragazze, pur avendo avuto ultimamente delle piccole esperienze, non concretizzatesi fino in fondo per un blocco misterioso di cui ho parlato con il mio psicoterapeuta senza mai venirne a capo. Blocco che ho avuto da sempre però, che mi ha impedito di "finire" qualsiasi cosa cominciassi, un blocco verso l'autorealizzazione e autoindividuazione di me stesso.

Forse me ne sono semplicemente reso conto e ho smesso di fare qualsiasi cosa, perchè non sono mai stato io a decidere veramente cosa fare, non ho mai avuto un mio senso di identità. Forse per compensare ciò ho la tendenza a fissarmi con delle parole e a giocarci "facendole mie" (es. Noia, disagio, solipsismo, nichilismo), cosa che in passato è arrivata a crearmi dei breakdown psicologici, uno nel 2013 e uno nel 2016, conclusosi con un ricovero. Ebbene dentro di me l'anno scorso risuonava il fatto di sentirmi una "rockstar".

Mi viene detto che nella vita non bisogna cercare di capire tutto e ciò è vero, ma mi ritrovo in una condizione perentoria in cui "se non capisco non posso muovermi".

C'entra qualcosa il fatto che per gran parte della vita sia stato considerato più intelligente degli altri?
Ho imparato a leggere a 2 anni, a 3 anni leggevo perfettamente, meglio di adesso, in dei test di intelligenza che feci in passato con il mio primo psichiatra risultavo tra i primi 5 su un campione ideale di 100 persone. Forse è questo che mi rende così incapace di relazionarmi agli altri? Forse è rimasta dentro di me la convinzione che io possa fare "grandi cose" ma mi ritrovo bloccato.

In passato per un periodo ho avuto anche delle specie di allucinazioni, quando parlavo con qualcuno vedevo dei fasci di luce/energia che uscivano dalla bocca. So che può essere indice di schizofrenia ma questi sintomi sono scomparsi.

Mi può dare qualche indizio?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"Forse è rimasta dentro di me la convinzione che io possa fare "grandi cose" ma mi ritrovo bloccato"

Avete lavorato su questo punto e cioè sul fatto che forse il suo narcisismo è stato eccessivamente alimentato, ad esempio insegnandole a leggere a 2 anni per poi raccontarglielo (implicitamente o esplicitamente) come dimostrazione della sua superiorità rispetto ai coetanei?

Sentirsi oggetto di grandi aspettative può bloccare per paura di non essere all'altezza, di sbagliare, di fallire e demolire così quell'immagine di perfezione.
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Utente
Utente
Mi venne detto alle medie che nella vita avrei potuto fare quello che volevo, perchè riuscivo in tutto. Al liceo ricordo di alcuni compagni che mi chiamarono "cyborg" perchè mi riusciva facilmente qualsiasi cosa. L'anno scorso feci un breve corso di teatro e fui soprannominato "il ripetente", perchè agli altri sembrava che io quel corso l'avessi già fatto.

Mi venne raccontato che quando ero piccolo i miei erano indecisi se iscrivermi a una scuola per "plusdotati" ma rinunciarono perchè mi volevano far crescere "normale", o qualcosa del genere.

Mi venne raccontato che ero io ad essere fortemente attratto dalle letterine magnetiche quando ero piccolo, e io non l'ho mai messo in dubbio.

Tematiche del genere le abbiamo affrontate, ma più che capire di avere uno spiccato narcisismo non ho fatto passi avanti (per chiarezza ripeto che mi è stato diagnosticato un disturbo di personalità anche se non dal mio psicoterapeuta o dalla mia psichiatra).
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Chi gliel'ha diagnosticato?
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Utente
Utente
SERVIZIO PSICHIATRICO DIAGNOSI E CURA (S.P.D.C.) di Roma

disturbo di personalità N.a.s.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Sono più che qualificati per valutare e inquadrare diagnosticamente un caso clinico: l'importante dal suo punto di vista è che non abbia ricevuto una diagnosi di psicosi.

Secondo me se si rende conto che con la terapia attuale non riesce a sbloccarsi può pensare di cambiare terapeuta essendo lei a decidere a chi rivolgersi perchè, come le dicevo, sapere che si sta rivolgendo a qualcuno che è lei a scegliere la può aiutare a superare la sensazione di non aver mai deciso nulla e di stare seguendo semplicemente una terapia decisa da altri, come se fosse un bambino o un adolescente.

Il suo narcisismo non può che risentire di una situazione nella quale si sente imporre dall'esterno le scelte e forse per questo reagisce non prendendo sul serio le terapie.

Il percorso che effettua non dev'essere un braccio di ferro o una prova di forza fra lei e chi l'ha in cura, mentre i presupposti che ha riferito portano a questo rischio.

Potrebbe inoltre anche sabotare inconsapevolmente la terapia per non sentirsi inferiore al terapeuta che la sta curando, anche di questo va tenuto conto.
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dopo
Utente
Utente
Grazie del consiglio, all'inizio credevano si trattasse di psicosi ma poi hanno cambiato nel corso della settimana in cui sono stato ricoverato.

Nel mio caso mi ritrovo ad autosabotarmi praticamente su qualsiasi cosa, non so perchè.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Forse perché le aspettative, esplicite o implicite, sono troppo alte e difficili da sopportare.
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Utente
Utente
Scusi per il ritardo. Il punto del non fidarmi e/o autosabotarmi dipenderà sicuramente da quello che ha detto lei, però il risultato è che mi ritrovo a prendere in giro tutto e tutti perchè "chiedo aiuto" quando in realtà mi sono imposto come scopo quello di stare male. Ovviamente ciò mi fa stare male, ma questo dipende secondo me da un'idea di tipo nichilistico secondo la quale non c'è sostanziale differenza tra lo stare male e lo stare bene. Conseguentemente a ciò la negazione del valore dello "stare bene" e un comportamento di tipo autolesionistico-passivo (ad. es passeggio in casa tutto il giorno da mesi, non mi riesco a concentrare su nulla tranne che sullo scrivere queste cose, non ho quasi mai fame ma mangio a forza, esco anche se so che mi sentirò male, però poi potrò dirlo (compulsivo?)). Da tanto che ho in mente il suicidio, almeno un mese. Anche l'anno scorso prima di essere ricoverato l'avevo più o meno tentato. Non è bello da scrivere ma è la verità. Non mi sento in pericolo immediato ma ho paura di come potrà andare a finire questa situazione.

La cosa che mi fa pensare al narcisismo inoltre è questa: io sto parlando con una psicologa ma nello stesso tempo ho le mie inflessibili idee e non credo di essere in grado di riuscire ad essere aiutato. Lo faccio per saziare un bisogno di attenzione, sentirmi bravo ad esprimermi perchè so scrivere discretamente (tra l'altro vedo che funzionano sempre meno questi stratagemmi), e per affogare il cervello in tutte queste parole. Il punto è che non credo di avere le risorse per uscire da tutto ciò nemmeno se lo volessi, credo di essere entrato in depressione. Faccio anche dei tentativi, esco con gli amici ma i risultati sono disastrosi. Avverto un impulso fortissimo a correre via urlando ma non so come mi trattengo, e dopo un po' vado via con scuse improbabili e mi sento morire mentre torno a casa. Inutile dire che di norma mi sento già "morto" e vuoto.

L'unica cosa che mi pare fattibile è aspettare in attesa che si sblocchi qualcosa, anche se la vedo difficile. E' che non so prendere decisioni per conto mio, nemmeno le più piccole, non riesco proprio, mi sento totalmente incapace. Non so cosa chiederle, ma se risponde leggerò la risposta.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
"mi sono imposto come scopo quello di stare male"

Come mai?
Sente di avere qualche colpa da scontare?
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dopo
Utente
Utente
Forse si, ma non saprei definirla precisamente. La colpa di essere al mondo? O la colpa di sentirmi diverso da chi "sa vivere veramente"? La colpa di non essere mai riuscito a vivere mettendosi in gioco e col cuore aperto probabilmente. Il punto è, non so vivere dunque indirizzo le mie energie nel "morire" che sta a simboleggiare tutta una serie di cose come il sabotarsi, il trascurarsi e via dicendo. Almeno quello lo so fare bene. So che è un ragionamento assurdo ma sarà il disturbo di personalità, sarà il DOC, sento una forte rigidità di pensiero in me.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Le parlo dal punto di vista psicodinamico: è possibile che sia presente un senso di colpa inconscio che lei non vive a livello cosciente come tale, ma che esercita i propri effetti portandola a dire che si è imposto lo "scopo di stare male".
Non un ripiego, ma uno "scopo", presumibilmente sorto per ripristinare un equilibrio alterato fra colpa e punizione.

Ovviamente tutto questo è inconscio e quindi rimosso, perciò all'Io cosciente arriva solo quel senso di paralisi, di rigidità, di incapacità a decidere e a proseguire con la vita che potrebbe indicare che ha ancora un "conto da saldare" che non le consente di uscire dall'impasse.

E' chiaro che la mia è solo un' ipotesi, ma potrebbe rappresentare una buona spiegazione per quello che le succede.
Per inquadrare meglio questa possibilità dovrebbe rivolgersi di persona ad uno psicologo che si occupi di psicoterapia psicoanalitica o, meglio ancora, che effettui la psicoanalisi vera e propria.
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